31 dicembre, 2006

Saremo sereni

Ideogramma cinese che indica la felicitàLa felicità è nello spazio tra due attimi (W. Blake)

È difficile indugiare su qualcosa che non esiste, come la felicità, ma ci proverò ugualmente. In primo luogo, la distinguerei dalla contentezza che, tenendo conto dell’etimologia, è appagamento, uno stato di soddisfazione di cui possiamo avere esperienza quando siamo solleticati da sensazioni voluttuose. È una condizione che i gaudenti conoscono bene, ma che diventa presto stucchevole.

La felicità è qualcosa di più elevato, di più personale che risiede nel gusto e non nelle cose, come osservava La Rochefoucauld. Purtroppo tale sensazione di benessere e di gratificazione dipende da un concorso ortunato (e fortuito) di fattori molto raro, simile ad un prodigio, ad un miracolo. La felicità non può essere tuttavia assaporata neppure per un istante, se non si prescinde dal tempo che sempre congiura contro di essa, se non ci si immerge in un lago di beata incoscienza, in una sorta di epoché del buon senso e della logica che ci avvertono dell’illusorietà di ogni gioia. Più precari della fiamma di una candela nella tempesta, più mutevoli di una nube, gli istanti di felicità sono astri che rischiarano appena l’oscurità dell’esistenza. Sentiamo comunque che nulla è più lontano dalla felicità del divertimento obbligatorio, mercificato tipico del mondo vacuo e fatuo in cui ci troviamo. Tutto il bric a brac delle feste, delle notti bianche, delle discoteche, dei veglioni di fine anno, con i loro rumorosi e caotici sollazzi sono la perfetta antitesi della felicità, spesso associata alla solitudine, alla contemplazione, alla natura.

Altra cosa, infine, è la serenità, uno stato sublime del tutto incompatibile con la vita imprigionata in una bolla spazio-temporale. La serenità è una beatitudine difficile da concepire, impossibile anche solo da sfiorare. E’ un’estasi, ovverosia letteralmente un'uscita da sé, dal nostro ipertrofico io, per perdersi nel nulla, nel silenzio. È infinitamente distante dalla vita, dall’entropia dei giorni, degli anni, dei secoli.

Per questo saremo sereni, quando e solo se non saremo.


I miei più fervidi auguri a tutti i lettori per un 2007 all'insegna della palingenesi.

29 dicembre, 2006

Acqua

Un eccesso di analisi può uccidere

Qualche anno fa, seguii un documentario televisivo che riportava gli studi e le sperimentazioni di alcuni ricercatori russi su quella che viene definita memoria dell’acqua. Uno scienziato era riuscito addirittura a depurare l’acqua inquinata da metalli e da sostanze tossiche di vario tipo, adottando una particolare procedura e versando alcune gocce di un liquido blu.

Tra parentesi, bisogna osservare che i Russi sono spesso all’avanguardia: ancora prima degli scienziati statunitensi studiarono le percezioni extra-sensoriali e realizzarono sistemi per l’emissione di impulsi elettromagnetici (è il sistema Woodpecker, ossia "Picchio" che precedette di qualche anno H.A.A.R.P.) sia per il controllo mentale sia per modificare le condizioni meteorologiche insieme con lo spargimento nell’atmosfera di elementi chimici. Più di una volta Putin ha ordinato il bel tempo, in occasione di parate militari, incontri al vertice con capi di stato etc. Quando il presidente della Federazione russa non vuole che la pioggia “rovini” un evento, decollano appositi aerei che, inseminando le nuvole con sali di bario, le dissolvono, evitando così le precipitazioni.

Riprendendo queste breve riflessioni sull’acqua, è evidente che se consideriamo solo la sua formula chimica, H2O, comprendiamo poco della sua intima natura. Sorgenti, fiumi, laghi, mari, oceani sono qualcosa di più di masse di molecole: è come se l’acqua fosse un essere vivente, una creatura trasparente e fluida che plasma, leviga, carezza, scivola…

La “scienza” ufficiale coglie solo la superficie del mondo: scinde, quantifica, misura, seziona…, mentre il sapere tradizionale coglie aspetti reconditi, valori simbolici, misteriose corrispondenze, offrendoci un’immagine della realtà più profonda e significativa. Già Talete probabilmente aveva intuito qualcosa di essenziale dell’acqua, quando la concepì come principio delle cose che considerava “piene di dèi”.

Oggi fortunatamente, alcuni uomini di cultura hanno compreso che la separazione tra discipline umanistiche e discipline scientifiche è spesso artificiosa e che esistono molti punti di convergenza tra i due ambiti. Se subito sono colpiti dagli strali del C.I.C.A.P. ed esposti al pubblico ludibrio, questo deve diventare uno sprone per procedere nelle indagini. Forse un giorno si scoprirà che l’acqua veramente possiede una memoria come affermano i medici omeopatici e che, a somiglianza di tutto il resto della materia, questo liquido prezioso e cristallino vibra di un’energia vitale ed indistruttibile.

D’altronde la materia non è meno misteriosa dello spirito.

27 dicembre, 2006

Dio è un dado

Sembra che non sia tanto facile liberarsi di Dio: sebbene l’esistenza dell’uomo, essere spregevole ed infimo, congiuri contro l’esistenza di un Essere supremo, il Creatore, espulso dalla porta, rientra dalla finestra, come speranza, illusione, come anelito ad un quid capace di dare un senso a ciò che senso non ha.

Qualcuno proclamò la morte di Dio, ma Egli, a somiglianza dell’araba fenice, risorge ogni volta dalle sue ceneri. Non sono bastati millenni di stragi, di nequizia, di stupri della natura per ucciderlo. Non basta la constatazione che tutto nell’universo, di là dalle apparenze armoniosamente ingannevoli, sia perfettamente perverso. Il Creatore, anche se barcollante come un ubriaco, torna ad assidersi sul trono al centro del cosmo.

È ozioso tentare di dimostrare che Dio esiste, (anzi è), o che la realtà, così come la percepiamo, non presuppone alcuna Mente superiore: gli argomenti pro e contro, in una certa misura, si equivalgono, elidendosi a vicenda. È, invece, innegabile che molti uomini, in fondo, considerano Dio un lancio di dadi, una scommessa, (una pari per dirla con Pascal), un azzardo giocato contro il nulla e l’assurdo dell’esistenza.

Di fronte all’incognita tremenda della vita, resta solo la possibilità di lanciare i dadi fra le galassie a spirale che strangolano lo spazio o le nebulose fluttuanti nel gelido silenzio dell’universo, sperando che, come si auguravano i Romani intenti a giocare con gli astragali, esca una combinazione fortunata: Venus e non canis.

26 dicembre, 2006

L'inferno delle ramblas

La giornalista, ex miss Italia, è in trasferta in Spagna per realizzare un servizio di costume su Barcellona e la movida. Nella Spagna post-franchista, Barcellona è diventata, nell’arco di pochi anni, una metropoli animata e vivace, meta in tutte le stagioni di frotte di turisti, spesso scolaresche, avide non tanto di ammirare la barbara ed orrida cattedrale-cantiere progettata da Gaudì oppure il grottesco Parco Guell, ma di perdersi nella vita trasgressiva e gaudente della metropoli.

Barcellona è, infatti, città corrotta e sibaritica, dove fiumane di gente brulicano nella ramblas fino a notte inoltrata, sbandando “a povere mete”. Barcellona è un paradiso artificiale, adatto ad edonisti sfrenati: sesso, i sapori mediterranei della cucina catalana, musica assordante…

Barcellona è l’emblema di un infernale paradiso creato dall’uomo: un parco giochi per i divertimenti futili di persone spersonalizzate, sempre in cerca di emozioni forti che trovano nell’alcool e nelle droghe. Intanto, mentre folle anonime gozzovigliano, nelle cucine roventi, tra i sentori nauseabondi delle pietanze, cuochi ed aiuto-cuochi madidi di sudore lavorano con ritmi frenetici, i camerieri ridotti ad automi, nei ristoranti, fanno la spola tra le sale e le cucine, il personale di principeschi alberghi serve managers sussiegosi.

I paradisi artificiali sono soltanto teloni rutilanti che nascondono l’inferno. In questi paradisi, tra edifici avveniristici, musei disegnati da architetti famosi, boutiques alla moda, gigantesche sculture, la natura è quasi del tutto scomparsa. Restano solo le palme stente, dalle foglie rinsecchite ed un cielo opaco da cui la luce del sole esangue trae qualche riflesso metallico.

Di tutto ciò ovviamente la giornalista in trasferta non si accorge: non può accorgersene. La sua limitatissima visione della realtà le impedisce anche solo di cogliere qualche particolare significativo. D’altronde le hanno assegnato la realizzazione di un banale pezzo di costume. Che cosa si può pretendere?

Involontariamente, però, l’inviata immortala uno scenario dove la “vita” possiede un’evidenza funerea, un po’ come in un quadro di Velasquez.

24 dicembre, 2006

Quel che accadde nel campo di concentramento di Jasenovac (articolo di G. Szymanski)

Propongo un articolo di Greg Szymanski, invitando i lettori a visitare il suo sito.

Atroci racconti di assassinii e torture: come il papa giustifica gli omicidi

In un recente interrogatorio, l’avvocato difensore di papa Benedetto XVI, nel processo Alperin contro il Vaticano, ha ammesso che il Vaticano era coinvolto nel genocidio commesso in Croazia durante la Seconda guerra mondiale, quando furono uccisi mezzo milione tra Serbi ed Ebrei.

È assodato che la Santa sede collaborò con il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi per perpetrare questo orrendo crimine, sicché Johnatan Levy, avvocato delle vittime della carneficina, sta ora tentando di ottenere dei risarcimenti per i suoi assistiti, accusando la Banca del Vaticano di aver lavato denaro sporco frutto dei genocidi, nel periodo post-bellico.

Ciò che è incredibile su tale processo istruito presso la Corte federale di San Francisco, oltre al silenzio dei media su tali atrocità, à la sfrontatezza del difensore del papa che ha giustificato la partecipazione allo sterminio come “atto consentito dalle leggi internazionali”. Sebbene il procuratore abbia tagliato corto, dicendo che la Chiesa di Roma è al di sopra della legge, i suoi bizzarri argomenti sono conformi al diritto canonico, secondo il quale la Chiesa cattolica ha il diritto di uccidere gli eretici senza che ciò sia una violazione delle norme internazionali della Chiesa stessa. Gli eretici sono coloro che non offrono la loro lealtà al papa e non seguono la dottrina di “Cristo”. Agli occhi di Roma ciò giustifica l’assassinio di innocenti come Serbi ed Ebrei durante la Seconda guerra mondiale. L’autore di Vatican assassins, Eric Jon Phelps, ricorda che l’attuale diritto canonico ancora in vigore legittima l’omicidio nei casi sopra citati.

