30 settembre, 2010

Mondi (prima parte)

Secondo alcuni glottologi, il termine "mondo" (dal latino "mundus") potrebbe dipendere da una base con il significato di "bocca": si dovrebbe dunque collegare alla radice delle lingue germaniche *munthaz (da cui, ad esempio, il tedesco Mund e l'inglese mouth). La saggezza linguistica degli antichi ci conduce ad esplorare mondi enigmatici. Erano e sono bocche, orifizi quei luoghi della Terra, attraverso i quali si entrava in comunicazione con il divino ed il divino per certe remote culture era ctonio, non celeste.

La città greca di Delfi, resa celebre dal tempio e dall’oracolo di Apollo, era uno dei luoghi sacri per eccellenza. Alla pòlis, che sorgeva nella Focide, si attribuì, sin da epoca arcaica, un carattere venerando, forse a motivo dei frequenti movimenti tellurici nella zona, delle esalazioni e delle numerosi sorgenti che inducevano a pensare ad una vita sotterranea e di conseguenza a divinità infere. Agli inizi, infatti, non vi era onorato Apollo, ma Gea, la Terra, e in seguito Poseidone, il quale, prima di essere nume del mare, era un dio ctonio, quindi collegato con Gea.

Nel nome Delfi è contenuto un significato di generazione (Delfi vale letteralmente “matrice”): è un valore che si associa a quello di centro. Delfi era per gli Elleni il centro del mondo, l’onfalo (greco òmphalos, “ombelico”): dalle descrizioni, dalle figurazioni vascolari e da un modello rinvenuto nella città, si ricava che l’onfalo era una pietra conica, dalla sommità ricoperta di lana intrecciata; due aquile d’oro le stavano a lato. L’onfalo – pietra su una tomba? – ricorda il betel, “la casa del dio” nelle lingue semitiche, una pietra rituale alta fino ad un metro e di forma conica. E’ possibile che queste pietre fossero, in alcuni casi, dei meteoriti, considerati doni del cielo? I betel si vedono ancora oggi confitti nel terreno in Medio Oriente ed in Sardegna. Assimilabili in parte a questi sono i menhir, le pietre conficcate nel terreno ed appartenenti alla cultura megalitica: la funzione dei menhir non è chiara, ma è probabile che essi fossero eretti in siti di particolare significato energetico e come segnacoli astronomici per solstizi, equinozi e soprattutto per la precessione.

Nella famosa "stele della vittoria" il re degli Accadi, Naram-sin, (2250-2218 a.c. ca) è rappresentato mentre troneggia, con sprezzo ed arroganza, sui nemici vinti. Di fronte al sovrano, che porta sul capo un elmo cornigero e che è armato di lancia ed arco, svetta un oggetto conico (un betel?) sormontato da due astri: sono due soli che la raggiera rende simili a ruote celesti. Difficile stabilire per quale motivo l’ignoto artista scolpì questo sole doppio o quale costellazione intendesse effigiare. E' possibile che sia raffigurata la congiunzione Giove-Saturno, occorsa nel periodo in cui regnò Naram-Sin? Se così fosse, circa duemila anni prima delle attese esseniche, un monarca intese riunire nella sua figura il ruolo sacerdotale e quello regale. Il superbo nipote di Sargon I il Grande, con questo monumento, volle eternare la sua gloria di signore delle “quattro parti del mondo” e sancire il legame con gli dei.

In Genesi 28, 11-19, si legge:

Giacobbe capitò in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione ed a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto". Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo". Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre, prima di allora, la città si chiamava Luz”. [1]

[1] Luz fu forse centro fondato dagli Hittiti.



APOCALISSI ALIENE: il libro

28 settembre, 2010

N

Come rammenta Cesare Boni, nel saggio Il libro dei misteri sublimi, “il fonema N rappresenta la negazione in tutti gli alfabeti”. Questa negazione si palesa nell’italiano "niente", nel latino "nihil", nell’inglese "nothing", nel greco "oudén"… Un po’ come il nulla, di cui ci si può formare un’idea molto vaga e solo in contrasto con qualcosa, così la negazione è letteralmente non-azione, poiché si comprende nella sua attività oppositiva ad un principio creativo. Ancora Boni: “La N è negazione dello stato assoluto nella creazione contratta”.

