L’avvento del Regno è la sparizione del mondo, dunque della creazione.(Simone Weil)
Gli eventi futuri sono già accaduti: passato, presente e futuro sono compresenti. Siamo visitatori di una pinacoteca: mentre passiamo dinanzi ai vari quadri, i soggetti si traducono in scene, in avvenimenti, cui la coscienza conferisce un moto ingannevole. Gli accadimenti sono oggetti annidati nel buio: quando un fascio di fotoni li colpisce, essi prendono forma, si rivelano, ma erano già lì in agguato.
Non sappiamo perché e quando ebbe inizio il tempo, questo filo che si svolge e si ingarbuglia per cui ogni istante si carica del peso insostenibile di tutti gli altri. Non sappiamo se fu necessario. Nessuno ha la risposta ed ogni teodicea non spiega nulla e non giustifica alcuno.
Le anime si tuffano nel fiume del tempo, con l'illusione di evolvere, ma quante riescono a nuotare contro corrente? Attratte dal mondo, vi si slanciano, ignorando che il mondo è Mund, la bocca dell'abisso.
Forse anche chi, per un inesplicabile impulso, emanò il divenire da sé, ora se ne è pentito, dopo aver visto la corda del tempo tesa allo spasimo sino all'agonia. E' tardi, però. Infine anche “tardi” è voce che appartiene al tempo e non tutti vi vivono.
L'amico Menphis mi ha segnalato che nel logo del C.E.R.N. sembra essere contenuto il 666. Può darsi che si tratti solo di una coincidenza, poiché il logo potrebbe raffigurare in forma stilizzata tre tunnels sovrapposti, in cui sono accelerate le particelle subatomiche. A prescindere da ciò, è evidente che gli esperimenti condotti a Ginevra, all'interno della struttura denominata Large Hadron Collider (L.H.C.), lasciano trasparire qualcosa di sinistro.
L.H.C. è costituito da oltre 1600 magneti superconduttori raffreddati ad una temperatura prossima allo 0 assoluto, cioè vicino al limite fisico dei –273,15 °C. L’impianto criogenico di L.H.C. è il luogo più freddo e più grande del mondo. Per consentire ai protoni di muoversi liberamente lungo il loro tracciato, il tunnel deve essere necessariamente portato in condizioni di "vuoto" assoluto. Tra gli scopi principali degli studi si annovera quello di cercare, fra queste particelle, tracce dell'esistenza del bosone di Higgs (che diversificherebbe e conferirebbe la massa alle altre particelle). Gli esperimenti sono finalizzati pure allo studio dell’energia e dellla materia oscura, che costituiscono circa il 95% dell’universo, nonché al tentativo di rilevare altre dimensioni oltre alle quattro conosciute, per trovare qualche conferma della teoria delle stringhe.
E' comprensibile che l'investimento di somme enormi, come spesso avviene, non si può giustificare e comprendere soltanto con fini di ricerca pura. Credo che gli esperimenti ginevrini siano riconducibili alla creazione di nuove armi forse da usare contro nemici esterni. La "scienza" del C.E.R.N. che fagocita risorse ingenti, sottratte, insieme con le spese militari, alla risoluzione dei mali che affliggono l'umanità (carestie, penuria d'acqua potabile, epidemie...), è faustiana. Essa mira ad un controllo totale della materia-energia, mossa da hybris. Con superbia, gli scienziati impegnati in questi esperimenti, credono di poter strappare al cosmo i suoi ultimi segreti, di violare i confini tra le dimensioni. Intendono forse aprire dei varchi interdimensionali, generando dei buchi neri?
Purtroppo, a causa di un luogo comune molto diffuso, l'uomo della strada reputa che la tecnologia e la scienza terrestri, pur avanzate, non abbiamo ancora toccato vertici avveniristici (vedi Divario). Quantunque siano meglio conosciute le caratteristiche dei cosiddetti U.F.O. rispetto ai buchi neri, sulla cui natura sono state formulate teorie divergenti (da Hawking e da Kaku, ad esempio), ci si arrischia a giocare con la materia, pur sapendo che i pericoli non sono del tutto trascurabili. E' storia arcinota: dal presunto esperimento Manhattan ai test sulla popolazione di armi chimiche e batteriologiche, è tutta una funesta serie di follie "scientifiche". Nell'epilogo del romanzo La coscienza di Zeno, Italo Svevo, profeticamente immagina che un uomo più squilibrato degli altri, un giorno causi la distruzione della Terra, ricorrendo ad un'arma potentissima.
Non saranno (si spera) i pazzoidi del C.E.R.N., la cui attività, tra l'altro, denota una concezione obsoleta ed aggressiva della realtà, a determinare collisioni mortali e sconvolgimenti cosmici, ma forse hanno destato un po' di inquietudine in qualcuno, se, per problemi tecnici che non è il caso qui di approfondire, il Dottor Stranamore ha deciso di sospendere per due mesi le simulazioni del Big bang e di altre diavolerie.
Che cos'è la realtà? La traduzione, per mezzo della mente, di un segnale. Arduo è stabilire da dove provenga il segnale e perché sia trasmesso. E' possibile che sia la nostra coscienza ad emettere il segnale che poi è riverberato, in un tautologico, circolare, inutile sistema di trasmissione-ricezione.
Il fuoco brucia solo perché esiste nell'io una misteriosa forma a priori che induce la sensazione del bruciore. Nessuna qualità primaria o secondaria inerente alla fiamma implica che essa possa scottare.
La mente è un programma che elabora involucri di realtà. Nel primo involucro quadridimensionale viviamo questa esistenza. Il programma, però, contiene un virus che distorce la visione ed impedisce di percepire altre dimensioni anch'esse proiettate dalla mente, ma su un fondale che assorbe tutta la luce, rendendo così invisibili le sfere esterne. Forse, però, è il programmastesso ad essere un virus.
La realtà è un'ombra, ma a differenza delle normali ombre, essa non è proiettata da alcun oggetto, poiché non esiste alcun oggetto, bensì un soggetto, enigma a sé stesso.
La realtà è pensiero senza peso e massa: anche l’energia è solo un'onda di probabilità, rampollante dall'abisso. L'io medesimo è soltanto una temporanea fluttuazione di coscienza nell'oceano dell'inconsapevolezza.
L'universo pare un dardo scoccato nel nulla verso un bersaglio irraggiungibile.
Tra la fine del Medioevo ed il principio dell'età moderna cominciò a consolidarsi lo stato come lo intendiamo noi, ossia come istituzione che detiene il monopolio della fiscalità, della giurisdizione e della violenza. Alcuni re europei, pur tra difficoltà, riuscirono un po' alla volta a sottrarre all'aristocrazia le immunità di origine feudale: il potere di coniare moneta, di arruolare un esercito, di amministrare la giustizia.
Quando si pronuncia la parola violenza, il pensiero corre subito alle varie forme di sopraffazione individuale: omicidi sanguinari, furti, stupri, danni alla proprietà, violazioni di domicilio, sevizie su minori, percosse a donne indifese, torture di animali... Sono tutti reati che suscitano abominazione, eppure sembriamo dimenticare un'altra tipologia di violenza, istituzionalizzata, ufficiale, legale, legittimata da decreti: è la violenza dello stato che si traduce nelle guerre "umanitarie" con tanto di encomio per opera di giornalisti e papi, nelle botte a chi manifesta, purché non appartenga ai Blocchi neri, nelle torture perpetrate da uomini del sistema, nella persecuzione e nelle intimidazioni di persone che osano denunciare scandali ed innominabili delitti... Non è forse anche questa violenza, sebbene abbia il crisma della legalità, il placet delle istituzioni? D'altronde anche la giustizia è, in fondo, una vendetta sublimata, quando non è un'iniqua congerie di sentenze miti con i veri criminali e draconiane con gli innocenti.
