30 dicembre, 2008

Sad Sade

Si ritiene generalmente che il sadismo sia una manifestazione peculiare del mondo contemporaneo. Il termine stesso, come è noto, risale a Donatien Alphonse Francois de Sade (Parigi 1740-1814), il noto romanziere e pensatore che portò alle estreme conseguenze i principi dell'Illuminismo, teorizzando una forma di radicale materialismo ateo conseguente con l'arida, accecante logica dei philosophes.

Nella storia umana sono innumerevoli gli esempi di crudeltà e di ferocia, ma in genere tali azioni brutali non sono avallate da giustificazioni teoriche, anzi appartengono alla sfera del sacro, del simbolico, come i pur abominevoli sacrifici umani o i cruenti riti di iniziazione, a base di sevizie che mirano ad un processo di morte e di rinascita. In moltissimi casi, la violenza è la sanguinaria espressione di guerre, rivoluzioni, tumulti: sono situazioni causate da istinto di morte e volontà di dominio che sembrerebbero prescindere, di solito, da compiacimenti perversi.

Le stesse perversità si accendevano in scintille licenziose o parodistiche o dissacranti nella letteratura antica, ma è sufficiente confrontare alcuni episodi lubrici del Satyricon con la meccanica, squallida depravazione delle pagine scritte dal marchese De Sade, per accorgersi dell'abissale differenza.

Resta il dubbio che un atteggiamento sadico affiorasse almeno in certe occasioni, anche prima dell'evo contemporaneo: alcuni dei Romani che assistevano agli spettacoli gladiatori, a qualunque classe appartenessero, dovettero palesare un'attrazione morbosa per la sofferenza inflitta agli sventurati combattenti. Fu instillata da demoni?

All'interno degli eserciti poi il sadismo è fenomeno non infrequente: associato alle perversioni più strambe e cerebrali, trova terreno fertile nelle aberrazioni della disciplina e della gerarchia militare. (Si veda The mint di T.E. Lawrence). Sembra, però, essere una caratteristica degli eserciti dei nostri tempi, mentre nella Grecia ed in Roma antica, fra gli opliti, fra i legionari non era rara la solidarietà, lo spirito di corpo.

E' aspetto del sadismo lo stillicidio, ossia il prolungamento spasmodico dei patimenti inflitti alla vittima al fine di prolungare in modo parrossistico il piacere "de li mal protesi nervi" nell'aguzzino. Ciò considerato gli stati contemporanei, fondati sulla tetra raison d'état e sulla gradualità per cui attorno al collo dei sudditi è stretto il cappio un po' alla volta e talora è allentato solo per protrarre il supplizio, sono perfettamente sadici. Anche qui è presumibile che tale sadismo sia la conseguenza di un influsso "esterno": resta il carattere stritolatorio, non solo corrotto, del sistema.

Manifestazione obliqua, quasi inavvertita ed inavvertibile di un sadismo dal volto umano è nei media: quanti programmi ostentano situazioni grandguignolesche o persino macabre, ai confini della necrofilia! Il cattivo gusto ha la sua parte, insieme con l'ignoranza e la stolidità di autori, registi, produttori, ma il rovesciamento demoniaco, dietro maschere di oggettività scientifica (Non affermava il marchese che le torture trovano il loro fondamento filosofico e scientifico, quindi oggettivo, nella violenza insita nel mondo naturale?) è l'anima nera di queste produzioni quanto più esse paiono innocenti.

E' il caso di una trasmissione in cui il rampollo di un illustre divulgatore ha indugiato, in una puntata dedicata alla conquista della Dacia per opera di Traiano, con sguardi corruschi di maligna ebbrezza, sui particolari più raccapriccianti di corpi sventrati, di arti amputati, di profonde ferite. Non è la celebrazione della truce bellezza che vibra nella poesia di Bertrand de Born, celebrazione letteraria, seppur atroce nella sua crudezza. E’ il primo pungolo del sadico che sfiora la carne della fanciulla innocente. E' anche un'indifferenza ostentata ed onanistica per il dolore, per gli uomini ridotti ad ammassi di carne, ma - si sa - occorre essere oggettivi, scientifici: una foglia, una rana o un uomo... qual è la differenza?

Tutto ciò non sorprende: "Con il sadismo conviviamo in rassegnato orrore" (E. Zolla). Rimane un senso di tristezza di fronte a questi tristi figuri: almeno de Sade non si peritava di enunciare e di difendere le sue folli idee. Costoro, invece, nascondendosi dietro infingimenti e ceroni, vogliono apparire amabili e, mentre fingono di accompagnare gli spettatori nelle sale di un museo, li conducono in una camera di tortura o in un gabinetto anatomico.



APOCALISSI ALIENE: il libro
TANKER ENEMY TV: i filmati del Comitato Nazionale

Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

28 dicembre, 2008

Che cosa sta accadendo nel Golfo di Aden?

Pubblico la traduzione di uno stralcio tratto da un articolo che affronta il tema della militarizzazione e che riguarda il Golfo di Aden, fornendone un'interpretazione... aliena. Fantasie? Disinformazione? Arduo fornire una risposta, ma se il rapporto russo citato nel testo, ammesso che sia autentico, contiene qualche lacerto di verità, non siamo propensi ad appoggiare i governi guerrafondai dei terrestri. Ringrazio il gentilissimo Richard di A.G. per la segnalazione di una notizia da prendere con molta cautela.

Numerosi articoli pubblicati sia dai media mainstream sia dei mezzi di informazione non ufficiali riportano che le marine militari di molti paesi sono impegnate nel Golfo di Aden e nelle aree limitrofe per combattere i pirati somali. Mi pare assurdo che così tante unità siano necessarie per contrastare alcune imbarcazioni di bucanieri.

Secondo la fonte Sorcha Faal, il governo russo ricondurrebbe il vero motivo di questo dispiegamento ad un’offensiva da sferrare contro una base sottomarina aliena.

Le unità navali che sono già nella regione o che si stanno dirigendo nel Golfo di Aden includono "amici e nemici" come Stati Uniti, Iran, Cina, Russia, Germania, Svizzera, Unione europea ed India. Dietro la versione di copertura che si riferisce alla protezione delle navi mercantili dagli arrembaggi dei pirati, si nasconde un'altra verità.

Quello che ha attratto la nostra attenzione, per dirla bruscamente, è un rapporto combinato del Ministero dell'Interno russo e del F.S.B., che circola nel Kremlino. La nota afferma che le marine di molti stati stanno combattendo i "grandi fondatori" dell'antico Giardino dell'Eden per evitare che il nostro pianeta venga nuovamente colonizzato da una razza aliena conosciuta come gli Anunnaki, che gli antichi testi indicano come i Vigilanti della Terra.

Forse le ostilità conobbero un altro episodio cruciale, quando i Vigilanti sabotarono i cavi per le telecomunicazioni posati sul fondale marino sicché vaste aree del Medio Oriente e del subcontinente indiano rimasero isolate.

Il rapporto russo attribuisce il disastroso tsunami del 26 dicembre 2004 ad un attacco nucleare portato dal sommergibile U.S.S. San Francisco, contro un'installazione extraterrestre sottomarina ubicata nell'Oceano Indiano. Lo tsunami, con onde alte fino a sei metri, ed il terremoto causarono la morte di più di 250.000 persone ed un lieve spostamento dell'asse terrestre.

Leggi qui l'articolo in inglese.



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Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

27 dicembre, 2008

Mens

Nihil est in re quod non fuit in intellectu

Come considerare i cosiddetti poteri mentali? I termini della questione si potrebbero riassumere nel modo seguente.

A I poteri della mente sono un'illusione. Semplicemente non esistono: è questa la posizione degli scientisti e degli scettici. Essi affermano che i fenomeni "paranormali" non sono riproducibili in laboratorio né osservabili in modo oggettivo: non possono essere quindi ricondotti alle leggi fisiche e studiati col metodo scientifico e statistico. Ciò non è vero, ma chi nega la realtà plateale delle scie tossiche, ha atteggiamenti altrettanto ottusi di fronte a manifestazioni meno evidenti.

B I poteri della mente esistono, ma è necessario che si raggiunga una massa critica, ossia molte persone devono manifestare la loro intenzione affinché si ottenga l'effetto Maharishi.

C I poteri della mente sono una realtà, ma un'interferenza (arcontica?) li riduce drasticamente o addirittura li azzera.

D I poteri della mente esistono, ma non sappiamo ancora come incanalarli verso scopi precisi. Sarebbe dunque necessario superare un ostacolo, una barriera che ci impedisce di valorizzare le nostre potenzialità. Potrebbe trattarsi di un limite genetico o ontologico. Che esista tale limite è giusto, poiché uomini scellerati ed egoisti potrebbero a loro piacimento determinare gli eventi. Questo in parte già accade…

Che il pensiero crei è indubbio: il pensiero (quid misterioso) si traduce in cose, un'idea diventa un quadro, un racconto, una lirica, un manufatto...; un'intuizione si manifesta in una teoria da cui dipendono anche applicazioni concrete. Ciò che è nella realtà era prima nella mente: dal semplice legnetto cui lo scimpanzé toglie i bitorzoli per catturare le formiche al più mirabile capolavoro della letteratura. Tuttavia l'idea si palesa attraverso un medium materiale: senza di esso rimane non-manifesta.