Anche se non è stato accettato come prova al processo, è stato recentemente diffuso un documento filmato che mostra la connivenza tra Vaticano e Nazisti nel campo di sterminio di Jasenovac, dove furono massacrati Serbi ortodossi, Ebrei e Rom dagli Ustasha, i fascisti croati che applicarono ferocemente le leggi razziali promulgate in Germania. Le immagini del documentario permettono di scoprire il vergognoso ruolo del Vaticano nel genocidio. (1)

Gli attori stanno ancora cercando di ottenere la restituzione del tesoro nazista e croato che fu illecitamente trasferito dallo I.O.R. in altri istituti di credito…

Levy ha aggiunto che presto gli autori del libro La guerra segreta contro gli Ebrei, pubblicheranno un altro saggio, Trinità blasfema, che esplora i collegamenti tra il Vaticano ad i Nazisti, con nuove agghiaccianti informazioni che ridefiniscono il ruolo della Chiesa cattolica (2) nella storia del XX secolo.


(1) I neonati Serbi, Rom ed Ebrei erano scaraventati in aria e, mentre ricadevano, venivano trafitti con le baionette.

(2) Io la definirei Chiesa diabolica massonica romana


Leggi qui l'articolo originale in inglese.

23 dicembre, 2006

Rivelazione ed occultamento

Quando capiremo che i pastori del gregge sono anche i macellai?

Si prova qualcosa di strano, di indefinibile in questi tempi: anche inconsciamente si avverte che siamo vicini ad una rivelazione.

Che cosa significa, però, “rilevare”? Velare di nuovo. È quello che sta accadendo: mentre, infatti, comincia a sfilacciarsi lo zendado, sicché alcune dimensioni inquietanti e misteriose s’intravedono, un altro manto viene disteso per nascondere la verità. La verità è sorella dell’occultamento. La parola greca che significa “verità” evoca un disvelamento (il vocabolo aletheia è formato da alpha privativo e lanthano, nascondere), graduale, quasi parziale. È come il chiarore dell’aurora in cui sono sciolte ancora le tenebre. È come se la verità essenziale potesse essere colta solo per un istante in tralice, mentre fluttuano ombre che offuscano il reale.

Sembra che il Progetto Blue Beam sia cominciato: ora che qualcuno principiava a subodorare l’inganno plurimillenario, ecco che nel cielo appaiono figure religiose per alimentare ed ingagliardire fedi superstiziose. Non sono prodigi celesti, ma ologrammi, immagini realizzate con tecnologie avveniristiche. Queste icone non sono il palesamento di divinità della luce, ma i trucchi di “dèi” oscuri.

Sono questi tempi apocalittici, con l’Anticristo adorato dall’umanità, il marchio della Bestia sulla mano e la guerra nei cieli tra gli angeli ed i demoni, ma anche in questo caso l’Apocalissi occulta più che manifestare, se non si comprende che i profeti della nostra era sono automi senz’anima, se non si rammenta che Rivelazione fu scritta dallo gnostico Cerinto e non da un ultraottuagenario Giovanni.

Si vedono già folle deliranti use ad abbeverarsi alle fonti della menzogna, condotte verso l’abisso dove saranno precipitate per essere offerte in sacrificio: sono le stesse folle che acclamano mantidi mitrate. Proprio come le mantidi religiose, costoro sono pii nei gesti e nelle posture, ma attendono soltanto di divorare le loro vittime, dopo averle ipnotizzate.

22 dicembre, 2006

Progetto e destino

Sovente ci chiediamo se il percorso della nostra vita obbedisca ad una legge imperscrutabile ed ineluttabile o se sia possibile decidere liberamente quale direzione imprimere alla vita.

Giulio Carlo Argan, nella sua celebre, sebbene a volte retorica, Storia dell’arte moderna, è, alla fine costretto a constatare che le avanguardie protese a rigenerare il mondo, offrendo una nuova visione della realtà e soprattutto impegnate in un progetto di cambiamento, videro i loro sogni infrangersi contro il muro di un’oscura fatalità. Sembra che non sia solo la storia dell’arte, ma tutta la storia a svolgersi sotto il segno di un destino deciso altrove.

Anche se il dualismo che oppone il libero arbitrio al destino è, come ogni dualismo, errato, essendo possibile intuire un trait d’union tra i due ambiti, il problema si pone poiché riguarda l’essenza stessa della vita e perché ha implicazioni di tipo teologico, morale, scientifico.

Non è questa la sede per passare in rassegna il pensiero dei filosofi che hanno posto l’accento sul destino né quello dei pensatori che, invece, hanno affermato la libertà umana. Vorrei soltanto considerare certi aspetti del tema, specialmente per connetterlo ad alcuni problemi contemporanei.

Sartre ritiene che l’uomo sia condannato ad essere libero: in tale mancanza assoluta di condizionamenti si colloca una spaventevole responsabilità. Gli ultimi orientamenti scientifici, soprattutto nell’ambito della fisica quantistica, hanno sempre più dimostrato che nel cosmo nulla è predeterminato sicché le “leggi” di natura sono tendenze statistiche, su cui per di più influisce l’osservatore. In tale quadro, anche l’azione umana sembra potersi sviluppare in modo libero e casuale. Resta da capire se il concetto di caso di fronte al quale Einstein inorridì, essendo convinto che all’universo dovesse soggiacere un principio razionale, consuoni con la libertà e non piuttosto con il caos.

Caso e caos: sono questi gli orizzonti in cui si situa la vita e non so se ed in che misura essi possano coesistere con un progetto. Nonostante le infinite variabili di un universo la cui ragion d’essere è incomprensibile, pochi rinunciano all’idea che sia possibile definire le coordinate della propria esistenza, accettando che essa sia spinta alla deriva da situazioni stocastiche oppure predeterminata. Quasi tutti preferiscono crogiolarsi nell’illusione(?) del libero arbitrio, a volte con sicumera tutta umana, mentre aveva ragione Kant quando reputava che la libertà non fosse dimostrabile e dovesse essere considerata un postulato della ragion pratica.

È paradossale rilevare che i più fermi ed irremovibili sostenitori del libero arbitrio sono proprio gli uomini incatenati da pregiudizi e dogmi.

21 dicembre, 2006

I tre maghi

Maria Grazia Lopardi ha recentemente pubblicato un saggio intitolato Il quadrato magico del Sator Il segreto dei maestri costruttori, in cui ha finalmente fatto giustizia di quelle risibili, puerili ipotesi secondo cui il quadrato magico sarebbe un crittogramma “cristiano”. Alcuni autori, infatti, hanno ingenuamente creduto di scorgere nelle parole anagrammate allusioni alla fede paolina; altri, addirittura, tanto ignoranti quanto con la mente ottenebrata da pregiudizi, hanno letto nel delta del Sator un adombramento della Trinità, come se tale dogma non fosse posteriore di almeno tre secoli alla misteriosa figura.

Lo studio della Lopardi getta nuova luce sulla sciarada del quadrato, collegandolo a tradizioni pagane poi trasfuse nella cultura esoterica medievale.

Sempre in tema di magia, bisogna ricordare una volta per tutte che i saggi citati nel Vangelo di “Matteo” non si debbono definire re magi, ma maghi. Su queste figure sono stati versati fiumi d’inchiostro: alcuni pensano che fossero degli astrologi caldei, altri pensa a sacerdoti di Zoroastro, altri – questa mi sembra la congettura più plausibile – alle tre stelle della cintura di Orione, la costellazione del Gran Cacciatore, visibile nel cielo invernale. Non escluderei un collegamento tra la stella della Natività ed Orione, in un’ottica clipeologica sulla scorta del filologo russo Zaitsev… ma mi sto spingendo troppo lontano.

Certo è che, come sostenuto da Bauval e da altri, i maghi e la stella possiedono precise valenze astronomiche, all’interno di un primigenio nucleo gnostico del Vangelo attribuito a Levi, cui si agglutinarono addizioni ebraiche e paoline. Inoltre è innegabile un significato magico-esoterico di certi passi evangelici, significato che i patrigni della Chiesa, usi a propalare menzogne ed a calunniare gnostici e gentili, nei rari momenti in cui non si dedicavano a prestare denaro ad usura, tentarono in ogni modo di occultare, con tagli, interpolazioni, contraffazioni…

Per allontanare il “cristianesimo” dalle sue origini, per recidere le radici che lo legavano al mondo ellenistico, patrigni della Chiesa e chierici mendaci, cambiarono le carte in tavola. Ecco che si è giunti, con il passare del tempo, al non senso linguistico dei magi, il cui singolare sarebbe per qualche fantasioso glottologo “magio” (sic).

Se si pensa che questa poi è solo la superficie della questione, poiché lo studio delle tradizioni religiose rivela non solo addentellati con la magia lato sensu, ma anche tracce di miti stellari, si può intuire quanto sia lontano dal vero chi pensa ai tre re magi che portano doni al Salvatore.

Se, nelle notti limpide volgeremo lo sguardo alle costellazioni, forse comprenderemo che quei disegni che istoriano il firmamento non sono il risultato della fervida fantasia di popoli antichi, ma le lettere di un alfabeto ancora tutto da decifrare.

Approfondimento:

19 dicembre, 2006

Telethont

Anche quest’anno gli Italiani sono stati imbrogliati con la maratona di Telethon: su tale truffa, con cui le fraudolente multinazionali farmaceutiche spillano quattrini a gente generosa ma sprovveduta, si è soffermato in un suo lucido articolo intitolato Telethon chiude a 30, 74 mln, l’amico di Freeinfo. Condivido in toto le affermazioni contenute nell’editoriale: l’iniziativa non serve in nessuno modo a finanziare la ricerca, ma a rimpinguare i bilanci già opimi delle spaventevoli industrie del farmaco. Da decenni, si raccolgono fondi, con gli stratagemmi più astuti ufficialmente per promuovere gli studi volti ad individuare terapie contro questa o l’altra affezione: tutto perfettamente inutile.