Si pongono a questo punto due problemi: qual è l'origine della violenza che caratterizza le "società" umane sin da tempo immemorabile? E' lecito ed auspicabile rispondere alla violenza con la violenza? Rispondere non è per nulla semplice: potrebbe essere il risultato di un "peccato" originale, di una tara genetica volutamente introdotta, di un maligno influsso esterno. Certo, se consideriamo la principale differenza tra l'uomo e gli animali, constatiamo che quasi mai negli animali alligna un'inclinazione gratuita, soverchia, odiosa al male, mentre l'homosapiens potrebbe essere meglio definito homo malus. Si potrebbe obiettare che il maleè il risultato di un'educazione errata, di modelli distorti, di istituzioni corrotte, di una distruzione dell'etica, ma gli educatori, gli uomini delle istituzioni etc. non sono uomini? Chi o che cosa insinuò in loro il male? No, è un'obiezione che non regge: l'uomo non nasce del tutto innocente per poi deviare, in una misura maggiore o minore, verso la cattiveria. Ammesso e non concesso che tutti gli uomini siano uguali, essi paiono per lo più proclivi al male: la società, insieme con molti altri fattori, può poi perderli definitivamente oppure contribuire a sublimare i loro impulsi distruttivi ed egoistici in pensieri, parole ed opere accettabili sul piano civile o, a volte, lodevoli.
Entrano in gioco qui questioni etiche e bisogna chiedersi quali siano i fondamenti della morale: un legame con l'Essere? O esiste un'istanza innata che equilibra la tensione verso il male? Oppure l'etica è l'insieme di quei valori e principi che sono insegnati affinché la società non si autodistrugga, quindi alla fine un'etica utilitaristica ed avulsa da istanze trascendenti? Accanto al giusnaturalismo, ossia la dottrina (o il corpus di dottrine) secondo la quale le leggi sono naturali, consustanziali all'uomo in quanto zoòn politikòn, esiste una morale congenita o essa è frutto solo della cultura?
Comunque si valuti il problema, la violenza è, ufficialmente e con molta ipocrisia, rifiutata perché immorale, empia, in contrasto con il testo sacro, oppure, in ambito laico, poiché ritenuta disgregatrice della società. Al contrario, si può anche non solo accettarla, ma pure propugnarla in quanto ammessa, in una certa misura, dalla Bibbia o dal Corano è di solito poi accolta, quando è delegata allo stato, tutore della legge, della giustizia ed unico artefice della "protezione" dei cittadini. Questo è lo Stato-Leviatano di Hobbes, è lo stesso stato che, con un po' di belletto, simile ad un viso rugoso e flaccido su cui è steso un velo di cipria, ci governa.
All'interno dell'Ufologia di questi ultimi anni, si è assistito ad una dicotomia: da un lato alcuni ricercatori sono ormai sconfinati nella demonologia, dall'altro un manipolo di studiosi continua a privilegiare un approccio strumentale al tema. All'interno di questo drappello operano ufologi che considerano per lo più gli U.F.O. velivoli di origine extraterrestre: essi sono inclini pure a vedere negli occupanti degli O.V.N.I. degli esseri evoluti, comunque non ostili, ma vittime di aggressioni terrestri (gli attacchi sono indubbi e frequenti) e di una criminalizzazione sempre più sfacciata e sospetta.
A mio parere, la prima corrente coglie alcune verità, laddove mette in risalto che molti ordigni avvistati e fotografati sono ologrammi o strutture bioniche, interfacciate con esseri pericolosi, forse androidi (i Grigi?) o di natura interdimensionale e non extraterrestre. Naturalmente Nihil novi sub sole: questo orientamento è debitore soprattutto di Jacques Vallèe e degli altri ricercatori che propugnarono decenni or sono l'ipotesi parafisica.
La fissazione su questa ipotesi, tuttavia, rischia di determinare l'esclusione di fenomeni fisici (l'ufologia viti e bulloni), con la chiusura verso possibili contatti cosmici con creature intelligenti, nel segno di una pur involontaria devozione ad Ahriman. Se, infatti, tutti gli ospiti che agiscono in modo più o meno occulto nel nostro pianeta sono malvagi, allora significa che il cosmo è una creazione demoniaca: è possibile che sulla Terra non sia mai approdata una delegazione di una civiltà stellare o benevola? E' possibile che in migliaia di anni non si sia svolto neanche un solo rendez-vous tra un terrestre ed un ufonauta pacifico?
L'ufologia notturna, come notai tempo fa, potrebbe essere uno strumento della sinarchia, ma non solo: essa rischia di affossare le indagini su aspetti tecnologici ed esobiologici, liquidando testimonianze, foto, reperti, indizi attinenti alla clipeologia, tradizioni culturali etc. come un unico inganno olografico.
Non ho gradito recenti critiche a certi resoconti riportati o rilanciati da Massimo Fratinie non perché non sia necessaria la prudenza, quando si esaminano fotografie e testimonianze, ma poiché non capisco il senso di tale operazione. Invece di accanirsi, con testi prolissi, noiosi e offensivi (almeno nei confronti del buon gusto), contro chi potrebbe aver pubblicato istantanee che potrebbero ritrarre, ad esempio, un fenomeno atmosferico e non una navicella extraplanetaria, per quale motivo non si denunciano sesquipedali misfatti? Per quale motivo non si sfiorano neppure banditori delle "verità ufficiali" come Heidi ed i suoi piccoli fans? E' un atteggiamento che ricorda l'azione di alcuni giudici, implacabili con il pensionato che ha rubato della frutta al supermercato e clementi con i malfattori istituzionali.
Schifando temi che potrebbero risultare sgraditi ai potenti, ci si ostina, con saccenteria ed arroganza, a voler trattare soggetti importanti, mentre ci si potrebbe dedicare al giardinaggio sotto innocue scie di convezione (sic) o si potrebbero scrivere articoli sulle spille da balia dell’età vittoriana.
In ogni caso, è evidente che, con estrema gradualità e con modi ben dissimulati, fingendo ancora di essere contro il sistema, certi autori imbellistanno agendo, (involontariamente?) per le élites, magari rivelando pure delle verità, ma facendo orecchio di mercante su molte questioni scottanti che essi ridimensionano, collocano in contesti depistanti o ignorano.
Giacché similes cum similibus congregantur, li vedremo accompagnarsi a disinformatori mascherati da scienziati di frontiera: chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Zoppicando, prima o dopo, inciamperanno e forse faranno un bel ruzzolone.
Quanto agli ufologi solari, che non esitano a denunciare scellerati piani, sono forse degli ingenui, ma "ingenui" letteralmente significa "nobili".
Si avverte sempre più spesso l'esigenza di vivere in modo semplice. In qualche anfratto di questo mondo ipertecnologico, si possono ancora vivere degli istanti di autenticità. La ridda delle domande e delle interpretazioni si disperde, come polvere nel vento. Guardiamo con occhi vergini e puri la realtà ed assaporiamo emozioni dimenticate. E' un'apertura all'essere, un oblio dell'identità che si compenetra della bellezza che ancora può offrire la natura: una goccia che riverbera un coriandolo di cielo, una foglia che rassegnata si abbandona al fiume del vento, il tepore vellutato di una radura.
Purtroppo sappiamo che l'esistenza è scheggiata e che il mondo è violato: non è facile trovare un po' di quiete. Tuttavia giunge talvolta, di là da questo sipario strappato, l'eco luminosa di un'altra vita, come una promessa o una speranza. Qui, nello sguardo sincero di un amico, nell'innocenza di un bimbo, nel fragile volo di una licena, possiamo pregustare infinite meraviglie.
E' bello incamminarsi lungo il sentiero che costeggia il fiume. Mentre il rumore divorante della città un po' alla volta si attutisce, mentre la confusione automatica della folla diventa un brulichio indistinto, ci addentriamo nel bosco profumato di pioggia e di funghi, tra i chiaroscuri, strali di luce e sgocciolii di ombre, con il dolore che pare dissolversi, a somiglianza della nebbia mattutina. Ascoltiamo il favellio delle cinciallegre, modulato dal silenzio ed immaginiamo note scintillanti nella notte.
E' solo un attimo di beatitudine, di assoluta armonia, ma è un attimo che custodiremo per sempre.