Dunque i poteri della mente (telecinesi, telepatia, psicometria, premonizione...) usano un medium materiale: secondo alcuni ricercatori, la portante potrebbe essere l'etere. Altri, invece, assimilando il pensiero all'informazione, reputano che l'azione a distanza, l'influsso del pensiero sulla materia non viaggi su un veicolo concreto, ma che esista un intreccio, uno scambio istantaneo ed aspaziale, indizio di una nascosta interconnessione di tutti i fenomeni. Essi paiono separati, ma sono solo diversi aspetti della stessa unità, come tante sfaccettature del medesimo diamante.

Non è comunque agevole trovare questa adequatio intellectus et rei (vedi La frattura) né comprendere i meccanismi dell'interazione tra pensiero e materia, anche perché ignoriamo sia la vera natura della res cogitans sia della res extensa. Sono incline a considerare la materia-energia un'estrinsecazione, una sorta di solidificazione del pensiero, ma ovviamente è solo una mia congettura. Mi sembra anche che a qualcuno sia sfuggito il controllo della situazione, come quando l'ingegnere progetta un ponte che, poi, a causa di calcoli errati, crolla.

Nota Corrado Penna a proposito delle potenzialità non-locali della mente: "Se molti uomini sviluppassero i propri poteri mentali, potrebbero anche affinare l’intuito (un’altra “facoltà nascosta” della nostra mente) per vedere più chiaramente quello che sta accadendo intorno a loro e come il potere li stia avvelenando e manipolando. Per adesso, il potere criminale che ci sovrasta ha fatto in modo che la gente che conosce i poteri della mente non fosse ben cosciente delle logiche di predominio e sfruttamento delle élites che ci governano (e così abbiamo molte persone che usano la meditazione e la focalizzazione dell’intenzione su obiettivi limitati), mentre le persone che sono ben coscienti di come i potenti stiano depredando e sfruttando i loro sudditi, vivono ancora nell’ignoranza delle proprie potenzialità mentali. Tale divisione credo sia fortemente voluta dai poteri che ci sovrastano; se un giorno si realizzasse una forte commistione di queste due categorie assieme ad una rinnovata presa di coscienza della realtà che ci circonda (vedi ad esempio le scie chimiche) il potere delle élites che dominano il mondo potrebbe iniziare a scricchiolare".

Insomma, chi conosce l'inganno non usa l'intenzione, chi usa l'intenzione lo fa "solo" per lenire un dolore o creare una situazione di armonia individuale, laddove, se conoscesse le minacce del sistema, deciderebbe forse di indirizzare il pensiero per neutralizzarne le azioni nefande o comunque per migliorare la vita di ciascuno di noi e le condizioni del pianeta. Il problema è, però, anche un altro: alcuni sono convinti, con la loro logica alla Pangloss, che viviamo nel leibnitziano migliore dei mondi possibili.

Perché ingegnarsi, se tutto è perfetto così com'è?



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25 dicembre, 2008

Breaking the barriers

E' possibile trovare delle situazioni autentiche e delle persone animate da ideali, oggigiorno? Ritenere che tutto il mondo sia corrotto e tutta l'umanità perduta è una pericolosa generalizzazione. Affidata a rari, magici istanti è un'empatia che unisce, come una linea sinuosa, il percorso della comunicazione. Dalla scheggia di una parola si può sprigionare la favilla di una verità.

In questi giorni dedicati ai Saturnali si avverte più del solito la tediosa, finta allegria che rende detestabili le ricorrenze, le celebrazioni che segmentano la vita, la sminuzzano, privando di significato e di profondità il tempo per ridurlo ad una sequenza di obblighi edonistici, di piaceri impostici.

Nella purezza delle sensazioni finalmente libere dal filo spinato delle convenzioni, nella libertà che è rifiuto di riti inutili e di futili miti, della “beneficenza” televisiva, della massificazione chimica, si può ancora assaporare il silenzio di una pagina, ascoltare il dorato sfrigolio degli astri.

Reciso il filo spinato, restano le barriere invisibili, le più difficili da abbattere, ma non demordiamo.




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24 dicembre, 2008

Gli Insettoidi e gli Aracnoidi nell'Ufologia (prima parte)

Sono rare ma inquietanti le testimonianze, all'interno dell'Ufologia, di una razza insettoide. Il ricercatore statunitense Brad Steiger ha proposto una classificazione delle più comuni razze aliene, basandosi sulla casistica. Steiger cataloga quattro tipologie: gli Alfa, i Beta, i Gamma, i Delta. Ai Delta appartengono alieni non umanoidi, affini agli Insetti, ai Rettili, agli Anfibi, ai Pipistrelli. Rientrano nella categoria anche i mostri simili a quelli partoriti dalla fervida fantasia di H.P. Lovecraft.

All'interno di questo gruppo, è possibile isolare gli Insetti come il sinistro Mothman, l'Uomo-falena che, secondo John Keel, proverrebbe da una dimensione parallela. La spaventevole creatura fu avvistata negli anni 1966-1969 in West Virginia: alta circa due metri, di corporatura affusolata, con pelle grigiastra, arti inferiori analoghi a quelli umani ed enormi ali dispiegantesi dalle terga. Gli occhi del Mothman sarebbero rossi e rutilanti. La vicenda dell'Uomo-falena è associata alla presenza di oggetti volanti non identificati ed a sciagure. Il mito dell'Uomo-falena è stato rinverdito da Mark Pellington che, nel 2002, girò la pellicola The Mothman prophecies, basata su un saggio di Keel e con protagonista Richard Gere.

Credo che uno dei riferimenti più antichi ad una razza insettoide si possa rintracciare in Africa. Sono reperibili ancora oggi presso tribù dell’Africa australe lacerti di tradizioni che rimontano ad un contatto con esseri preternaturali, di solito in sembianze di serpenti o di insetti. Ad esempio, i San (Boscimani) venerano un dio creatore dal nome Kaggen che significa Mantide.

"Secondo il prof. David Jacobs, storico della Temple University autore del volume The treath, gli alieni perseguono un piano ben preciso: la modifica biogenetica dei terrestri allo scopo di una convivenza tra umani ed alieni sulla Terra. Tale progetto dovrebbe concludersi tra circa quattro generazioni, quando ormai tutta la popolazione terrestre avrà subito almeno un’esperienza di abduction. A questo punto le persone normali diventeranno civili di seconda classe con diritti molto limitati rispetto agli “ibridi”. Jacobs individua i veri mandanti di tale sinistro piano nei Grandi insettoidi o Mantidi religiose, anziché nei Grigi".

Mantidi fra arte preistorica e gli oscuri meandri dell'Ufologia demoniaca, quindi.

Osserva Davy, nell'articolo La ragnatela non è tessuta dal Rettile: "E' notevole come simboli nobili ed esoterici, come quello del giglio, si possono trovare sul dorso dei ragni. Alcuni studiosi sostengono che le genealogie merovingie hanno basi radicate in distinte stirpi. Essi affermano che i leggendari e fantomatici vampiri, ora agiscono in sette occulte che compiono orribili sacrifici e riti anche con spargimento di sangue mondiale, ma erroneamente, anche i più rinomati ricercatori, associano l’indole di questi esecrandi adepti di oscure sette al rettile, mentre è evidente che il modus operandi di tali sinistri personaggi è indubbiamente insettoide. Pensando alle rigide società di insetti di in un formicaio o di un alveare, è elementare notare come queste minuscole (agli occhi umani) comunità, siano instaurate sulla base di macchinose gerarchie che possono essere paragonate alle subordinazioni che oggi divengono scopo del Nuovo Ordine Mondiale".

La tessera di Davy dunque si incastra nel mosaico disegnato da Jacobs.

Leggi qui la seconda parte.

N.B. Le fonti del presente studio saranno indicate in calce all'ultima parte.



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23 dicembre, 2008

Ringraziamento

Vorrei ringraziare i gentilissimi lettori sia quelli silenziosi sia coloro che, per mezzo di giudizi, integrazioni, segnalazioni, rettifiche, critiche, offrono il loro prezioso contributo nell'area dei commenti. Il mio ringraziamento è esteso, come è naturale, ai bloggers che si sono iscritti.

Mi scuso se, a volte, non rispondo a qualche intervento o rispondo in ritardo, ma gli impegni sono molteplici e non sempre trovo il tempo e la concentrazione per una replica.

A tutti la mia più sincera riconoscenza.




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22 dicembre, 2008

La natura americana di Chateaubriand

Il celebre romanzo di Rene de Chateaubriand “Atala o Gli amori di due selvaggi” (1802), più che per la storia dei due infelici protagonisti, Atala e Chactas, intrisa di patetici umori e percorsa da un intento apologetico, si apprezza per la pittura dei paesaggi valorizzati da un'arte che dilata innanzi al lettore una natura grandiosa e lussureggiante. Lo scrittore francese non si recò in America, eppure nonostante ciò, anzi mercé una potente fantasia che si alimenta del non visto e cui bastarono i diari di viaggio altrui, riuscì ad illustrare la pianura solcata dal maestoso Mississipi ed altre magnifiche regioni.

Leggiamo un brano della vivida, sensoriale descrizione.

“Le due sponde del Mesciassebé (il Mississipi n.d.r.) presentano un quadro straordinario. Oltre la riva di ponente savane s'inseguono a perdita d'occhio. I loro flutti di verzura, allontanandosi, sembrano salire nell'azzurro del cielo e vanirvi. In quelle praterie sconfinate errano a branchi migliaia di bufali selvaggi. Talora un decrepito bisonte, fendendo a nuoto le acque, viene a coricarsi tra le alte erbe di un 'isola del Mesciassebé.