Siamo portati a vedere nel nulla uno stato o una dimensione spaventevole, ma il nulla è anche un ricettacolo di possibilità, una specie di orizzonte degli eventi, là dove condizioni limite generano illimitati ed incredibili universi. “Niente si crea e niente si distrugge, tutto si trasforma”, l’arcinota ed abusata sentenza di Lavoisier, appare obsoleta, angusta, erronea: la genesi è un processo incessante e la “solida” materia si regge sulle fondamenta del “vuoto”.

Il nulla è come il buio su cui risaltano i profili degli oggetti rischiarati dal chiarore degli astri. E’ simile alla narcotizzante quiete che precede il sonno, quando si sdrucciola nell’ombra della dimenticanza. E’ simile al silenzio da cui affiorano i suoni ed i brividi del ritmo.

Come tutte le consonanti, la N si puntella alle vocali. Non è forse un caso se la vocale con cui si lega per attrazione è soprattutto la A: la radice sanscrita “ana” che evoca il soffio vitale (si pensi al greco "ànemos" ed al latino "anima"), inclusa nella parola “prana”, energia cosmica, ingloba e duplica il suono aperto, arioso, vitale “il suono dell’Assoluto che nega la propria Infinità nel limite n. (C. Boni, ibid.) Per i Sumeri, An era il dio supremo ed era identificato con il cielo.

Difficilmente qualcuno potrebbe vedere nel glifo protocananeo della N il pittogramma di un pesce. La N semmai può assomigliare ad un’onda stilizzata: forse per contiguità spaziale e logica, il segno conserva la reminiscenza grafica di un’onda, se non è la stilizzazione di un animale che guizza veloce nei fiumi e negli oceani. L’acqua, che è simbolo di generazione, è l’elemento da cui nasce la vita. Si pensi anche al liquido amniotico. Così la negazione emerge dalle acque primordiali, custodendo un archetipo yin. Si ode l’eco misteriosa del mare, il riverbero che s’infrange sugli scogli. Si ode la voce oscura delle acque abissali: laggiù, dove tutto cominciò. Anche la morte, come la vita, ama l’acqua: il diluvio è morte universale, un segno di continuità.



APOCALISSI ALIENE: il libro

26 settembre, 2010

Johnny Saints ed i Siriani

Era il 1976. Johnny Saints, cantante country, stava viaggiando con la sua auto verso Las Vegas, quando vide nel cielo un raggio ed un oggetto a forma di sigaro. Di botto il motore della vettura si spense, mentre due figure (Saints nei suoi racconti li definì "alieni) si avvicinarono all’auto. Spaventato, l'uomo tentò di rimettere in moto la vettura per allontanarsi, ma invano. I due esseri, dagli occhi luminosi, la bocca rugosa, il naso grosso e con strane protuberanze ai lati del viso, comunicarono con Saints, ma senza muovere le labbra. Gli rivelarono di venire da lassù. Infine le creature sparirono in un bagliore.

Qualche giorno dopo, il testimone, in occasione di una conferenza al Sahara Hotel, ebbe l'opportunità di commissionare ad un artista il ritratto degli ufonauti scorti nel deserto attorno a Las Vegas: il disegnatore ritrasse, seguendo le indicazioni di Saints, un essere con il naso e le branchie. Il disegnatore chiese per quale motivo avesse dovuto fissare nella ricostruzione lo strano particolare delle branchie: in quella un individuo rispose che gli extraterrestri provenivano da un pianeta del sistema di Sirio. Su quel pianeta, infatti, vivevano essere "anfibi". Lo sconosciuto che aveva dato la spiegazione, in compagnia di un altro uomo vestito di nero come lui, era un tipo goffo nei movimenti, legnoso, con gli occhi strabici, il naso camuso ed il mento un po' sporgente. Era il classico man in black.

