30 agosto, 2006

Destinazione destino

Sei sicuro di aver preso quella direzione perché sei tu che l'hai deciso? (Straker)

Ananke, Tyche, Moira, inafferrabili, silenti e potentissime presenze per gli Elleni. Per i Romani sugli uomini incombeva il fatum, quello che gli dèi decretarono. Oggi è il destino, parola dal senso arcano, sfuggente, metafora che, però, privata della sua aura terribile e sacrale, è stata relegata fra le credenze superstiziose.

Togli all’uomo qualsiasi cosa, ma non la sua tetragona fede nel libero arbitrio. Questa infima specie animale si crede al centro dell’universo e faber fortunae suae, artefice della propria sorte. Può darsi lo sia: non intendo disquisire sul carattere di presunta inconciliabilità tra fato e libertà, sul primato dell’uno sull’altra, ma osservare le reazioni dell’uomo, quando si sente defraudato della possibilità di decidere in modo autonomo. Ecco allora la sorpresa, l’indignazione, il rifiuto, la negazione in forma affermativa: “Io sono libero!” Se poi la cultura greca, quella più ancestrale e tragica, fu fondamentalmente fatalista, se insigni filosofi furono fatalisti, da Spinoza a Schopenauer a Nietzsche, poco importa, quell’essere superbo, egocentrico, ostinato continua a proclamare: “Io sono libero!” Anche quando, nonostante l’alacre e tenace impegno, l’azione s’infrange contro la barriera invisibile di una forza ignota, insondabile, anche quando l’ombra della fatalità si espande ad oscurare l’ultimo barlume, gli uomini non rinunciano alla loro proterva convinzione.

Siamo dunque condannati ad essere liberi, come asseriva Sartre, oppure siamo condannati a crederci liberi?

29 agosto, 2006

Lo spirito e gli spiritati

Jung affermava che lo spiritualismo è una soperchieria come il materialismo. Molti, sazi e disgustati dal crasso materialismo della “civiltà” occidentale fuggono verso le vette incontaminate della meditazione, della saggezza e del nirvana, disdegnando il mondo che è sangue, sudore e lacrime. È una scelta, in una certa misura, condivisibile, ma che può essere facilmente strumentalizzata: santoni, guru, veggenti offrono paradisi di algida spiritualità in cambio non solo di denaro, ma dell’anima. Anima, ànemos, vento, brezza che spira e rinfresca. Stormisce tra le fronde di boschi di fondovalle e non sulle cime innevate. Anima, respiro della natura più profonda, soffio inafferrabile…

Eppure quanti credono doveroso imprigionare l’anima in una rete di dogmi e credenze! Ho letto qualche giorno addietro la recensione di un libro sul satanismo scritta da un noto giornalista cattolico. Non so se siano più spaventevoli i culti luciferini o le parole fanatiche di quest’uomo. Ancora più del tono inquisitorio ed invasato del recensore, resta impressa nella mente un’immagine che si forma nei lettori: quella di un Torquemada con gli occhi spiritati, un sogghigno diabolico, una smorfia sadica incisa sul volto. È questo l’uomo dalle cui labbra pendono le persone giustamente nauseate dal “giornalismo” di regime. È questo l’uomo che, dopo aver denunziato l’inganno del 9 11, il complotto della sinarchia, rischia di gettare inconsapevoli cittadini nelle grinfie della religio. Egli antepone la Verità, (con l’iniziale rigorosamente maiuscola) all’amore. Quale verità? Rivelata da chi? Con quali fini? Si rende conto di quanto sia pericoloso il suo distorto convincimento? Egli in fondo, dietro rassicuranti apparenze, è un manicheo, un settario, un dogmatico non meno di tanti altri cattolici da lui criticati. Inoltre la verità che egli proclama è quella del Quarto vangelo, notoriamente un testo gnostico. Come è possibile conciliare il suo paganesimo babilonese, basato su un’assurda ed illusoria mitologia, con la Gnosi?

Se saranno spezzate le catene, non sarà certo per farsi avvincere ancora con altre, anche fossero d’oro.

27 agosto, 2006

Scetticismo

Il termine scetticismo è usato spesso a sproposito: scetticismo deriva dal verbo greco sképtomai, che significa osservare, considerare. Pertanto gli scettici dovrebbero essere coloro che si impegnano in osservazioni, in indagini con il desiderio di verificare un’ipotesi, di scoprire qualcosa. Scettico, però, è diventato sinonimo di incredulo, di ottuso e strenuo negatore di qualsiasi modello interpretativo e fenomeno che contraddica i dogmi di una scienza (?) attardata e sterile. Costoro sono spesso persone il cui sapere si è cristallizzato in un’erudizione fine a sé stessa, atrofizzato in una chiusura mentale ammantata di presunzione.

Eppure chi ha il coraggio ed anche l’audacia di rivedere paradigmi consolidati, per inoltrarsi in territori ignoti, con spirito pionieristico, potrà forse trovare un frammento di verità o rischiarare con un barlume le tenebre dell’ignoranza. Sebbene molti laureati siano persone colte, non di rado le intuizioni geniali si debbono a uomini dalle conoscenze limitate ma curiosi e soprattutto dalla mente aperta, il che non significa essere dei creduloni, piuttosto non scartare a priori nulla, senza prima aver a lungo e diligentemente analizzato e riflettuto. Un sapere libresco, cartaceo per quanto approfondito, consuona, dunque, con una rigidità deleteria per ogni ricerca proficua.

Importante è apprendere: sovente si impara più dalla gente comune che da insigni ricercatori i cui studi difettano di chiarezza e di organicità. Esistono immense risorse culturali che, però, sono mortificate da un sistema in cui “l’ignoranza è forza” sicché sono i soliti raccomandati ad egemonizzare il mondo accademico. Mi sovviene, ad esempio, di un indecente docente universitario, titolare della cattedra di Storia medievale in un ateneo piemontese che, ospite del pericoloso pierino nazionale, riuscì solo a sfoggiare un’immensa pochezza. Egli tentò di spiegare all’interlocutore comunque del suo infimo livello, in che cosa consista il metodo storiografico, per di più con un’esposizione assai più stentata di quella di uno studente che intercala frasi smozzicate con “cioè”. Secondo l’idiot savant, il metodo si riduce a scartabellare polverosi e tarlati documenti negli archivi per poi scrivere qualche soporifero, tedioso, esiziale saggio su quante erano le lentiggini disseminate sul viso della slavata consorte di Carlo Magno.

Lasciamo costoro alle loro nugae ed alla loro saccenteria. Lasciamoli nei loro graveolenti, tetri archivi a compulsare testi di cui comprendono forse la superficie. Aria! Aria! Se sollevassero il capo dagli incunaboli per guardare oltre la finestra, chissà quante cose scoprirebbero…

26 agosto, 2006

Elicotteri neri

Voglio preservare e ripristinare il gesto semplicissimo di guardare in alto. (J. Hillmann)

Sempre più spesso vengono segnalati elicotteri neri privi di contrassegni che, simili a giganteschi scarabei, evoluiscono sopra i centri abitati anche a quote relativamente basse. Questi velivoli sono molto simili a quelli avvistati in concomitanza con episodi di misteriose mutilazioni animali, frequenti soprattutto nelle sterminate praterie del Middle West, negli Stati Uniti. Gli elicotteri sono osservati, di solito, in occasione di voli chimici e sono dotati di un congegno, probabilmente un sensore: serve per eseguire analisi dell’aria dopo il passaggio dei famigerati aerei? Sono radar per intercettare oggetti di provenienza sconosciuta? Questi insetti tecnologici sorvolano aree in cui si trovano basi militari segrete?

Sono domande per la quale potrei fornire anche delle risposte, sebbene parziali, ma preferisco che i lettori volgano lo sguardo al cielo per scoprire questi ed altri segni. Forse qualcuno capirà che il mondo è molto più strano di quanto si possa immaginare: William Shakespeare, anzi Francis Bacon, docet.

25 agosto, 2006

Amos: Orione e le Pleiadi

Amos è uno dei profeti biblici minori. Proveniva da Tecoa, centro a circa dieci kilometri a sud di Betlemme, nel Regno di Giuda, dov’era mandriano e coltivatore di sicomori. Si trasferì nel Regno di Israele, ai tempi di Geroboamo II (783-743 a.C.), presso il quale esercitò il suo ministero.

Amos condanna le sperequazioni sociali, l’ipocrisia di una religione soltanto esteriore, l’infedeltà a YHWH. Egli preannuncia il castigo divino, poiché Israele ha infranto l’alleanza, dimostrando ingratitudine, riottosità ed una condotta idolatrica. Dunque l’Altissimo interverrà per punire i malvagi e salvare i pochi giusti.

Il capitolo 5 del breve libro scritto da Amos contiene una lamentazione sul regno settentrionale, in cui è prefigurata la rovina d’Israele con la distruzione delle città e lo sterminio della popolazione: infatti la casa di Giuseppe “ha mutato il diritto in assenzio e gettato a terra la giustizia”.

La riprensione di Amos è incentrata su antitesi concettuali, sul contrasto tra bene e male, tra la giustizia divina e l’iniquità umana. All’interno di questa tessitura dualistica, spicca, per la potenza delle immagini, il versetto 8: “Egli (YHWH) ha fatto le costellazioni delle Pleiadi e di Orione, muta l’oscurità in aurora e cambia in tenebre il giorno; chiama le acque del mare e le sparge sulla faccia della terra: Signore è il suo nome”.

Quello che colpisce del versetto è l’accostamento tra le Pleiadi (o Atlantidi) ed Orione: tuttavia non è, a mio parere, un semplice accostamento, bensì una contrapposizione, per i seguenti due motivi.

1) Il passaggio è giocato, sotto il profilo retorico, come altri del capitolo, su opposizioni. Orbene, le Pleiadi ed Orione non sono giustapposti, ma collocati in contrasto, in sintonia di stile con le altre antitesi: oscurità vs aurora; tenebre vs giorno; mare vs terra.

2) In certe tradizioni antiche sono evidenziati motivi di attrito tra le Pleiadi, figlie di Atlante ed il Gran cacciatore. Lo pseudo-Apollodoro, nel suo compendio mitologico intitolato Biblioteca, ricorda che la dea Artemide era in collera con Orione, perché egli aveva inseguito le di lei compagne, le Pleiadi. Nel mito greco Orione, cacciatore gigantesco dalla forza formidabile, recatosi a Chio, forse chiamato da Enopione affinché lo liberasse dalle fiere che infestavano l’isola, s’invaghì della figlia di questi, Merope, una delle Pleiadi che, però, lo respinse. Il gigante, ebbro, tentò di violentare la fanciulla, pertanto Enopione lo accecò mentre dormiva. Sapendo che avrebbe potuto riacquistare la percezione visiva solo per mezzo dei raggi del sole all’alba, Orione persuase un apprendista del dio Efesto a guidarlo sino all’isola di Lemno dove riacquistò la vista.