Dall'altra parte, la scena è tutt'altra... Sospesi sopra il corso delle acque, aggruppati sulle rocce e le alture, sparsi nelle vallee, alberi di ogni forma, profumo e colore si mescolano, creano, crescono intrecciati, si spingono nell'aria ad altezze che lo sguardo raggiunge a fatica. Viti selvatiche, bignonie, colloquintidi si allacciano ai piedi degli alberi, danno la scalata ai rami, si aggrappano all'estremità di ogni frasca. Si lanciano dall'acero al liriodendro, da questo all'alcea, disegnando un'infinità di grotte, portici, volte. Spesso vagando, di albero in albero, le liane traversano bracci di fiume e vi gettano sopra ponti di fiori. Dal seno di quel folto la magnolia erige il suo cono immobile, dai culmini biancofioriti domina l'intera foresta: sola con essa rivaleggia la palma, agitandole accanto leggeri ventagli di verde.

Miriadi di animali posti in quei recessi dalla mano stessa del Creatore vi diffondono l'incanto della vita. Dal fondo delle radure si scorgono orsi ebbri d'uva barcollare sui rami degli olmi, in un lago si bagnano cervi, neri scoiattoli si trastullano nel folto del fogliame; i merli, le colombe della Virginia calano sull'erba macchiata di fragole rosse; pappagalli verdi dal capo giallo, picchi colore della porpora, cardinali fiammanti s'arrampicano a spirale, in sommo ai cipressi; scintillano i colibrì sul gelsomino della Florida, il serpe uccellatore sibila sospeso ai duomi del bosco, dondolandosi come una liana.

... Qui tutto è moto e mormorio: colpi di becco contro i tronchi delle querce, brusio d'animali che camminano o brucano o frangono coi denti il nocciolo dei frutti; gorgoglio d'acque, gemiti flebili, mugghi sordi, dolci sussurri empiono quei deserti di un'armonia tenera e selvaggia”.

La pagina riportata si può ritenere un'espressione peculiare della cultura romantica che, in maniera più o meno conscia, avvertendo il morso doloroso dell'industrialismo e dell'urbanizzazione, vagheggiava luoghi incontaminati e selvatici. Certo, la raffigurazione di Chateaubriand, è adombrata da un gusto estetizzante, dal fascino dell'esotico, ma palesa soprattutto la ricerca di una contemplazione immemore nel cuore della natura. E' il segno di un anelito che scorre, a guisa di fiume che ora si allarga ora si restringe ora sprofonda, nella cultura umana sin dai suoi primordii.

Che cos'è la natura e quale il motivo della sua attrattiva?

Non è agevole neppure abbozzare una risposta a tali quesiti, accennare a tali temi cui molti scrittori hanno dedicato riflessioni e studi, indagando valori estetici, segrete corrispondenze, motivazioni profonde. Solo vorrei qui evidenziare l'esuberanza e la grandiosità, per dir così, americana del quadro dipinto da Chateaubriand, la sua vastità che si amplia ad abbracciare l'orizzonte ed oltre, la serenità del cielo. Vengono in mente la gigantesca pittura di paesaggio dell'alsaziano Philip De Loutherbourg (1740-1812), le vedute americane di Karl Anton Post, romanziere nato in Moravia che nei suoi testi celebrava "con entusiasmo spumeggiante le miriadi di tinte accese dal sole nelle fitte foreste." (E. Zolla, La filosofia perenne).

Furono specialmente gli sterminati spazi del nuovo continente, nel succedersi di boschi, praterie deserti immensi come oceani trascoloranti l'uno nell'altro a dar linfa fresca all'ispirazione di artisti tra Romanticismo e Realismo: era la natura vergine non ancora stuprata dalla "civiltà" le cui peste pestilenziali erano già impresse nella Nuova Inghilterra, a divenire il teatro per il mito rousseaiano del buon selvaggio.

Queste raffigurazioni americane hanno la qualità visiva del cinema un po’ magniloquente ma inebriante basato su panoramiche e campi lunghissimi: ancora una volta fu lo scenario, con la sue sconfinate quinte, ad ispirare il cinema... Ut cinema poesis.

La descrizione di Chateaubriand non è solo animata da suoni, palpiti, tinte, ma dinamica: è un'unica creatura che si sbraccia, si arrampica verso la volta celeste. Respira, si muove, freme, espande le sue membra vegetali ed animali, come una divinità primigenia.

Bisognerebbe spendere molte parole per ripercorrere l'involuzione della scena americana, trasformata in conquista del Far West, in corsa all'oro, in riserva naturale e riserva "indiana", infine in giardino pettinato e docile di fronte alle villette a schiera, in ecologismo d'accatto ed ipocrita, alla Gore. Restavano fino a pochi decenni or sono, brani di una natura vissuta on the road, con il furore del vento e la bellezza aspra dei canyons, a volte appena fuori dalle sterili città. Restava "il cielo scintillante di cobalto appena sollevato sopra le teste, la cui contemplazione è fra le vie più dirette dell'oblio di sé stessi” (E. Zolla, ibid.)

Oggi non resta più nulla: il firmamento americano è un campo disseminato di croci, ma è lo stesso, poiché quasi nessuno più contempla o cerca una via che conduca all’anima delle cose e di sé stessi.



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21 dicembre, 2008

Elogio del Parlamento

Quale cittadino non inveisce contro i parlamentari, considerati disonesti, fedifraghi, spregiudicati? Pochi cittadini non reputano il Parlamento una sentina. Ora non si può negare che alcuni parlamentari sono persone di moralità non specchiata. Non si può negare che molti sono simili a quegli aristocratici che Luigi XIV, confinò nella sontuosa Versailles, offrendo loro magnifici festini e voluttuose distrazioni, in uno dei palazzi tra i più belli di tutta la Francia ed attorniata da verdeggianti ed ameni giardini. I parlamentari sono dunque blanditi con privilegi invidiabili. Il sistema sa come neutralizzare ed indebolire potenziali oppositori. Eppure, nonostante la scarsissima stima che l'uomo medio nutre per deputati e senatori, occorre riconoscere che, sebbene nelle aule siedano anche dei parassiti, il Parlamento è pur sempre l'ultimo baluardo contro il Nuovo ordine mondiale.

Non dimentichiamo che alcuni eletti cercano, pur tra mille difficoltà, costituite da un sistema corrotto e da procedure farraginose, di promuovere l'approvazione di leggi che risolvano alcuni problemi della collettività o di agire comunque nell'interesse del collegio che rappresentano. Che poi le loro iniziative naufraghino a causa del boicottaggio perpetrato dai potenti o che si traducano in inutili gride manzoniane, non significa che questi uomini politici non abbiano a cuore gli interessi dei cittadini e non siano animati da una fede ideale. Non sono privi di limiti, ma è errato accusarli di appartenere alla tanto vituperata "casta".

Non è un caso se il diabolico Trattato di Lisbona, siglato dai mefistofelici capi di governo europei, è stato, invece, con veemenza contestato da moltissimi europarlamentari di tutti gli schieramenti. E' una notizia, tra le tante, che è stata censurata, ma i parlamentari di Strasburgo hanno esibito striscioni in cui si contestava il trattato, vero affossamento delle residue libertà, hanno protestato contro una decisione arbitraria assunta dai tirannelli al soldo della sinarchia. La contestazione è stata sedata dai commessi che hanno pure impedito alla fine che si riprendesse con i cellulari la protesta. Per questi motivi ritengo che la pur pregevole pellicola V per vendetta, come avviene spesso, con le produzioni in qualche misura condizionate dall'ideologia dominante, contenga un'ambiguità, pur riconducibile ad esigenze narrative, ossia l'assalto al Parlamento.

Non è un caso se personaggi infimi come Travaglio si accaniscono, a somiglianza di cagnolini paurosi, ma dai denti aguzzi, contro l'intera classe politica, imputandole ogni nefandezza. Questi figuri sono parte di una pseudo-opposizione voluta dal sistema per rabbonire le massa, per offrirle una valvola di sfogo, ma soprattutto per distoglierla dalle vere, colossali questioni, continuando ad insistere con il solito lodo Alfano, il solito conflitto di interessi etc. Sono anche questi problemi di rilievo, ma, di fronte ai 19 milioni di euro al giorno scialacquati per l'operazione "scie chimiche" e mille altre atrocità, diventano quasi delle bagatelle.

Il discorso si lega all'analisi delle istituzioni: le istituzioni umane sono, almeno ad alti livelli, centri di un potere turpe e laido, ma condannare, insieme con le istituzioni tutti gli uomini che vi appartengono, è come gettar via nell'acqua del fiume l'intero contenuto del setaccio. E' vero che nel crivello si accumulano inutili detriti, sassolini, persino fanghiglia, ma vorremo rinunciare anche alle pepite ed alle pagliuzze d'oro nascoste tra la ghiaia ed i sedimenti?



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19 dicembre, 2008

Filo d'erba

Immanuel Kant affermava che la causalità non spiega neppure il più piccolo filo d'erba: era nel giusto. La scienza ci offre, soprattutto attraverso schemi causali, un'interpretazione dei fenomeni, in genere coerente ed utile per usare certe energie e per applicazioni tecnologiche. E' una conoscenza pragmatica e, in linea di massima, soddisfacente, ma una descrizione dell'esteriorità, in buona parte convenzionale, e non una spiegazione del substrato, dell'essenza.

Chiunque rifletta comprende che anche il più "semplice" essere vivente, ad esempio, un organismo unicellulare, rivela una complessità biologica tanto sbalorditiva da indurre molti ad ipotizzare che una Mente abbia progettato l'universo, con tutte le sue meraviglie, dalle ghirlande delle galassie al ciottolo screziato sulla spiaggia.

