09 settembre, 2008

Apparenze nascoste

Le parvenze celate in sé stesse nell’arte di Domenico Gnoli


Domenico Gnoli è un artista romano (1933-1970). Educato dal padre, critico d'arte, alla pittura di tradizione classica, verso il 1950 si dedicò alla fotografia; tornò alla pittura dopo il 1955, quando si trasferì negli Stati Uniti. Nei suoi quadri Gnoli usa dilatare particolari di oggetti quotidiani, soprattutto capi di abbigliamento, secondo un intento iperrealistico che anticipa di qualche anno l'esplosione del fotorealismo statunitense. Le tele del pittore romano, morto prematuramente, non rappresentano l'oggetto, ma lo presentano, in tutta la sua nuda, assurda quiddità. E' difficile immaginare un realismo più astratto di questa figurazione in cui i particolari in close up, incombenti sull'osservatore, esibiscono la loro natura di segni indecifrati.

La realtà è enigma a sé stessa, violazione del terzo escluso, irruzione nel nulla, sia pure nell'inconsistenza del fenomeno. Per questo motivo gli oli dell'artista, lungi dal trasmettere quel senso di rassicurante conferma che il fruitore medio affida alla fotografia ed all'arte basate sulla verosimiglianza, suscitano un moto di rifiuto, un indefinibile disagio.

In Bottone sbottonato, opera del 1969, ad esempio, l'incontro ravvicinato con il bottone, l'asola, l'orlo della giacca è un interrogativo sulla percezione, ma soprattutto sul fondamento della cosa la cui tranquillizzante riconoscibilità è minata dalla decontestualizzazione e dai particolari iperbolici. La stoffa spigata, dipinta con certosina pazienza, diviene un paesaggio reificato, un’oggettivazione della coscienza che percepisce e “realizza”.

Sintomatica è la quasi totale assenza dell'essere umano nelle opere di Gnoli: in questo universo di oggetti aggettanti in modo misterioso dal non-essere, l'uomo è presenza ancora più inesplicabile e quindi non rappresentabile.

Gnoli chiarisce il suo atteggiamento di attrazione-repulsa nei confronti dell’oggetto: "Per me l'oggetto quotidiano stesso, ingrandito per l'attenzione che gli si è prestata, è più importante, più bello e più tremendo di ogni invenzione e fantasia che abbia potuto crearlo. Esso mi dice di più di me stesso di qualsiasi altra cosa, mi riempie di paura, di disgusto e di entusiasmo".

Sono oggetti belli e terribili, che si danno per sottrazione e per sineddoche: il bottone, invece della giacca, invece della donna il busto senza testa. "Poltrone nelle quali siede la propria ombra, in cui si dilata il semplice disegno della stoffa, con un'invadenza da far scoppiare la cornice. 'Assenza' si chiama programmaticamente una di queste poltrone vuote e 'Senza natura morta' un tavolo con null'altro che una coperta a fiori oppure sono cose voltate frontalmente dall’altra parte tra sé ed il margine del quadro".(P. Sager, Le nuove forme del Realismo, Milano, 1976)

E' un'arte mentale quella di Gnoli pur nella sua concretezza materica, persino accentuata dalla texture sensoria della tela, con colori pastosi talora mischiati a sabbia. E' il tentativo di astrarre, anzi di strappare dalle essenze fenomeniche (contraddizione peculiare dell'iperrealismo, almeno nelle sue declinazioni più consapevoli) il senso ultimo del reale che si pone, senza svelarsi.

E un tentativo lodevole, ma destinato al fallimento, perché le apparenze si celano nell’istante stesso in cui appaiono.


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