A mio parere, Amos non cita due sistemi stellari tra i tanti, in modo casuale, ma, in un discorso pieno di solennità e di afflato, evoca le Pleiadi ed Orione, giacché sono costellazioni dal significato particolare, significato che il suo uditorio doveva, almeno in una certa misura, conoscere. D’altronde il ricercatore Alfredo Lissoni ricorda che “secondo il profeta Amos ed alcuni credo di derivazione ebraica, come il culto mormone, nel centro delle Pleiadi vivrebbe Dio con i suoi angeli”. Se questo è vero, l’autore biblico implicitamente contrappone la dimora celeste delle Atlantidi ad una costellazione su cui abitano i nemici di YHWH.

La costellazione delle Pleiadi ricorre non solo in molti miti stellari, ma anche in opere antiche di solito abbinata alla rappresentazione del Toro celeste, segno zodiacale di cui fanno parte le “sette sorelle”: è il caso, ad esempio, dell’Iliade con la descrizione dello scudo di Achille, probabilmente del disco di Nebra, di un frammento appartenente ad un calendario mesopotamico dove gli astri sono effigiati anche assieme ad un arciere (Orione?) racchiuso in un cerchio.

In un articolo intitolato Il disco di Nebra ed il Toro celeste notavo: "La mappa della piastra circolare richiama la rappresentazione del firmamento al centro dello scudo di Achille, scudo fucinato dal dio del fuoco Efesto. Omero così si esprime: "Vi fece la terra, il cielo e il mare, l’infaticabile sole e la luna piena e tutti quanti i segni che incoronano il cielo, le Pleiadi, le Iadi, la forza di Orione e l’Orsa che chiamano col nome di Carro. Essa gira sopra sé stessa e guarda Orione e sola non ha parte dei lavacri d’Oceano". Tuttavia l’archetipo di tale soggetto sembra molto più antico. Infatti: “L’accostamento tra il Toro, le Pleiadi, il Gran Cacciatore ed altre costellazioni è stato pure rilevato nella Sala dei tori, un ambiente ipogeo abbellito con pitture rupestri all’ingresso delle grotte di Lascaux, in Dordogna. Tali affreschi, ascrivibili al 15.000 a.C., mostrano degli auroch (i tori del Paleolitico): fra i bovidi, uno spicca per il suo occhio reso con un segno che riproduce la brillante stella rossa di Aldebaran e per l’insieme di stelle note come Iadi, la cui disposizione a triangolo delinea il fiero profilo del muso. Nel pozzo di Lascaux si può ammirare un singolare soggetto: un uomo con uno strano viso, un cacciatore, la cui lancia giace a terra, colpito forse da un toro-bisonte. È un abbinamento tra Orione ed il Toro celeste?”

Amos quindi pare uno dei punti di approdo di un retaggio assai remoto, addirittura ancestrale, se si ricordano i dipinti rupestri di Lascaux. Il profeta forse intendeva adombrare un’ostilità tra Orione da un lato, le Pleiadi dall’altro.


Fonti:

R. Graves, I miti greci, Milano, 1963
P. Kolosimo, Astronavi sulla preistoria, Milano, riedito nel 2004
A. Lissoni, Altri UFO, Diegaro di Cesena, 2001

24 agosto, 2006

Uomini e dèi

Si ripete spesso che l'uomo fu fatto ad immagine e somiglianza di Dio, anzi degli dèi... peccato che quegli dèi fossero così poco divini.

23 agosto, 2006

Anthropos

Al delfino, unico fra tutti, la natura ha elargito quel dono che cercano invano i più grandi filosofi: l’amicizia disinteressata. (Plutarco)

La ricerca dell’anima conduce nel profondo. (J. Hillmann)


Come notano i glottologi, tra cui Giacomo Devoto, l’etimologia della parola greca ànthropos è incerta, per non dire oscura. Ciò ha qualcosa di ironico, poiché la cultura occidentale è pur sempre antropocentrica, trovando nell’uomo, nelle peculiarità che lo distinguono dagli altri esseri viventi e dal mondo che lo circonda, il suo fulcro, la sua raison d’etre.

Personalmente mi viene istintivo vedere nella breve sequenza di lettere al centro di ànthropos, “op”, un nesso con la radice greca che vale “vedere” e “conoscere”. L’uomo è, per antonomasia, l’essere che osserva, scruta e tenta di conoscere: è un essere in cui la mente assume un ruolo centrale. Mente, memoria… ma anche man, in inglese ed in persiano, uomo. Uomo, humus, fango, terra: una creatura, infima, ctonia e materiale, come il fango di cui è composta, ma protesa, con la testa e lo sguardo, verso le vette, verso le altezze più sublimi.

È difficile immaginare una creatura più contraddittoria, “angelica farfalla e verme immondo”; inutile assolverla o condannarla. Talvolta, però, la disdegniamo, dimostrando di preferire la compagnia di un anima-le a quella dei nostri simili, perché intuiamo la vicinanza di un’anima, sebbene una superba teologia consideri tale misterioso quid un’esclusiva umana.

Forse non ha torto chi pensa che non tutti gli uomini abbiano l’anima. Forse colui in cui brilla questa luce, attraverso mille prove, potrà diventare un d-io, ma solo se avrà rinunciato all’Io.

22 agosto, 2006

L'uomo e la donna sulla luna

- Caro, perché, in assenza di atmosfera, la bandiera garrisce?
- Cara, è la brezza marina.
- Hai ragione, tesoro, non ci avevo pensato: la brezza soffia dal Mare della tranquillità.

Forum sotto attacco! Ora di nuovo On-Line

Come immaginavo fosse. Il server che ospita il forum era stato violato, inserendovi un redirect, tramite un piccolo file ad-hoc, ad una finta pagina del gestore. Avendo finalmente avuto la possibilità di accedere al server FTP direttamente, ho capito il trucco ed ora il forum di sciechimiche.org è di nuovo raggiungibile. E' comunque d'obbligo cambiare gestore, al fine di appoggiarsi ad un provider più sicuro, quindi, sono nel frattempo, prevedibili nuovi attacchi informatici.

Ciò detto, è evidente che il nostro lavoro sta sortendo i suoi frutti, se è vero come è vero che si ingegnano per tapparci la bocca. Esorto tutti gli iscritti a tenerne conto.

:: STRAKER ::

21 agosto, 2006

Oltre

Quando si parla di crudeltà, è difficile assegnare primati ad una particolare "civiltà" (P.Veyne)

Alcuni gentili lettori mi hanno chiesto dei chiarimenti in merito alla mia percezione degli eventi attuali. Comincio a rispondere, raccontando un episodio: non molto tempo fa, ebbi modo di conoscere una ragazza cubana che, pur vivendo in Italia, torna periodicamente nel suo paese. Ad un certo punto, la conversazione cadde sul 9 11: rimasi sconcertato quando compresi che la ragazza pensava veramente che l’atroce attentato alle Torri gemelle fosse stato perpetrato da alcuni fanatici islamici armati di taglierino. Possibile? A Cuba né tra i media né tra la gente è mai circolata la verità, ossia che la C.I.A., il Mossad e qualcun altro… architettarono tutto? Non avrebbe interesse il regime cubano, per delegittimare il governo statunitense di fronte agli ignari cittadini, a lasciar trapelare versioni non ufficiali? Come osserva giustamente Avles, perché Ahmanidejad non ha mai convocato una conferenza stampa con giornalisti di ogni parte del mondo, per esibire loro le prove (che esistono) del coinvolgimento dei soliti noti nelle stragi del 9 11 e non solo? La conoscenza è un’arma molto più potente di qualsiasi ordigno, anche nucleare, più potente, senza dubbio, dei missili Katiuscia lanciati sulla Galilea. Eppure il presidente iraniano non usa la leva che gli consentirebbe di sollevare il macigno delle menzogne orwelliane. È evidente allora che gli Iraniani stanno allevando una serpe in seno: Ahmanidejad è un infiltrato (Vedi La S Cia in Iran).

Che cosa pensare, invece, di Nasrallah? Chi ha una certa dimestichezza con i classici, è portato a diffidare degli uomini politici: esiste il politico "lione" (Olmert) ed il politico "golpe" (Nasrallah?). In ogni caso, ammesso e non concesso che il capo di Hezbollah sia in buona fede, egli comunque, in quanto sciita, è manipolato dal sistema di Teheran. Alla fine, più o meno consapevolmente, farà il gioco dei suoi burattinai.

Sebbene la solidarietà delle persone animate da senso di giustizia vada a tutti i popoli oppressi, bisogna stare attenti a non idealizzare i loro leaders, persone che si fanno facilmente corrompere dal denaro o irretire nelle trame del potere per il potere. Si pensi a loschi figuri, come Arafat e Peres, entrambi, per i loro notevoli demeriti, insigniti con il nobel per la “pace”! I politici integerrimi sono veramente pochissimi: in questo momento mi sovviene solo di Pier delle Vigne.

Esiste quindi una realtà, dietro le apparenze ingannevoli, in cui si decidono i destini delle nazioni? Penso proprio di sì: non è sufficiente risalire alla Rivoluzione francese, ma bisogna almeno rimontare al Medioevo, ad esempio, con la falsa donazione di Costantino, ritenuta autentica dallo stesso Dante, pur addentro, in quanto iniziato, alle segrete cose. Lorenzo Valla, solo nel XV secolo, dimostrò che la donazione, elaborata dalla cancelleria romana nell’VIII, era spuria, ma era ormai tardi: il documento aveva influito in modo determinante sulle relazioni tra Chiesa ed Impero. Anche lo studio della storia antica, non quella riportata dai manualetti scolastici, potrà rivelare verità inquietanti.