E', però, necessario riconoscere che tale entelechia potrebbe essere posta dalla coscienza umana nel mondo e non inerire ad esso. Questa dimensione teleologica potrebbe essere, infatti, il risultato di un'esigenza tesa all'attribuzione di significati a ciò che di per sé è fortuito. La situazione è simile alla pareidolia, ossia l'inclinazione a riconoscere volti od oggetti in manifestazioni naturali di tipo stocastico (?) come le nuvole o le macchie d'inchiostro su un foglio.

In fondo, a ben vedere, anche tutti i sincronismi che costellano l'esistenza e che sembrano sempre prossimi a disvelare orizzonti mirabili, a tradurre la sequenzialità degli eventi in sensi atemporali, restano come frantumi di un'ampolla sparsi sul pavimento.

Se poi consideriamo il Male che alligna sulla Terra e forse anche altrove, dalla stella che esplode alle inenarrabili e "variegate" sofferenze che torturano uomini ed animali, ma forse anche le piante; se consideriamo il sangue che scorre a fiumi sui campi di battaglia come nei mattatoi, allora davvero pare che l'armonia prestabilita di leibnitziana memoria sia non solo un concetto filosofico molto discutibile, ma addirittura un'illusione tanto tenace quanto ingenua.

Il filo d'erba è un miracolo della natura che, attraverso una "critica del giudizio", pare assurgere ad emblema di una piccola perfezione (si pensi al prodigio della fotosintesi clorofilliana, portento magistralmente illustrato da Hofmann, il chimico che creò l'acido lisergico). Questa perfezione sembra lo specchio, il riverbero di una grande perfezione, ma il filo d'erba rimane come enigma indecifrato ed indecifrabile, l'enigma del Bello e del Bene, giustapposto al mistero insondabile del Male.


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18 dicembre, 2008

Una pagina al giorno: una casa stregata, di Tommaso Landolfi (articolo del Professor Francesco Lamendola)

Propongo un articolo del Professor Francesco Lamendola, scrittore sensibile, versatile e dallo stile limpido, su un artista, a mio avviso, non valorizzato quanto meriterebbe, ossia Tommaso Landolfi, autore, tra l'altro, di "Racconto d'autunno", enigmatico romanzo cui è dedicato questo acuto studio. Colgo l'occasione per ringraziare il Professor Lamendola per aver citato la breve riflessione intitolata "Le porte del sogno in Omero", all'interno del suo testo Il mondo dei sogni è reale?, dove ha espresso parole di stima nei confronti del sottoscritto, parole che ricambio di cuore.

Dal capitolo undicesimo del «Racconto d'autunno» di Tommaso Landolfi (Milano, Rizzoli, 1975, pp. 87-91):

«Decisi di por mano al secondo zolfanello e lo accesi con infinita precauzione, poiché il terzo volevo assolutamente serbare per il ritorno. La breve luce mi rivelò un'angusta grotta, le cui pareti mostravano, peraltro, qua e là, la mano dell'uomo in rinforzi di muratura, in blocchi di pietra inseriti a forza nei fessi della roccia ed in altre opere intese a rendere più sicuro il luogo contro ogni tentativo d'evasione di chi vi fosse rinchiuso. Esse pareti poi e particolarmente il suolo ed il cielo, presentavano il più curioso e tetro spettacolo che io abbia mai veduto, erano cioè coperti di palle, filamenti, vesciche, bozzoli, bubboni (e non so più come chiamarli) di varie dimensioni, bianchi e soffici, che presi dapprima per funghi, che erano invece mostruosi fiori di muffa; che, ad afferrarli, si dissolvevano totalmente in un velo d'umidità sulla palma.

Quegli schifosi vegetali avevano distratta la mia attenzione al punto che, solo quando lo zolfanello languì e subito si spinse con un ultimo bagliore dello stecchino carbonizzato, affigurai l'oggetto più interessante di quel carcere. Dico che, alla mia sinistra contro la prete, vidi fuggevolmente un grosso anello di ferro da cui pendeva un pezzo di catena massiccia e rugginosa e fin qui nulla di strano; lo strano si era, invece, che su quest'anello poggiava qualcosa come un mazzolino di fiori, disposti approssimativamente a corona. Fiori di dentro? E, per colmo di sorpresa, a toccarli sembravano freschi.

Ero infra due, incerto cioè se sacrificare anche il terzo zolfanello ed affidarmi unicamente al tatto per il ritorno, o se abbandonare la mia indagine. Ma questo elemento di essa appariva troppo impensato e importante: senza esitare, accesi.
Erano fiori davvero e davvero freschi, roselline d'autunno selvatiche o inselvatichite, quelle che contemplavo con religioso terrore; rammentai, infatti, vagamente d'aver veduto, nel giardino di Renzo davanti alla casa, due o tre di tali cespi. Che cosa pensare di ciò? Era quanto non sapevo in nessuna maniera. E ormai il silenzio e l'aria d'avello di quel sotterraneo, coi suoi misteri, principiavano a toccarmi non per burla i nervi: mi ritirai in gran fretta.

Le mie emozioni di quel mattino non erano, però, finite. Abbandonando l'incerto chiarore laggiù diffusa dalla crepa, dovevo ora percorrere, come si rammenta, nella più completa oscurità un tratto piuttosto lungo e non poco accidentato. Ebbene, avevo appena cominciato a salire l'infima scaletta, che mi parve di udire un leggerissimo scalpiccio in cima a questa. Di nuovo il vecchio o, peggio ancora, i suoi cani, spintisi per un caso fin lì?

M'inorecchii: sembrava pesta umana, benché non di persona in babbucce. E se non il vecchio, di bel nuovo, chi? E se il vecchio; perché pareva adesso fuggire innanzi a me? E, se s'era avanzato fino a un certo punto di quel sotterraneo, fino a pochi passi da me, per qualche sua ragione ed ignaro del tutto della mia presenza, perché non lo avevo udito primo? Non sapevo ad ogni modo se ripiegare nella galleria dove sarei stato almeno assistito da quella scarsa luce, per il caso che avessi dovuto difendermi contro qualcuno o qualche cosa; soprattutto ero incapace di formulare un'ipotesi qualunque. Ma la pesta si era rapidamente allontanata e, considerando quest'unico fatto positivo, decise di proseguire, colla più grande cautela".

L'articolo continua qui.




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Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

16 dicembre, 2008

Sin

Ci si riferisce alla Luna nera con vari significati. Alcuni intendono con Luna nera la Luna nuova che non si vede, corrispondente alla congiunzione Sole-Luna. Talora si allude ad un secondo satellite della Terra che il gesuita Giovanbattista Riccioli affermò di aver scoperto nel XVII secolo e che avrebbe un passo di 3 gradi al giorno. L'esistenza di tale astro non è, però, mai stata dimostrata. Ancora Luna nera viene definita la dark side of the moon. Infine in astrologia la Luna nera è un punto, uno dei fuochi, quello vuoto dell'orbita lunare, il cui glifo è un crescente sovrapposto ad una croce.

A tale elemento astrologico è abbinato nel mito Lilith, descritta nell'Antico Testamento (Isaia 34, 14) come spettro notturno e nella tradizione babilonese come demone muliebre delle tempeste, ma anche come insidiatrice di uomini e bambini. Lilith, dopo aver concupito e rapito o ucciso le sue vittime, si dileguava alle prime luci dell'aurora. Una tarda tradizione ebraica la presenta come prima consorte di Adamo, creata con polvere e sudiciume. Da Adamo concepì il demone Samael, principe del Male ed altre creature malefiche con le quali viveva sulle sponde del Mar Rosso. Il suo viso era incorniciato da una chioma fluente e superbe ali la rendevano fascinosa, ma, invece dei piedi, aveva degli orribili zoccoli. Lilith trova il suo archetipo in Lamasthu, la dea della morte per i Sumeri.

In astrologia La Luna nera, di cui Lilith è, in parte, figura, adombra la sensualità più torbida, il lato oscuro ed inquietante della personalità. La sua luce è fredda, la sua energia erotica è assorbita nell'amplesso distruttivo e nella morte. I raggi cupi di Lilith sono dita gelide che sfiorano la pelle, il brivido di stelle defunte.

Pare quasi che la Luna nera sia il cuore algido dell'astro che splende nel firmamento notturno, l'immagine di un cosmo che è, infine, la manifestazione di entità malvagie. Nel Pimandro, testo del Corpus Hermeticum, è scritto, infatti: Il cielo apparve in sette cerchi e gli dei furono visibili in forma di astri con tutte le costellazioni (III, 2). Nel Vangelo detto di Filippo, leggiamo: "Gli Arconti vollero ingannare l'Uomo (13)... hanno deliberato di prendere l'uomo e di fare di lui uno schiavo per sempre... La verità non è come per l'uomo mondano: egli vede il Sole e vede il cielo e la terra, ma non sono per nulla quelli autentici (44)". Ci ricorda Mike Plato: "Nello gnosticismo mandeo i sette ed i dodici, cioè i pianeti e le costellazioni zodiacali erano considerati entità demoniache che agiscono sul divenire e lo controllano. Tra questi un posto di rilevo è tenuto da Sin, la Luna, soglia demoniaca che introduce nel regno delle forme mutanti, nell'instabilità dello spazio cosmico. Nel Mandeismo, la meccanicità dell'universo dipende dalla Luna, sorta di terminale arcontico per cogliere e trasmettere le influenze astrali e planetarie... Anche nello gnosticismo avestico, l'astro lunare è lo strumento ahrimanico, veicolo del Male."