Oh, uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo degli Dei. (Oracolo di Delfi)
Fu con Socrate che l'indagine del mondo cominciò a diventare introflessa. Il "conosci te stesso" è un monito che è stato interpretato variamente, di non agevole comprensione, un'esortazione che suscitò tante ma spesso superficiali incondizionate adesioni e pure un irritato commento di Albert Camus. Egli si chiede se sia possibile la conoscenza, vera e profonda. La sua risposta è senz'altro negativa. "Il conosci te stesso di Socrate ha il medesimo valore del sii virtuoso dei nostri confessionali: allo stesso tempo che una nostalgia rivela anche un’ignoranza". Camus cita anche il filosofo tedesco Jaspers: "Questa limitazione mi conduce a me stesso, là dove non mi ritraggo più dietro un punto di vista obiettivo che riesco soltanto a rappresentare, là dove né io stesso né l'esistenza altrui possono ormai divenire un oggetto per me".
Conoscere sé stessi può significare riscoprire una natura sub-lime, dove tale sub-limità è duplice, celestiale ed infera. Sub limen, sotto la soglia della coscienza, vedremo baluginare una luce divina, primigenia, ma tra le ombre divoranti della notte più nera. Sarebbe improvvido ignorare il male che alberga nell'uomo, forse anche come influsso di agenti esterni (Basilide docet) e pensare che il percorso verso noi stessi sia una strada diritta, piana ed ombreggiata da alberi frondosi e verdeggianti.
Edipo conobbe sé stesso, l'uomo che veramente era: sarebbe stato meglio per lui ignorare! D'altronde il 666 è numero d'uomo.
Chi dunque ha il coraggio per affrontare questa avventura che certamente lo condurrà verso dimensioni dove l'Anima si espande, ricongiungendosi al Principio, dove il silenzio interiore diventa melodia, dovrebbe sapere che lo attende al varco il Guardiano della soglia. Si armi dunque di una spada per intraprendere un cammino emozionante, ma irto di ostacoli. La meta è la Vita, misterioso affioramento dalla misteriosa energia. Ne vale senz'altro la pena, ma non so quanto giovino a tale conseguimento artifici, tecniche, metodi. Ognuno scelga la via che sente più confacente alla sua natura, puntando sulla qualità. E' più giovevole un minuto intenso di ascolto dell'Essere che un corso di mille ore per apprendere tecniche di meditazione.
Certamente è imperativo tener desta la coscienza per evitare che il bombardamento mediatico, elettromagnetico, (siamo, in parte, esseri elettromagnetici), sottile etc. distrugga l'identità di ognuno di noi. In questo caso alcune tecniche saranno utili, ma sempre ancorate all'amore per la verità che è il rimedio per eccellenza.
Inoltre, sebbene non sia facile coniugare la prassi con il ritorno a sé stessi, anzi col tentativo di trascendimento della propria natura caduca per riscoprire una sintonia con l'essere atemporale ed aspaziale, non credo si possano trascurare né l'azione né l'informazione.
A mio parere, quindi coglie nel segno Francesco Lamendola, quando, nell'articolo intitolato Il paese della felicità è un luogo dove il male non esiste?, chiosa: "Nella nostra attuale condizione, non ci viene domandato di cancellare il male dal mondo, ma di combatterlo per quanto possibile e, per quanto eccede le nostre forze, di accettarlo e trasformarlo in qualche cosa di diverso, che ci purifichi da una parte delle nostre imperfezioni e ci renda un poco migliori".
Il male dunque (naturale, morale, ontologico) è imprescindibile: anche la conoscenza di noi stessi potrà riservarci qualche brutta sorpresa.
“Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.
B. Brecht
Di recente il gentilissimo Pierpaolo Saba, coordinatore dell'U.S.A.C. Sardegna, mi ha fornito del prezioso materiale relativo alle scie chimiche ed alla sindrome di Quirra nell'isola. E' questa la dicitura con cui sono raggruppate gravi patologie (tumori, leucemie, linfoma non Hodgkin) diffuse nel Sarrabus, "sulla costa sud-orientale della Sardegna, a circa 80 km da Cagliari. Sorge qui la più grande base N.A.T.O. del Mediterraneo, il più vasto poligono sperimentale interforze d'Europa. E' una presenza oscura, lì da più di trent'anni, chiusa e inquietante con i suoi strani bersagli per le esercitazioni sparsi sul litorale o negli altopiani dell'entroterra".
Almeno sin dal 1977, in quest'area, comprendente i comuni di Villaputzu, con la tristemente nota frazione di Quirra, e di Perdasdefogu, sono numerose le morti per malattie tumorali e le nascite di bimbi con malformazioni orribili. Quasi tutte le vittime operavano all'interno del poligono di tiro per un’azienda, la Vitrociset, che si occupa della manutenzione delle apparecchiature interne, o abitavano nelle campagne circostanti. Le persone colpite, per lo più soldati e pastori, appartengono a tutte le fasce tutte le età. Le analisi ed i prelievi del terreno hanno rilevato la presenza di uranio impoverito, di cesio 136 e tungsteno.
In questi ultimi tempi, è stato accertato che le patologie riscontrate, sono collegabili non alla radioattività degli elementi chimici sopra citati, ma alle nanoparticelle che, non trovando, a causa delle loro ridottissime dimensioni, idonee barriere nell'organismo, penetrano nel cervello, nel fegato, nella milza, nelle ghiandole linfatiche con effetti devastanti.
La sindrome di Quirra è un'atroce dimostrazione di quanto sia immondo l'apparato militare ipocritamente definito "difesa", laddove è strumento di aggressioni, di carneficine e di morte. Eppure questa realtà può solo allungare la già nutrita lista di orrori del nostro pianeta, devastato da generali pazzi e sanguinari, dai folli progetti di dominio del Dottor Stranamore.
La sindrome di Quirra, negata o ignorata o ridimensionata dalle autorità, attribuita dai militari a non meglio precisate tare genetiche, dovrebbe convincere il più strenuo difensore delle istituzioni, il più scalmanato ammiratore delle divise, almeno a tacere o a cambiare discorso. Si trova sempre un avvocato del diavolo, ma qui forse non è così facile. Eppure dove fallisce la malafede di chi celebra i benefici del nucleare, delle emissioni degli inceneritori, degli organismi geneticamente modificati, dei farmaci "anti-tumorali" (è arcinoto che sono dei vari toccasana), riesce l'indottrinamento.
Infatti, tra le vittime dell'uranio impoverito, del tungsteno e del cesio 136, è stato interpellato un soldato che, pur affetto da una sindrome mortale, con incredibile cecità, decanta di fatto i "valori" della "patria", magnifica l’espletamento del servizio. Egli, con intima persuasione pari solo al totale annebbiamento della sua coscienza ottenuto con anni di programmazione e di condizionamento mentale, afferma che è necessario sperimentare i sistemi d'arma, usare proiettili veri e le altre munizioni, per addestrare, in modo efficace, i soldati a combattere sul campo i "nemici". La "patria" va difesa: i nemici vanno neutralizzati. La vittima si identifica in toto con il carnefice e lo ama di un amore infinito, assoluto. Il sottufficiale snocciola, quasi infervorandosi, i luoghi comuni della propaganda bellicista, come fosse un demone che parla attrraverso un posseduto. Sconvolgente!
Questa distorsione della verità, di fronte alla quale il rovesciamento prospettato da Orwell in 1984, sembra quasi ingenuo, è espressa da un alienato che stupra la lingua in modo vergognoso, seppur del tutto inconsapevole. Già: questo stupro è forse più grave delle innominabili nefandezze perpetrate dai militari. Il “dovere" è il carcere mentale che il prigioniero, con le sue stesse mani, ha costruito. I nemici semplicemente non esistono, se non nei deliri di un allucinato. I veri nemici sono quelli che trovano sempre la carne da cannone, carne precedentemente ammollata. Il dovere è autoflagellazione e si potrebbe definire masochismo, se qui in gioco non fosse soltanto una mostruosa tara psichica, ma soprattutto l'inversione satanica del linguaggio, un'inversione antica come il mondo, ma oggi trionfante con il suo nero vessillo.
Dulce et decorum est pro patria mori: è dolce ed onorevole morire per la patria. Questo sventurato, come molti altri, muore contento per Satana e lo venera come fosse Dio.