Di solito, durante il periodo dedicato a celebrare la festa pagana del Sol invictus (alias Mithra, Dioniso, Tammuz e dèi simili) vengono vendute le cosiddette stelle di Natale: le piante dalle brattee rosse o color crema, trascorsi i Saturnali, finiscono nei cassonetti dell’immondizia. Orbene, molti acquistano queste euforbie convinti di sovvenzionare la ricerca contro i tumori. Quanti pensano che quelle piante sono coltivate con insetticidi ed anticrittogamici che, insieme con le innumerevoli forme di inquinamento (scie chimiche in primis, ma anche scarichi industriali e dei veicoli, radiazioni non ionizzanti, scorie nucleari, prodotti geneticamente modificati etc.) sono tra le principali cause di patologie più o meno gravi? Non è tutto ciò paradossale oltre che mostruoso?

In realtà è nell’interesse del sistema diffondere le malattie non solo per tenere sotto controllo la popolazione e per incrementare il proprio potere economico, ma soprattutto per creare un circolo vizioso che è una spirale di morte di cui vittime sono uomini, animali e piante. Non è un caso se i pochissimi spiriti magni della storia furono vegetariani ed aborrirono dall’uccisione degli animali: Siddharta Gautama, il Messia sacerdotale, Apollonio di Tiana, Mohamed, Mahatma Gandhi… Questi saggi compresero che la considerazione per gli altri passa attraverso il rispetto per ogni forma di vita. Senza la com-passione, senza l’empatia, l’obolo versato alla Caritas o a Telethon è soltanto un modo egoistico e meschino per sentire la propria coscienza alleviata. Tale azione è inoltre ancora più deplorevole se la si ostenta e ci si attende da questi fioretti una ricompensa come il Paradiso.

Giustamente il Buddhismo zen reputa un mascalzone chi compie delle buone opere in vista del Nirvana. Il pensiero del Messia sacerdotale è molto simile. Il risveglio dell’umanità dipende dalla conoscenza, dalla consapevolezza, dalla com-passione. Se gli uomini continueranno ad infierire contro i loro simili, contro gli animali e le piante (con la vivisezione, l’allevamento, la caccia, la pesca, la deforestazione… ), non dovranno aspettarsi, allorquando si arriverà all’ormai prossima resa dei conti alcun soccorso per opera di “qualcun altro”, poiché semplicemente non lo meritano.

Alcuni raccontano la fiaba di un dio che immolò il figlio per redimere gli uomini dal peccato e dal male: è proprio una storiella ridicola ed inverosimile. Basti considerare i risultati di quella “redenzione”: proprio come nel caso della ricerca contro le malattie rare, quel supposto sacrificio fu del tutto inane. Infine ammettiamolo: meritano che un dio sacrifichi il proprio figlio molto più le belve che sono feroci, ma non malvagie, rispetto agli uomini-demoni.


Approfondimento per lettori non impressionabili:

18 dicembre, 2006

Appuntamenti importanti

Pubblico il calendario di alcuni importanti appuntamenti su scie chimiche e signoraggio. Non mancate!

Vedi qui.

Tra la folle folla

Odi profanum vulgus et arceo (Orazio)

Camminiamo tra la folla: volti grigi, sguardi vacui, frantumi di frasi. Qualcosa non quadra: è come se l’umanità fosse ridotta ad uno stato larvale. Le persone si aggirano nelle strade con l’orecchio teso ad ascoltare una voce che ronza nel cellulare. Occhiute videocamere ci spiano ad ogni cantone. Nessuno sembra accorgersi di questa strana atmosfera in cui siamo immersi: è qualcosa di indefinibile, ma di sgradevole, come se la terra fosse un pianeta defunto e desolato in cui aleggiano fantasmi di pensieri e di emozioni, appartenuti a gente ormai scomparsa.

Vorremmo fuggire, ma sembra che la moltitudine sia un’onda immensa che avanza incombente. Vorremmo fuggire, ma ci prende un senso di disorientato smarrimento, mentre il brulichio di visi slavati, di suoni innaturali, di odori acri diventa sempre più frenetico.

Si prova quella nausea che il protagonista del romanzo di Jean Paul Sartre avverte al cospetto di oggetti o di elementi naturali; ma noi la percepiamo di fronte all’umanità disumana che si aggira senza meta in una squallida necropoli.

17 dicembre, 2006

Gli insegnamenti di Apollonio di Tiana

Apollonio di Tiana è un filosofo greco del I sec. d.C. Egli diffuse l’insegnamento di Pitagora in varie città dell’Impero romano e fondò una scuola neopitagorica nella città di Efeso. Di Apollonio ci sono pervenute scarse e frammentarie notizie. Non sono generalmente considerate molto attendibili quelle fornite da Filostrato Maggiore, che scrisse, su esortazione di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo, una Vita di Apollonio. Questa biografia, infatti, che ha un carattere encomiastico, contrappone la figura del filosofo, dipinto come un taumaturgo ed un iniziato, a Cristo.

Apollonio scrisse varie opere, purtroppo perdute o di cui si è conservato solo qualche lacerto per tradizione indiretta: Riti mistici concernenti i sacrifici, Divinazione per mezzo delle stelle, La Vita di Pitagora, Il testamento di Apollonio, in dialetto ionico, un Inno alla memoria. Le numerose lettere che ci sono state tramandate sotto il suo nome sono di incerta autenticità. Apollonio viaggiò molto per visitare templi e per conoscere i saggi del suo tempo: fu in Panfilia, Cilicia, Siria, Palestina. A Ninive, antica capitale degli Assiri, conobbe Damis che divenne suo fedele discepolo. Quindi si recò a Babilonia, ad Ecbatana, capitale della Media. Visitò anche l’India e forse il Nepal. Egli soggiornò anche ad Ilio, nell’isola di Lesbo, a Cipro, Atene, Creta, Roma, a Gades, nell’isola di Rodi, ad Alessandria, dove incontrò il futuro imperatore Vespasiano (69-79 d.C.). Intraprese poi un lungo viaggio fino in Etiopia, donde tornò nel basso Egitto ed in Fenicia. Da lì si diresse in Asia minore. Secondo alcune leggende il filosofo pitagorico non morì, ma scomparve misteriosamente. Una tradizione ricorda che ascese al cielo col corpo, ma fu visto ancora dopo la “morte”.

Di Apollonio, detto il Cristo pagano, riporto alcuni ammaestramenti: sono le parole di un uomo intemerato, parole da scolpire nella coscienza... per chi ha ancora una coscienza.

"Non fate alcun conto del denaro prelevato con le imposte gravi che opprimono il popolo; il denaro che viene dalle lagrime è vile e maledetto".

"Un grande dovere s’impone al saggio: egli deve morire per le sue idee e la verità deve a lui essere più cara che la vita. Non sono né la legge né la natura che a lui dettino tale scelta, ma il suo coraggio e la sua forza d’animo. Né il fuoco né la spada motiveranno la sua risoluzione; nulla saprà indurlo al più piccolo tradimento".

Fonti:

G. R. Mead, Apollonio di Tiana il Cristo pagano, Genova, 1988
Zret, Le ruote volanti di Apollonio di Tiana, articolo inedito

16 dicembre, 2006

Masters and servants

La purga dura da sempre, senza un perché (E. Montale, Il sogno del prigioniero)

Con questo fosco testo, riprendo ed amplio un tema già trattato: forse qualcun altro potrà comprendere chi veramente opera con infinità malvagità e scaltrezza dietro le quinte. Altro che complotto massonico ed ebraico: quelli sono dei dilettanti! Forse la conoscenza può ancora aprire una breccia nel muro di questo penitenziario chiamato mondo.


Il giorno 11 dicembre è stato collocato nel centro di Piazza San Pietro un abete bianco alto 33 metri. L’albero, tagliato in un bosco della Calabria, svetta ora come simbolo pagano nel cuore della Kaput mundi, città pagana per eccellenza. Come non rapportare tale cabala al pontificato di Giovanni Paolo I, il papa ucciso dopo 33 giorni di pontificato, cui subentrò Giovanni Paolo II?

Nello stesso giorno, il giorno 11 dicembre, si è perpetrata una sanguinaria e feroce carneficina rituale, ad Erba, centro in provincia di Lecco, dove un’intera famiglia è stata massacrata. Sono certo che in questa orribile strage la criminalità organizzata non c’entra nulla: non è stata una vendetta trasversale o una resa dei conti, ma un abominevole sacrificio umano. Lo rivelano il modus operandi degli assassini, la data e la crudeltà gratuita. Non solo, nessun uomo “politico” ha avvertito l’esigenza di esprimere qualche parola di cordoglio per la strage. Ovviamente neppure B 16, questo sacerdote di Lucifero, ha manifestato il suo, per quanto falso, dolore per quanto accaduto. Il papa rosso, oltre ad essere il centoundecimo (111) pontefice della profezia di Malachia, ha nel suo nome il numero 16 che, nei tarocchi, corrisponde alla torre, la lama della rovina, del disastro ed anche della superbia.

Il 13 dicembre l’aguzzino israeliano Olmert è giunto a Roma per incontrare i suoi padroni: Prodi e “Benedetto” XVI. Costui tiene le fila delle congiure internazionali, ma è un burattino di Hans Peter Kolvenbach, a sua volta…

Non sono coincidenze: le coincidenze non esistono. Numeri massonici e diabolici costellano il periodo natalizio simili ai chiodi infissi nelle tabulae defixionis, le tavolette di piombo che nel mondo antico si usavano per i malefici.

Intanto continua l’agonia indicibile di Piergiorgio Welby, mentre “politici”, “medici” e “magistrati” si rimpallano la decisione ultima che potrebbe por fine alle sofferenze dello sventurato: ma si tenga conto che coloro non sono insensibili (sarebbe già gravissimo), ma sadici, poiché, come i cardinali, si sono consacrati a divinità oscure. Essi vogliono tutto ciò e se ne compiacciono. Essi possono agire indisturbati, poiché come la strategia più astuta di Satana consiste nel far credere che egli non esista, così il colpo da maestro dei congiurati è travestirsi da vittime.

Presto, però, con un coup de theatre, essi irromperanno sulla scena senza maschera per mostrare il loro vero, disgustoso, deforme volto.

Non aspettiamoci nessun deus ex machina.