Quel che accadde un tempo, continua ad avvenire oggi, perché gli uomini, nonostante la loro superba autostima, sono, per lo più, bambocci stupidi ed ignoranti. Essi sono convinti di essere liberi, mentre le loro azioni sono decise da altri ed anche le loro anime sono possedute da oscure entità; inoltre, da alchimisti al contrario, trasformano l’oro in fango: così gli insegnamenti genuini dei pochi saggi che hanno tentato di trasmettere qualche messaggio profondo, vengono snaturati e distorti, adattati ad una natura infima. Un esempio: la Bibbia ebraica, Buddha, Yeshua, Mohamed sono accomunati da espliciti ammonimenti al vegeterianesimo. Come è possibile attribuire quindi alle varie religioni la giustificazione della violenza contro gli uomini, se non era ammessa inizialmente neppure l’uccisione degli animali? Ha ragione allora Gozzano, che nel pregevole libretto intitolato Verso la cuna del mondo, osserva: “E’ il destino di tutte le religioni, prima o poi, quello di diventare culti idolatrici”. Non più insegnamenti, fondati sulla conoscenza, ma muti e grotteschi idoli, aspersi del sangue dei sacrifici (Vedi L’ambiguità del sacro).

Questi idoli di pietra devono essere abbattuti e spezzati, qualunque sia il loro sembiante
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20 agosto, 2006

La Moratti e la morte

Absit iniuria verbis

La divina Letizia, non paga di aver inferto un colpo quasi definitivo al sistema scolastico, con la sua perniciosa riforma, ora, da sindaco di Milano, è stata fulminata (sebbene lo fosse già prima) da un’idea geniale: far pagare un pedaggio a tutti gli automobilisti non residenti che, con le loro vetture, intendono entrare in città. Le scuse sono sempre le stesse: reperire le risorse finanziare per migliorare la viabilità e per potenziare i trasporti pubblici, in modo da ridurre il traffico e l’inquinamento atmosferico, causa di disturbi e anche di patologie tra la popolazione. Inquinamento? I sindaci che osano pronunciare questa parola ed ardiscono presentare dei progetti o avviare delle iniziative per lottare contro la polluzione, dovrebbero essere precipitati ancora vivi, come Branca d’Oria, nell’inferno, nella bolgia degli ipocriti!

Quale mostruosa improntitudine dimostrano costoro quando ostentano la loro falsa sensibilità per i problemi ambientali! Essi sanno, poiché sono informati da alcuni cittadini e da qualcun altro che, mentre i comuni organizzano dispendiosi convegni sulla necessità di rispettare la natura e tutelare la salute delle persone, sostanze venefiche e metalli non metabolizzabili dall’organismo, sono quotidianamente sparsi sulla gente ignara, attraverso l’operazione scie chimiche.

La verità è un’altra: l’esiziale moratti ha escogitato il modo per spillare quattrini ai contribuenti, nella fattispecie agli automobilisti, tra le categorie più vessate, dovendo già pagare, quasi sempre per recarsi sul posto di lavoro, il bollo, la benzina gravata di balzelli (ne aggiungeranno un altro per finanziare la missione di “pace” in Libano), il premio dell’assicurazione, pedaggi autostradali, le soste etc.

La verità è un’altra: la mortale moratti ha escogitato il modo per apparire la strenua difenditrice della salubrità dell’aria, per dirla con Parini. A questo punto esigo che l’insubre nipote sia insignita di un’onorificenza da Lega Ambiniente per le sue straordinarie benemerenze.

A parziale discolpa della letale Letizia, bisogna, però, ricordare che ella ha uno stuolo di imitatori, tra cui mi piace menzionare l’insigne sindaco che dà lustro alla città dei fiori del male. Costui, dopo aver vergognosamente ignorato la segnalazione in merito alle scie velenose, ha offerto il patrocinio del comune ad un congresso sulla salvaguardia del creato (sic). Che nobile animo, che luminoso esempio di amore per la natura!

L’atroce morbo di Morgellons? L’avvelenamento degli ecosistemi? Pazienza… l’importante è un po’ di belletto sul volto putrido e marcescente della “politica”. Non è vero, egregio signor sindaco?

Viene quasi da rimpiangere l’impero romano, quando almeno un principe come Tiberio, in risposta a chi gli consigliava di aumentare le imposte, osservava: "Le pecore devono essere tosate, non scorticate".

I “politici” di oggi dovrebbero apprendere qualcosa da Tiberio, ma che cosa ci si può attendere da un regime plutocratico fondato sull’anatocismo, l’usura ed il veneficio?

19 agosto, 2006

Alla ricerca del sigillo reale (quarta parte)

Il presente studio è uno stralcio di una ricerca molto più ampia ed articolata: eventuali editori interessati a leggerla integralmente, possono contattarmi all’indirizzo di posta elettronica indicato a margine della pagina. Intendo ringraziare il mio amico Geko, dalla cui intuizione sul segno di Noè, ha avuto origine l’indagine. Le fonti saranno indicate in calce all'ultima parte.

Non è possibile in questa sede nemmeno sfiorare i termini del dibattito sulla figura di Cristo, dibattito che è un ginepraio: mi limito a ricordare che, a mio parere, i Messia erano due, uno politico (Giovanni? di Gamala) ed uno sacerdotale (Yeshua bar Abba). I fondatori del Cristianesimo, ossia Shaul-Paolo, i suoi collaboratori e continuatori, inventarono il personaggio di Cristo, fondendo i due Messia e creando un essere semidivino che, via via, assunse i caratteri di molti dèi pagani, che si sacrificavano per l’umanità e risorgevano dalla morte dopo tre giorni. Ora, prescindendo dalle fantasie paoline e posteriori, resta l’interrogativo se almeno uno dei due Messia, come attesta l’epiteto, avesse sulla pelle un segno distintivo e quindi un’ascendenza particolare o, se, come è più probabile, fossero stati riconosciuti da un gruppo di esseno-zeloti come gli attesi restauratori del Regno di David. A questo proposito la genealogia riportata nel Vangelo di Matteo, che comincia con Abramo per concludersi con Gesù, ha tutta l’aria di essere una frode pur di far discendere il Salvatore dal re David, come l’inverosimile nascita a Betlemme, solo perché Betlemme era il centro dove era nato il re israelita. Mal si concilia poi la genealogia regale elaborata da Matteo con quella sacerdotale riferita da Luca, sempre che non si ammetta che i Messia erano due. Infine entrambe sono assurde, non pertinenti ed inutili, se si ricorda che Giuseppe è il padre putativo del Redentore. Comunque stiano le cose, potrebbe anche essere che Giovanni di Gamala appartenesse ad una famiglia altolocata, ma la linea di sangue con David deve essere stimata, a mio parere, una millanteria.

(...) L’ipotesi di Zaitsev (vedi Zret, Una e mille ipotesi su Gesù) si fonda su una serie di considerazioni che possono essere in parte condivise o anche rigettate: alcune mi paiono degne di nota. Zaitsev afferma: “Gesù non parlava la lingua degli uomini che erano attorno a lui, ma una specie di ebraico antico, imparato come da uno straniero che non abbia avuto accesso che a materiale di studio ormai non più usato”. Lo studioso russo asserisce anche che negli antichi testi monastici poté leggere: “Gesù aveva l’abitudine di portare sul petto un piccolo astuccio, sospeso ad una striscia di cuoio passata attorno al collo.” La conoscenza della lingua ebraica in una variante arcaica ricorda l’idioma antiquato parlato da Madonne ritenute aliene da alcuni ufologi; l’astuccio di cui si farebbe menzione nei testi monastici, se non si tratta, come è verosimile, di un fodero contenente un rotolo con passi della Torah, potrebbe anche essere, nel caso di una traduzione errata, uno stigma? Purtroppo, poiché non è possibile stabilire se quella fonte esista né se il passo in questione sia stato traslato correttamente da Zaitsev, si rimane nel campo delle mere speculazioni.

Esaù, figlio primogenito di Isacco e fratello di Giacobbe-Israele, era rosso. D’altronde il suo soprannome Edom (rosso) si può collegare al nome Adam, che significa “modellato con l’argilla rossastra, rosso e sangue”. Il rutilismo presso gli Ebrei è un tema che dovrebbe essere approfondito e collocato nella corretta prospettiva xenologica. L’indagine andrebbe poi estesa ai fattori genetici per stabilire se esiste una qualche correlazione tra persone con il gruppo sanguigno con il fattore Rh negativo e visitatori. Tale rapporto è stato ipotizzato anche a partire dalla constatazione che, in base a tale fattore, la popolazione umana si divide in due gruppi: Rh-positivi, in cui è presente, e Rh-negativi, in cui è assente.

Recentemente su tale tema, che potrebbe avere dei risvolti esobiologici, ha fatto il punto della situazione una rivista, in un articolo i cui estensori osservano che il fattore Rh negativo non è solo d’interesse per la genetica: ispira, infatti, le teorie più audaci sulla discendenza stellare di alcune popolazioni.

18 agosto, 2006

Il terzo occhio

Absit iniuria verbis

Arcades ambo

Terminato il conflitto che ha opposto (così dicono) Israele ad Hezbollah, i commentatori si sbizzarriscono nelle loro pietose valutazioni, dando il peggio di sé. Gli opinionisti guerci di “destra” (guzzanti, panebianco, riotta, teodori … ed altri pennivendoli del loro stesso infimo livello) tessono le lodi dello stato ebraico: magnificano la democrazia (?) israeliana, il cui esercito ha difeso gli inermi cittadini della Galilea, giustificando, anche con gli argomenti più capziosi ed assurdi, i massacri di civili, l’uso di ordigni proibiti, le immani distruzioni…. Costoro sono faziosi e violenti in modo vomitevole. Esistono poi i guerci di “sinistra”, per cui il movimento sciita libanese combatte una guerra sacrosanta contro il Sionismo. Essi tendono ad idealizzare “il partito di Dio”, ancora prigionieri di schemi mentali, quali la lotta contro l’imperialismo incarnato da Gerusalemme e dal suo principale alleato, l’impero di USAtana.

Qualche editorialista riesce, invece, a cogliere la realtà con tutt’e due gli occhi, per condannare la violenza di entrambi (?) i belligeranti, intuendo quali possono essere alcune delle vere ragioni del conflitto, ossia, ad esempio, la volontà di Israele di impadronirsi delle risorse idriche dell’area, risorse tanto scarse quanto preziose.

Se si osservano le vicende con il terzo occhio, tuttavia, le pur in parte consequenziali analisi di questi giornalisti, si rivelano ingenue, approssimative e forvianti: è facile gridare ai quattro venti al complotto massonico-giudaico, vedere in Israele l’incarnazione del Male assoluto, meno semplice gettare uno sguardo dietro le quinte. Intendiamoci: olmert è un carnefice, come i disgustosi caudatari del suo governo. Tuttavia nasrallah non è un paladino degli oppressi, bensì uno scaltro manipolatore, amico, nonostante le apparenze di… olmert, un po’ come il messia di Arcore ed il dottor Balanzone, acerrimi antagonisti nel teatro dei pupi siciliani, sono in perfetta sintonia su tutto. La politica del prode prodi quasi identica a quella del suo predecessore ne è una palese dimostrazione.