E' stato recentemente tradotto in inglese il libro di Maurizio Cavallo, Oltre il Cielo. Il ricercatore Michael Salla ha brevemente recensito l'opera dell'artista vercellese, il cui titolo è stato reso letteralmente con Beyond the Heavens.
Così si esprime Salla: "Il testo di Maurizio Cavallo rivela un segreto a tal punto suscettibile di trasformare il potenziale umano che le agenzie per la sicurezza nazionale di tutto il mondo hanno operato tenacemente per tenerlo nascosto negli ultimi cinquant'anni. Extraterrestri dalle sembianze umane ci stanno visitando e vivono fra noi. Essi vengono con un messaggio volto a migliorare le potenzialità umane, fondato sui valori della pace e dell'elevazione sociale. Questo libro porta il lettore a conoscere lo sbalorditivo viaggio di un contattista italiano, un itinerario che gli ha consentito di sperimentare una verità che ha trasformato il suo mondo. Una simile esperienza attende tutti coloro che desiderano entrare in contatto con esseri dall'aspetto umano provenienti da un altro sistema solare e che possono aiutarci a cambiare la nostra vita ed il pianeta".
Anche Michael Gay ha dedicato una glossa a Beyond the Heavens. Egli scrive: "Per esprimere la serena bellezza che connota i lavori di Jhlos, dovremmo avere il suo stesso dono del silenzio ed il suo senso del sacro appena velato di sensualità. Giornalista e filosofo, pittore, scultore e musicista, Cavallo ha incontrato abitanti di un pianeta di una galassia distante 150.000 anni luce dalla Terra."
Ora, non sappiamo se veramente Maurizio Cavallo, che non si può definire né un contattista né un rapito, ma un contattato, abbia incontrato creature di un'altra galassia che avrebbero pure costruito delle basi su Gaia né poi è così importante stabilirlo. Cavallo è scrittore dall'indubbio talento letterario (dote assai rara in questi tempi di ferro in cui la cultura e la conoscenza della lingua italiana sono in condizioni deplorevoli, per usare un pietoso eufemismo) e già per questo la sua avventura raccontata con visionaria lucidità, con emozionante pàthos, meriterebbe di essere conosciuta dal grande pubblico. Si aggiunga che l'esperienza di Jhlos ci sottrae alla schematica dicotomia alieni buoni versus alieni cattivi, evocando presenze elusive ma non minacciose, in grado di determinare una profonda crisi da cui scaturisce un rinnovamento della visione del mondo.
Chi leggerà il testo dello scrittore vercellese sarà indotto a porsi le inevitabili domande: gli ufonauti originari di Clarion sono personaggi frutto di una fervida fantasia, "messaggeri di illusioni" oppure esseri talmente differenti da noi terrestri che stentiamo anche solo a concepire la loro natura ed i loro reali scopi? Ognuno troverà le sue risposte: come amo ripetere, infatti, non si tratta di credere o di non credere, ma di investigare con obiettività e senza pregiudizi. E' necessario quindi porre le domande più accorte. Molti quesiti forse, pur non trovando risposta, riveleranno tutta la ricchezza del dubbio.
L'amico Capitano Nemo, che, pur non potendo aggiornare il suo blog, continua a compiere proficue ricerche, mi ha gentilmente segnalato una discussione risalente al 18 luglio 2008, da cui si evincerebbe che l'attuale crisi economica (crollo degli indici borsistici in tutto il mondo, fallimento di banche e di società assicurative statunitensi, aumenti del prezzo di molte derrate etc.) fu decisa negli anni passati per determinare una situazione caotica, pretesto per introdurre misure straordinarie di tipo politico e sociale, a seguito della confusione indotta dalle stagflazione.
A causa di un effetto domino, la recessione statunitense potrebbe divenire globale: in questi giorni, d'altronde, la Banca centrale europea ha iniettato liquidità in quantità molto cospicua per evitare il tracollo dei mercati azionari che comunque continuano a collezionare segni negativi. L'attuale situazione finanziaria conferma quanto scrivevo nell'articolo intitolato Il sistema economico obbedisce realmente a modelli di complessità?: "Mentre il sistema produttivo sembra l'incarnazione del caos sui cui indirizzi influiscono miliardi di persone (banchieri, imprenditori, lavoratori, consumatori, pubblicitari, esponenti “politici”, sindacalisti...) con le loro scelte ed azioni, in realtà le sue linee salienti sono decise e predeterminate da un'élite che trasforma il caos economico in… ordo, novus ordo seclorum, ordine mondiale".
Uno dei mezzi adottati dall'apparato bancario sinarchico per provocare crisi del tutto artificiali è il progressivo ritiro del circolante dal mercato insieme con l'aumento degli indici, dopo un periodo più o meno o lungo di aperture creditizie soprattutto a beneficio di piccoli risparmiatori e di piccoli investitori nonché dopo una fase caratterizzata dall'abbassamento dei tassi. La scarsezza di liquidità ed altri fenomeni concomitanti generano una reazione a catena con cittadini che si affrettano a ritirare i denari depositati in banca, disinvestimenti in borsa, flessione dell'economia speculativa, fallimenti di imprese, insolvenza di molti debitori, sofferenze bancarie etc.
Quello che sorprende, ma neanche tanto, in questo scenario è il ruolo del Vaticano: infatti sarebbe la società Legatus, appartenente alla Chiesa di Roma, l'artefice principale delle manovre atte a causare una depressione simile a quella del 1929.
L'essere è costantemente in bilico tra miseria e grandezza, fra prosperità ed affanni, fra gioie e dolori, fra salute e malattia, l'essere significa essere sempre e comunque esposti insieme all'una e all'altra cosa, il non poter mai essere soltanto uno(U. Curi).
Sileno, nella tua obnubilante ebbrezza, la lucidità.
La lama affonda nella carne. Il dolore è una gelida fiamma che consuma le ossa interminatamente. Ne valeva la pena? Perché l'universo si dà la pena di esistere? L'inconcepibile è accaduto. L'impossibile è qui, con le sue parti disarticolate. Le foglie lucenti scosse dagli alberi delle costellazioni sono sospinte da venti cosmici ai confini della notte. Fili d'erba falciati, cieli strappati, sabbia impastata al sangue... in ogni dove è patimento, lacerazione, rovina.
Un fiume di veleno scorre tra lande brulle, mentre dalla luna gocciola pallido sudore di morte. L'aria grava plumbea ed infuocata sul vuoto. La lama fende il silenzio e separa le cose: di qui l'inferno, di là il Paradiso... inaccessibile.
Recenti sviluppi nell'ambito della cosmologia hanno riproposto un dualismo nella concezione del tutto. Mentre qualcuno continua ad ipotizzare che il tutto coincida con l'universo-energia e che anche l'anima (se esiste) sia una forma di energia, alcuni filosofi e scienziati, invece, sono inclini a pensare che esista una radicale differenza ontologica tra l'energia ed il principio che la emana.
Come spesso avviene, si disquisisce di energia, senza precisare il significato delle parole: se, ad esempio, l'anima è energia, con quale delle quattro interazioni fondamentali coinciderebbe o sarebbe forse identificabile con l'etere o con qualche, finora ignota, forma di energia?
Solo i materialisti possono ricondurre ogni manifestazione all’ambito energetico: se costoro credessero in Dio, lo immaginerebbero con un corpo. Il panteismo è stato confutato in modo esemplare da Schopenauer.
Dobbiamo quindi ammettere, almeno sul piano teorico, che l'universo-ologramma è fenomeno ben distinto dall'Essere. Pare inevitabile pensare ad una dicotomia tra manifesto e non manifesto. E' una diversità qualitativa. Esisterà pure un trait d'union tra il cosmo e la dimensione metafisica e non è escluso che, per quanto concerne gli esseri viventi, l'anello di congiungimento consista nel D.N.A.
Si comprende allora come chi afferma che siamo tutti parte dell'Uno prende lucciole per lanterne: che ognuno di noi sia atomo del cosmo in cui, tra l'altro, i misteriosi fenomeni di intreccio dimostrano un'intima interconnessione tra le parti, sembra assodato. Tuttavia questo significa che tutti siamo partecipi nella stessa misura del Principio spirituale? E' sufficiente essere articolazioni del creato per sentirsi divini?
