22 settembre, 2005

Ruini e le rovine

Qualche giorno fa il cardinal Ruini, presidente della C.E.I., è intervenuto per criticare la proposta tipicamente pre-elettorale di Romano Prodi, leader dell’Unione, proposta volta al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto.

In più occasioni mi sono soffermato sulle ingerenze provenienti da alcuni prelati della Chiesa di Roma nella vita politica italiana. A volte ho avuto pure l’impressione di essere stato eccessivamente critico nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche e dei vari movimenti all’interno del mondo cattolico, ma, dinnanzi a questa ennesima incursione di un porporato, le mie censure si rivelano e si sono rivelate più che doverose.

In primis, il cardinal Ruini dovrebbe aver capito che i proclami di Prodi sono soltanto uno stratagemma per raggranellare qualche voto qua e là. Se il “centro-sinistra” vincerà le elezioni, si troverà di fronte una miriade di problemi talmente gravi ed inveterati di cui far finta di occuparsi, che non avrà certo il tempo per baloccarsi con provvedimenti legislativi sui conviventi more uxorio. Pertanto mi chiedo perché il porporato se la prenda tanto per difendere i valori e la centralità della famiglia.

In secondo luogo, è inammissibile che, un giorno sì e l’altro pure, un prelato tuoni contro le affermazioni e le iniziative di qualche esponente “politico”. È vero che l’Italia è ormai una nazione a sovranità limitata, con un esecutivo simile ad una compagnia di guitti diretti da un maldestro capocomico; è vero che la Chiesa cattolica è la seconda superpotenza mondiale dopo gli USA, ma questa totale subordinazione delle istituzioni “politiche” italiane all’imperio della setta è qualcosa di vergognoso, indegno, umiliante.

Con ciò, non voglio asserire che la Chiesa non debba difendere i valori su cui si fonda, anzi è proprio questo il punto. La Chiesa dovrebbe difendere e promuovere certi valori ed ideali, laddove è evidente che è interessata a tutelare i suoi immensi privilegi. Non si offendano i credenti, quelli veri: piuttosto, considerata la smaccata compromissione delle gerarchie ecclesiastiche negli affari mondani, spesso sordidi (si vedano le banche armate, a dire il vero non solo cattoliche), non esitino a disconoscere il ruolo di papi, cardinali e vescovi per recuperare qualcosa almeno dello spirito cristiano o, meglio, paolino. Non indugino a gettare alle ortiche secoli di gerarchie, di dogmi, di imposizioni, di sovrastrutture pseudo-teologiche, di dottrine pseudo-morali per ispirarsi, ad esempio, all’insegnamento di Francesco d’Assisi. Diversamente essi continueranno, con il loro silenzio e con il loro assenso, a legittimare de facto lo strapotere di Babilonia la grande.

Qualcuno potrebbe obiettare: il papa, pur essendo un uomo e quindi non perfetto, è comunque il vicario di Cristo ed il successore di Pietro. Perciò noi credenti e praticanti dobbiamo seguire il magistero della Chiesa, di cui il sommo pontefice è la guida, anche se siamo in disaccordo o dubbiosi.

L’obiezione non ha alcun fondamento: Cristo non fondò né ebbe mai l’intenzione di fondare una chiesa. Pietro, che morì in Oriente e non a Roma, non è il primo papa, ma solo uno dei discepoli del Messia politico. Egli visse e combatté per liberare la Palestina dal dominio romano, niente di più, niente di meno.


Se si riuscirà, un giorno, a distruggere le istituzioni che mentono ed opprimono, finalmente vedremo Ruini e tutti quelli come lui, aggirarsi tra le misere rovine di un mondo che non rimpiangeremo.

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