Qualcuno afferma che l’offensiva israeliana contro gli Sciiti libanesi (ma io direi contro sé stessi: infatti è stata proprio l'artiglieria israeliana, in non pochi casi, a bombardare obiettivi della Galilea con colpi di mortaio, per diffondere il panico tra la gente e per trovare nuovi pretesti al fine di continuare l’avanzata nel Libano meridionale) è fallita. Fallita? Israele conta forse qualcosa? Lo stato ebraico è solo una pedina manovrata da qualcun altro. Senza dubbio hanno vinto i soliti ignoti: l’O.N.U. o, meglio, le forze oscure che agiscono ai vertici della maledetta, diabolica, esecranda, orwelliana organizzazione. Una volta in cui le forze multinazionali saranno state dispiegate nella regione, ufficialmente per garantire il rispetto della tregua, l’opinione pubblica mondiale si convincerà della necessità di un esercito mondiale che preservi la “pace”. In realtà l’O.N.U., lungi dal disarmare hezbollah, fungerà da sensale per tutti i belligeranti. Abbiamo forse dimenticato che qualche tempo addietro si scoprì che alcuni loschi figuri del contingente italiano in Iraq trafficavano in armi? Non si trascuri il fatto che i politicanti, resisi disponibili per mandare dei soldati nella striscia di territorio a nord della Galilea, ne trarranno immensi benefici: potranno introdurre qualche nuovo balzello da cui ricavare cospicue percentuali per sé, cogliere l’occasione per altri interventi, qualora dei militari dovessero essere attaccati e morire, distogliere l’attenzione dai problemi interni, destabilizzare l’area come è avvenuto in Somalia ed Afghanistan, creare le condizioni ideali per turpi traffici (armi, rifiuti tossici…), cedere altri poteri ai loro padroni.

Nel contempo, i burattini ventriloqui si pavoneggeranno per aver riportato la pace nella martoriata regione, come direbbe papa Natzinger, tra i veri registi delle guerre. D’altronde, per porre fine a queste sanguinose operazioni belliche, invece di inviare i corpi di interposizione non sarebbe più facile evitare di rifornire i belligeranti di batterie missilistiche, mine, carri, caccia…? Eppure Stati Uniti, Iran, Gran Bretagna, Cina… continuano a vendere strumenti di morte a chicchessia e non solo per incrementare i loro profitti.

Israeliani, svegliatevi! Vi hanno bersagliato con armi prodotte nell’Impero di USAtana! Libanesi, svegliatevi: Ahmanidejad è un agente al soldo della sinarChIA!

Sul piano nazionale come sullo scacchiere del pianeta, le contrapposizioni sono quasi tutte fittizie: così, mentre le popolazioni civili sono aggredite brutalmente, atterrite e controllate, olmert e nasrallah brindano con coppe traboccanti di sangue.

Automobli di notte (lirica di Francesco Pastonchi)

Francesco Pastonchi (Riva Ligure, Imperia, 1877 – Torino, 1953) è un narratore e poeta ligure, allievo di Arturo Graf. Insegnò Letteratura italiana all’università di Torino. Molti suoi componimenti, risentendo dell’influsso di Gabriele D’Annunzio, sono torniti ma paludati e superficiali. Tuttavia alcune liriche colgono con efficacia aspetti della natura e della realtà urbana: è il caso, ad esempio, di Automobili di notte, una visione stranita e surreale dell’oscurità violata all’improvviso dai fasci luminosi di una vettura.

Forano di fari la notte
Subiti, impietosi:
l’ombre de gli agresti riposi
sussultano, rotte.

Allibita, una casa sbianca:
un prato di fiori stupisce
di quell’alba che lo ferisce
violenta e subito manca.

Ma la foresta rifiuta
quei coni effimeri in fuga:
resta, nel chiaror che la fruga,
austera, impassibile, muta.

Presentato esposto-denuncia contro il sindaco di Sanremo, dottor Claudio Borea

Contro il sindaco di Sanremo, dottor Claudio Borea, è stato presentato esposto-denuncia alla Procura della Repubblica competente per territorio, poiché il Primo cittadino, pur avendo ricevuto una circostanziata segnalazione corredata di un'incontrovertibile documentazione, in merito al problema delle scie chimiche, ha ignorato la comunicazione: si può quindi ravvisare il reato di omissione di atti di ufficio, come dagli articoli del Codice penale sotto riportati.


Art. 40 Rapporto di causalità Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Art. 328 Art. 328. Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

Art. 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferire, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila ad un milione.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto
.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.



Fonte: http://sciechimiche-zret.blogspot.com/

17 agosto, 2006

L'osservatorio romano

Credo che Lista leggerà in questo testo un mediocre attacco alla Chiesa di Roma. Più che di attacco, parlerei di constatazione.

Tra le notizie censurate, assume particolare rilevanza quella concernente la costruzione di un enorme osservatorio astronomico in Arizona, nel cuore di una riserva di nativi americani, per la precisione nella zona dove si erge il Monte Graham. La vetta è, da tempo imemorabile, un luogo sacro degli Apaches. L’edificazione della specola, cominciata nel 1990, nonostante le proteste dei nativi che sono stati brutalmente estromessi dall’area, è stata decisa e finanziata dall’Università dell’Arizona, insieme con due partners europei: l’Osservatorio di Arcetri ed il… Vaticano.

Siamo di fronte ad una profanazione di un sito dove gli Americani hanno sempre compiuto riti venerandi; siamo al cospetto di una palese violazione dei diritti di un popolo che sapeva vivere in armonia con la natura. Chi sono i criminali che, approfittando del silenzio colpevole dei media di regime, hanno perpetrato questa infame scelleratezza? Un’istituzione “culturale” statunitense ed il Vaticano! In fondo, però, qual è la differenza? Nessuna: l’impero di USAtana appartiene, attraverso una serie di società, alla Chiesa di Roma, che è lo stato più potente e ricco del mondo.

Ancora una volta, dietro gradevoli apparenze, si nasconde un monstrum horrendum, la chiesa massonica diabolica romana, vero convitato di pietra del banchetto apparecchiato per i cardinali-banchieri. Quale interesse può avere il Vaticano nella costruzione di un osservatorio astronomico? (1) Non è difficile da intuire, se si ricorda che la biblioteca vaticana custodisce libri non consultabili, se si rammenta che la religioprigione cattolica è una metamorfosi (il serpente cambia pelle, ma resta sempre serpente…) di antichi culti sumeri: per i Sumeri, numero sacro per eccellenza era il dodici e non solo perché conoscevano dodici corpi celesti nel nostro sistema solare…

Proprio in questi giorni l’Unione internazionale degli astronomi ha proposto di aumentare a dodici il numero dei pianeti noti, includendo Cerere, Caronte ed UB 313. La proposta è assai strana e sospetta, in specie se si considera che Cerere è un insignificante pianetino, Caronte un satellite, mentre UB 313 (o Sedna) è un planetoide della fascia di Kuiper. Possibile che degli astronomi incorrano in un così grossolano errore di classificazione, quando non pochi cosmologi reputano lo stesso Plutone un planetoide più che un vero e proprio pianeta?

Credo che la decisione di costruire l’osservatorio astronomico in Arizona celi scopi inconfessabili: non escluderei un nesso con Nibiru, il pianeta dell’incrocio, il cui periodo è pari a 3600 anni (3600 è multiplo di dodici…). È palese che la Chiesa di Roma è un occhio divino-massonico che tutto scruta, tutto osserva, penetrando gli abissi del tempo e dello spazio, dove agli altri è proibito lanciare anche un fuggevole sguardo. Essa osserva, ma non ama essere osservata.

Papa Natzinger ed i suoi accoliti gettino pure un mantello di cupe ombre sulle verità, chiudano a chiave la biblioteca vaticana, sigillino i segreti. Sarà tutto vano: infatti “Non vi è niente di nascosto che non debba essere scoperto e nulla di segreto che non venga ad essere conosciuto”, come afferma il Messia, quel Maestro il cui insegnamento le chiese “cristiane” hanno, in modo consapevole, per i loro biechi scopi, distorto e snaturato.



(1) Non si dimentichi che i potentissimi ed intriganti Gesuiti si sono sempre segnalati negli studi astronomici.

16 agosto, 2006

Libri e liberi

In questo periodo molte famiglie sono costrette ad affrontare la spesa non di rado esorbitante per i libri scolastici. Purtroppo sono quasi sempre denari dilapidati: infatti i manuali in uso nei vari istituti, tranne qualche eccezione, sono pessime pubblicazioni e non solo perché raffazzonate, ma anche in quanto menzognere. I libri di Storia, Geografia, i moduli delle antologie dedicati all’attualità sono un’accozzaglia di bugie e di fanfaluche indegne. Quale testo di Storia tratta in maniera rigorosa e credibile il Cristianesimo? Quale libro di Geografia indica le vere cause dell’effetto serra? Quale volume sul testo argomentativo riporta il coinvolgimento di C.I.A., Mossad e qualcun altro… nell’ideazione e nell’attuazione dei vari attentati attribuiti ad Al Qaeda? Quale manuale di Inglese presenta la lingua in modo chiaro, invece di contenere dialoghi dementi e becere vignette?

È evidente: questi scartafacci sono per lo più scritti da autori falliti, ma con le aderenze giuste. È evidente: le case editrici, soprattutto quelle cattoliche, sono la longa manus “culturale” dei potenti, il cui scopo primario non è educare le nuove generazioni, ma indottrinarle con strumenti subdoli, inculcando concetti distorti e contraddizioni, sulla base del bipensiero orwelliano.

In questo squallido panorama editoriale, spiccano poi per dozzinalità molti romanzi di autori contemporanei: Baricco, Brizzi, Camilleri, Eco, Faletti, Lucarelli, Tabucchi… sono imbrattacarte le cui opere dovrebbero essere messe all’indice per la vergognosa profanazione della lingua italiana e del buon gusto da loro perpetrata, senza dimenticare che il romanzo, come genere, si può considerare morto e sepolto. Costoro, però, continuano imperterriti a comporre abominevoli, cerebrali copioni, tra narcisismo e cliché narrativi, appena rinnovati con qualche stitica metafora.