15 dicembre, 2006

Heimat

Intorno al 14 dicembre si possono osservare le Geminidi, stelle cadenti che appartengono ad uno sciame di meteore con radiante nei Gemelli. Qualcuno particolarmente attento è riuscito ad ammirare queste meteore che solcano il cielo, rivivendo per un attimo quell’attitudine antica, anzi ancestrale che lega in modo misterioso gli uomini al cielo stellato.

Alcune persone provano un’indefinibile nostalgia per quello spazio lontano, silenzioso e solenne, cosparso di milioni di atomi lucenti. Desiderium si definisce in latino il rimpianto, ossia il dispiacere nel sentirsi lontani dagli astri, (sidera), forse perché lassù è la nostra patria perduta.

Hegel affermò che lo spettacolo del firmamento stellato diventava, con il passare del tempo, noioso. Credo, invece, che tale disincanto sia un segno di aridità, mentre i popoli antichi non solo sapevano scoprire nelle costellazioni i segni ed disegni del destino, ma anche il fascino del mistero.

Oggi qualcuno ancora si perde, lo sguardo e la mente sgomenti ed incantati, cercando una risposta che forse aleggia tra le galassie e le nebulose, da dove provengono messaggeri invisibili e geni sinistri.

Colui che tiene gli occhi fissi a terra rischia davvero di cadere nel pozzo, non chi, avendo intuito le nostre vere origini, contempla il cielo.

14 dicembre, 2006

Ricetta (essoterica) contro il sistema

Assodato che il sistema in cui “viviamo” è un mostro creato per abbrancare e per fagocitare tutto, si pone il problema di come combatterlo, senza rimanere stritolati. Premesso che, a mio parere, il tempo stringe, poiché ci stiamo avviando a grandi balzi verso la tirannide globale vaticana, cerchiamo di capire quali possono essere i residui ambiti di intervento.

Molti consigliano di non acquistare merci prodotte dalle spaventose multinazionali per incidere sul loro immenso potere economico. Purtroppo temo che circa il 99 per cento del mercato sia egemonizzato da società appartenenti agli Oscurati. Si dovrebbero acquistare prodotti del commercio equo e solidale che, però, sono venduti a prezzi piuttosto elevati e coprono una gamma merceologica ristretta. Chi ci si assicura poi che anche tale settore non sia controllato dalle multinazionali?

È necessario, anzi imperativo non recarsi più a votare: uno schieramento vale l’altro, i politici rappresentano solo gli interessi loro e quelli dei burattinai. La classe dirigente nel suo complesso deve essere delegittimata, esautorata dei suoi poteri. Quando si vedono le masse abbindolate ora da Belzebusconi ora dal Dottor Balanzone e viceversa, in un’altalena senza tregua, quando il popolino manifesta contro la legge finanziaria, invece che protestare contro il signoraggio, le scie chimiche, le menzogne dei media, la politica guerrafondaia della Satan sede e dei suoi caudatari (Olmert a colloquio con B 16: servus et dominus), si capisce che le speranze di un reale rinnovamento sono veramente poche. Chavez fu ricevuto da papa Natzinger: non fidiamoci degli amici dei nemici. Alex Jones è un cattolico integralista: non fidiamoci dei baciapile, anche quando denunciano (?) le atrocità del Nuovo ordine mondiale.

Occorre una nuova consapevolezza, ma anche una buona dose di diffidenza, se vogliamo tentare di opporci al sistema che usa gli strumenti coercitivi, ma più spesso agisce con scaltrezza mefistofelica, creando falsi idoli per ingannare i popoli e per illuderli che qualcuno combatta per difendere i loro diritti.

È d’uopo creare un bagaglio di vere conoscenze, emancipate dalla tutela della cultura ufficiale che propala una quantità incommensurabile di scempiaggini in vari campi: dalla storia all’economia, dalla medicina alla meteorologia etc. Non è facile reperire fonti culturali non allineate e critiche, ma neppure inattuabile. Inoltre, affinando le capacità interpretative, si possono sceverare le informazioni.

È essenziale estirpare le religioni e distruggere le chiese, dimostrando non che esse sono coinvolte nell’inganno planetario, ma che esse sono le principali artefici della cospirazione, sentine piene di ogni turpitudine satanica.

È fondamentale operare sia attraverso una diffusione costante e capillare di notizie scomode e dirompenti sia per mezzo di una volontà ferrea, tetragona, incrollabile per cercare di impedire iniziative diaboliche come la diffusione del denaro virtuale, l’immissione sul mercato di sistemi operativi blindati, l’introduzione di strumenti di identificazione biometrica, le vaccinazioni dannose, le misure “antiterrorismo”, la leva militare…

Tutto ciò comunque rischia di non essere bastevole, se non si cambia radicalmente il modo di pensare, distruggendo vieti pregiudizi e logori schematismi. Solo se romperemo le sbarre invisibili della prigione mentale, forse potremo spezzare le catene con cui il sistema ci blocca. Non è facile perché noi stessi, con l’ignoranza, l’inettitudine e la rassegnazione rafforziamo il sistema giorno dopo giorno. Non solo, mi pare che l’umanità, invece di acquisire coscienza, sia sempre più imbambolata. Chi tenta di additarle la via della liberazione, è esposto al pubblico ludibrio come folle.

Poco ci conforta L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.

13 dicembre, 2006

Magritte e la matrice

In una sua celebre opera, intitolata La condizione umana (1933), René Magritte (1898-1967) dipinge una tela montata su un cavalletto. Il quadro raffigura un ameno paesaggio campestre con prati verdeggianti ed alberi. La vegetazione copre anche un colle delimitato dal cielo cosparso di candidi cumuli. Oltre si nota una finestra che inquadra lo scenario naturale dipinto sulla tela: la natura rappresentata quindi trapassa in quella “reale”, nell’accezione pittorica, e si confonde con essa e viceversa. L’osmosi tra i due ambiti è perfetta.

L’olio potrebbe, a prima vista, essere interpretato come un virtuosismo illusionistico non molto dissimile dalle quadrature barocche.

Tuttavia il titolo interviene per deviare l’attenzione dello spettatore su questioni concettuali ed ontologiche. L’arte mentale di Magritte, di là dalla raffigurazione realistica ed attraverso di essa, pone quesiti sull’essenza della "realtà", sulla relazione tra realtà e mimesi, tra mimesi ed arte etc. Sono tutte questioni su cui i critici si sono soffermati, evidenziando le valenze filosofiche della poetica magrittiana. Qui vorrei privilegiare, invece, la riflessione sul valore del titolo che evoca una condizione densa di risvolti.

La condizione umana implica la percezione di una realtà fenomenica (il paesaggio dipinto) che, però, sembra essere generata da una matrice, come un’immagine in uno specchio è riflessa da un oggetto reale. Magritte non solo si interroga sul rapporto-discontinuità tra ombra e modello, come Platone nel mito della caverna, ma, sottolineando il rapporto-continuità pittorica e percettiva tra i due ambiti, a differenza del filosofo greco, riflette sulla difficoltà di distinguerli, perché essi sono intercambiabili: la “realtà” è un dipinto come il dipinto è “reale”. Entrambi poi esistono solo nel quadro e nella mente dell’osservatore.

La situazione ci induce a porci delle domande. Prescindendo da che cosa sia la "realtà", dalla percentuale in essa contenuta di finzione, trascurando il fatto se il noumeno sia più “reale” del fenomeno, restano le seguenti questioni: chi ha generato la matrice? Perché? E’ possibile separare la matrice dal mondo proiettato? La rappresentazione di Magritte sembra suggerire l’illusorietà di oltrepassare la finestra per capire che cosa si celi oltre il vetro. Forse non è un caso se il pittore belga disegna una minacciosa finestra a ghigliottina e, ai lati, due cortine marrone che, se chiuse, possono far credere che il quadro sul cavalletto sia l’unica “realtà”.

Come nel caso del quadro di Magritte, le immagini che percepiamo nella nostra vita sono per lo più icone di secondo grado: fotografie, fotogrammi televisivi, sequenze cinematografiche... Esse sono create da un sistema che nasconde il "reale" anche quando lo ostenta; inoltre anche il mondo fenomenico è un velo elettromagnetico, manipolato ad arte, che occulta più che palesare.

La possibilità di conoscere qualcosa della matrice passa attraverso la sottile, quasi impercettibile linea che sbalza la tela rispetto alla superficie del vetro, determinando l’unica sottile breccia nel muro dell’inganno percettivo… e non solo percettivo.

11 dicembre, 2006

Ritratto di famiglia in un inferno

Recentemente il quotidiano della Satan Sede, L’osservatore romano, ha tuonato contro i progetti legislativi volti a legalizzare le coppie di fatto. Non intendo soffermarmi sulla crociata del Nazivaticano a difesa della famiglia, perché il risalto dato dai media a questo tema rientra nella solita guerra psicologica, ossia in una diffusione di notizie false o distorte o insignificanti per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi reali (i conflitti prossimi venturi, le scie chimiche, la costruzione di basi sotterranee, la crisi del dollaro e dell’economia statunitense, il commercio di armi, i rapimenti di bambini, le carneficine, le nuove malattie…). Non occorre nemmeno ribadire l’infinita ipocrisia di chi afferma di voler difendere i valori familiari: sono persone divorziate dal ménage molto disinvolto, il cui matrimonio è stato annullato dalla “Sacra” rota. Sono satiri con decine di concubine ed alcove.

Bisogna, invece, ricordare una volta per tutte che la famiglia non è il fondamento della società, ma per lo più un’istituzione borghese: dietro la facciata di rispettabilità, quante turpitudini e contraddizioni! Una conoscenza anche superficiale dell’antropologia ci rivela che non fu la famiglia la cellula delle società, ma il clan, se non l’orda, con rapporti ora matrilineari ora patrilineari. Solo con la diffusione dei gruppi neolitici e della divisione del lavoro, cominciò ad affermarsi la famiglia come la intendiamo noi, ma era comunque un gruppo allargato e fluido. Presso i popoli nomadi il patriarca ha più di una compagna, come Abraham.