Il caso di Saints suscitò non poco scalpore: se ne occupò la stampa ed il testimone acconsentì a sottoporsi all'esame del poligrafo nonché all’analisi dello stress vocale. Entrambi i test dimostrarono che Saints era sincero.

L’incontro ravvicinato del terzo tipo, di cui fu protagonista Saints, manifesta molti aspetti notevoli: i cosmonauti dalle singolari sembianze, la visita dei Men in black che – affermò il cantante – continuarono a pedinarlo per molti anni dopo l’avvistamento. Il tratto più interessante riguarda la descrizione dei presunti alieni di Sirio, le cui caratteristiche anatomiche ricordano quelle riportate dai Dogon circa i Nommo.

I Dogon, popolazione africana del Mali, raccontano che i Nommo approdarono sulla Terra con un’arca accompagnata da un rumore di tuono. Dal veicolo uscirono strani esseri anfibi con tre occhi e chele da granchio.

I Dogon, riportando antiche tradizioni, asseriscono che i Nommo nel loro pianeta, ruotante attorno a Sirio, vivono nell’acqua. E’ inevitabile un collegamento con il mito precolombiano di Orejona, la creatura anfibia di origine celeste apparsa nel lago Titicaca e caratterizzata da mani palmate. Più recentemente in Giappone, nell’era Heian (IX –IX sec. d.C.) si manifestarono i misteriosi Kappa, gli “uomini dei canneti”: erano esseri anfibi usciti da mezzi “simili a grosse conchiglie, capaci di muoversi a grande velocità sia sulle acque sia in cielo.”

Forse non hanno torto gli studiosi di Paleoastronautica e quegli ufologi che individuano un legame tra Sirio e la Terra.

Fonti:

Investigazione condotta da Bill Birnes, Kevin Cook, Pat Uskert
R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2002, s.v. Men in black.
R. Temple, Il mistero di Sirio, Casale Monferrato, 2001



APOCALISSI ALIENE: il libro

24 settembre, 2010

Filologia

Sono sufficienti due esempi: Nietzsche e Michelstaedter. Entrambi si imbatterono nella filologia per negarla. Nietzsche pubblicò la sua prima opera, "La nascita della tragedia dallo spirito della musica", nel 1879: nell'opuscolo l'approccio filologico alla genesi della tragedia greca è già in gran parte superato nella direzione della filosofia. Michelstaedter scrisse “La persuasione e la rettorica”, una singolare tesi di laurea che invece di vertere su questioni erudite, le trascende in un saggio che è una dolorosa, quanto appassionata, analisi della vita e delle sue pungenti contraddizioni.

La filologia, tranne qualche esito eccezionale, è materia da topi di biblioteca, una mummificazione ante mortem. Di fronte alle terribili meraviglie dell'universo, quanti scelgono la via larga del "sapere" inerte ed inutile! L’erudizione fine a sé stessa diventa quasi uno schema di "pensiero", un modo di porsi e di essere, anzi di non essere. Oggi anche quasi tutti gli studiosi e "scienziati" sono filologi: esaurito l'elan, smarrito lo stupore di fronte al mondo, gli scienziati misurano, catalogano, computano. L'indagine muore nella quantità e nella statistica: crolla l’orizzonte umano. Nessuna modanatura filosofica attraversa il gelido mausoleo della "scienza".

Scrive a tale proposito Koiré in "Newtonian studies", 1965: “La scienza abbatté le barriere che separavano cielo e terra: essa realizzò tale unificazione, sostituendo al nostro mondo della qualità e delle percezioni sensibili, il mondo che è il teatro della nostra vita, delle nostre passioni e della nostra morte, un altro mondo, il mondo della quantità, della geometria reificata, nel quale sebbene vi sia posto per ogni cosa, non vi è posto per l’uomo”.

Agli antipodi della filologia, si slargano le terre avventurose dell'Arte, ma la via che conduce in quelle regioni è stretta, ripida ed accidentata. L'Arte esige disciplina sino all'ascesi, solitudine ed abnegazione, pure annullamento di sé per dar voce all'Idea. I veri artisti sono mistici che plasmano il silenzio e ne cavano echi di infinito. Sono scalatori che, toccata la vetta, spaziano con lo sguardo oltre il confine dell'invisibile.