Insomma i libri scritti da intellettuali liberi e talentosi sono pochissimi e di solito appartengono alla letteratura del passato. Oggi il conformismo, la mancanza di spirito critico, la cupidigia di denaro, la vanità, l’intento di adulare i lettori ottundono le già scarse capacità creative di qualche artigiano della parola.

Eppure, anche se un libro è solo la creazione, nel migliore dei casi, di un abile mestierante, se non amplia gli orizzonti culturali, se non stimola una ricerca personale né ti apre le “porte della percezione”, è bene che, nonostante i suoi innumerevoli difetti, sia tenuto: con la crisi energetica prevista per il prossimo inverno, sapremo con che cosa alimentare il fuoco del caminetto.

15 agosto, 2006

L'uomo (riflessione di Emil Cioran)

Solo le filosofie e le religioni che adulano l’uomo hanno successo. Il cristianesimo ha dominato per secoli non in virtù del peccato originale né dell’inferno, ma perché il figlio di Dio si è degnato di incarnarsi.

Ciò ha dato all’uomo una posizione smisurata, posizione che gli viene riconosciuta dalle visioni del "progresso", quali che siano. L’uomo ha un assoluto bisogno di porsi al centro di tutto; se avesse l’esatta percezione della propria insignificanza, dell’accidentalità della sua comparsa, perderebbe una parte della sua "vitalità"; e magari deporrebbe le anni, cosa davvero insperata.

14 agosto, 2006

Il nulla

E‘l naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi)

Nulla è più desiderabile del nulla. Il nulla: concetto inconcepibile, abisso di silenzio, sonno profondissimo senza sogni. Un po’ come il vuoto della fisica e della cosmologia (neppure gli spazi fra le galassie sono perfettamente vuoti), il nulla è una condizione limite, la patria che evochiamo con nostalgia, quando, infrantasi l’illusione del libero arbitrio sulla nuda roccia dell’essere, avvertiamo sopra di noi l’ombra cupa e minacciosa della fatalità.

Nulla: baratro infinito che spaventa ed attrae. Senso di smarrimento, se l’io e l’universo si dissolvono, ma anche ultima speranza.

In principio erano il nulla ed il silenzio: quel che accadde dopo fu lacerazione, caduta.

13 agosto, 2006

La magia della parola

In principio era il Lògos: questo è l’incipit del Quarto vangelo, ma l’affermazione non è veridica, perché in principio era il Silenzio, come ricorda la Gnosi.

Lògos… Principio, Idea, Suono, Verbo, Parola … o che cos’altro? Il suono crea, plasma, dà forma. Il suono, quello che, in Linguistica, è definito significante, è già segno, voce, in quanto frequenza, ritmo, vibrazione che si propaga nello spazio. Pitagora… l’armonia delle sfere, un’armonia non udibile a causa del nostro senso ottuso, un concento che Dante, trasumanato, percepì nel Paradiso.

Il suono è già significato, è già oggetto: le ventidue lettere dell’alfabeto “ebraico” sono ventidue archetipi che trovano misteriose e sorprendenti corrispondenze nei principi cosmici e nelle forme della natura. Mario Pincherle e Corrado Malanga li hanno esplorati.

Il suono è sillaba sacra, OM, mantra: lo sapevano gli antichi indiani. In latino carmen è, in primo luogo, formula magica, parola pronunciata solennemente per influire sulla realtà, vaticinio. Carmen è un suono-azione, solo più tardi passa ad indicare il canto e la poesia. Carmen si collega ai verbi canere e cantare, ossia pronunciare l’incantesimo, con idonei vocaboli, spesso ricorrendo ad ipnotiche ripetizioni.

I popoli antichi pensavano esistesse un nesso inscindibile tra il suono e l’oggetto: per questo motivo gli Egizi attribuivano ai figli due nomi, un nome noto a tutti, ed un altro segreto, conosciuto solo dai genitori e dal diretto interessato. In questo modo, nessun incantatore avrebbe potuto compiere un maleficio, ignorando il vero nome della vittima. Per questo motivo i Romani solevano ripetere Nomina sunt omina, i nomi sono presagi. Così la pensarono per lo più gli uomini del Medioevo, fino a quando, un po’ alla volta, si diffuse l’opinione che il rapporto tra le mots e le cose fosse il risultato di una convenzione, di una decisione arbitraria: De Saussure, Magritte, Kosuth… Scissione, frattura, perdita dell’unità: il suono si scompone, gli oggetti si allontanano, confondendosi in una grisaille. La glottologia scientifica pianta il suo vessillo in segno di trionfo: il legame tra il microcosmo ed il macrocosmo, tra la nota ed il denotatum, è spezzato. Tutto si disarticola, si disgrega, va in frantumi. Schegge impazzite schizzano in ogni dove e si conficcano nei frammenti di un mondo caotico.

Il suono, privato della sua aura magica e sacrale, della sua capacità di dialogare con l’anima e con il cosmo, è diventato strumento di controllo: comando ipnotico e post-ipnotico (MK Ultra, candidati manciuriani), messaggio subliminale per inculcare pericolose menzogne, onda a bassa o bassissima frequenza, irradiata con H.A.A.R.P., per minare l’equilibrio degli esseri viventi…

È ancora sortilegio della parola, ma, come chiosava Giorgio Manganelli, mai come oggi la magia della parola è magia nera.


Fonti:

G. Beccarla, L’autonomia del significante, Torino, 1975
G. Frosar, F. Bludorf, Vernetzte Intelligenz, 2003
C. Malanga, Archetipi, 2005
Id., Archetipi 2, 2006
Id., Onde letali, 2003
G. Manganelli, Discorso dell’ombra e dello stemma, 1982
M. Phillips, C. O’ Brien, Trance formation of America, Diegaro di Cesena, 2002
M. Pincherle, Archetipi Le chiavi dell’universo, Diegaro di Cesena, 2001
Zret, Scie chimiche e DNA, 2006

12 agosto, 2006

Afghanistan: tracce di una regia non terrestre (articolo di Giuseppe Colaminè)

Pubblico uno studio del ricercatore Giuseppe Colaminè. L'articolo non è recente, ma quanto mai attuale.

Per chi non lo sapesse, la guerra in Afghanistan ha particolarmente interessato il mondo dell’Ufologia, non certo perché si creda che Bin Laden sia un extraterrestre, piuttosto perché, anni fa, in tempi non sospetti, un articolo pubblicato sulla testata ufologica Stargate sostenne una teoria che all’epoca apparve a tutti come un’iperbole, ma che oggi stiamo rivalutando, pur con incredulità.

L’articolo in questione proviene dalla testata Stargate, risale al marzo 2000 e parla del presunto U.F.O. crash in Canada avvenuto nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino.

L’autore sostiene di essere entrato in possesso di documenti riservati forniti da ex funzionari del Blue secret defence, il servizio d’Intelligence dell’Aviazione militare canadese. Stando a questa fonte, nel 1989, un oggetto volante d’origine ignota, si schiantò in territorio canadese, nella regione dell’Ontario. Gli uomini del B.S.D. intervennero prontamente sul posto dove trovarono i rottami dell’aeromobile nonché un frammento intatto dello stesso, all’interno del quale si trovavano due corpi inanimati d’umanoidi grigi. Non furono identificati apparati propulsivi, ma stranamente all’interno dell’oggetto c’erano due computers di produzione terrestre pressoché intatti. Gli esperti del B.S.D., che analizzarono i programmi contenuti negli elaboratori, identificarono un piano terroristico su larga scala, che avrebbe dovuto svolgersi secondo tappe scandite nel tempo. Il piano prevedeva una serie crescente d’attentati perpetrati da gruppi terroristici medio-orientali ai danni delle nazioni occidentali, includenti armi nucleari, batteriologice e chimiche.

Nel programma si parlava dei cosiddetti impiantati, soggetti umani portatori d’inclusi metallici intraorganici di natura ignota. Questi individui, grazie agli innesti che portavano, sarebbero stati psichicamente asserviti alla causa e quindi usati come manovalanza di attentati suicidi. Nonostante le caratteristiche poco terrestri dell’oggetto caduto e dei suoi occupanti, nel programma dei computers non c’era cenno ad intelligenze aliene. (…)

Il B.S.D. acquisì i documenti già nel 1989, quindi doveva esservi in seno ai servizi segreti N.A.T.O. almeno un’opzione di rischio specifico da almeno 11 anni. Perché allora l’attentato dell’11 settembre ha colto la difesa statunitense così impreparata?

È possibile che un gruppo non identificato stia alle spalle del fenomeno terroristico con l'obiettivo di destabilizzare l'equilibrio politico internazionale ed istaurare un nuovo polo di potere sul pianeta.

È un'ipotesi troppo difficile da accettare, non solo per l'idea implicita di un’ingerenza extraterrestre, ma anche per la difficoltà di comprendere l’alternativa che questo movimento d’eventi vorrebbe creare.

Negli anni ‘70 due ex agenti dei servizi segreti USA diffusero una voce inquietante secondo cui governi di nazioni di primo piano collaboravano segretamente con una specie aliena proveniente dal sistema stellare Zeta Reticuli (distanza dal sole circa 40 anni luce). I termini di tale collaborazione venivano nell’insieme definiti il patto scellerato. Essi includevano le seguenti transazioni:

1. Gli uomini avrebbero fornito agli ospiti materiale biologico, cavie animali e cavie umane per compiere esperimenti biologici.

2. Gli ospiti avrebbero diffuso informazioni chiave per costruire manufatti militari (…)

Fra le dicerie circolate negli ultimi venti anni, vi era anche quella secondo cui i Grigi miravano ad uno sterminio delle razze non ariane, avendo essi identificato nei bianchi i soggetti ideali per una fusione genetica con la loro specie che si sarebbe trovata in decadenza biologica. Questo piano sarebbe fallito durante la seconda guerra mondiale, per cause totalmente sconosciute, ma sarebbe stato ripreso negli anni ‘50.

Si è detto anche che John Fitzgerald Kennedy, venuto a conoscenza del progetto, vi si sarebbe opposto duramente ed anche per questo sarebbe stato ucciso.

È probabile che i governi non siano per nulla stati informati di simili trame, piuttosto che esse si siano svolte nell'ombra, all'interno di frange deviate di svariati servizi di sicurezza.

Siamo in piena fantapolitica, dove il romanzesco si confonde con l'inquietante ed ispira fantasie iperboliche.

Apparentemente quindi si tratta di leggende metropolitane, ma, quando negli anni ‘90, un ex alto ufficiale statunitense, Philip Corso, fornì una sorta di confessione al mondo ufologico circa i contatti fra U.S.A. ed alieni, la questione assunse tutt’altro aspetto.