La famiglia difesa dalla Chiesa è quella hegeliana, autoritaria e monolitica che, in modo non fortuito, rispecchia lo stato “etico”, un altro organismo rigido ed accentratore, che di etico non ha niente. Più o meno nello stesso periodo in cui Hegel scriveva i suoi voluminosi testi, Manzoni concepiva nei Promessi sposi un’orrenda, blasfema trimurti composta dal principe padre, dalla madre e dal principino: questi tre mostri di egotismo trasformano la vita di Gertrude in una camera di tortura. L’ambiente familiare, per lo scrittore milanese, può divenire un teatro della crudeltà, poiché, nel suo ambito, talora, si accendono e conflagrano dissidi, si manifestano interresi biechi, sentimenti di insofferenza ed incomprensioni. È questa la famiglia voluta e santificata dalla Satan sede: una prigione tetra e fredda.

Non è forse, invece, preferibile una situazione più aperta e libera che insegni a superare il geloso egoismo ed il superbo senso di appartenenza ad un lignaggio? Non è un caso se le famiglie che dominano il mondo sono ossessionate dai legami di sangue e praticano ancora oggi, come in un lontano passato, l’endogamia, anche se dissimulata, celebrando unioni tra cugini. È questa la famiglia voluta e santificata dalla Satan sede: uno strumento per una spregiudicata scalata sociale, grazie al più sfacciato nepotismo.

D’altronde creature infernali possono soltanto dipingere un ritratto di famiglia in un infe
rno.

10 dicembre, 2006

Scienza e coscienza

Siamo in cammino verso la conoscenza: se essa, invece di divenire saggezza, diventerà scienza, perderemo la coscienza.

09 dicembre, 2006

La narratologia tra storie e Storia

Perché quasi tutte le persone si appassionano alle storie narrate nei romanzi e nei film? A causa di un ingenuo processo di identificazione nei ruoli di eroi ed eroine? Per fuggire dall’anonima realtà e da una vita insulsa? Per provare dell’emozioni grazie all’empatia con i personaggi?

Sarah E. Worth, nel saggio Il paradosso della reazione reale alla neo-finzione, coglie le analogie e le differenze tra la “realtà”, le cui costruzioni narrative implicano inferenze e supposizioni per integrare i vuoti conoscitivi, e la finzione che ci fornisce quasi tutte le informazioni rilevanti. Nella vita, usando i nostri pre-giudizi e le nostre prevenzioni, secondo una particolare prospettiva, elaboriamo storie più o meno coerenti. Nel suo libro sulla narrazione e l’intelligenza, Roger Schank sostiene che: “Abbiamo bisogno di raccontare a qualcun altro una storia che descriva la nostra esperienza, perché il processo creativo che dipana una storia crea anche la struttura mnemonica che conterrà il succo della storia per il resto della nostra vita”. Ascoltando e raccontando storie, noi creiamo significato e memoria.

L’approccio narratologico adottato dalla Worth alla vita può in parte riscattare una delle discipline più aride ed astruse, ma non inutile, che siamo mai state codificate, la narratologia appunto, ossia lo studio delle strutture all’interno dei testi che raccontano delle vicende. Le riflessioni della studiosa, tuttavia, non mi paiono molto innovative: in fondo, chiudendo il cerchio, ha posto l’accento sulla propensione affabulatoria degli uomini cui piace sia narrare sia ascoltare storie. Aedi e rapsodi incantavano gli uditori con le saghe ed i miti. “Mito” (mythos) d’altronde significa “racconto”.

Non so fino a che punto, inventando ed ascoltando storie, conferiamo senso all’esistenza: a mio avviso, tentiamo di dare un valore a ciò che di per sé è gratuito. Poiché la narratologia, da Greimas a Lotman, da Genette sino alle pleonastiche e noiose elucubrazioni di Eco, ha focalizzato l’interesse sugli elementi costitutivi dei testi, avulsi dai significati e dai messaggi, paradossalmente essa si rivela adatta ad un’analisi della Storia (scrivo la parola con l’iniziale maiuscola solo affinché sia chiaro che qui intendo la successione degli eventi lungo le varie ere): essa, completamente insensata ed assurda, rivela, però, sotto il profilo strutturale, il disegno di un narratore occulto che, all’insaputa dei personaggi, da lui stesso creati, sviluppa l’intreccio: la trama, attraverso un processo di continui peggioramenti, culmina in una catastrofe che non è mai totale, solo perché occorre prepararne altre deteriori.

Intanto, però, l’attenzione del pubblico viene deviata verso la finzione finta (cinema, narrativa dozzinale…) o verso la “realtà” finta (l’ossimoro è necessario), costellata di notizie false o distorte in cui è predominante il fascino del racconto, di solito dell’orrore. Tutto ciò in modo che sia ignorata la “finzione” reale.

Allora non è un caso se ci stiamo avviando verso il Nuovo ordine mondiale, attraverso una serie di sequenze appartenenti ad un romanzo scritto molto tempo fa. I “protagonisti” della Storia ricoprono ruoli precisi, mentre il narratore onnisciente ed onnipotente, si eclissa, restando invisibile come nelle opere veriste e naturaliste. Questo significa che anche l’epilogo è già scritto e probabilmente non sarà un happy end.

08 dicembre, 2006

L'insostenibile ingiustizia dell'essere

Diligite iustitiam qui iudicatis terram - Amate la giustizia voi che giudicate la terra

Ovunque si volga lo sguardo si vede l’ingiustizia trionfare, mentre pianta il suo nero vessillo: dai Catari massacrati in nome di Dio, ai nativi americani defraudati delle loro terre e della loro cultura; dai padri cui sono sottratti i figli da madri-arpie, ai cittadini i cui “diritti” sono conculcati da una “giustizia” asservita ai potenti ed ai furbi; da Piergiorgio Welby cui è negata, con pervicace stoltezza, la possibilità di porre fine alle sue inenarrabili ed inutili sofferenze, al dottor Hamer perseguitato ed incarcerato, per aver contraddetto i principi indiscutibili della “medicina” ufficiale…

Gli esempi potrebbero essere infiniti e dimostrano che l’iniquità è l’essenza stessa del mondo: infatti, se, per spiegare il male che affligge gli uomini, qualche teologo balordo si inventò il “peccato originale”, la colpa primigenia che dai progenitori si trasmise ai discendenti, non si comprende perché anche gli animali debbano patire spesso pene indicibili. In ogni caso, il peccato originale, il karma, la responsabilità e possono essere tentativi di spiegazione, ma non sono in grado in alcun modo di giustificare la radicale, profonda, ingiustizia della storia e dell'esistenza, in cui gli inetti, i criminali e gli stolti spadroneggiano felici ed incontrastati, laddove, se si escludono pochissime eccezioni, forse dovute al caso, le poche persone intelligenti ed oneste sono vilipese dalla massa e schiacciate dalla sorte avversa.

Qualcuno ancora crede nel “diritto” e, compulsando codici e codicilli, tenta di opporsi alle prevaricazioni ed alla tracotanza degli oppressori, ma essi assomigliano ad un popolo che si difende con le fionde, mentre il nemico lo aggredisce con ordigni nucleari.

Manzoni restò sgomento di fronte al dominio pressoché incontrastato del male nella vita e nella società: vagheggiò allora una giustizia ultraterrena che dovette comunque sembrargli un tardivo e parziale risarcimento dei torti subiti dagli umili per opera dei soverchiatori. Per questo motivo, lo scrittore milanese ammise, in articulo mortis, di non aver mai veramente creduto nel mito dell’Incarnazione.

Schopenauer, coerentemente con il suo sistema di pensiero, affermò che ”viviamo nel peggiore dei mondi possibili e che, se solo fosse lievemente peggiore, non esisterebbe”.

Se non esistesse, sarebbe meglio… mi sembra doveroso chiosare.

07 dicembre, 2006

Chi è veramente Satana?

Nonostante molti pensino il contrario, Satana è una figura quasi irrilevante all’interno dell’Antico e del Nuovo Testamento. Satana, il cui nome significa "accusatore", appartiene alla corte celeste di Dio ed agisce nel Libro di Giobbe come una sorta di pubblico ministero che ha il compito precipuo di dimostrare, al cospetto dell’Altissimo, le colpe di Giobbe. Quindi Satana non è un diavolo. Quando l’Ebraismo entrò in contatto con la religione zoroastriana, che enfatizzava il conflitto tra il dio della luce, Ahura Mazda, ed Ahriman, il dio delle tenebre, Satana assunse gradatamente le caratteristiche dello spirito del male.

Nel Nuovo Testamento, sono pochissimi i versetti che si riferiscono a Satana: il teologo evangelico Bultmann li ritiene per di più interpolazioni piuttosto tarde. I primi “cristiani” furono inclini a concepire Satana come un angelo caduto o un arconte. Solo nel Medioevo il “principe di questo mondo” acquisì maggiore aggetto e spessore demoniaco: si pensi alle raffigurazioni pittoriche ed al mostruoso Lucifero della Commedia, sebbene Satana e Lucifero non siano proprio la stessa figura.

Il serpente del Paradiso terrestre, invece, nulla c’entrava originariamente con lo spirito del male, anche se in seguito i due simboli si sovrapposero e si fusero: il serpente è forse, come ritiene Alford, il "dio" sumero Enki, antagonista di Enlil. In ebraico il termine biblico per indicare il serpente è nahash, dalla radice nhsh che significa “scovare le cose segrete”. Alford si chiede per quale motivo tale "nume" fu associato al serpente: la sua ipotesi è talmente ingenua da sembrare controinformazione. Per lo studioso, gli dei enkiti dominavano l’Africa solcata dal fiume Nilo, il cui corso sinuoso ricorda un… serpente. Mi sembra più plausibile la congettura di chi accosta l’animale strisciante alla rinascita (il serpente cambia pelle), ad una presenza divina ctonia, ma forse siamo ancora lontani dalla comprensione, poiché il culto di questo rettile, anche sotto le sembianze del drago, è diffuso ad ogni latitudine ed in modo ossessivo: dal Mesoamerica alla Cina, dall’India all’Africa etc. Altrettanto diffusa è la venerazione per il serpente (o la sua esecrazione, ma ciò che è sacro è anche esecrando e viceversa) nelle diverse epoche storiche.

Anche oggi gli adoratori, per lo più occulti, di Satana e del serpente sono numerosi: non credo che siano soltanto dei superstiziosi che credono nel Signore del male, invece che in Dio. Gli iniziati delle sette sataniche (il vertice di molte chiese è costituito da confraternite luciferine) sono forse in contatto con entità interdimensionali negative che s’insinuano in alcune persone per controllarne la volontà. Gli adepti di queste sette ottengono dai Rettili denaro e potere, ma in cambio che cosa promettono?