Sin è forse collegato a Sinai, il monte su cui Moses ricevette le tavole della Legge da YHWH. Pare che il toponimo Sinai derivi dall’accadico Sin, con il quale in Mesopotamia nel III millennio a.C. veniva indicato il Dio Luna.[1] Il Sinai era consacrato al culto lunare. Grazie a recenti scavi archeologici, sono state rinvenute sull’Har Karkom, (il Sinai biblico?), vari santuari paleolitici (risalenti a 20.000-25.000 anni fa) costituiti da stele che ricordano i dolmen dell’antica Europa forse dedicati al culto lunare-terrestre.

Così la natura femminea (ed infera, si pensi a Persefone-Proserpina) della Luna si accosta a quella maschile, secondo un privilegiamento di tratti ora muliebri ora mascolini nei corpi celesti, in base alle differenti culture e concezioni.

Anche se l'inglese "sin" risale alla radice indoeuropea del verbo "essere", nel senso di "essere colui che è trovato colpevole di...", è suggestivo che "sin", trasgressione, offesa, peccato, coincida fonicamente con Sin, Luna nelle lingue semitiche.

[1] Altri glottologi associano Sinai a "shin", dente.


Fonti:

Dizionario delle dee e delle eroine, a cura di Patricia Monaghan, Milano, 2004, s.v. Lilith
Dizionario di Astrologia, a cura di A. Anzaldi, L. Bazzoli, Milano, 1988
M. Berni, Har Karkom: sulle tracce di Mosè, 2008
M. Plato, Il Vigilante, l’Ottava sfera, 2008
Andrea Romanazzi, L'Esodo di Israele, 2006



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15 dicembre, 2008

Convegno sul 2012

Il Centro culturale di ricerche esobiologiche "Galileo", organizza il convegno "2012: conferma di antiche profezie?" La conferenza si terrà nella Sala Civica Quartiere Golese, Via Baganzola 159, Parma.

Relatore sarà il biologo Dottor Giorgio Pattera, Vice Presidente del Centro "Galileo".

Leggi qui tutte le informazioni sull'iniziativa.


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La famigliola (articolo di G.B.)

La "civiltà" tecnologica ci ha letteralmente cambiati. La nostra vita è strettamente legata agli strumenti tecnologici, che ormai dominano nelle nostre case: infatti noi stiamo diventando l’arredamento delle nostre abitazioni.

Leggere questa frase ci induce forse a sorridere, ma non è altro che la verità; ciò ci dovrebbe allarmare.

In questo “bel” quadretto, il "capofamiglia" è senza dubbio il televisore. E' il più presente, in numero di due e fino a cinque, se non di più, in ogni alloggio.

La televisione è senz’altro seguita dai bambini, ma anche gli adolescenti e gli adulti di certo non sono da meno. Essi, appena possono, ad esempio quando rientrano dal lavoro, con il loro affezionatissimo telecomando in mano, seduti su un comodo divano o su una poltrona su cui rilassano le loro stanche membra, ovviamente accendono la scatola diabolica per un tour di disinformazione e di stupidità.

In realtà, i programmi televisivi aumentano solamente la nostra ignoranza, poiché diffondono unicamente notizie menzognere. Subito dopo “papà”, interviene il "primogenito", il cellulare; il telefono non ha niente da invidiare alla nostra amata televisione, poiché anch'esso ha un ruolo importante nella nostra famigliola.

Tutti possiedono un telefono portatile, se non due, ma nessuno, o meglio, quasi nessuno si accorge di quanto sia pericoloso e dannoso per noi. Le radiazioni e le onde elettromagnetiche che questo marchingegno sprigiona sono impercettibili, ma il nostro organismo le avverte, eccome. Queste onde invisibili provocano malattie e vengono irradiate anche quando l’apparecchio è spento.

In qualche modo, però, ci lasciamo abbindolare dalle molte funzioni che offre, la fotocamera, l'alta definizione, il collegamento ad Internet. I suoi colori sgargianti attirano lo sguardo di tanti e molte altre particolarità permettono a questo insulso oggetto di apparire magnifico ed eccezionale.

Il cellulare ci permette di chiamare una persona, anche se si trova dall’altra parte della Terra.

Sì, forse è veramente un ammennicolo grandioso e utile, ma sicuramente e purtroppo sta diventando, per ognuno di noi, indispensabile e siamo incapaci di privarcene.

Passiamo rapidamente ad un altro membro molto valoroso della famigliola, il computer. Ne esistono di tutti i modelli: fissi, portatili, a schermo piatto...

Le caratteristiche del "secondogenito" ci affascinano. Ci sentiamo catturati da quello schermo così abbagliante.

Le informazioni, vere o false, che possiamo trovare mediante la Rete, cui si accede tramite il computer, sono moltissime. Noi tendiamo a credere ad ogni notizia che leggiamo, se presentata in modo accattivante e plausibile.

Siamo pronti a cambiare la nostra mentalità, pur apparendo ipocriti e incoerenti e a volte addirittura stupidi, ma ciò che forse non capiamo o non vogliamo capire, è che presto ci ritroveremo schiavi di questa famigliola, così perfetta.

Non usciremo neanche più di casa per non perderci il nostro programma preferito e, dopo aver messo piede fuori casa, ci sembrerà di vivere in un mondo virtuale, esattamente come quello creato da un computer o da un cellulare.

Indifferenza e schiavitù saranno alla base della nostra vita, ormai priva di senso.



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14 dicembre, 2008

"Una nobile follia": attualità di un messaggio

Igino Ugo Tarchetti (San Salvatore Monferrato, Alessandria 1839-Milano 1869) è autore appartenente alla Scapigliatura: noto soprattutto per i romanzi Paolina (1866) e Fosca (1869) portato a termine dall'amico Salvatore Farina, fu temperamento estroso, bohemienne, animato da un orgoglioso anticonformismo, ma proclive alla malinconia ed a fantasie macabre, sepolcrali. Tarchetti rispecchia le contraddizioni della Scapigliatura, divisa tra attardati temi romantici, e confuso, velleitario tentativo di presa sulla realtà, con la denuncia più che altro letteraria, ma sincera delle contraddizioni che laceravano l'Italia "risorgimentale". L'opera di Tarchetti, pur nell'eterogeneità dei motivi ispiratori e nella discontinuità degli esiti stilistici, non è scevra di qualche spunto innovativo: si pensi alla tensione simbolica di alcune sue pagine in prosa, alle elucubrazioni sul valore recondito, sotterraneo di suoni e forme, a prescindere dai significati, con cui anticipa ardite espressioni francesi.

Nel romanzo breve Una nobile follia (1867) sono dipanate le vicende di Filippo Sporta, orfano nel Piemonte risorgimentale che, costretto a lasciare l'amore e le proprie aspirazioni, è mandato come soldato di leva in Crimea. Lo Spannung della storia è la battaglia della Cernaia, piccolo corso d'acqua che scorre nei pressi della città di Sebastopoli: il protagonista uccide, per legittima difesa, un soldato a cavallo dell'esercito russo che, a colpi di pistola, sta disperatamente cercando di tornare tra le proprie file.

Il coscritto, durante l'agonia, racconta a Filippo le sue disavventure, per molti versi affini a quelle dell'attante principale: l'aver ucciso un essere umano che per di più cullava in cuore i suoi stessi sogni, sconvolge il protagonista che, avendo trovato il cadavere di un borghese nei pressi del teatro del cruento scontro, ne ruba i vestiti, decidendo di disertare e di cambiare identità. Diventa così Vincenzo D. e muore suicida, dopo essere stato più volte sull'orlo della pazzia, per salvare un amico, suo omonimo, dai debiti.

L'autore nella prefazione della seconda edizione (pubblicata nel 1869) asserisce: "Quattro o sei volumi, scritti come questo, o se vogliamo un po' meglio, ma immaginati e sentiti con altrettanta vivacità di pensieri e d'affetti e soprattutto con altrettanto istinto del vero; quattro o sei di questi drammi della vita militare, diffusi nelle caserme e nel popolo, basterebbero a risvegliare la coscienza delle moltitudini per modo, che l'Italia sarebbe guarita in poco tempo da questo cancro che divora la vita, gli averi e qualcosa di più prezioso, la libertà".

Tarchetti rimase vox clamantis in deserto: pochi nell'Italia deamicisiana, tutta buoni sentimenti e cattive azioni, accolsero l'utopia antimilitarista ed i pochi intellettuali che provarono a propugnare le idee di Tarchetti come Cletto Arrighi e Felice Cavallotti, furono ignorati dalla "cultura" ufficiale.

L’autore scapigliato, che aveva intrapreso la carriera militare, conobbe di persona la retorica bellicista volta a nascondere il sangue, le carneficine e gli orrori dei conflitti, le cui battaglie egli descrive con realistica crudezza, senza indulgere alle vuote e false celebrazioni degli atti eroici o al bozzettismo dello spirito cameratesco, tanto cari, invece ad Edmondo De Amicis.