In pratica Corso negò patti e contatti diretti con extraterrestri, sostenendo che all’interno del famoso U.F.O. precipitato nel 1947 nei pressi della cittadina di Roswell, erano stati trovati solo umanoidi inanimati che, all’esame autoptico, erano risultati essere degli androidi molto avanzati tecnologicamente. Corso parlò molto delle tecnologie apprese dall’analisi del disco caduto, citando i microchips, il laser, il plasma magnetico e buona parte dell’odierna nanotecnologia, poi, saltando a piè pari alcuni passaggi politici, affermò che il governo U.S.A. considerava il rischio di un’invasione aliena. (…)

A questo punto potremmo tirare una prima somma: fallito l’accordo con gli U.S.A., finita la Guerra fredda, i Grigi avrebbero perduto il loro pretesto d’intrusione, quindi si sarebbero rivolti ad altri; da qui il programma rinvenuto fra i rottami dell’oggetto volante caduto in Canada.

In quest'ottica, lo stesso terrorismo islamico sarebbe oggetto di una strumentalizzazione da parte di chi ne incoraggerebbe tecnicamente le iniziative, con fini, però, ben diversi da quelli che gli oltranzisti stessi si prefiggono.

C’è una domanda che si porrebbe chiunque leggesse questa storia: "Se i Grigi sono una razza così potente ed avanzata, perché stanno facendo da più di 50 anni un lavoro logorante, quando basterebbe loro un’azione di forza che, in poche ore, metterebbe l’intero pianeta in ginocchio?"

In questa materia il 90% delle domande non ha risposta, ma intuitivamente potremmo azzardare qualche possibilità:

1) Gli alieni hanno uno stile di comportamento che non prevede iniziative violente, proprio in virtù del loro elevato grado evolutivo scientifico-tecnologico, ma piuttosto attuano i loro piani in maniera graduale e, seppur limitatamente, conservativa nei riguardi del sistema uomo-terra.

2) I Grigi non sono soli sullo scenario spaziale. Almeno un’altra specie contrasta le loro iniziative; apparentemente questa specie agisce a nostro favore. (…)

Si ha comunque l’impressione che gli eventi reali si svolgano nell’ombra a nostra totale insaputa.

L’Italia è il paese del complotto, del sotterfugio, delle dietrologie e chi scrive ne è un discreto conoscitore, non per inclinazione caratteriale, ma perché la storia ci ha dimostrato come la verità sia quasi sempre diversa da quella scritta sui libri di ieri e sui giornali di oggi.

A distanza di anni, secoli, millenni, veniamo a sapere dei retroscena di eventi di ogni tempo, dalle Guerre puniche, al Sacro Romano Impero, fino alla seconda guerra mondiale.

Dovremmo perciò incominciare tutti a chiederci seriamente chi o che cosa muova realmente gli eventi che rendono instabile l’evoluzione della nostra specie, fino alla nostra quotidianità. Se è vero che “Dio non gioca a dadi”, non è detto che qualcun altro, molto meno potente, ma sicuramente più avanzato dell’uomo, stia giocando a burattini con la nostra storia.

11 agosto, 2006

Goldstein

Chi tace i fatti da lui conosciuti non inganna meno di colui che inventa cose mai avvenute (Ammiano Marcellino)

I veri nemici sono quelli che ti vogliono proteggere.


Gli zelanti servizi segreti di sua bassezza la regina elisabetta II, fortunatamente, hanno sventato un altro immane attentato. L’ancora più zelante Scotland Yard ha già individuato molti dei finti attentatori tutti di origine pakistana ed islamici a denominazione di origine controllata, con tanto di bollino. Da non dimenticare che gli pseudo-terroristi sono anche degli alchimisti che, per mezzo di miscele a base di misteriosi ingredienti, avevano intenzione di far saltare in aria alcuni aeroplani diretti negli Stati Uniti.

È questo, grosso modo, il canovaccio ideato dagli “Illuminati” per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dalle carneficine sioniste in Libano e per operare un altro giro di vite sugli spostamenti dei passeggeri in nome della “sicurezza” (la loro).

La trama è sempre la medesima, solo con qualche variante: Al Qaeda, il terrorismo degli integralisti, gli efficienti servizi igienici segreti, l’allarme, i controlli negli scali aerei, le misure restrittive delle residue libertà, la cancellazione di voli diretti nell'impero di USAtana ed in Israele. (Chissà se hanno annullato pure i voli degli aviogetti chimici... Ne dubito fortemente). Ormai anche un bambino di cinque anni dovrebbe aver capito che è il solito funesto, tedioso copione di una rozza pantomima, eppure la massa continua a credere a queste ridicole fanfaluche ed a nutrire sentimenti sempre più ostili nei confronti di Goldstein, il fantomatico nemico pubblico numero 1 del romanzo 1984 di George Orwell. Si scelgono a caso dei capri espiatori, si additano al pubblico ludibrio, si fomentano odi interetnici e si prosegue tranquilli a costruire il diabolico nuovo ordine mondiale, con la regia occulta, tra gli altri, di B 16 o di chi per lui. La gente si fa abbindolare, credendo a tutte le menzogne che le vengono propinate, senza accorgersi di contraddizioni, incongruenze, situazioni inverosimili.

“L’ha detto la televisione!” Per questo motivo è una bugia! “L’ha detto il telegiornale!” Per questo motivo non è vero! “L’ha scritto Il corriere della pera!” Per questo motivo è un’invenzione! "L'ha affermato il ministro dell'inferno!" Per questo motivo è una falsità!

Tutto inutile: il volgo è di un’infinita dabbenaggine, mentre Orwell insegna, ma quasi nessuno impara.

09 agosto, 2006

La nomea del cane presso Greci e Romani

Gli antichi usavano un metro spesso diverso dal nostro quando valutavano il carattere degli animali. Il cane, per loro, non era, se non raramente, il miglior amico dell’uomo. Nell’Odissea, il fedele Argo muore felice, dopo aver riconosciuto l’amato padrone, tornato ad Itaca dopo venti anni di assenza. Altri episodi di fedeltà canina sono raccontati da qualche autore classico, ma, per quanto illustri, non sono bastevoli a bilanciare la cattiva reputazione di cui l’animale godeva sia presso i Greci sia presso i Romani.

Elena, ad Ilio, dopo anni di conflitto, si accorge di quanti lutti abbia provocato la sua fuga con Paride, l’attraente ma inetto figlio di Priamo. Egli l’ha sedotta, facendole dimenticare la patria Sparta e la famiglia, ma, col tempo, si è rivelato un vanitoso ed un debole, capace di pensare solo alla sua bellezza ed alle donne, come gli rinfaccia aspramente il fratello Ettore. Elena si dispera, si vergogna e crede che tutti dovrebbero sdegnarla. Non servono a niente le parole di Priamo che tenta di rincuorarla. Non serve il discorso dei vecchi troiani, secondo i quali “per una simile donna non è un’onta che i Teucri e gli Achei dai solidi schinieri soffrano a lungo dolori”. Impietosa verso sé stessa, Elena parla dei propri “occhi di cagna”.

Atteone era il figlio di Aristeo. Egli era stato allevato dal centauro Chirone, che gli aveva insegnato l’arte della caccia. Fu divorato sul monte Cicerone, dai suoi cani. Esistono differenti versioni di questa morte: la maggior parte dei mitografi la attribuisce all’ira della dea Artemide, che era stata vista da Atteone mentre si bagnava ad una fonte. La dea lo tramutò in cervo e rese furiosi i cinquanta cani che costituivano la sua muta, aizzandoli contro di lui. I cani sbranarono il cacciatore, non riconoscendolo, poi lo cercarono invano per tutto il bosco in cui echeggiarono i loro lai. Sebbene avessero cercato il padrone, i cani si erano comportati come feroci lupi.

Anche i Romani, in genere, non ebbero un’alta considerazione del cane: infatti se Plinio il Vecchio asserisce che il cane è l’amico più fedele dell’uomo, nel contempo, senza alcuna compartecipazione per il destino delle vittime, ricorda che ogni anno alcuni cani erano appesi vivi ad una forca di sambuco tra il tempio della Giovinezza e quello di Summano: alla specie, infatti, non era stato mai perdonato di non aver difeso il Campidoglio dai Galli guidati da Brenno.

Virgilio definisce le cagne obscenae, ossia orribili, turpi; Orazio reputa il cane immundus, immondo.

Tra i “cristiani” si leggono analoghi vituperi: per Giovanni Crisostomo il cane è “l’animale più vile” e “coloro che vivono in irrimediabile empietà e non hanno alcuna speranza di redimersi” sono dei cani. Per Agostino il cane è “disprezzabile ed ignobile”, è “l’ultimo degli uomini e delle bestie”.

Probabilmente per questa sua pessima fama, il cane, insieme con un serpente, un gallo ed una scimmia, era rinchiuso nel sacco (culleus) del parricida.

Nel mondo antico, del miglior compagno dell’uomo si apprezzavano soprattutto le capacità venatorie, ma anche il suo ruolo di custode della casa e delle greggi. Omero cita cani da pastore, di Argo dice che era addestrato per la caccia ai cervi, alle volpi ed alle capre selvatiche. Come cane da guardia e da pastore nel mondo ellenico era usato il molosso d’Epiro, mentre per la caccia era diffuso il lacone. Forse incrocio tra il molosso ed il lacone era il mastino cretese. Queste razze furono introdotte in Italia, dove si aggiunsero a quelle locali: il cane umbro, il salentino, l’etrusco ed il molosso. Di quest’ultimo ci fornisce un’accurata descrizione Columella nel De re rustica (I sec.d.C.). Un tipo di levriero veloce fu importato dalla Gallia ed usato per le corse.

È evidente che l’affezione che molti oggi dimostrano (o credono di dimostrare) per il cane era sentimento quasi ignoto agli antichi, per i quali prevalevano considerazioni utilitaristiche. Il fenomeno si può ricondurre, in questo, come in molti altri ambiti, ad una visione antropocentrica, tipica del mondo classico (e non solo) che l’umanità non è riuscita a trascendere, una visione non scevra di pregi ma gravida di limiti.