Sulla china si inerpicano i filosofi che, quando oltrepassano il raziocinio, tendono l'arco del pensiero verso l’alto per scoccare il dardo dell'intuizione. Allora la riflessione perde di rigidità per splendere nel fuoco dell'aforisma e della domanda bruciante. La verità, appena proclamata, viene incenerita, l'affermazione provocatoriamente contraddetta.

Il volgo, invece, striscia sul terreno cedevole dei dogmi, prosternato davanti agli "scienziati", servi dei servi del regime.



APOCALISSI ALIENE: il libro

21 settembre, 2010

Simboli

L'uomo è un animale simbolico. La lingua, che connota la specie Sapiens sapiens, è un fenomeno la cui genesi resta enigmatica. Infatti la lingua è un sistema che implica numerose articolazioni e corrispondenze: la biologia da sola non può spiegare né la nascita del codice né la sua complessità. Il codice è basato su segni e su modi di funzionamento. Sebbene non sia corretto considerare il segno un vero e proprio simbolo, essendo il simbolo un archetipo, un "serbatoio" pressoché inesauribile di sensi, è vero che il segno è l'unione di un significante e di un significato. Tale congiungimento è ben espresso dal verbo greco "synballein", che vale letteralmente "gettare insieme", quindi "unire".

E' presumibile che valori simbolici siano insiti nell'uomo inteso come specie: schemi innati, attraverso varie trasformazioni, generano modelli comunicativi. E' verosimile che il D.N.A. - non a caso definito codice genetico - giochi il suo ruolo nella costruzione del linguaggio. Così gli idiomi naturali potrebbero essere il risultato di una convergenza tra strutture a priori e fenomeni appresi durante la vita. Non è tanto, però, una sinergia tra biologia e cultura, quanto una concordanza tra categorie primarie (trascendentali?) ed influssi socio-culturali. Nell'ambito di queste concezioni, il celebre incipit del Vangelo detto di Giovanni, assume una particolare valenza: "In principio era il Logos" si può leggere anche come "In principio era il linguaggio, l'informazione?".

La quintessenza della lingua pare possedere una natura metafisica e, rispetto a De Sausurre ed ai suoi epigoni che vedono nella langue un sistema arbitrario di correlazioni, ha ragione Gadamer che considera le espressioni linguistiche motivate. E' vero che "albero" in inglese è "tree", in greco è "dendron", in latino "arbor" etc. Queste differenze strutturali, però, non dimostrano la totale convenzionalità del rapporto tra segno ed oggetto, poiché è quasi sempre possibile individuare delle connessioni profonde tra il termine e l'oggetto.

Semplificando, si potrebbe distinguere tra simboli elementari (i segni, volgarmente "parole") ed i simboli complessi: se l'origine dei primi è difficile da conoscere, il discorso vale ancora di più per i simboli complessi, ossia le immagini stratificate, plurivoche, dense, gli archetipi sedimentati nel superconscio e che si palesano nell'arte, nelle esperienze oniriche, nei disegni dei bambini… Esistono simboli elementari inclusi in simboli complessi, come tante scatole cinesi.

Riprendo l’esempio dell’albero. In Genesi sono menzionati due alberi del Paradiso: l’albero della Scienza e l’albero della Vita. Ora è evidente che il vocabolo “albero” è qui un simbolo elementare, ossia il lessema che designa un preciso referente composto da radici, tronco, rami, foglie etc. E’ altresì palese, però, che nel contesto biblico, i due alberi sono emblemi.

René Guénon, richiamandosi soprattutto agli studi di Louis Charbonneau-Lassay, ricorda che l’albero della Vita è l’Axis Mundi, il Centro del Mondo, mentre l’albero della Conoscenza esprime la dualità cosmica. E’ questa un’esegesi ancorata ai valori della Tradizione. Tuttavia, a causa della ricchezza semantica che contraddistingue i simboli, continuamente nutriti di nuovi significati, un po’ come il mare che riceve le acque di fiumi, torrenti e piogge, gli alberi della Genesi forse evocano pure qualcos’altro né si deve dimenticare che alcune almeno apparenti anomalie del racconto biblico esigono un continuo aggiustamento delle ipotesi ermeneutiche ed una rilettura degli influssi storici e culturali.