Qui si ripresenta il solito tema della materia che non pare necessaria all'armonia spirituale; anzi essa potrebbe essere il risultato (inevitabile?) di uno scivolamento nello spazio-tempo, di un inciampo o il prodotto di un demiurgo. Ciò non significa condannare in totole estrinsecazioni materiali, ma riconoscere che esse, con le loro caratteristiche, per quanto possano riflettere la luce primigenia, non sono la Luce. La luna splende nel cielo, ma poiché la sua superficie riverbera i raggi del sole.
La materia può essere spiritualizzata o trasfigurata o l'universo anela a ritornare a quell'origine atemporale ed immateriale da cui, simile ad una sorgente invisibile, perché sotterranea, tutto provenne e proviene?
L'ologramma dovrà, invece, essere sostituito con un altro migliore o dovrà essere distrutto?
Allora lo Spirito aleggerà libero, senza più infrangersi sulle sponde gelide delle galassie.
Da alcuni anni ormai, ricercatori indipendenti e giornalisti veri, tacciono, non scrivono più articoli, non compiono più inchieste. Una delle poche eccezioni è costituita da Maurizio Baiata, i cui editoriali, dopo che l'Area 51 è stata conquistata da personaggi legati ai poteri forti, sono pubblicati sul sito DNAmagazine. Gli altri dove sono finiti? Che cosa è successo? Intimidazioni, minacce o blandizie magari associate a qualche dono, hanno persuaso certi studiosi a chiudere baracca e burattini. Alcuni, nascondendosi dietro vari infingimenti, provano ora a stare col piede in due staffe con il rischio di cadere da un momento all'altro. Altri, infine, hanno compreso che indagare su temi scabrosi, oltre a richiedere una fatica improba nell'ambito di un'attività non scevra di pericoli e di vili attacchi per opera di cicappini e soci, è pressoché inutile.
E', infatti, come quando un naufrago affida un messaggio con richiesta di soccorso ad una bottiglia, sperando che qualcuno, un giorno o l'altro lo legga. E' come inviare un segnale verso una stella lontanissima, illudendosi che una civiltà possa captarlo e decodificarlo. E' come soprattutto confidare in qualche goccia di pioggia, mentre gli aerei chimicidisfanno sin l'ultimo cumulo. La verità è sgradevole: meglio nutrirsi di dolci ed ipnotiche bugie.
Perché dunque un manipolo di ricercatori liberi continua a scrivere? Per esorcizzare certi fantasmi? Per abitudine? Per un'esigenza etica che prescinde dai riscontri? Perché spera che qualcuno con una coscienza possa agire, dopo aver appreso la verità? Per ciascuno di questi motivi o per qualche altra ragione? Poco importa. In fondo chi, nonostante le innumerevoli difficoltà, continua ad investigare ed a divulgare, per puro amore della verità, segue, anche inconsapevolmente, la parabola evangelica del seminatore: alcune sementi cadranno sul terreno fertile e germoglieranno.
Di questo non dubito, sebbene io creda che, se a seminare fossimo in molti, potremmo vedere spuntare prima le pianticelle.
Le seguenti sono soltanto frammentarie riflessioni su qualche aspetto del pensiero nietzchiano, intese come complemento ai testi dedicati all'anima, in una sorta di contro-discorso. Senza dubbio la filosofia di Nietzsche, nella sua mancanza di sistematicità e, talora, per la sua ambiguità, non si presta ad agevoli interpretazioni, ma è evidenziabile la valenza eversiva e demistificante della tradizione platonico-"cristiana".
Il Nostro, pur non approdando all'ingenuo ed ottuso materialismo positivista, condanna gli orientamenti che tendono a svalutare la corporeità in nome di presunte realtà trascendenti e spirituali. Egli, disapprovando chi calunnia il mondo, esalta un'esistenza in cui ogni istante possieda tutto intero il suo senso. La vita va vissuta integralmente e con intensità, accettando con coraggio il dolore, ma assaporando le gioie di cui l'esistenza non è avara. Sono le gioie semplici offerte dagli spettacoli naturali, quando non erano stati ancora stuprati (Nietzsche amava trascorrere il tempo in lunghe e ristoratrici passeggiate in montagna durante le quali la sua mente si ampliava ad accogliere pensieri abissali). Sono le voluttà di un'immersione nelle sensazioni: non è edonismo, ma un sentirsi a proprio agio con il corpo, un corpo sano e vigoroso. Il respiro è ritmico, i muscoli sotto la pelle fremono energici, la pelle assorbe la luce ed il calore. Ci si muove elastici e pieni di vitalità. Il benessere psico-fisico dipende anche da una buona digestione che propizia lucidità intellettuale.
La vita è una danza: è la danza di Zarathustra che proclama la morte diDio [1], ma additando la prospettiva dell'oltreuomo (non superuomo). Se l'uomo saprà superare l'agghiacciante annuncio di Zarathustra che lo getta nel parossismo della disperazione (la storia è insensata ed il cosmo è gratuito), se saprà trasvalutare i valori, se riuscirà a sopravvivere al crollo delle illusioni platoniche, scientifiche e storicistiche, potrà divenire un oltreuomo.
Così, in una filosofia dell'hic et nunc, si affaccia una dimensione prospettica che, pur non sconfinando nella metafisica, tende a trascendere la mera corporeità. Si invoca un valore aggiunto dato dal significato che l'uomo deve istituire con una sua decisione. L'amor fati, l'amore del proprio destino non può essere una supina rassegnazione a ciò che è predeterminato, ma un'accettazione gioiosa e magnanima della natura, un'appropriazione volontaristica.
E' palese la contraddizione tra fatalismo ed impulso volontaristico (almeno a livello esegetico) in Nietzsche, ma tale antinomia segna spesso gli autori più fecondi e, insieme con la sottolineatura della corporeità, avvicina il pensatore tedesco, più di quanto si possa immaginare, a Cristo. Il titolo del libello L'Anticristo trae in inganno: infatti Nietzsche non critica tanto il Messia al quale, anzi, riserva anche espressioni di stima, ma la Chiesa ufficiale che egli considera "una guerra organizzata contro Cristo".
Il fatto è che i Vangeli sinottici (escluso quindi il Quarto vangelo, la cui antitesi tra luce e tenebre, tra anima e corpo rivela, a mio avviso, un originario nucleo gnostico), sono quanto mai lontani, tranne alcuni versetti, da concezioni platoniche, valorizzano la dimensione dell'hic et nunc e della corporeità, in fondo, secondo vedute non dissimili dagli orizzonti nietzchiani.
"Lasciate che i morti seppelliscano i propri morti" è un monito a compiere la propria missione, ad ascoltare la chiamata, senza guardarsi indietro, senza il peso del passato. Tuttavia, sebbene in modo indiretto, palesa il disinteresse, come altri versetti, del Salvatore per aspetti escatologici sul piano personale. E' una scarsa considerazione che è bilanciata dall'impegno nel mondo per costruire il Regno messianico con al centro il Figlio dell’Uomo. Questo Regno ricorda un po' il vagheggiamento dell'oltreuomo, concetto tra anarchismo e senso aristocratico, idea "estrema", ulteriore, come quella di Figlio dell'Uomo.
Sono ambedue visioni utopiche ed è sconcertante notare come, pur tra molte differenze, il Messia e Nietzsche fossero spiriti affini.
[1] Sulle ragioni dell'ateismo nietzchiano non indugio: ha motivazioni differenti da quelle addotte dai materialisti.
L’avvento del Regno è la sparizione del mondo, dunque della creazione, la fine del mondo. (Simone Weil)
Considerando quanto sia logorante l'esistenza, costellata di patimenti, cocenti delusioni, sogni in frantumi..., si è in cerca, in fondo, di un'unica certezza. Qual è la vera conoscenza che ci riguarda, anzi urge in modo imperioso? Non certo la conoscenza dell'universoe della sua intima natura, aspetti che ci sono, in gran parte, preclusi e neppure la gnosi dell'essenza, disvelata forse da qualche rara, fulminea intuizione destinata subito a spegnersi come la breve luce di un lampo. Se, per assurdo, potessimo conoscere e comprendere l'origine e l'evoluzione del cosmo con mirabile profondità, saremmo forse sereni? Che cosa cambierebbe, dacché ignoriamo la destinazione finale? Finale?