Indicazioni bibliografiche:

W. Burkert, Homo necans, Berlin, 1972
E. Cantarella, I supplizi capitali, Milano, 2005
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000, sotto le voci Atteone e cane

Fonti classiche:

Od. 17, 290-32
Il. 3, 3; 3, 161-165; 156-157; 180
Plin. N.H. 8, 61, 142; 29, 14, 57
Horat., Epist. 1, 2, 26
Verg. Georg. 1, 470
Johann. Crys. Homil. 10, 3
August. Quaest. in Heptateuc. 6, 7; 7, 73


08 agosto, 2006

Il toro di Falaride (considerazioni incoerenti su saggezza, amore ed universo-prima parte)

Perché l’essere, invece del nulla? (Leibniz)

Il presente testo vuole essere una risposta per quanto parziale, decentrata non definitiva ed interlocutoria alle domande di alcuni gentili lettori, come Denis, a proposito di coloro che prospettano l’amore universale come risoluzione di ogni problema. Credo che le contraddizioni rilevate da Denis siano un riflesso di contraddizioni assai più profonde, ontologiche e, in quanto tali, ineliminabili. Penso che sia arduo - forse neppure è auspicabile - essere del tutto coerenti, giacché l’esistenza stessa, con le sue infinite ambivalenze, impedisce di trovare un ubi consistam, un baricentro. Critiche e contributi sono ben accetti.

Falaride era un tiranno di Agrigento dove fu al potere dal 570 al 554 a.C. Feroce e dispotico, egli fece costruire da un artigiano ateniese un toro di bronzo, nel quale i rei di lesa maestà erano fatti morire tra le fiamme. Qualche filosofo stoico, in vena di facezie, affermò che il saggio poteva essere felice anche nel toro di Falaride.

Saggezza è una parola di cui mi sfugge il vero significato sicché a volte mi sembra un vocabolo vuoto. Eppure, sin dall’antichità, molti pensatori hanno fatto appello alla saggezza, fondata sulla virtus che, innanzi tutto, si esplica attraverso una volontà ferrea. Che poi gli stoici fossero fatalisti, non è di grande rilievo, perché destino e volontà, sebbene, almeno all’apparenza, antitetici, non di rado vanno di pari passo. Del resto, un fatalista radicale come Schopenauer sottolinea l’importanza di un impegno personale sovrumano per liberarsi dalla Volontà: è una sorta di rimedio omeopatico?

Oggi, di fronte all’universale carneficina, all’odio che distrugge gli ultimi brandelli di civiltà, l’appello al volere è per lo più sostituito dall’esortazione all’amore. Dal papa all’uomo politico, dallo scrittore new age al contattista, quasi tutti (pochi in buona fede) esortano all’amore, alla riconciliazione, all’armonia: grazie all’amore, l’umanità sarà rigenerata. Amore è un altro termine dal senso oscuro: che cos’è? Un’energia, una frequenza, un sentimento, un modo di essere? Esiste l’amore puro, disinteressato? È difficile disquisire su qualcosa la cui esistenza è molto dubbia.

Se la saggezza ci conduce nello splendido ma vuoto tempio dello Stoicismo, l’amore, propagandato da certi movimenti e dalle chiese ufficiali, ci innalza fino al cielo azzurro ma finto della New age. Così, se l’antichità possiede A sé stesso di Marco Aurelio, come summa conclusiva di una concezione della vita nobile ma astratta, il nostro tempo trova nel breve romanzo Il gabbiano Johnatan Livingston di Richard Bach, l’emblema di un sogno di libertà e di equilibrio interiore altrettanto chimerico.

07 agosto, 2006

Pisa

Absit iniuria verbis

La trasmissione di pierino angela, Superpack, ha recentemente trasmesso un servizio sulla celeberrima Scuola normale superiore di Pisa: è stata un’oleografica descrizione di un ateneo in cui studiano e si laureano persone dall’intelletto eccelso, tra le quali bisogna ricordare l’inclito ex uomo del colle che, avendo collocato sul suo augusto capo il tocco, diede immenso lustro alla prestigiosa istituzione. Infatti l’omuncolo del Quirinale si laureò in filologia classica, anche se nessuno, ad ascoltare i suoi fangosi e banali discorsi, se ne è mai accorto. Un laureato in filologia classica dovrebbe possedere almeno qualche rudimento della lingua latina: mi pare, però, che colui, con l’idioma antico, avesse qualche problema. Ricordo che, quando morì Norberto Bobbio, ciampi volle sfoggiare la sua cultura con un forbito elogio funebre: rievocò la figura di Bobbio, ritraendolo come “un uomo giusto e fiero”. Un filologo dovrebbe sapere che “fiero” deriva dal latino “ferus”, con il significato di feroce, crudele. Che bel panegirico! Che gaffe colossale! Mi chiedo come l’ex presidente della bocciofila poté conseguire la laurea.

Comincio a nutrire qualche dubbio sulle competenze dei docenti che insegnano alla Normale che, in fondo, è solo un pollaio di lusso dove le galline sono nutrite con mangimi selezionati non per essere macellate, ma onde insegnino alle altre galline come comportarsi. Dalla stia escono “scienziati” rigorosamente indottrinati pronti per chioccolare dogmi tra sale convegni ed atenei, insieme con qualche pedante “umanista” adatto a razzolare tra il ciarpame dell’erudizione. L’importante è che i laureati abbiano una visione della natura e della storia del tutto “normale”, ortodossa, acritica. È fondamentale siano inconsapevoli banditori delle “verità” decise dalla casta degli scemenziati, che siano docili strumenti nelle mani dei loro pigmalioni, per i quali “cultura” rima con censura.

Insomma, pierino ha esibito un’altra perla del suo infido e pericoloso programma, durante il quale ogni settimana non perde l’occasione, in un modo o nell’altro, per tessere le lodi dell’energia nucleare, degli organismi geneticamente modificati, della medicina allopatica… nel segno delle “magnifiche sorti e progressive”. Ci mancava solo il panegirico della Scuola normale. Ora comprendo l’invettiva dantesca contro la città toscana: il poeta fiorentino aveva presagito quale “vituperio delle genti” sarebbe stata Pisa.

05 agosto, 2006

Er ministro novo (sonetto di Trilussa)

Trilussa è lo pseudonimo di Carlo Alberto Salustri, poeta in dialetto romanesco (Roma 1871-1950). Dalla raccolta Poesie (1951), ho scelto un sapido sonetto, quanto mai idoneo a descrivere un tipo “umano” eterno ed immutabile, il politico. L’esponente della genia comprendente ministri e parlamentari è descritto con tocco magistrale e con piglio sardonico. Non è difficile leggere in questo ritratto icastico ed impietoso, la fisionomia di qualche burattino attuale. Mi viene in mente, ad esempio, un in fausto personaggio, dalla erre blesa e dall’eloquio mellifluo, assisosi di recente su un alto scranno, donde impartisce dotte lezioni di “democrazia”… Asinus ex cathedra.


Guardelo quant'è bello! Dar saluto
pare che sia una vittima e che dica:
- Io veramente nun ci ambivo mica;
è stato proprio el Re che l'ha voluto! -

Che faccia tosta, Dio lo benedica!
Mo’ dà la corpa ar Re, ma s'è saputo
quanto ha intrigato, quanto ha combattuto...
Je n'è costata poca de fatica!

Mo’ va gonfio, impettito, a panza avanti:
nun pare più, dar modo che cammina,
ch'ha dovuto inchinasse a tanti e tanti...

Inchini e inchini: ha fatto sempre un'arte!
Che novità sarà pe' quela schina (1)
de sentisse piegà dall'antra parte!


(1) Schiena

04 agosto, 2006

Schirmer aveva ragione?

Era il 3 dicembre del 1967, ore 2:30, Ashland, Nebraska, U.S.A. L’agente di polizia, Herbert Schirmer, scorse un oggetto volante a forma di palla ovale, provvisto di un anello esterno a somiglianza del pianeta Saturno. L’oggetto poggiava con tre gambe sul ciglio dell'autostrada (E’ questa la descrizione riportata nel registro dei rapporti redatti dalla polizia).

Ulteriori particolari sull’esperienza furono resi noti sei mesi dopo, durante il trattamento ipnotico condotto da uno specialista, il dottor L. Williams. Sotto ipnosi, Schirmer raccontò che egli era sceso dall’auto per indagare, allorquando esseri umanoidi gli si avvicinarono e lo paralizzarono con un gas verdastro. Gli alieni gli rivelarono che essi provenivano da un’altra galassia: erano approdati sulla Terra per evitare che gli umani distruggessero il pianeta. Infine le creature lo portarono a bordo dell'U.F.O. L'uomo si risvegliò in una stanza non molto grande, provvista di oblò, di schermi simili a monitors e di due sedie dallo schienale triangolare. Il leader degli alieni comunicò all’agente che stavano estraendo elettricità da una linea elettrica vicina… Il contattato, sotto ipnosi, spiegò che quando gli U.F.O. atterrano, emettono un forte campo di forze elettromagnetiche a circolo che funge da difesa. Benché il rapito non avesse compreso come procedessero, i visitatori traevano una specie di energia dall'acqua: ecco perché frequentano i laghi e i fiumi. I loro velivoli erano mossi da un'energia elettromagnetica reversibile che creava un moto senza inerzia e libero dalla forza di gravità. Un rotore affine ad un cristallo al centro dell’ aeromobile era collegato a due larghe colonne. Invertendo l'energia elettrica e magnetica, chiarì l' extraterrestre, essi potevano controllare la materia ed annullare la forza di gravità. Probabilmente il disco era costruito con magnesio puro. All’agente fu anche mostrato un congegno a forma di piatto che poteva essere lanciato dal velivolo più grande. Secondo la descrizione fornita, identica a quella di Adamski, il dispositivo poteva trasmettere immagini audiovisive in tempo reale, Presumibilmente, gli alieni incontrati da Schirmer provenivano da una galassia vicina, ma avevano altre basi nel nostro sistema solare, anche sulla Terra e, più precisamente, ai poli.

Il caso di Schirmer si rivela di grande interesse, alla luce di recenti scoperte nel campo dell’elettromagnetismo: infatti nel 1992, all’università di Tampere, in Finlandia, lo scienziato russo, Eugene Podletnov, riuscì a mettere a punto un piatto superconduttore, fatto di una ceramica speciale e del diametro di circa 27 centimetri. Lo pose poi in un dispositivo di raffreddamento, un criostato, facendo ruotare il disco in un forte campo magnetico. Uno degli scienziati presenti nel laboratorio e che stavano assistendo all’esperimento, si accorse che il fumo della sua pipa non vorticava e non si diffondeva nell’aria, ma saliva in verticale sopra il disco rotante. Podletnov, dopo aver misurato con un barometro, la pressione atmosferica sopra il disco, si avvide che essa era inferiore a qualsiasi altro punto dell’ambiente. Gli scienziati allora compresero che l’oggetto di ceramica respingeva la forza di gravità. Ulteriori sperimentazioni dimostrarono che il congegno superconduttore era veramente il responsabile dell’effetto di schermatura magnetica, perché, perfino ai piani superiori, era rilevabile il decremento della pressione atmosferica.