Satana esiste, a mio parere, ma non è come lo descrivono i teologi cattolici: infatti assomiglia all’intelligenza artificiale che, nel film Matrix, assoggetta gli uomini, oppure ad un'entità malvagia che plasma la realtà, un po’ come il demiurgo degli gnostici. Più verosimilmente esistono dei piani energetici in cui albergano esseri ostili protetti dall’invisibilità: alcuni li chiamano alieni, altri demoni. Sono fra noi, anche se non ce ne accorgiamo: d’altronde i nostri sensi ottusi percepiscono circa il 5 per cento dell’universo.

Non dobbiamo chiederci se queste creature abominevoli esistano: il male è una presenza così pervasiva che non si può attribuire solo agli uomini per quanto perversi. Dobbiamo, invece, domandarci: dove si nascondono e fino a quando continueranno ad agire indisturbati?


Fonti:

Alford, Il mistero della genesi delle antiche civiltà

U. Ranke-Heinemann, Così non sia

A.S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende

Zret,
Gli angeli sono demoni

Appuntamenti

16 dicembre 2006 a Molinella (BO) Via Mazzini, 327, Maria Morganti e Luciano Gasparini presentano i loro libri: I corpi di luce e Le sezioni binarie del settimo parallelo.

Per informazioni http://www.bottegadeidesideri.191.it/calendario.html

Il Cerchio di luce presenta la conferenza La nuova medicina del dottor Hamer.




06 dicembre, 2006

Lo sfaldamento della lingua (articolo di Enrico Panizzi)

Si assiste, nella nostra epoca e nella nostra società, ad un evidente deterioramento delle competenze linguistiche e comunicative e ciò, in particolar modo, si riscontra tra i giovani.

Spesso vengono a mancare le nozioni fondamentali della grammatica, il lessico si è notevolmente impoverito e, con frequenza, si nota una forma di comunicazione che risulta banale e stereotipa. In alcuni casi gli studiosi parlano di analfabetismo di ritorno.

Le cause di tale fenomeno sono numerose. Lo psicologo James Hillmann fa notare che l’analfabetismo è causato dall’aver trascurato le condizioni che aiutano l’immaginazione e la lettura, ad esempio il silenzio. In effetti i ritmi frenetici della nostra esistenza portano lontano dal silenzio, dal raccoglimento. Hilmann fa anche osservare come il modello di società che si è imposto tenda a non considerare il “che cosa”, ma solo il “come”. Credo che proprio la società consumistica, incentrata su valori effimeri, abbia prodotto queste mancanze espressive e riflessive fra gli studenti.

Anche i numerosi mezzi di comunicazione, invece di essere strumenti educativi, sono diventati causa di un linguaggio povero e privo di fantasia. Troppo spesso non conta quello che si dice e neppure come una “cosa” viene espressa: l’importante è solo “parlare”. Molti programmi televisivi seguono proprio questa “regola”; perfino nei telegiornali non devono esistere pause. Hillmann ha scritto che si tende a prendere la parola senza neppure aver pensato ciò che si vuole manifestare.

Anche la scuola, in qualche caso, non spinge gli alunni alla curiosità, ad una ricerca personale, ma si limita ad adattarsi alle informazioni, alle parole, ai ritmi proposti ed imposti dalla società.

Penso non sia facile trovare dei rimedi a tale deterioramento, però già educare all’ascolto, alla bellezza della scrittura, al piacere dell’immaginazione, può essere un efficace modo di affrontare la questione. È vero che tanti al giorno d’oggi sono pronti ad affermare che in fondo è solo importante usare il linguaggio che procura ricchezza e potere. È questo un linguaggio per il quale a poco servono competenze e vera comunicazione; ad esso bastano titoli e numeri (con tanti zeri).Ritengo che proprio questa mentalità generi un linguaggio che è solo un meccanismo, un po’ come gli ingranaggi di un orologio.

La povertà di pensiero è anche povertà di linguaggio e viceversa.

05 dicembre, 2006

Presenze

Talvolta sentiamo aleggiare strane presenze, soprattutto di notte, mentre un sordo ronzio si propaga nelle strade deserte delle nostre città in cui il buio, il solenne e misterioso buio, è violato dalla luce sulfurea dei lampioni. Frequenze bassissime (H.A.A.R.P.?) pulsano nel silenzio, brividi di vento, freddi aliti nella camere da letto: è come se le situazioni fantastiche ed inquietanti dei racconti gotici diventassero reali. Forse sono reali: sulla soglia del sogno, tra veglia ed inconscio, si affollano creature delle tenebre, incubi e succubi, angeli e demoni, esseri dai grandi occhi magnetici come quelli delle civette. Si muovono tra fruscii e bisbigli, avviluppate nei fili azzurri di spazi astrali, nei bagliori azzurri di astronavi intergalattiche.

La notte è un gioco di specchi, in cui le immagini riflesse assumono l’evanescente consistenza dei sogni. Mentre compiamo la catabasi verso l’abisso rischiarato appena da un freddo raggio della luna, intravediamo per un istante il volto di dèi defunti e traudiamo l’eco ormai spenta delle loro parole insensate.

Un tempo, con la luce dell’alba, le misteriose creature si dissolvevano, come le ombre della notte: oggi, esse penetrano, mentre un chiarore funereo si riverbera su un cielo alluminio, tra le apparenze della normalità, fra le sequenze seducenti e conturbanti della televisione, tra gli individui-involucri dalla voce metallica, mentre sul velo del mondo sono proiettate le immagini della "realtà" che nasconde la realtà.

04 dicembre, 2006

Il Dio-Pitone al centro del culto più antico (articolo di F.Tortora)

Pubblico un articolo che mi è stato segnalato dalla gentilissima Angela. Il testo si riferisce ad un tema cruciale, anche se affrontato con supeficialità e con qualche grossolano errore dal giornalista. L'argomento, invece, merita degli approfondimenti e delle precisazioni. Tali chiarimenti saranno oggetto di uno studio di prossima pubblicazione.

Scoperta in Botswana una caverna dove sarebbero stati celebrati i più antichi riti religiosi risalenti a 70 mila anni fa.

OSLO - Per la religione "cristiana" ed ebraica il serpente è sempre stato il simbolo del male, perché fu proprio uno di questi rettili a provocare la cacciata dell'uomo dal "paradiso terrestre". Ma a quanto pare alcuni dei nostri più antichi progenitori non la pensavano come le "sacre scritture": un gruppo di archeologi norvegesi ha scoperto nello Stato africano del Botswana una caverna dove sarebbero stati praticati i più antichi riti religiosi risalenti a circa 70.000 anni fa. In questo luogo si sarebbe venerato un Dio-pitone.

STUDIOSI - Gli studiosi hanno trovato, in una caverna che si trova sulle colline Tsodile, una grande pietra lavorata che raffigurava la testa di un pitone. Risale a circa 70.000 anni or sono e probabilmente gli uomini d'allora veneravano il pitone come un Dio. La scoperta è davvero eccezionale, perché, fino ad oggi, si pensava che le prime cerimonie religiose fossero state organizzate solo 30.000 anni addietro, come attestavano i reperti scoperti in Europa. Ma a quanto sembra il sentimento religioso si sviluppò in queste popolazioni primitive che abitavano in Africa molti millenni prima.

PIETRA - Dietro la pietra c'era un grosso spazio nel quale secondo gli archeologi si nascondeva lo sciamano che cominciava a parlare, senza essere visto e ciò provocava nelle altre persone un sentimento mistico, visto che sembrava che fosse il Dio-pitone a parlare. «Lo sciamano poteva così controllare ogni cosa. Era una tattica perfetta» afferma Sheila Coulson, archeologa che lavora all'Università di Oslo. La studiosa afferma di essere rimasta molto sorpresa la prima volta in cui ha visto la pietra: «Tu vedi prima la bocca, poi gli occhi. Ti sembra che sia un vero pitone».

RICERCHE - Secondo la Coulson, che ha anche guidato le ricerche, i raggi del sole fanno apparire il serpente più grande, mentre di notte, quando si accendono fiamme nella caverna, il pitone sembra muoversi. Davanti al Dio-pitone probabilmente gli uomini primitivi facevano sacrifici e ponevano manufatti tra cui pietre rosse che successivamente venivano bruciate. «Questo era il rituale della distruzione dei manufatti» dice l'archeologa Coulson. In questo luogo avvenivano solo riti religiosi e non si trova alcun utensile che testimoni una vita domestica nella grotta. Secondo la studiosa ciò dimostra che quelle persone erano più organizzate di quanto si pensi e che già avevano interiorizzato l'idea di dividere le attività quotidiane dalla ricerca del divino.

03 dicembre, 2006

L'erma bifronte

Ieri, 2 dicembre 2006, si è svolta la manifestazione organizzata dal Pollaio della libertà: l’oceanica adunata in Piazza San Giovanni a Roma, è stata un modo per strumentalizzare il malcontento degli Italiani, disillusi dalla politica dissennata del Dottor Balanzone. Non occorre ripetere che Prodi e Berlusconi sono due orrende facce della stessa medaglia, anzi patacca: sono due furbastri avversari di fronte al popolo beota, ma, in realtà, alleati. Non sconcerta neppure che la massa acefala sia stata ancora una volta imbrogliata, con la solita vacua, chimerica prospettiva di un governo che sarà il migliore dei governi possibili e con la critica feroce, ma finta dell’attuale esecutivo. Questa estenuante altalena, tra cosiddetto centro destra e cosiddetto centro sinistra, continuerà fino a quando sarà fondato un unico partito sedicente “democratico”, rispetto al quale il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi sembrerà una formazione libertaria.

Gli Italiani mi sembrano simili a dannati cui, per un’imperscrutabile decisione divina, è offerta la possibilità di guadagnare il Paradiso: essi, nella loro infinita stoltezza, invece di ascendere nell’Empireo, scelgono di restare a soffrire pene indicibili nell’Inferno, cambiando solo il girone. Non hanno, infatti, ancora capito che il cambiamento non avverrà mai attraverso elezioni truccate e patetiche manifestazioni di piazza: solo il giorno in cui, invece di inalberare bandiere con i simboli dei partiti o vessilli con epigrammi in rima e patetiche caricature, avranno il coraggio e l’intelligenza di protestare, esibendo striscioni con su scritto NO AL SIGNORAGGIO NO ALLE SCIE CHIMICHE, allora essi potranno forse cullare una speranza di un reale rinnovamento, che passa attraverso una totale ed irreversibile delegittimazione dell’INTERA classe politica e di TUTTE le istituzioni, laiche e religiose.