Qual è dunque l'unica certezza che sarebbe, se solo potesse essere conseguita, una stabile, solida chiave di volta? La sicurezza che, terminata la fatica di Sisifo, forse impropriamente denominata vita, finalmente non si debba più soffrire in alcun modo. Sia il nulla assoluto o un passaggio in una dimensione infinitamente libera e felice, dove la prigione dello spazio-tempo non è neppure un pallido ricordo, poco importa.
Purtroppo questa conoscenza salvifica e foriera di sublime quiete ci è negata e così, mentre ci affanniamo in questo folle mondo, siamo talora sfiorati dall'orrendo pensiero che si debba continuare ad esistere in un ciclo lunghissimo ed assurdo, ruota che schiaccia e stritola.
Ci occorre una gnosi che sia liberazione, ma più la cerchiamo più essa sembra sfuggire, come acqua tra le dita. Anche rinascere (forse dovrei scrivere rimorire) smemorati non è un'inenarrabile iattura?
Possiamo solo aggrapparci al filo sottile di una speranza, confidando che il filo non si spezzi per non cadere nell'abisso vorace del samsara.
Il resto conta poco: il resto è un mucchio di polvere che il vento risucchia in folli mulinelli tra le orbite vuote degli astri.
Credo che, sul piano empirico, essi potrebbero anche spuntarla. Hanno dalla loro la "giustizia", la polizia, la tecnologia, i mezzi di disinformazione, la"scuola", in una parola, il sistema. Tra l'altro, i prepotenti sono sostenuti da esseri malefici, forse forme-pensiero, più probabilmente creature interdimensionali, non extraterrestri come la martellante propaganda anti-aliena (Nick Popein testa) vorrebbe noi credessimo.
Sarà quindi molto difficile sconfiggerli in questa fase della storia "umana". Questo non significa che dobbiamo cedere, tutt'altro. Gli arconti e le legioni di collaborazionisti al loro servizio debbono essere smascherati e combattuti, attraverso la divulgazione della verità e per mezzo di un tenace, granitico rifiuto del sistema in tutte le sue forme, fino ad allontanarci da esso, visto che esistiamo nel mondo, ma apparteniamo al cosmo.
L'indignazione è sacrosanta: è la stessa indignazione con cui Dante Alighieri respinge l'iracondo Filippo Argenti, esclamando al suo indirizzo: "Via costà con li altri cani!". Non è collera né spirito vendicativo, ma distanza abissale da tutti quelli che sono le scoriedell'universo. Essi possono tollerare tutto, ma non l'indifferenza: smanacciano, contorcono il grugno, berciano, digrignano i denti, pur di attirare l'attenzione, un'attenzione che non meritano. E' come escludere l'audio del televisore: i volti slavati dei pennivendoli e dei politicanti diventano maschere mute e laide. E' come spegnere il televisore: dell'ignobile menzogna mediatica non resta nulla. Il segnale non è più captato, invano i manipolatori continuano a trasmetterlo ed a ripeterlo.
Qui si nota una differenza ontologica: mentre i pochi fedeli a sé stessi ed amanti della verità, in qualsiasi misura essa si palesi, hanno anima, la massa acefala ed i burattinai sono del tutto privi oltre che di dignità, dell'anima, comunque la si intenda, come principio spirituale o come cuore capace di sentire.
I ciandala non hanno venduto l'anima al diavolo, perché non possono vendere ciò che non possiedono.
Lasciamo perdere chi ci vorrebbe insegnare delle tecniche per evolvere (l'evoluzione è un mito darwiniano). Non abbiamo alcuna necessità di evolvere, semmai di manifestare la nostra natura superiore, un po' come un diamante che è estratto dalla roccia. Può accadere anche all'improvviso, alla fine di una lunga fase di latenza, a similitudine di una folgore che squarcia il cielo, dopo che l'energia si è accumulata nell’atmosfera.
Nel momento in cui non si abiurano i propri principi, se si pensa ed agisce con rettitudine, senza distogliere lo sguardo, si potrà andare incontro al successo o all'insuccesso in questa esistenza, ma sul piano spirituale, metafisico sarà sempre e solo una vittoria.
Non sprechiamo quindi il nostro tempo per confutare ciò che si confuta da solo, per controbattere le affermazioni di falliti, frustrati e corrotti, sedotti con qualche banconota di carta igienica o con una laurea di carta igienica, blanditi con promesse mirabolanti da demoni fedifraghi. Sono persone, in qualche raro caso, scaltre, non intelligenti: la scaltrezza, si sa, è perversione dell’intelligenza ed anche l’intelligenza è ben misera dote, se confrontata con l’intuizione. Usiamo tempo ed energie per studiare, divulgare, cooperare, comprendere, agire con il fine di passare dall'esistenza alla Vita.
Chi ha rinunciato alla sua anima è perduto ed ha già perso in partenza. Altri (pochi) sono nati vincitori.
Le parvenze celate in sé stesse nell’arte di Domenico Gnoli
Domenico Gnoli è un artista romano (1933-1970). Educato dal padre, critico d'arte, alla pittura di tradizione classica, verso il 1950 si dedicò alla fotografia; tornò alla pittura dopo il 1955, quando si trasferì negli Stati Uniti. Nei suoi quadri Gnoli usa dilatare particolari di oggetti quotidiani, soprattutto capi di abbigliamento, secondo un intento iperrealistico che anticipa di qualche anno l'esplosione del fotorealismo statunitense. Le tele del pittore romano, morto prematuramente, non rappresentano l'oggetto, ma lo presentano, in tutta la sua nuda, assurda quiddità. E' difficile immaginare un realismo più astratto di questa figurazione in cui i particolari in close up, incombenti sull'osservatore, esibiscono la loro natura di segni indecifrati.
La realtà è enigma a sé stessa, violazione del terzo escluso, irruzione nel nulla, sia pure nell'inconsistenza del fenomeno. Per questo motivo gli oli dell'artista, lungi dal trasmettere quel senso di rassicurante conferma che il fruitore medio affida alla fotografia ed all'arte basate sulla verosimiglianza, suscitano un moto di rifiuto, un indefinibile disagio.
In Bottone sbottonato, opera del 1969, ad esempio, l'incontro ravvicinato con il bottone, l'asola, l'orlo della giacca è un interrogativo sulla percezione, ma soprattutto sul fondamento della cosa la cui tranquillizzante riconoscibilità è minata dalla decontestualizzazione e dai particolari iperbolici. La stoffa spigata, dipinta con certosina pazienza, diviene un paesaggio reificato, un’oggettivazione della coscienza che percepisce e “realizza”.
Sintomatica è la quasi totale assenza dell'essere umano nelle opere di Gnoli: in questo universo di oggetti aggettanti in modo misterioso dal non-essere, l'uomo è presenza ancora più inesplicabile e quindi non rappresentabile.
Gnoli chiarisce il suo atteggiamento di attrazione-repulsa nei confronti dell’oggetto: "Per me l'oggetto quotidiano stesso, ingrandito per l'attenzione che gli si è prestata, è più importante, più bello e più tremendo di ogni invenzione e fantasia che abbia potuto crearlo. Esso mi dice di più di me stesso di qualsiasi altra cosa, mi riempie di paura, di disgusto e di entusiasmo".
Sono oggetti belli e terribili, che si danno per sottrazione e per sineddoche: il bottone, invece della giacca, invece della donna il busto senza testa. "Poltrone nelle quali siede la propria ombra, in cui si dilata il semplice disegno della stoffa, con un'invadenza da far scoppiare la cornice. 'Assenza' si chiama programmaticamente una di queste poltrone vuote e 'Senza natura morta' un tavolo con null'altro che una coperta a fiori oppure sono cose voltate frontalmente dall’altra parte tra sé ed il margine del quadro".(P. Sager, Le nuove forme del Realismo, Milano, 1976)
E' un'arte mentale quella di Gnoli pur nella sua concretezza materica, persino accentuata dalla texture sensoria della tela, con colori pastosi talora mischiati a sabbia. E' il tentativo di astrarre, anzi di strappare dalle essenze fenomeniche (contraddizione peculiare dell'iperrealismo, almeno nelle sue declinazioni più consapevoli) il senso ultimo del reale che si pone, senza svelarsi.