Nel prologo del romanzo leggiamo: “Vi avvertiamo che siete chiamato nelle file dell’esercito; se non vi presentate, tra quindici giorni sarete arrestato… d’ora innanzi non sarete più un uomo come gli altri, non avrete più dei diritti e dei doveri, una volontà, una coscienza, dei desiderii come gli altri…; marcerete al suono di un tamburo e conterete uno e due; imparerete come si fa d ammazzare un uomo…; dopo ciò avrete con voi un mostro enorme e spaventevole che starà al vostro fianco che imporrà qualunque obbligo alla vostra volontà cui sarete pienamente venduto e che si chiamerà disciplina. Quando essa ve lo ordinerà, voi marcerete contro qualunque luogo, compirete qualunque azione infamante, ucciderete qualunque uomo, caricherete per le strade del paese i vecchi, le donne ed i fanciulli e non potrete mormorare una parola; se accennerete di ribellarvi, sarete fucilato. Ora venite, noi vi chiamiamo in nome del re; se non vi presenterete fra quindici giorni, sarete considerato come un vile disertore.”

La contestazione contro il sistema della coscrizione obbligatoria trova, in questo passaggio ed in altri, una visione lucida e lungimirante, tesa a smascherare l’ipocrisia del potere e volta a mostrare l’annichilimento della dignità umana, per mezzo delle assurde ed alienanti regole della caserma. Infatti: "La caserma possiede e favorisce le abitudini ed i vizi di tutte le comunanze: il giuoco, la crapula, il vino, la prostituzione del principio morale, la prepotenza, la violenza, l’oppressione del debole, il diritto della forza, la vendetta privata – tutto ciò vive nelle caserme e vi si perpetua di individuo in individuo; è un legato che si trasmette dal veterano al coscritto; entra nelle camerate dei novizi e vi si dilata come un miasma contagioso”.

Efficace l’analisi del borghese che dà il suo plauso ai guerrafondai, allo snaturamento dell’individuo trasformato in macchina per uccidere e morire al grido “Viva il re!”: “Così si uccide un uomo e si forma un soldato – la nazione lo tollera; vi ha di più, la nazione vi applaude, illusa come un fanciullo insensato alla vista dei pennacchi azzurri, delle sciabole lucide e dal suono delle trombette: i pochi onesti fremono e tacciono”.

E’ dunque l’uomo medio abbagliato dai luccichii delle baionette, oltre che dalle solenni parate e dalle fanfare, dalla teoria di carri armati, jeep, autoblindo che scorrono impetuosi simili ad un fiume di metallo. Si vis pacem…

Il messaggio di Tarchetti è quanto mai attuale, sebbene la sua speranza di destare le coscienze per indurle a ripudiare senza "se" e senza "ma" la prevaricazione, si sia rivelata un tragico abbaglio. La coscienza della gente è assopita, l'industria bellica primeggia per fatturato ed innocenti operai uccidono fabbricando ordigni, come i loro perniciosi padroni. La propaganda a favore della "difesa" è capillare ed efficace: ai soliti argomenti pseudo-patriottici si sono aggiunti i gli epinici che celebrano i trionfi contro il terrore internazionale, a galvanizzare sudditi letargici, capaci di svegliarsi per qualche istante, solo se ricevono la scossa elettrica di un marziale proclama televisivo.

All'armi! E' il grido che echeggia da dietro la maschera ipocrita, grinzosa di B 16, invocante pace e fratellanza.

Veramente nobile l'ideale perseguito da Tarchetti, nobile e folle, perché è follia immaginare un mondo senza guerra ed angherie.

Oggi, poi, questa ahrimanica aggressione contro il pianeta e l'umanità è combattuta con armi tanto subdole che pare una benevola, paternalistica correzione.



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12 dicembre, 2008

"Oltre la grande barriera": una singolare mescolanza di contattismo e religione

Si intitola Oltre la grande barriera un controverso libro di Suor Stefania Caterina. Si tratta di un testo singolare, non unico, ma che, per la sua eccentricità, induce a porsi delle domande. Dalla pubblicazione ho estratto alcune parti significative.

"Le rivelazioni contenute nel libro riguardano l'esistenza di altre umanità nell'universo ed il loro rapporto con noi, toccano il mistero della creazione e del peccato originale con le sue conseguenze. […] Affrontano il mistero della vita dal concepimento fino alla dimensione ultraterrena del purgatorio e del paradiso. Aprono uno spiraglio sul mistero del Male, sull'esistenza dell'inferno e dell'azione delle forze tenebrose nell'universo, aiutandoci a comprendere molti dei meccanismi dai quali nascono paura, aggressività, depressione e malattie. Parlano della guarigione delle nostre radici più profonde, illuminano il mistero della morte, fino ad aprirci lo scenario grandioso della Pasqua dell'umanità, alla fine dei tempi, quando tutta l'umanità e l'intera creazione saranno trasformate e rientreranno nell'originaria dimensione della vita incorrotta». Le ultime pagine del libro illustrano al lettore la meta che l'umanità e l'intera creazione devono raggiungere. Entrambe saranno portate da Gesù Cristo oltre la Grande Barriera del Cielo, che «segna il limite fra il finito e l'infinito, fra il tempo e l'eternità. Oltre la Barriera non ci sono più né spazio né tempo, così come voi li concepite. La dimensione fisica non esiste più. Esiste solo la dimensione dello spirito e tutto acquista lo spessore dell'eternità (Cap. 12). “Tutta la Chiesa universale è impegnata nella preparazione del grande esodo cosmico che attende l'intera creazione, cioè spiriti puri, uomini vivi e defunti di ogni pianeta, tutte le creature. Tutto ciò che esiste ed è esistito dall'origine dei tempi, sarà portato a Gesù Cristo per essere a Lui sottomesso. […] I grandi Arcangeli e tutti gli Angeli saranno inviati in ogni punto dell'universo per raccogliere i buoni e sostenerli nelle prove. I vostri fratelli dell'universo fedeli, vi visiteranno nel tempo stabilito da Dio e vi aiuteranno. La Chiesa della terra sarà chiamata a dare il suo grande contributo, secondo i piani di Dio” (S. Raffaele Arcangelo, 28/7/2007).

Circa le “altre umanità” disseminate nell'universo, ci sono quelle fedeli a Dio e quelle ribelli. Le umanità ribelli, proprio perché non si sono legate come noi a Satana con un'Alleanza, godono di una evoluzione maggiore e di facoltà più sviluppate e Satana concede loro poteri e privilegi utili per distruggere le umanità fedeli, senza però riuscirvi per la «schiacciante superiorità di queste ultime su tutti i livelli» (p.150); cercano pure di stabilire contatti con la Terra «usando telepatia, occultismo, e con l'aiuto di potenti medium» (pp.148 e 149) e riescono talvolta a visitare il nostro pianeta, sempre, però, sotto la stretta vigilanza dei fedeli di Alpha Centauri e, quindi, non in maniera esplicita. Tra le umanità fedeli si distingue nettamente quella di Alpha Centauri che ha mantenuto molti doni dello stato di integrità originale. «Tuttavia, subiamo alcune conseguenze del peccato originale per giustizia, perché apparteniamo all'umanità che in maggioranza ha tradito e si è resa colpevole di fronte a Dio» (p.125). L'umanità di Alpha Centauri «presenta il grado evolutivo più alto nell'universo» (p.123), sia a livello spirituale sia tecnologico. Sul suo pianeta, esiste un solo Tempio dal quale sgorga una sorgente che lo bagna e lo vivifica (cf p.132). Tra i personaggi più conosciuti, c'è Aris «sacerdote e re del mio popolo, perché presso di noi questi due aspetti non possono essere divisi» (p.125); viene poi precisato che «sul nostro pianeta anche i sacerdoti hanno una sposa, che li accompagna nella vita e nella missione. Questo è indispensabile per noi. Nessuno può camminare da solo, ma l'uomo e la donna sono stati creati per camminare insieme verso Dio» (p.127).

La stessa cosa non è possibile qui sulla terra perché «la vostra sessualità è stata sporcata da Satana» (p.127). Ashtar Sheran, il comandante della potente flotta interplanetaria, è scienziato, «ingegnere e progettista dell'astronave madre» come pure sua moglie Kalna (cf p.137), mentre molte donne fanno parte degli equipaggi di astronavi (cf pp.135 e 137). «Condividiamo con i pianeti, che sono pronti a riceverle, anche le nostre conoscenze scientifiche e tecnologiche, per il loro bene, ma non accontentiamo la curiosità di nessuno» (p.128). «Già adesso le nostre navi spaziali sono in orbita attorno alla Terra, per ordine di Dio, […] per impedire che l'umanità della Terra si autodistrugga. […] Abbiamo finora impedito molte catastrofi e guerre sul vostro pianeta. […] Le nostre scoperte scientifiche vanno molto al di là della vostra portata» (pp.129-130, 139)

Pur essendo rigorosamente non violenti e perciò vegetariani (p.132), gli Alpha Centauri esercitano una missione di polizia interplanetaria, «limitandosi a mettere fuori uso le armi altrui» (p.128). «Dio ci manda nell'universo a compiere quelle missioni che gli angeli non possono compiere, perché non hanno un corpo» (p.129). «Uno dei compiti più importanti dell'umanità di Alpha Centauri è di comandare la grande flotta interplanetaria. Essa è composta dai più potenti veicoli spaziali e da equipaggi scelti, messi a disposizione dai pianeti fedeli a Dio» (123). L'ammiraglia della flotta interplanetaria è a tal punto grande da poter oscurare la Terra con la sua ombra (p.123). Queste astronavi sono «vere e proprie città» (p.127). Quando i tempi saranno maturi, gli extraterrestri «si manifesteranno apertamente ed in modo visibile a tutti. È nei piani di Dio che ciò avvenga. Allora la grande flotta interplanetaria si collocherà sopra la Terra e sarà visibile da ogni angolo del pianeta» (p.129).