Quell’utopico giorno, però, nessun canale dedicherà tante ore ad una diretta televisiva: Emilio Fede ammutolirà. Prodi ed il suo fraterno amico Berlusconi resteranno nudi e svergognati come l’imperatore della celebre fiaba.

L’Olivo non esisterà più, non esistendo più olive da spremere; il Pollaio delle libertà non esisterà più, non esistendo più polli da spennare e cui tirare il collo.

02 dicembre, 2006

Il tour turco

Molti si chiedono che senso abbia avuto il viaggio di papa Natzinger in Turchia, uno stato in cui il numero dei “cristiani” tra cattolici, ortodossi ed armeni monofisiti è davvero esiguo. Vediamo la sequenza degli avvenimenti.

Il sommo orefice riceve il maggiordomo Kissinger. I due volponi tramano qualcosa.

Il capo della Kaput mundi s’incontra con il presidente della bocciofila, Giorgio Napolitano. B 16 gli impartisce ordini precisi.

Natzinger parte per le vacanze in Turchia: l’itinerario turistico comprende una visita alla Chiesa di Santa Sofia, trasformata da Ataturk, massacratore degli Armeni, in un museo. Il papa, evidentemente colto da un’amnesia per il genocidio, tesse l’elogio di Ataturk. Tappa successiva del tour turco ad Efeso. Efeso è la città dove sorgeva un celebre tempio dedicato alla dea Artemide, la dea vergine. Ad Efeso, nel 431, fu riaffermato dal terzo concilio ecumenico il bislacco credo niceno con la dottrina dell’unione ipostatica in Cristo (due nature, una umana ed una divina in una sola persona) e perciò fu approvato il titolo di Madre di Dio, in greco Theotokos, della Vergine Maria. Ad Efeso, Cerinto scrisse il Quarto vangelo, poi plagiato da qualche fraudolento della chiesa ed attribuito ad un pescatore della Galilea. Il clou del viaggio papale è proprio questo: la celebrazione di un rito pagano, ossia la venerazione per la Dea Vergine, la Grande Madre Cibele, sotto le false ed ingannevoli apparenze di una devozione “cristiana”.

A ben vedere, il papa si è recato in Turchia per passare in rassegna il suo esercito islamico e per dare l'imprimatur all’adesione del paese all’Unione europea, su cui si proietta l’ombra cupa e sinistra del Nuovo ordine mondiale, nefasto incubo concepito dalle menti perverse dei teologi e, in gran parte, trasformato in realtà, per quanto riguarda l’Italia, dal cattolicissimo Prodi, alias Dottor Balanzone, che introdusse in Italia la rovinosa neuromoneta.(1)

Intanto l’intrigo internazionale, con al centro l’omicidio di Litvinenko, assume risvolti grotteschi ed inquietanti, rivelando ogni giorno di più il coinvolgimento del Nazivaticano e, nel contempo, la ferma volontà di Scotland Yard di insabbiare tutto, il prima possibile. Intanto gli scenari mondiali diventano sempre più foschi: conflitti, deliberati disastri ambientali, controllo della popolazione… Tutto ciò mentre il capo della Chiesa di Roma, con le sue scarpette rosse, sale la scaletta dell’aereo che lo riporta a Roma.

Insomma, cose veramente… turche.


(1) Il prode Prodi cominciò i suoi studi al Liceo classico Ariosto di Reggio Emilia, si laureò in Giurisprudenza nel 1961 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

01 dicembre, 2006

Amens mens

The lovers - MagritteTutti quelli che scaricano la posta elettronica, sono costretti a constatare che la stragrande maggioranza dei messaggi è costituita da pubblicità di farmaci che promettono una salute perfetta, attraverso rimedi contro una gamma amplissima di patologie. Si tratta di una situazione sintomatica, rivelatrice del mondo in cui “viviamo”. Nel mondo attuale la malattia è, infatti, diventata la norma, mentre la salute è un’eccezione. Ecco allora che molti ricorrono a medicine per lenire dolori o curare disturbi di vario tipo. Il mercato delle industrie farmaceutiche si basa sulla scissione tra corpo e mente: i farmaci per lo più combattono dei sintomi, mentre spesso il malessere si annida nel profondo dell’anima. La scienza medica, incentrata sulla scissione, è impotente di fronte ai veri mali, anzi è essa stessa il male, quando si concentra sulle affezioni organiche. Tutto ciò è persino ovvio. È noto anche che questi farmaci sono quasi sempre veleni: d’altronde la parola phàrmakon, in greco, significa “veleno”.

Tuttavia l’assalto contro la salute dell’organismo è addirittura blando, se confrontato con l’aggressione perpetrata contro la mente, subissata quotidianamente di messaggi falsi, di immagini subliminali, di simboli ossessivi, di informazioni distorte.

Rimango esterrefatto quando mi accorgo che già l’intelletto degli adolescenti ha subito una dicotomia: lo yang e lo yin e simboleggiano il bene ed il male, la destra è contrapposta alla sinistra, Berlusconi è considerato avversario di Prodi, invece che suo sodale, la “civiltà” occidentale è in conflitto con quella arabo-musulmana... Sono tutte contrapposizioni fittizie che spaccano la mente. Sono contrapposizioni inculcate dagli Oscurati per controllare ambedue gli schieramenti. Divide et impera: invano si studia la storia, invano si studia il latino. Il pensiero si biforca ed interiorizza schemi dualistici, da cui, come in un frattale, si generano altre biforcazioni e poi ancora. È un pensiero schizofrenico che diventa chiusura e follia. È un modo di sragionare che diventa dogmatismo e fanatismo. È un pensiero che, invece, di librarsi nella dimensione della fantasia e della bellezza, per il suo peso precipita nel “deserto del reale”.

Non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito”: si riferiscano pure gli sprovveduti ed i bigotti alla “sacralità” del matrimonio. Qualcos’altro l’uomo ha diviso. Il coniugium, quello vero, quello, per così dire, alchemico, mistico, dell’essere appartiene alla vita, non ai suoi surrogati.

29 novembre, 2006

Pittogrammi ed engrammi

Tutti gli esseri sono per natura convocati dalla bellezza. Alcuni, non capendo, s’affannano ad invocarla, altri le rispondono male, pochi ne fanno l’avvocata loro, cantandola. (Erebinto)

Il dibattito su quelli che un po’ impropriamente sono definiti “cerchi nel grano” è sempre vivo: sebbene essi siano considerati un fenomeno peculiare di questi ultimi decenni, si può reperire qualche traccia di simboli tracciati nei campi di cereali anche in età moderna e medievale ed in un passo, purtroppo frammentario e dubbio dei rotoli di Qumran. Dopo anni di studi, i ricercatori hanno formulato alcune ipotesi per tentare di spiegare l’origine dei crop circles: per alcuni sono creati da fenomeni meteorologici rari o da vortici di plasma; altri li assegnano ad artisti definiti circlemakers; qualche studioso, come Adriano Forgione, reputa che siano manifestazioni di Gaia da correlare alla geometria sacra nonché a fattori energetici e cosmici. Gli ufologi, per lo più, li attribuiscono a civiltà extraterrestri. Qualcuno, infine, pensa che i pittogrammi siano creati dai militari con il maser o con altri apparati tecnologici.

Non intendo indugiare su ciascuna di queste congetture, ma offrire un mio modesto contributo alla disamina di un tema affascinante. In primo luogo, ho constatato che molti simboli contengono, nelle loro configurazioni, la serie di Fibonacci, rivelando così un’euritmia particolare. Tale caratteristica è associata ad una bellezza che, da un lato, distingue alcuni pittogrammi dalle grossolane imitazioni e, dall’altro, rende improponibile attribuirne la paternità ai militari. È vero che i militari, così come gli altri esponenti ed i fiancheggiatori della sinarchia, sono ossessionati dai simboli, ma costoro conoscono ed usano una lingua segreta in fondo misera e scontata, (Vedi Le rouge et le noir, 111, Bin Laden sulla luna etc.), con una tendenza a disseminare alcune cifre ed immagini, che non denunciano i loro misfatti, solo a causa dell’incapacità della maggior parte delle persone di leggere questi segni, neanche tanto occulti. I soldatini non sanno nemmeno che cosa sia la bellezza e l’armonia: essi sono del tutto privi non solo di senso estetico, ma anche di un “organo”, per quanto primitivo, preposto alle sensazioni ed alle emozioni.

Molti negatori della spiegazione aliena si chiedono per quale motivo, se popoli delle stelle intendono comunicare, usino un linguaggio così enigmatico, invece di esprimersi apertis verbis. Tale obiezione, alla Piero Angela, denota la pochezza intellettuale e culturale di chi la muove. Essi non sanno che cosa significhi comunicare né possono immaginare che esiste un livello di interazione tra chi manda il messaggio e chi lo riceve molto più profondo e pregnante della lingua referenziale. In altre parole, può essere più evocativo, efficace ed epifanico un profumo, che risveglia ricordi e genera un’onda di suggestioni, un’esperienza irripetibile, rispetto ad un trattato di filosofia o ad un saggio scientifico. La vera comunicazione avviene nel silenzio e nell’empatia: non abbisogna di parole né, tanto meno, di matrici e di equazioni, di cui pullulano le menti di certi scienziati.

In quest’ottica, le icone dei campi, con i loro messaggi misteriosi, sono quanto mai idonee a provocare domande e stupore in chi non si limita ad osservarle, ma cerca di compenetrare il loro fascino. Se si riceverà una risposta dalla contemplazione, sarà solo lo stimolo per un’altra domanda, come è giusto che sia per chi non si accontenta di verità preconfezionate.

28 novembre, 2006

Landolfi: le anomalie della normalità

Tommaso Landolfi è un autore che meriterebbe maggiore attenzione. Nato a Pico, in provincia di Frosinone, nel 1908, morto a Roma, nel 1979, Landolfi è una delle poche voci autentiche della letteratura italiana del XX secolo. Poeta, fine traduttore, scrittore di racconti e di romanzi, seppe interrogare la realtà, colta nel suo mistero insondabile e nelle sue infinite contraddizioni. A differenza dei mestieranti attuali che producono romanzetti insipidi e ruffiani, Landolfi, nelle sue opere, scopre ed esplora l’enigma dell’ordinarietà, le anomalie della normalità, con una lingua ricca e densa, ma soprattutto con compartecipazione alle vicende dei personaggi, ora ironica ora dolente.