E un tentativo lodevole, ma destinato al fallimento, perché le apparenze si celano nell’istante stesso in cui appaiono.
Il Centro culturale Galileo organizza, per il giorno 12 settembre prossimo, il convegno Tunguska: qualcosa salverà la Terra? Relatore sarà il Dottor Gianluca Viappiani, moderatore il biologo Dottor Giorgio Pattera. Leggi qui ogni informazione sull'iniziativa.
Non temete il futuro, perché, se esiste il libero arbitrio, avrete sempre la possibilità di scegliere anche in condizioni difficili; se, invece, esiste il destino, ha un significato anche ciò che pare sgradevole ed irrazionale. (S.R.)
La mattina del 14 maggio 1988 un giovane di Puerto Rico, Amaury Rivera, fotografò un enorme disco volante inseguito e circondato da due intercettori. Le istantanee scattate dal testimone sono state considerate autentiche dai maggiori ufologi: piuttosto nitide, le immagini mostrano un'astronave attorniata da minacciosi caccia. Di per sé questa documentazione iconografica è straordinaria, ma sbalorditive sono le affermazioni di Rivera che dichiarò di essere entrato in contatto con l'equipaggio dell'U.F.O.
Il seguente è il racconto del testimone: "Una sera avevo lasciato da poco il locale notturno dove lavoravo ed avevo una macchina fotografica carica. Ero sulla strada di casa, quando incontrai due piccoli esseri - non pensavo venissero dallo spazio - che mi condussero in un luogo dove vidi altre persone, probabilmente gente di Puerto Rico. Entrò quindi in scena un'altra creatura che mi rivelò di provenire da un altro pianeta; era vestito di nero ed aveva la pelle scura. Aveva lunghi capelli neri ricadenti sulle spalle e ci parlò normalmente senza usare la telepatia. Ci mostrò varie proiezioni e ci informò su una serie di circostanze ed avvenimenti che mi parvero incredibili.
Uno degli ologrammi mostrava una specie di breve viaggio nello spazio. Si vedeva il pianeta di sua provenienza, con gli abitanti e gli edifici.
Il secondo ologramma esibiva un meteorite che dovrebbe precipitare sulla Terra in un prossimo futuro, causando ingenti danni. Secondo l'ufonauta, il corpo celeste dovrebbe cadere in prossimità di Puerto Rico e del Mar delle Antille, ma con effetti su tutto il pianeta.
L'ultima immagine rivelava il nostro futuro con un governo planetario, la cui sede era ubicata su una specie di isola artificiale, lambita da un mare scuro ed inquinato.
Alla fine l'alieno mi riportò alla mia auto che, però, si trovava in un luogo diverso da quello in cui ero stato prelevato. In quel momento vidi degli aerei in cielo, presi la macchina fotografica e scattai le foto".
La testimonianza di Rivera è molto interessante, poiché riveste un valore anticipatorio rispetto alla paventata instaurazione del Nuovo ordine mondiale. La visione dell'aerolito, che appartiene probabilmente all'armamentario degli spauracchi sinarchici, potrebbe trovare un labilissimo riscontro nella recente notizia di un meteorite che, stando a fonti molto dubbie, dovrebbe precipitare al largo della Florida.
Come in altre occasioni, bisogna chiedersi se presunti extraterrestri (non saranno, però, esseri interdimensionali?) siano in grado di preannunciare alcuni eventi futuri, in quanto possono, in effetti, prevederli o perché, al contrario, essi progettano alcuni avvenimenti e guidano (o tentano di pilotare) il loro sviluppo, seguendo un preciso ordine del giorno. L'atteggiamento ostile dell'aviazione statunitense, che si affrettò ad intercettare l'oggetto non identificato, deporrebbe a favore della prima congettura, ma, in questa galleria di specchi deformanti, nulla è quel che sembra e l'ermeneutica di tale apocalissi aliena resta assai controversa e problematica.
Fonti:
Michael Hesemann, I caccia smaterializzati, 1997 Zret, Apocalissi aliene, inedito
L'idea della reincarnazione è oggigiorno molto diffusa. Secondo René Guénon, tale credenza si propagò a causa di alcune correnti all'interno dello Spiritismo ottocentesco: tali correnti mutuarono, fraintendola, la dottrina indiana. Infatti nell’India antica si riteneva che una persona ereditasse un quid dai suoi antenati, come un'impronta familiare per alcuni versi assimilabile ad un retaggio genetico, ma soprattutto psichico.
Guénon rigetta in toto il concetto di reincarnazione di cui evidenziò le numerose incongruenze. L'autore non nega che l’individuo passi da uno stato ad un altro, ma da uno fisico ad uno non-fisico, non da un corpo ad un altro. Condivisibili, anche se non del tutto persuasive sono le obiezioni dell’autore circa presunti accenni alla metempsicosi nei Quattro vangeli. Anche karma dovrebbe essere reso con la parola “azione”, lungi dall’indicare, stando allo studioso francese, un ipotetico accumulo di meriti o demeriti in grado di influire sulle condizioni posteriori.[1]
Concordo con le posizioni dello studioso in merito ai tratti illogici della reincarnazione: non solo il computo delle anime e degli involucri non torna, ma soprattutto la metempsicosi implica la fede nell'evoluzione dell'anima che prenderebbe delle spoglie mortali per compiere un percorso evolutivo. Mi pare che un breve giro nel centro di una qualsiasi città o la lettura della prima pagina dei principali quotidiani sia in grado di smentire questa fiducia. Nota Guénon: "In Occidente, a partire dal Rinascimento, si è verificata una formidabile regressione intellettuale che nessun progresso materiale sarebbe in grado di compensare". Come dargli torto? Anzi, pare che l'involuzione sia cominciata ben prima sicché oggi non è irragionevole pensare che stiamo appressandoci ad un punto infimo. Se, col tempo, le anime progrediscono, considerando il mondo che ci attornia, bisogna riconoscere che il risultato è ben misero.
Una volta confinata in alcuni ambienti esoterici e spiritistici, l'idea che l'anima si plasmi un corpo o ne assuma uno preesistente per maturare esperienze nella dimensione spazio-temporale, sta permeando anche alcune teorie scientifiche. Si formula la seguente ipotesi: poiché l'anima non è nello spazio-tempo, essa abbisogna di prendere un corpo e di immergersi nel flusso cronologico per conoscere, soffrire, gioire e, via via, ascendere.
Se l'anima, però, come principio spirituale, è già in sé compiuta, per quale motivo dovrebbe perseguire un compimento, tramite la successione delle esistenze? Semmai si potrebbe pensare che l'anima precipiti nel mondo fisico, a ragione di un movimento entropico che caratterizza l'universo e la storia umana, intesi come ineluttabili cadute nel disordine e nell'affievolimento.
Altri aspetti della reincarnazione mi lasciano perplesso: in primo luogo, visto che non ricordiamo le vite anteriori, quale insegnamento possiamo trarre dall’oblio, essendo l'apprendimento rievocazione di conoscenze già acquisite? Inoltre l'idea di metensomatosi tende a riproporre un dualismo quasi cartesiano in cui l'anima si scolla dal corpo al quale è attaccata in modo misterioso: è come se il corpo fosse una specie di cane al guinzaglio del padrone. Si rischia quindi di sfociare in una dicotomia psiche-soma ed anche di disconoscere le sfaccettature enigmatiche e "spirituali" della materia-energia.
Non mi pare fortuito che la credenza nella metempsicosi si sia affermata in concomitanza con il Darwinismo e con il Positivismo evoluzionista di cui condivide, mutatis mutandis, l'ingenuo slancio verso il progresso. Certe idee si trasferiscono da un settore culturale ad un altro come un liquido attraverso vasi comunicanti.