Israele e, in particolare, Mosè sapevano dell'esistenza degli extraterrestri, dai quali sono stati aiutati e salvati, «specialmente in occasione del grande esodo dall'Egitto» (p.121). Gesù stesso avrebbe rivelato la loro esistenza agli apostoli, soprattutto dopo la sua risurrezione. «L'apostolo che maggiormente conosceva per rivelazione queste realtà era S. Paolo» (121).

«È giunto il tempo del grande annuncio della salvezza ad ogni uomo dell'universo, il tempo della sconfitta definitiva di Satana» (p.143)

Come valutare queste rivelazioni ufologiche di Suor Stefania Caterina? In primo luogo, ricorderei che il milieu in cui è stato concepito il libro, è Medjugorie, la cittadina croata celebre per le presunte apparizioni della Vergine, probabilmente un ologramma. E' dunque comprensibile che quei cattolici che sentono odore di zolfo a Medjugorie, hanno subito censurato il libro per di più aduggiato, a loro parere, da idee gnostiche, da affermazioni bislacche, se non addirittura eretiche. Alcuni teologi, invece, hanno ricondotto il libro, di là dal taglio contattistico, che è evidente, all'ortodossia cattolica. Non spetta a chi scrive pronunciarsi sul grado di ortodossia contenuto in Oltre la grande barriera, essendo tra l'altro un concetto relativo ai tempi ed alle confessioni.

Quello che interessa è, invece, sottolineare come l'autrice tenda a delineare uno scenario cosmico molto vicino al filone del cultismo ufologico, in particolar modo risalente ad Eugenio Siragusa, Giorgio Dibitonto, Giorgio Bongiovanni. Sorprende la menzione dell'onnipresente Ashtar Sheran, il comandante della flotta interplanetaria. Altre affermazioni trovano spesso puntuali riscontri in alcuni contattisti e channelers: gli extraterrestri intervengono e sono intervenuti per evitare catastrofi, le astronavi dei visitatori sono gigantesche, creature malvagie agiscono sulla Terra per sviare gli uomini, il contatto con le civiltà cosmiche è ormai prossimo etc. Il riferimento all'esodo ricorda da vicino l'ascensione di cui da anni si favoleggia e si discorre, ossia un cambiamento che condurrà l'umanità in una dimensione dove lo spazio ed il tempo, così come li percepiamo, si trasfigurano e, per dir così, sono trascesi. Se vogliamo enucleare una differenza tra la corrente dei contattisti e le asserzioni di Suor Caterina, possiamo specialmente indicare il cenno alla coesistenza di angeli ed extraterrestri nel cosmo, laddove i contattisti identificano gli alieni con gli angeli della tradizione religiosa bibica e post-biblica.

Si può pensare che Suor Stefania Caterina sia stata vittima di un inganno e che, come avviene per certuni canalizzatori, ella abbia ricevuto messaggi di demoni camuffati da benevoli ufonauti; si potrebbe - ma è ipotesi quasi per nulla plausibile - vedere nel libro della religiosa, la conferma delle rassicuranti rivelazioni elargite ai contattisti, almeno da Adamski in poi. Forse, come spesso avviene, il testo affianca alle fantasticherie della scrittrice qualche notizia veridica sulla cui origine non è dato sapere molto. Certo che, se davvero "fosse giunto il tempo del grande annuncio della salvezza ad ogni uomo dell'universo ed il tempo della sconfitta definitiva di Satana" sarebbe una lieta novella.

Troppo bello per essere vero.


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Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

10 dicembre, 2008

Dominare il mondo

- Come possiamo dominare il mondo? Miliardi di persone?

- E' facile.
- Lo dici tu.
- No, è veramente facile.
- Non penso: soggiogare l'umanità , ricorrendo alla costrizione è impresa improba.
- Quale costrizione? Non serve! Oggi si possono usare metodi molto più raffinati ed efficaci, anche se la violenza...

- Quali sono questi strumenti?

- Ad esempio, la televisione ed il cinema: con la televisione teniamo gli uomini di ogni età e classe sociale, immobili, di fronte ad uno schermo con immagini colorate e dinamiche, ipnotizzati da programmi che assecondino i loro gusti o titillino i loro bassi istinti. E' intrattenimento: si definisce così perché li tiene e li trattiene in un perenne stato di trance.
- Non tutti sono sedotti dalla televisione: alcuni mostrano interessi culturali...
- Non è un problema: noi trasformiamo la cultura in nozionismo o in sterile erudizione, ma dando l'illusione che sia sapere. Sai quanti letterati e scienziati trascorrono l’intera vita dietro immani stupidaggini!
- Come?
- Con la scuola, con le università, centri per il controllo mentale. In questo modo creiamo pseudo-scienziati e pseudo-intellettuali che disprezzano la gente comune, ma che sono solo un po' meno ignoranti della massa, ma altrettanto docili.
- Non mi convince: la conoscenza è potere. Potrebbero diventare pericolosi per il sistema.
- Pericolosi? In primo luogo, le loro conoscenze sono solo quelle che noi consentiamo di acquisire loro. Inoltre, se compiono qualche passo falso, o li corrompiamo o roviniamo la loro carriera, con diffamazioni e calunnie.
- Può darsi, ma qualcuno tra la massa potrebbe prendere coscienza e ribellarsi.
- Impossibile! Noi li riempiamo di cose: ad esempio vendiamo cellulari. Li convinciamo che senza i cellulari la vita è incompleta, infelice. L'altro giorno ho visto un bimbo che avrà avuto cinque anni. Strepitava e faceva i capricci perché voleva un cellulare, come il fratello adolescente. E' un grandioso successo!

- Non tutti hanno il danaro per acquistare questi strumenti o altri.
- Si indebiteranno. Il danaro è un altro ottimo strumento per controllare le persone. Non è vero che siamo noi ad essere avidi di ricchezze: noi abbiamo già tutto. Sono loro che non si accontentano mai: cercano di accumulare soldi ed oggetti, per lo più inutili. Quando si indebitano, li teniamo in pugno ancora di più. Oggi giorno quasi tutti si indebitano: per un appartamento, un'auto, un televisore al plasma, persino una vacanza...
- Va bene: le maglie sono molto strette, ma, secondo me, qualcuno riesce lo stesso a passare.
- Lo escludo nella maniera più categorica. Noi controlliamo tutto: l'istruzione, la politica, la giustizia, le forze dell'ordine, la magistratura, il sistema fiscale, i mezzi di informazione... Non si sfugge.

- Questo non significa dominare il cento per cento degli uomini.
- Non è vero. Anche se qualcuno dovesse pensare in modo libero, noi lo possiamo indebolire con i veleni nel cibo, nell'ambiente. Si ammalerà e non ci darà più fastidio: al limite, se insiste, lo schiacciamo come una mosca. Per ora bastano le onde elettromagnetiche per stordire le persone, ma presto vedrai quali armi useremo...

- Prima o poi, il rischio è che qualche giudice indaghi e scopra la verità...
- La prendo come una battuta. Mi sembra, però, che tu non abbia afferrato. Noi abbiamo creato un ingranaggio perfettamente oliato: lavoro, denaro, consumi, quindi di nuovo, lavoro, denaro, consumi e così via. E' come la ruota su cui corre un criceto all’impazzata: finché non gli scoppia quasi il cuore, non si ferma. La verità? La verità è lì davanti agli occhi di tutti, ma preferiscono ignorarla: sono rassegnati, rinunciatari, inerti. Anche se qualcuno dovesse tentare di svegliare i dormienti, questi ultimi risponderebbero: “Ma io che ci posso fare? Che posso fare da solo contro il sistema?”

- Credo tu abbia ragione.
- Certo che ho ragione e da vendere! Vedi: chi controlla il denaro controlla il mondo, ma noi controlliamo tutto: noi soggioghiamo anche le menti! Inoltre siamo molto generosi: diamo le cose ai materialisti; a chi ha una natura più evoluta, elargiamo le religioni, la New age, a chi rivela interessi culturali, qualche mostra d'arte, qualche scempiaggine, ma ben condita, di Umberto Eco. Non è vero che siamo indifferenti o spietati: siamo molto benevoli, addirittura pieni di sollecitudine.
- I tuoi argomenti sono persuasivi, ma valgono solo per la civiltà occidentale. Come si possono dominare i popoli del Terzo e Quarto mondo?
- Niente di più facile: li teniamo nella miseria più nera. Se appena osano sollevare il capo, fomentiamo conflitti, vendendo armi, così si scannano tra loro. Poi, con la scusa delle vaccinazioni, diffondiamo delle epidemie e sfoltiamo un po' il numero di quei primitivi. Naturalmente, anche se in modo diverso, teniamo divise anche le nazioni occidentali, creando finte contrapposizioni tra partiti, movimenti, leaders politici che in realtà sono tutti uguali, perché tutti obbediscono a noi.
- Dopo che avremo l'egemonia su tutto il pianeta e dopo che l'avremo distrutto, che cosa otterremo? Insomma non capisco il vero fine di questo piano di dominio globale…
- E' tardi. Vado. Devo inaugurare la conferenza sulla lotta ai problemi globali: fame, effetto serra, inquinamento, crisi economica, pandemie, terrorismo... Naturalmente sono problemi che abbiamo creato noi per conseguire i nostri scopi. Che idioti, però, gli uomini... Quasi quasi, nel discorso inaugurale, svelo tutta la verità. Tanto non ci crederanno e, se dovessero crederci, non capiranno e, se capiranno, penseranno ad uno scherzo.