APOCALISSI ALIENE: il libro

19 settembre, 2010

La guerra dei mondi: nevrosi individuale ed isteria collettiva

Nel 2005 Steven Spielberg riprese il classico della fantascienza, "La guerra dei mondi" (1953), che, a sua volta, si richiama, tramite la mediazione radiofonica di Orson Welles, alll'omonimo romanzo di H.G. Wells (1898).

La pellicola focalizza l'attenzione sulla famiglia di Ray Ferrier (Tom Cruise) con i figli, Robbie (Justin Chatwin) e Rachel (Dakota Fanning). Spielberg ed i due sceneggiatori, David Koepp e Josh Friedman, più che dimostrare sensibilità nella rivisitazione del modello, offrono forse involontariamente uno spaccato della società statunitense la cui vuota routine è sconvolta dall'invasione degli extraterrestri. La pittura di un mondo consumistico ed inutile, habitat di sorde nevrosi, è, nel suo realismo, irritante in massimo grado molto più degli eccessi narrativi di un'opera non priva di qualche pregio, come la claustrofobica suspense e la bella fotografia dominata da un rosso sangue potentemente simbolico.

La recitazione sopra le righe di Robbie Chatwin e di Dakota Fanning (più misurata ed efficace è l'interpretazione di Tom Cruise) ben rende frustrazioni e risentimenti covati all'interno del nucleo familiare. Credo tuttavia che i due giovanissimi attori non abbiano dovuto faticare molto per esprimere questo tratto caratteriale tipico di una middle class viziata, il cui unico "valore" è la vacanza in Europa o l'ultimo fiammante modello di automobile. E' la classe che, dopo essersi indebitata con mutui stratosferici, per acquistare un villino e per inseguire un tenore di vita sprecone, ora si trova, per via della crisi economica globale, senza lavoro e con la casa ipotecata.

Bene è anche ritratta l'isteria collettiva della gente che, di fronte alla morte ed alla devastazione causate dall'improvviso e feroce attacco alieno, manifesta, in tutta la loro volgarità, violenza, egoismo, vigliaccheria... I discorsi sulla nobiltà del genere umano e sull’aiuto reciproco si rivelano per quello che sono: predicozzi inconsistenti da annoiata omelia domenicale.

Gli eroicomici (più comici che eroici) slanci dell'adolescente pazzoide e le gesta muscolari di Ray appartengono all'oleografia del cinema hollywodiano, ma pure all'infantile mentalità dello statunitense medio, fanatico ed ottuso, molto più spaccone (con i deboli) che intrepido.

Nella fuga dei protagonisti in automobile sotto la pioggia, mentre una folla disperata ed inferocita tenta in ogni modo di impadronirsi del mezzo che potrebbe costituire una chance di salvezza, il film offre il meglio di sé, grazie alla tensione ed alla crudezza delle inquadrature. Qui gli uomini, sia pure nella credibile finzione cinematografica, danno il peggio di sé... in molti casi, l'unica cosa in grado di dare.



APOCALISSI ALIENE: il libro

16 settembre, 2010

Quando gli extraterrestri sono benevoli

Numerosi sono gli incidenti in cui presunti alieni sono considerati responsabili di ogni scelleratezza: dai rapimenti alle mutilazioni animali, dagli esperimenti genetici a forme di possessione, dall'innesto di impianti sino all'assassinio... Nondimeno, si possono riportare delle testimonianze che vedono gli extraterrestri (o esseri ritenuti tali) protagonisti di azioni generose. Forse non è in errore l'ufologo spagnolo Salvador Freixedo: infatti l'ex gesuita, esperto di "apparizioni mariane", reputa che, per lo più, le entità con cui vengono in contatto alcuni uomini siano ostili o indifferenti, benché certune siano, invece, evolute e magnanime.