Il discorso è aperto e spinoso: la reincarnazione preannuncia un futuro ciclo di esistenze che potrebbero essere orribili. Tale idea potrebbe essere stata concepita e promossa da chi un tempo minacciava l'inferno agli uomini che non si conformavano ai dogmi ed ai dettami della Chiesa. Il concetto di metempsicosi come strumento di controllo? Una volta si ricorreva al monito sulla dannazione eterna ed oggi allo spauracchio delle esistenze successive, segnate da patimenti di ogni genere, fino a quando il karma è annichilito.[2] Naturalmente discorso uguale ma contrario vale per il Paradiso cui corrisponde la prospettiva di vite in situazioni migliori. Si ripete: "L'anima si incarna per imparare".
Forse, però, è necessario disimparare e per disimparare basta un istante, purché lo si sappia cogliere.
[1] Il termine reincarnazione è approssimativo, anzi inesatto: meglio sarebbe usare il sintagma trasmigrazione dell'anima o il vocabolo metensomatosi o anche metempsicosi ad indicare l'esperienza dell'anima in esistenze successive. Tuttavia, sebbene esso non sia sinonimo di metensomatosi né di metempsicosi, lo impiegherò nel testo per comodità espositiva.
[2] Per quanto mi riguarda, mi pare che il karma, inteso come pensiero correlato alla nozione di causa-effetto, introduca appunto un nesso causale che, almeno da Hume in poi, è reputabile come credenza molto controversa e riduttiva.
E' incredibile il fascino della melodia. La melodia è un fiume dalla corrente rapinosa, onda di vento, girale di galassia. Ci trascina lontano, per il brivido di un istante, lontano dalle inutili sofferenze, dalle trappole e dalle prigioni.
La melodia è un filo argenteo che si dipana tra gli acanti delle costellazioni e gli incanti dell'indicibile. Inafferrabile come acqua che scivola fra le dita, liquida armonia si fonde nella voce del silenzio.
Un po' alla volta ci eleva fra solitudini di vette, tra nubi evanescenti, spazi immateriali, là dove il mondo prima si rimpicciolisce, si scioglie nel buio, come perla nell'elisir, là dove il mondo, infine, semplicemente non esiste più.
Non amo occuparmi di attualità, ma mi pare doveroso precisare alcune mie opinioni in merito al recente conflitto tra la Georgia, sostenuta dall'asse Stati Uniti-Israele, e l'Ossezia del Sud, appoggiata dalla Russia di Putin-Medvedev. Mi auguro comunque che queste parole siano apotropaiche. Non intendo persuadere quei lettori che credono ciecamente ancora alle false contrapposizioni tra superpotenze e che tendono a schierarsi con uno dei due contendenti. Chi, però, seguirà gli eventi forse destinati ad accadere, non solo comprenderà che la guerra citata è solo uno dei tanti stratagemmi adoperati dal governo occulto per scatenare un conflitto su scala globale, ma anche sarà in grado di discernere i siti di informazione veramente libera dai numerosissimi portali infiltrati.
Non intendo tessere l'elogio degli Stati Uniti, mentre altri magnificano la Russia, ma evidenziare come siano gli Oscurati a controllare tutti i principali paesi dello scacchiere internazionale. Bisogna capire che la gravissima crisi in cui versano gli Stati Uniti non è la conseguenza (non solo) di un modello economico dissennato, ma la fase di un progetto risalente a secoli addietro, un progetto pianificato ed attuato con mefistofelica astuzia e scientifica precisione. La sinarchia, che non nutre alcun sentimento patriottico né apprezza i valori nazionali, ha deciso di affossare gli U.S.A. e di portare in auge la Federazione russa che in futuro sarà lo stato più ricco e potente del pianeta, insieme con la Cina. Non basta, però, distruggere l'economia e la società statunitensi: occorre, infatti, fomentare in tutto il mondo un odio incoercibile, furioso contro Stati Uniti ed Israele, protagonisti di genocidi, di episodi di sfruttamento, di carneficine e di brutali aggressioni.
Gli esecutivi delle varie nazioni sono esecrandi, ma illudersi che il governo russo sia migliore di quello statunitense è un'ingenuità.
Non so se Medvedev e Bush siano al corrente di essere manipolati affinché si azzuffino come due galli da combattimento: lo scommettitore sa quale dei due galli vincerà, perché il combattimento è truccato. Credo che Bush, nella sua infinita stolidità, pensi di agire per gli Stati Uniti e non per il governo segreto, mentre Medvev sembra uomo assai più scaltro, allevato ed indottrinato per svolgere un preciso compito. Comunque sia, i popoli ignorano che chi agisce dietro le quinte manovra i vari burattini della scena internazionale. In tale ottica, poco conta anche il petrolio (alcuni oleodotti passano per la Georgia, sottraendo così alla Russia il controllo dell'oro nero centro-asiatico): infatti l'apparato militare ed industriale da decenni impiega altre forme di energia e potrebbe rinunciare ai combustibili fossili oggi stesso, se gli idrocarburi non fossero uno strumento per dominare l'economia e soggiogare le popolazioni.
Quel che importa veramente ai signori della guerra è determinare una situazione indescrivibile di caos, conflagrazioni belliche, atti efferati, epidemie, carestie, disastri innaturali etc. Terminato questo periodo di immani tribolazioni, come Lucifero nell'incanto del mattino, splenderà glorioso e magnifico l'astro del Salvatore. Egli offrirà ad un'umanità (ai sopravvissuti del genere umano) prostrata, immiserita e disperata, la risoluzione per ogni problema: energia non inquinante per tutti, cibo in abbondanza, sicurezza e pace. Naturalmente i suoi "miracoli" saranno trucchi da baraccone ed i suoi doni non saranno disinteressati. L'energia implicherà che ogni uomo diventi un terminale alimentato e controllato da un megacomputer centrale; gli alimenti saranno geneticamente modificati; la sicurezza e la pace saranno sinonimi di rinuncia ad ogni residua forma di libertà. Un superstato totalitario diverrà un invadente ed onnipresente Briareo dalle cento braccia, diventerà un mostruoso Argo dai cento occhi (gli occhi delle telecamere-spia). Infine il superstato pretenderà l’atto finale di sottomissione, come in 1984.
Tutto ciò potrebbe accadere per mezzo di Gog e Magog, ossia i popoli che nella Bibbia, nel Corano ed in altre tradizioni posteriori, raffigurano le nazioni orientali (Russia, Cina...).
Chiarito ciò, è meglio diffidare di chi decanta le inesistenti virtù di Putin e Medvedev, dipinti come due statisti buoni, solleciti del bene collettivo, disinteressati, amanti della pace, fautori della democrazia. Chi li dipinge così è un... ; chi sostiene che, tutto sommato, la Russia è la nazione su cui fare assegnamento per un futuro di libertà e di giustizia, è uno sprovveduto. Non esistono i buoni ed i cattivi, ma solo i cattivi ed i cattivi mascherati da buoni, come durante il Secondo conflitto mondiale, quando sia il Tripartito (Italia, Germania, Giappone), i “cattivi”, sia gli Alleati, i “buoni” erano finanziati dalla stessa élite di guerrafondai Ecco spiegato dunque perché l’orso russo non è un mansueto agnellino.
La Russia è all'avanguardia nelle armi elettromagnetichee psicotroniche; usa le scie chimiche per manipolare il clima, per avvelenare e condizionare la popolazione, esattamente come gli stati della N.A.T.O.; impiega sofisticati e diabolici sistemi di sorveglianza (anche insetti-spia); si avvale della psicopolizia; reprime in modo feroce dissidenti ed etnie che rivendicano diritti civili; ha adottato un selvaggio modello economico liberista; non rispetta l'ambiente; ha collaborato e coopera con gli Stati Uniti in sperimentazioni di dispositivi elettrodinamici (Caronia)...
Intendiamoci: gli U.S.A. sembrano avviati a diventare il Quarto Reich, ma non sarà la Russia a salvarci dalla dittatura planetaria.
A questo punto, la prossima volta in cui leggerete gli articoli di colui, sappiate che è un...
Ognuno poi la pensi come vuole: chi vivrà vedrà. Si può solo consigliare di allacciare molto bene le cinture, perché stiamo forse salendo per una folle corsa sulle montagne... russe.