Si consideri, ad esempio, la novella intitolata Il ladro, una vicenda di solitudine, dolore e solidarietà, ambientata in una dimora di un ricco signore, rischiarata da una luce tetra. Si legga Racconto d’autunno, una storia “gotica” di isolamento e di follia. Si gustino gli elzeviri di Landolfi, scritti in cui un episodio all’apparenza insignificante, un oggetto, una parola diventano spunti per spericolate ed inebrianti elucubrazioni al confine tra vita e morte, tra scienza e filosofia, tra istinti e ragione, tra inconscio e consapevolezza. La pagina di Landolfi vibra quasi sempre, se si escludono alcuni saggi virtuosistici, che comunque denotano notevole cultura, del sentimento del tempo e del senso, anzi nonsenso dell’esistenza. Con il contrappunto dell’ambiguità, incarnata, in modo emblematico, dal titolo di una celebre opera, Le bière du pécheur, che può significare sia La bara del peccatore sia La birra del pescatore, egli sa sfiorare moltissimi tasti, dal grottesco all’amaro, dal sardonico al sentimentale. Sa creare atmosfere oniriche, drammatiche, surreali, inquietanti: sono atmosfere in cui si muovono personaggi lunari, straniti, tormentati, paradossali, vivi. Soprattutto, infine, il discorso narrativo è sempre sostanziato di uno stile evocativo e raffinato.

Quale abisso rispetto agli scartafacci che oggi invadono il mercato editoriale: dallo sdolcinato Coelho, con la sua insopportabile vena New age, alle cerebrali, artificiose e soporifere opere di Eco, dal monumentale e pretenzioso Signore degli anelli alla dozzinale saga di Harry Potter, dal manierismo narcisistico di De Carlo alle solenni sgrammaticature di Baricco e di Tabucchi. Due differenze principali intercorrono tra l’opera di Landolfi e quella degli imbrattacarte sopra citati: Landolfi ha uno stile e vive per scrivere, ossia per indagare sé stesso ed il mondo; gli autorucoli sono quasi privi non solo di un modus scribendi, ma anche a digiuno della stessa lingua italiana. Specialmente, però, costoro scrivono per vivere come nababbi, approfittando del cattivo gusto e dell’ignoranza della maggior parte dei lettori.

27 novembre, 2006

Il gioco degli scacchi

È difficile credere che un leader del G8 che si atteggia a democratico possa ordinare qualcosa di simile, ma la gente deve capire che è un bandito". Non ha usato perifrasi Boris Berezovski, oligarca russo caduto in disgrazia e dal 2001 esule a Londra, per accusare Vladimir Putin, responsabile, secondo lui, di un misterioso avvelenamento: quello di Aleksandr Litvinenko, 43 anni, ex colonnello dei servizi segreti russi che, dopo due settimane di agonia in un ospedale della metropoli britannica, è deceduto. Litvinenko, prima della cena che gli è stata fatale, aveva cominciato a indagare sull'omicidio di una sua vecchia amica, Anna Politkovskaia, la giornalista uccisa lo scorso ottobre a Mosca a colpi d'arma da fuoco nell'ascensore del condominio dove abitava.

L'ex colonnello si è sentito male un paio d'ore dopo aver pranzato con tale Mario, un "contatto" italiano, da Itsu, un ristorante giapponese nella zona di Piccadilly. Così ha raccontato ad un giornalista del Sunday Times che è riuscito a vederlo in ospedale, dove è piantonato dalla polizia: "Io ho ordinato, ma lui non ha mangiato niente, sembrava nervoso. Mi ha consegnato un documento di quattro pagine, voleva che lo leggessi subito. Conteneva una lista di nomi, tra cui alcuni funzionari dell'F.S.B., che sarebbero coinvolti nell'omicidio della giornalista. Il documento era un messaggio di posta elettronica, non un documento ufficiale: non ho capito perché sia venuto a Londra per darmelo quando avrebbe potuto inviarmi il messaggio”.

L'avvelenamento risale al primo novembre (1 11). Scotland Yard dichiara che "Litvinenko ricevette nel mese di ottobre un messaggio da una persona conosciuta in Italia, un certo Mario, che si era detto in possesso di "informazioni importanti" sull'omicidio di Anna Politkovskaia e che gli propose un incontro a Londra.

Secondo il Mail on Sunday, il Mario in questione si chiama, di cognome, Scaramella, sarebbe "un accademico dell'università di Napoli e consulente della commissione Mitrokhin, istituita dal Parlamento italiano per indagare sulle attività del K.G.B. in Italia durante la Guerra fredda". Proprio Scaramella si sarebbe adoperato affinché la commissione Mitrokhin interrogasse Litvinenko, fuggito dalla Russia dopo essere stato messo sotto accusa per alto tradimento.

In un primo momento, i giornali avevano attribuito l’avvelenamento al tallio, quindi al polonio. Il solfato talloso è usato come veleno per tutte le specie di roditori, mentre il polonio è un elemento chimico che possiede una radioattività superiore di circa mille volte a quella del radio.

È una vicenda molto ingarbugliata, che sia gli analisti politici sia la gente comune tende a chiarire tramite procedimenti abduttivi, a mio parere, in questo ed in latri casi simili, ingannevoli. L’abduzione è un tipo di ragionamento di origine aristotelica, ma ripreso e modificato dal filosofo statunitense Pierce: con tale procedura inferenziale si passa da certi fatti (non tutti) osservati, alla supposizione di un principio generale che li spiega. Orbene, visto che la cronista russa scriveva articoli in cui denunciava i crimini del presidente russo e poiché l’ex agente, amico di Anna Politkovskaia, aveva indagato sull’omicidio della giornalista, Putin ha deciso di eliminarli entrambi. Tutto ciò non mi convince per nulla. Neanche un bambino che ruba la marmellata sarebbe così ingenuo. Nemmeno un ladro di polli sarebbe tanto sprovveduto. Non occorre togliere di mezzo i giornalisti scomodi: è sufficiente, come avviene in tutto i mondo, controllare quasi tutta la stampa e la televisione in modo che il cronista libero e controcorrente sia la classica vox clamantis in deserto. Perché poi Putin si sarebbe esposto in modo così plateale ed impulsivo, dopo aver consolidato il potere ed il prestigio della Russia? Perché il ragno Putin, dopo aver tessuto faticosamente la tela di alleanze e di accordi economici con paesi mediorientali ed europei, ragnatela in cui presto resterà invischiata l’Unione europea, dovrebbe farsela distruggere, in seguito a qualche sua avventata, autolesionista decisione? Sarebbe come darsi la zappa sui piedi. Cui prodest? I due omicidi non giovano certo a Putin, la cui reputazione risulta per lo meno offuscata. Apparentemente – così scrivono molti – questi delitti fanno il gioco dell’Impero di USAtana e di boygeorge che, però, è un amico, anzi un sodale di vladimiro.

La realtà è ben diversa e si può comprendere, se si considera la politica internazionale come una singolare partita a scacchi. La Russia ha i pezzi bianchi; gli Stati Uniti quelli neri. Ciascun giocatore (così sembra) cerca di vincere la partita, dando scacco matto all’avversario. Veramente i pedoni, i cavalli e gli alfieri bianchi credono di dover giocare contro i pedoni, i cavalli e gli alfieri neri e viceversa. In effetti, ogni tanto, qualcuno di questi pezzi viene sacrificato o mangiato. Tuttavia la partita è particolare, perché i re, le regine e le torri sanno che esiste un unico giocatore che muove sia i bianchi sia i neri. Questi pezzi sono consapevoli che non rischiano nulla, finché stanno al gioco deciso da una sola persona, la quale sposta i pezzi di entrambi gli schieramenti, dando, però, l’impressione agli spettatori che si stia veramente svolgendo una sfida.

In questi ultimi tempi, il giocatore unico occulto ha sacrificato pezzi di USAtana (ad esempio, Rumsfeld) ed ora è il turno di Putin cui è stato dichiarato scacco al re, forse per costringerlo ad accettare un aut aut. È il solito sistema del divide et impera, fondato sul controllo di entrambi i contendenti per i propri loschi interessi e per instaurare un Nuovo ordine mondiale.

Alcuni aspetti della vicenda mi paiono significativi: il ruolo di Scaramella, convitato di pietra. Scaramella (mai accettare s caramelle da uno sconosciuto) è italiano, dunque cittadino dello stato in cui risiede la Kaput mundi. Egli non ha toccato cibo, mentre l’ex agente russo ha consumato il pasto, se corrispondono al vero le dichiarazioni dell’ex agente segreto. Le dichiarazioni dell’ex colonnello sono trasparenti: “Il documento era un messaggio di posta elettronica, non un documento ufficiale: non ho capito perché sia venuto a Londra per darmelo, quando avrebbe potuto inviarmi il messaggio”. Il giorno in cui è stato perpetrato il veneficio, in perfetto stile gesuita, è il primo novembre, ossia 1 11. Benedetto XVI è, secondo la profezia di Malachia, il centoundecimo papa. Il polonio ricorda la Polonia da cui proveniva Giovanni Paolo II, usato dalla sinarchia per distruggere i regimi dell’est europeo che la sinarchia stessa aveva creato. La Chiesa di Roma ha molteplici interessi nell’ambito dell’energia nucleare: negli Stati Uniti, ad esempio, molte centrali atomiche sono state progettate e costruite da società legate al Vaticano. Sono messaggi in codice ed indizi, che, in un romanzo di investigazione, sarebbero analizzati e vagliati per risalire all’assassino che non è quasi mai colui verso il quale convergono all’inizio i sospetti.

Come al solito moltissimi pretenderanno le prove del coinvolgimento della Kaput mundi anche in questo intrigo internazionale: le avranno. Le avranno, quando sarà troppo tardi, quando i vertici della Chiesa di Roma avranno gettato la maschera. Allora parecchi rimpiangeranno di non aver considerato gli indizi, di non aver seguito tutte le piste, non per condannare, ma per capire che bisogna guardarsi dai lupi travestiti da agnelli.