Passiamo in rassegna qualche caso di interventi alieni positivi.

Deanna Dube fu sanata da una patologia cardiaca grave ed invalidante, dopo che una creatura le impose le mani sul petto. L'ufologo Alfredo Lissoni così ricostruisce la storia.

"La Dube era una tranquilla casalinga statunitense che sostiene di essere stata miracolata dagli extraterrestri. La donna era nata con un difetto al cuore, una malformazione del ventricolo destro, molto più grosso del sinistro. Questo le procurava acuti dolori. Già due suoi parenti, con lo stesso problema congenito, erano morti. Nel 1990 Deanna, ormai trentenne, raccontò durante un’intervista televisiva: 'A dodici anni mi trovavo in camera da letto quando, una notte, vidi qualcuno davanti a me, un essere alto e di sembiante androgino. Mi esortò a non aver paura e mi promise che avrebbe cercato di guarire il mio cuore. Adagiò la mano sul petto e sentii la pressione esercitata. Il giorno dopo, mi recai in ospedale per continuare la serie delle analisi ed i medici mi riferirono che il mio cuore era tornato di dimensioni regolari, in un modo che la scienza ufficiale non riusciva a spiegare...”. Deanna era guarita! Durante la trasmissione "Encounters of the fourth kind", la Medallion TV avrebbe mostrato due radiografie, del 'prima' e del 'dopo'. Nella seconda immagine il cuore della Dube era tornato normale”.

Un altro caso di “medicina aliena” è sempre ricostruito da Lissoni: "Il fisico Luis Lopez, ufologo, ebbe modo di rintracciare, nel Salvador, un uomo, un vagabondo che, date le proprie condizioni, certamente non aveva alcun interesse per gli U.F.O. Egli raccontò che un giorno era stato rapito e portato a bordo di un U.F.O., ove era stato sottoposto alla tradizionale visita medica a base di spilloni. Una volta tornato a terra, l'uomo si accorse di essere guarito da una cervicale cronica, che lo tormentava da parecchi anni".

Il colonnello Tomin, dell'allora esercito sovietico, espone il caso di un atterraggio miracoloso compiuto in una notte di nebbia da un cargo militare con un carico di sessanta tonnellate. Il velivolo riuscì a toccare terra senza problemi, nonostante le luci dello scalo fossero tutte spente a causa di un'avaria. I piloti dichiararono di essere stati guidati sulla pista da un proiettore che li seguiva da dietro.

Rinaldo Del Monte (un cantante e cantautore conosciuto anche come Rinaldo Ebasta) affermò che, in un periodo in cui la salute era molto precaria, un giorno, mentre era nella sua abitazione, notò che si era come aperta una parete. Del Monte si ritrovò all’improvviso in un’astronave dove tre "alieni spirituali" gli spiegarono che aveva una coronaria occlusa. Gli ufonauti eliminarono l’ostruzione con un bisturi. Tornato sulla Terra, gli specialisti diagnosticarono una totale remissione.

Sono piuttosto frequenti le occasioni in cui oggetti volanti non identificati sabotarono siti nucleari, bloccarono apparecchiature elettroniche, disinnescarono missili atomici, contennero fuoriuscite radioattive (come a Chernobyl nel 1986), neutralizzarono azioni di guerra condotte spesso da caccia. Qui, però, si potrebbero vedere interventi non disinteressati ma compiuti nel segno di Cicero pro domo sua, ossia civiltà del cosmo agirebbero nelle situazioni in cui la sicurezza dei loro velivoli o del loro habitat è messa a repentaglio dalle sconsiderate iniziative dei militari.

È logico chiedersi per quale motivo certi occupanti di U.F.O. si mostrerebbero solleciti nei confronti di pochi sventurati, per ignorare migliaia di altre persone in condizioni simili, se non peggiori. E’ una domanda legittima, ma che non trova risposta: succede d’altronde che donne ed uomini di fede, atei, agnostici non ricevono grazie da Dio, mentre altri, sia credenti sia miscredenti, sono beneficati da guarigioni portentose o sfiorati dal soprannaturale.