Come spiegato, Podletnov collocò il disco in un criostato, facendolo girare in un forte campo magnetico. In simili condizioni i superconduttori sviluppano alcune peculiarità: ad alta velocità di rotazione, i materiali superconduttori cominciano a librarsi nel campo magnetico con quei movimenti a foglia morta che ricordano le evoluzioni di molti U.F.O.

Dunque il disco di Podletnov attesta non solo che la forza gravitazionale può essere contrastata, ma che le informazioni fornite da Schirmer sul segreto del sistema propulsivo, di cui sono dotate ipotetiche astronavi aliene, erano sostanzialmente corrette. Schirmer, che non era un fisico ed era a digiuno di conoscenze relative all’elettrodinamica, descrisse, con una buona approssimazione, un apparato di schermatura gravitazionale. Inoltre l’agente fornì tali preziose informazioni sotto ipnosi: è noto che molti studiosi considerano il metodo della regressione ipnotica inaffidabile, perché ritengono che se ne possano desumere per lo più falsi ricordi o esperienze involontariamente trasmesse dall’ipnoterapeuta. Significa che la tecnica dell’ipnosi regressiva può essere, invece, utile e portatrice di dati attendibili?

Tra l’altro, anche se in maniera più generica, indicazioni simili circa l’impianto propulsivo degli U.F.O., erano state divulgate da George Adamski, negli ormai lontani anni ’50 del XX secolo. È palese: non tutte le dichiarazioni di contattisti e testimoni sono fantasie.

Fonti:

AA.VV. Il caso Schirmer, traduzione di M.Donnini
D.Trull, The rise and fall of anti-gravity machine, 1997
T.Good, Base Terra, Milano, 1998

03 agosto, 2006

I veri giudei

I veri giudei condannano la feroce e sanguinaria offensiva scatenata dallo stato d’Israele contro il Libano, dopo che gli Ezbollah avevano catturato – così si racconta – due soldati dell’esercito nemico. I veri giudei non solo rispettano, senza ipocriti distinguo, il comandamento della Torah “Non uccidere”, ma sono contrari anche allo stato d’Israele, come entità politica. (1) Infatti, memori e custodi della tradizione dei profeti, sono convinti che solo Dio può instaurare il Suo regno, per tramite del Messia, che è colui che porta sul petto il sigillo reale. La creazione tutta umana dello stato d’Israele, avvenuta nel 1948, decisa dalla sinarchia per gettare una testa di ponte nella regione medio-orientale e fomentare l’odio degli Arabi e dei Musulmani, è considerata dai veri giudei una bestemmia, un oltraggio nei confronti dell’Onnipotente la cui imperscrutabile volontà è stata profanata.

Poco inclini ad accettare lo stato d’Israele sono pure i Samaritani, oggi poche migliaia. I Samaritani sono gli eredi delle tribù settentrionali del regno d’Israele, mescolatesi con varie popolazioni, dopo il 722 a.C., quando il regno del nord fu conquistato dagli Assiri. Essi, concentrati nel centro di Nablus, non riconoscono Gerusalemme come città santa, ma Sichem. Infine accettano tra i testi sacri solo i libri del Pentateuco, mentre rigettano tutte le tradizioni ebraiche posteriori, compreso il Talmud. I discendenti delle tribù disperse sono sempre stati disprezzati dalla maggioranza degli Ebrei che solevano affermare: “Meglio i porci dei Samaritani”.

Tra l’altro non si dimentichi che gli Ebrei, affluiti in Palestina dal 1948 ad oggi, da paesi lontani (dalla Russia all’Etiopia) sono per lo più incrociati con genti europee o discendenti dei Turchi, convertitisi in massa all’Ebraismo nel Medioevo. Costoro hanno quindi abbracciato una religione ed una cultura senza comprenderle veramente, mentre i depositari dell’antico sapere mosaico sono oggi un’esigua ed inascoltata minoranza (2).

Come spesso avviene, ci insegna il filosofo danese Soren Kierkegaard, in una comunità è la minoranza ad aver ragione. E’ per questo motivo che la “democrazia” è un sistema aberrante, mostruoso: infatti le decisioni dipendono dalla volontà della maggioranza, formata da una massa facilmente manipolabile con la propaganda, la disinformazione, l’appello a pseudo-valori. Questo - è incontrovertibile – vale anche per la cosiddetta democrazia israeliana.



(1) Sul carattere comunque torbido di asserzioni che fanno appello a testi “ispirati” da Dio, vedi Zret, L’ambiguità del sacro

(2) È perciò del tutto errato accomunare in un’unica esecrazione veri ebrei, Samaritani e la pletorica masnada sionista al soldo della sinarchia. Purtroppo, però, sono pochissime le voci fuori dal coro, che non ripetono i mantra di Blondet, autore anche di un libro, assieme ad un ufologo colluso con i servizi segreti, riguardante temi di frontiera. Blondet sa, ma finge di non sapere, proprio come il suo burattinaio.

02 agosto, 2006

Gli zaffiri di Zeffirelli

Intervista in giardino per Franco Zeffirelli: fra ortensie e magnolie, sollecitato da un più che adulatorio redattore, l’anfitrione, con modi ora burberi ora compiaciuti, nella quiete dell’ameno verziere, ha rievocato alcuni episodi e successi della sua carriera di scenografo, costumista e regista. Difficile immaginare un percorso professionale più inutile del suo: pellicole patinate, melodrammi lacrimevoli, oleografici adattamenti letterari. Tra tutte le pellicole, “spicca” il Gesù di Nazareth (sic), una fiaba dolciastra ed edificante, tratta da quel copione abborracciato definito vangelo.

L’artista ha anche snocciolato le sue opinioni sui giovani, che non sono più come quelli di una volta (che grande originalità!), sul deludente panorama politico italiano (1), sulle differenze tra cinema e televisione.

Alla fine, stando a Zeffirelli, sembra che l’essenza del cinema sia nella sua capacità di raccontare delle storie, per giunta con quel piatto verismo che connota molte produzioni. Raccontare le vicende della vita? La vita, quell’accozzaglia di casi insensati, di parole vuote e di vani progetti. Su tutto incombe qualcos’altro: il senso del fallimento e l’ombra dell’ultimo silenzio.

Restano soltanto gli zaffiri di Zeffirelli, diafani e scintillanti, ma falsi, come quelli tanto faticosamente accumulati nel corso della nostra miserevole esistenza.


(1) Meglio tacere di quell’istantanea in cui il cineasta è ritratto, mentre, con sguardo tra l’estatico e l’ebete, bacia una bandiera a stelle e strisce. La stupidità umana non ha limiti.

01 agosto, 2006

Alla ricerca del sigillo reale (terza parte)

Il presente studio è uno stralcio di una ricerca molto più ampia ed articolata: eventuali editori interessati a leggerla integralmente, possono contattarmi all’indirizzo di posta elettronica indicato a margine della pagina. Intendo ringraziare il mio amico Geko, dalla cui intuizione sul segno di Noè, ha avuto origine l’indagine. Le fonti saranno indicate in calce all'ultima parte.

Esiste pure nel dipartimento francese di Aube, la città di Troyes, la Traecae dei Galli. Il centro fu conquistato da Clodoveo nel 484 e fu sede, dal XII secolo, di una scuola talmudica dove insegnò il rabbino Rachi. Inoltre nel territorio fu fondata da San Bernardo, nel 1115, l’abbazia cistercense di Chiaravalle. San Bernardo fu il monaco che dettò la regola dei Templari, che adottarono come emblema una croce latina rossa sui campo bianco. Infine Troyes è la città di Chretien, il poeta autore del Perceval ou le conte de Graal, con cui principiò la saga letteraria del Santo Graal.

I monarchi franchi erano definiti “re incantatori” o “re taumaturghi”, giacché, grazie a qualche proprietà miracolosa del loro sangue, potevano guarire i malati con l’imposizione delle mani. Si raccontava poi che fossero chiaroveggenti e che potessero comunicare con gli animali come Salomone. Si favoleggiava pure di una collana magica, ma soprattutto di una voglia che li distingueva da tutti gli altri, a dimostrazione del loro sangue semidivino. Questo segno era situato sul cuore o tra le scapole e si diceva avesse la forma di una croce.

I Merovingi erano anche denominati i “re lungichiomati”, poiché, come Sansone nell’Antico Testamento e tutti i nazirei, ossia i consacrati a Dio, non passavano mai il rasoio sul capo: nei capelli, infatti, era concentrata la virtù del loro portentoso potere. I Merovingi si consideravano dunque dei Messia, dei re-sacerdoti: qui si inserisce il loro assai dubbio, ma non impossibile legame con Gesù, da cui avrebbero ricevuto i crismi che li resero, fra tutti i popoli germanici speciali a tal punto che furono i primi a convertirsi dal paganesimo al Cristianesimo niceno, invece che all’Arianesimo. Ne risultò un’alleanza con la Chiesa di Roma i cui vescovi forse erano consapevoli che i Merovingi erano una dinastia eccezionale. Su questo tema non mi dilungo, dato che è stato affrontato sia dai tre giornalisti succitati sia dai loro innumeri detrattori e da qualche epigono: intendo, però, esprimere la mia perplessità circa l’evenienza che la dinastia merovingia sia sopravvissuta sino ai nostri giorni. Penso che gli usurpatori Carolingi, anche se sposarono alcune principesse della dinastia deposta, ebbero tutto l’interesse a sterminare i rampolli dei loro predecessori che avrebbero potuto rivendicare il trono usurpato loro mediante la vile, spregevole intesa tra papa Zaccaria e Pipino III il Breve. Credo quindi che i Merovingi si estinsero, mentre presumo le attuali dinastie reali europee discendano dai Carolingi o da altre famiglie regnanti del Basso Medioevo.

Il discorso spazia anche verso gli aspetti genetici: la stirpe di Caino, la tribù di Beniamino, Gesù che si dice discendesse dal re David, i Merovingi erano come gli anelli di una stessa catena? In questa catena genetica l’anello mancante è costituito da Gesù, per parecchi motivi: poiché è un personaggio la cui storicità è dubbia, ma anche in quanto, non ostante le vantate ascendenze, non poteva discendere dalla famiglia di David quasi certamente estinta nel I sec. a.C., senza dimenticare che David apparteneva alla tribù di Giuda.