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Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

09 dicembre, 2008

Disindentificazione

Siamo eccessivamente identificati nei nostri ruoli, anche quando non sono per nulla invidiabili. Continuiamo a discutere delle circostanze e delle "prospettive" che riguardano il nostro lavoro, come se la vita fosse tutt'uno con la sequela insulsa di incombenze e mansioni che ciascuna professione implica.

Tra cadute, sogni impossibili, ripetizioni del già noto, siamo identificati nelle nostre parti di uomini o donne, padri, madri, mariti, mogli, figli... ma non siamo noi quei ruoli che sono solo involucri, gusci di cicala.

Non più: ora non ci identifichiamo più con queste povere forme o con il corpo. Noi non siamo quel corpo, peso inconsistente. Ci allontaniamo da queste misere parvenze, come un'aquila che, abbandonato il nido tra le vette solitarie, plana nell'azzurro e poi ascende verso lo spazio, fino a quando la terra diventa uno smeraldo incastonato nel blu profondo e glaciale del cosmo.

E' finito tutto quanto: resta solo il pensiero, questa specie di materia esotica, da cui tutto origina. Ancora un po' e troveremo il modo per spegnere anche la mente, per sciogliere l'ultimo residuo dell'io, come perla nell'elisir. Ora evapora l'ultima immagine, si diluisce l'ultima sensazione di essere, l'illusione dell'esistenza. Nulla più ci sfiora: anche il Male è solo il vago, evanescente ricordo di un incubo che si perde tra le volute vellutate dell'oblio.

E' tutto finito: finalmente rifluiamo nel nulla, come una piccola fiamma di una candela che, vacillando per il vento, langue e muore.

Non siamo mai esistiti, se non nell'inganno delle apparenze. Non esisteremo più.

Articolo correlato: F. Lamendola, Il segreto è spalancare porte sull'infinito quando sembra di essere giunti in un vicolo cieco, 2008



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07 dicembre, 2008

Impianti

Gli impianti sono corpi estranei rilevati in sede diagnostica all'interno di persone che si ritiene siano state vittime di abduction.

"Il fenomeno è conosciuto dall'inizio degli anni 80 del XX secolo e sono state eseguite numerose radiografie di questi oggetti. Negli anni 90 l'ipnoanestesiologo statunitense Derrel Sims individuò e fece estrarre alcuni microimpianti che, analizzati, risultarono magnetici e ricoperti di una sostanza grigia.

Sims, la cui biografia è singolare, racconta di essere stato vittima di rapimenti per opera di extraterrestri. Volontario in Vietnam, avrebbe operato successivamente per la C.I.A. … In base alle sue testimonianze, sims avrebbe estratto oltre venti impianti… spesso di forma sferica e sarebbero inseriti sotto la cute o negli organi interni… Gli oggetti che Sims afferma di aver espiantato dai suoi pazienti sarebbero il frutto di una tecnologia sconosciuta, essendo costituiti a detta dell’ufologo, da elementi non usati in alcuno dei processi produttivi a noi noti”.[1]

Da altri esami è risultato che queste "pulci" sono composte sia di elementi organici (cheratina o affini) sia di elementi inorganici (metalli). Sull'origine di questi microchips i ricercatori sono in disaccordo: alcuni propendono per una loro matrice "esogena"; altri, come il professor Helmut Lammer, ritengono, invece, siano il frutto di tecnologia militare. E' questione difficile da dirimere e qui vorrei, accantonato il discorso sull'origine terrestre o aliena, cercare di comprendere quale potrebbe essere lo scopo per cui vengono introdotti questi microprocessori, allargando l'indagine anche alle scie chimiche e ad altri oscuri piani della Cabala.

Vediamo le ipotesi principali circa gli obiettivi.

- Gli impianti servono per localizzare il rapito e seguirlo nei suoi spostamenti affinché sia sempre sotto il controllo dei suoi sequestratori, in vista di altre abductions.

- I chips sono finalizzati a creare dei candidati manciuriani, individui da usare per compiere delitti o addestrati per combattere o eliminare gli avversari della Cabala.

- Le "pulci" sono inserite nelle vittime per condizionarne la percezione, creando, ad esempio, degli scenari olografici e per influire sull'l'attività onirica e per manipolare i processi psichici e cerebrali, in sinergia con l'irradiazione di onde elettromagnetiche.

- I microprocessori sono volti a limitare la percezione e le capacità "paranormali" degli individui, come, ad esempio, l'ipercomunicazione.

- Viceversa, sono impiantati per rafforzare i poteri extrasensoriali di uomini scelti per particolari missioni.

- Questi dispositivi, assieme alle nanostrutture distribuite con le scie chimiche e con gli effetti degli alimenti transgenici, interfacciati con il D.N.A. umano, servono per trasformare gli uomini in esseri bionici.

A ben riflettere, questi microchips appaiono come strumenti quasi obsoleti, se impiegati per il monitoraggio o per il controllo mentale, assolti oggi in modo assai efficace con molti altri sistemi (nanomacchine, campi elettromagnetici, sorveglianza elettronica etc.). E' possibile che, non essendosi rivelati efficienti, come gli artefici del loro uso speravano, si sia deciso di sostituirli o di integrarli con le nanostrutture contenute nelle chemtrails. Forse controllare certe persone si è rivelato più arduo di quanto i militari (o chi per loro) pensassero.

In tale sinistro quadro, diviene difficile stabilire che ruolo abbia il marchio dell'Anticristo, ossia il microprocessore sottocutaneo che il governo segreto ha intenzione di imporre ai sudditi del pianeta nei prossimi anni: infatti, dal momento che, ormai quasi tutti, "grazie" alle chemtrails sono stati, in modo inavvertito, trasformati in antenne capaci di ricevere e trasmettere segnali e dati, non è chiaro per quale motivo essi intendano procedere con il microchip sottopelle. Si tratta forse di un suggello simbolico dell'infame piano o dello strumento per far scattare l'interruttore interno, magari in coincidenza con una data dal valore emblematico o quando un evento inimmaginabile renderà necessario eliminare certi uomini o impedire che vedano l'attuale ologramma sfaldarsi.

[1] R. Malini, U.F.O., il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2003, s.v. Sims Derrel



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06 dicembre, 2008

Invidia

"Invidia degli dèi", in greco phtònos theòn: così, in ambito popolare, era definita l'ineluttabile sorte funesta che colpiva gli uomini felici e prosperi, come se i numi, invidiosi della loro gratificante condizione, decidessero di precipitarli nella sventura. D'altronde il vento impetuoso scuote ed abbatte gli alberi eccelsi che osano elevare le loro cime al cielo, mentre gli umili cespugli restano ben saldi con le loro profonde radici nel terreno.

Il concetto di "invidia degli dèi" fu riguardato con disdegno dai filosofi ellenici che lo liquidarono come ingenua superstizione. Senza dubbio fu un'idea rozza, eppure talora si ha l'impressione che agisca una sorta di "legge" dell'attrazione al contrario, per cui quanto più ci si sente gioiosi e positivi, tanto più si susseguono mille contrattempi, a volte problemi che possono anche diventare sciagure.

Pare quasi che certe persone, non appena sfiorano la felicità, comincino ad essere perseguitate. Occorre ripetere che è un’idea grossolana, ma è plausibile che alcuni influssi “esterni” si intreccino agli eventi, secondo tendenze che restano enigmatiche, a determinarne almeno in parte la direzione. Ad ogni azione corrisponde una reazione ed è come se fili invisibili legassero gli accadimenti in una rete vibratile in cui una anche una lievissima oscillazione si trasmette a tutta la trama.

Noto, a proposito della phtònos theòn, è l'aneddoto relativo all'anello di Policrate, narrato da Erodoto nelle Storie.

Policrate (574 - 522 a.C.) fu tiranno di Samo dal 537 a.C. circa al 522 a.C. Egli era celebre per la sua proverbiale ricchezza e per la sua fortuna. Ritenendo che un uomo troppo fortunato, prima o poi, sarebbe stato colpito da una grave sventura, Amasis, faraone d'Egitto, chiese a Policrate di rinunciare a qualcosa di veramente prezioso in modo che tale perdita rappresentasse una grande sventura e ne evitasse una peggiore. Policrate decise perciò di privarsi di un anello di grande valore cui era molto affezionato e lo gettò in mare.

Tempo dopo, un pescatore catturò nella sua rete un pesce di dimensioni notevoli e decise di donarlo a Policrate, ma, mentre i cuochi lo cucinavano, trovarono nella sua pancia l'anello che il tiranno aveva gettato in mare. Quando Amasis seppe che Policrate era riuscito a recuperare il monile, comprese che Policrate sarebbe stato colpito da una grave disgrazia; non volendo essere travolto anch'egli nella rovina di Policrate, ruppe l'alleanza. Tempo dopo, i timori di Amasis si avverarono. Nel 522 a.C. il satrapo persiano Orete attirò con l'inganno Policrate presso di sé ed ordinò che fosse giustiziato.

In realtà, viviamo come funamboli e, mentre contempliamo la vastità del cielo, l'abisso che si spalanca al di sotto è sempre pronto ad inghiottirci al primo passo falso. Equilibristi, in equilibrio tra l'infinito ed il nulla, ci muoviamo con gesti prudenti, misurati, come se portassimo un vassoio su cui sono collocati calici di scintillante e fragile cristallo.

In modo appropriato Jules Barbey D’Aurevilly delinea gli uomini appagati nel racconto La Felicità nel delitto, contenuto nella silloge Le Diaboliche: “Gli esseri felici sono gravi. Portano attentamente, dentro loro stessi il cuore, come un bicchiere colmo che il minimo moto può far traboccare”.




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