Da che cosa tragga origine questa “disparità di trattamento" è tema che esula dal presente campo d'indagine.

Fonti:

F. Lamendola, Due casi ufologici brasiliani di terrestri uccisi dal “raggio della morte” di creature aliene, 2010
A. Lissoni, Curato da un U.F.O.?, 2007. L’articolo esamina una casistica alquanto diversificata, considerando sia egli effetti nocivi sia le pur rare conseguenze benefiche degli incontri ravvicinati.
R. Malini, U. F. O., il dizionario enciclopedico, Milano, Firenze, 2003, s.v. Abduction e Chernobyl



APOCALISSI ALIENE: il libro

14 settembre, 2010

Peccato originale

“Le cose da cui proviene la nascita alle cose che sono, peraltro sono quelle in cui si sviluppa anche la rovina, secondo ciò che deve essere: le cose che sono, infatti, subiscono l'una dall'altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”.

(Simplicio, Commento alla "Fisica" di Aristotele)

Nel passo sopra riportato, Anassimandro, il filosofo dell’apeiron (lo si traduca con “indeterminato” e non con “infinito”) sembra rispecchiare il concetto orfico di colpa originaria. Il frammento, giuntoci per tradizione indiretta, è oscuro ed involuto, ma decisivo nel suo nucleo semantico che definisce un errore primigenio. Se l’errore è letteralmente errare, ossia movimento, si comprende la sua consustanzialità all’essere, allorquando si manifesta nel cerchio spazio-temporale.[1] Il pensatore intreccia tragicamente la “nascita” (in greco “physis” che è anche “natura” e la natura è madre perennemente generatrice: il suffisso “attivo e produttivo” –ura lo attesta) con la “rovina”.

Il nascimento è l’energia cosmica che crea e disgrega. Ab origine Anassimandro coglie il cedimento ontologico, in un’ottica fatalista sottolineata dalle espressioni “ciò che deve essere” e da “secondo il decreto”. Tale deviazione iniziale è causa e conseguenza insieme dell’”ingiustizia” (insufficienza) inerente alle cose: è lo stato di difetto che implica sia la “punizione”, cioè l’espiazione dell’errore, sia la “vendetta” che allude forse ad un riscatto alla fine dei tempi o del ciclo. La redenzione è il suggello della nemesi, poiché nulla può essere riparato senza sacrificio. L’ingiustizia degli enti è negli enti in quanto tali e non nelle loro determinazioni. Così il cosiddetto “peccato originale” più che essere la decisione (libera?) da cui dipese la caduta dei protoplasti e della loro progenie, pare retrocedere verso un atto precedente.

Il sapere che rifiuta questo principio è condannato ad adagiarsi nell’inganno e nel narcotico della perfezione, non riuscendo a dar conto dello sdrucciolamento.

In questo solco interpretativo, l’aforisma di Carlo Michelstaedter, “la nascita è il caso mortale”, strappato dalle sue radici esistenziali, si staglia, duro e netto, su un orizzonte metafisico.

[1] L’Essere si tiene fuori da questo cerchio, pur talvolta affacciandovisi?



APOCALISSI ALIENE: il libro

12 settembre, 2010

Life and lies on Mars

Esistette una civiltà su Marte? Soprattutto due ricercatori in Italia hanno ipotizzato che il Pianeta rosso fu in tempi remoti abitato da esseri antropomorfi: mi riferisco all'ingegner Ennio Piccaluga ed al giornalista Gianni Viola, autori rispettivamente di "Ossimoro Marte" e del libro "La civiltà di Marte".

Gigantesche statue, piramidi, astroporti, edifici turriti (come su Venere?), ponti, collettori… sono strutture artificiali che Piccaluga e Viola riconoscono in immagini realizzate dalle sonde sovietiche e statunitensi. Se, al cospetto di volti, si può pensare a giochi di luci ed ombre o ad illusioni percettive, le piramidi sfidano, con le loro forme geometriche, le resistenze dei più increduli. E' certo che la N.A.S.A. nasconde ed ha nascosto scoperte riguardanti la Luna, Marte e, più in generale, informazioni relative al nostro sistema solare. E' palese che la Sfinge di Cydonia (altrimenti nota come Face on Mars) è un'enorme scultura e non una montagna erosa dagli agenti atmosferici: l'immagine originale è stata sottoposta a pesanti ritocchi ed il viso è diventato un mascherone. Se l'ente "scientifico"-militare statunitense mente in modo spudorato sul fenomeno delle chemtrails, avrà i suoi “buoni” motivi per occultare verità marziane.

Se si accetta che l'astro rosso fu abitato, bisogna chiedersi da chi e quale fu il destino del popolo ivi insediato. Considerando la fisionomia dei volti, si può presumere che i Marziani furono simili ai Terrestri: furono i nostri antenati? La piramide pentagonale di Cydonia è un riferimento a Venere o la prova che gli abitanti di Marte erano antropomorfi, dato che nel pentagono è inscrivibile la figura umana? Che cosa determinò il declino e la scomparsa della civiltà di Marte? Una catastrofe naturale o un conflitto? Qualche indizio pare collegare il corpo celeste al nostro pianeta, specialmente all'Egitto: le piramidi, il nome stesso El Cairo che significa "Marte", forse la Sfinge di Gizah.

Il passato, con le sue magnifiche civiltà, ed il presente, con le avventure spaziali, intrecciano enigmi: è noto che parecchie missioni fallirono, in seguito ad incidenti, errori di calcolo, presunti sabotaggi. Qualcuno non vuole che le esplorazioni scoprano tracce di vita intelligente, non di batteri.

Intanto l'acqua è stata trovata e le varie missioni hanno consentito di appurare che l'atmosfera del pianeta, benché assai rarefatta, non è molto diversa da quella di Gaia. Ormai si conoscono l’orografia con dorsali, tavolati e vulcani, i letti di fiumi prosciugati (i celebri canali di Schiaparelli), i fondali oceanici anch’essi in secca, le calotte ghiacciate dei poli… : mentre la planetologia ha acquisito molti dati certi, l’esobiologia e l’esoarcheologia stentano a documentare ed a suffragare le loro ipotesi, a causa soprattutto dell’ostracismo perpetrato dalla scienza accademica.

Lo studio dei miti e della storia antica ci offre utili indizi: le somiglianze tra l’architettura mesopotamica e la presunta ziqqurat di Marte paiono dare ragione a quegli autori che individuano delle radici esterne nelle civiltà che sbocciarono alla fine del Neolitico. Se gli abitanti di Marte avevano conseguito uno sviluppo tecnologico, poterono abbandonare il corpo celeste per approdare sulla Terra.

Pare che i Greci conoscessero i satelliti di Marte: sono forse evocati da Omero in Iliade XV e da Virgilio in Georgiche III. Il poeta di Andes scrive: “Martis equi biiuges et magni currus Achilli", ossia "I cavalli appaiati di Marte ed il carro del magnanimo Achille". “I pianeti sono dei”, si suole ripetere: gli scudieri e demoni di Marte, Deimos e Phobos, sono dunque i satelliti?

Alcuni obiettano: perché mai i Marziani avrebbero edificato monumenti che si possono vedere solo dall’alto? Certo, che se ragioniamo solo in termini pragmatici, secondo i pregiudizi dell’uomo contemporaneo, non comprenderemo mai perché un popolo decida di erigere costruzioni imponenti e che competono con il tempo. Forse le piramidi della Terra, i siti megalitici sorti un po’ in tutto il mondo, le linee di Nazca rispondono a mere esigenze pratiche? Tralasciamo i loro valori simbolici, quei manufatti sono testimonianze di genti aduse a confrontarsi con il fenomeno della precessione, con la meccanica celeste, con misteriose energie, con dimensioni invisibili.

Pare dunque che la cultura marziana fosse di tipo megalitico e pure un po’ megalomane: ciclopici edifici (non si adduca il motivo della pareidolia) sono le vestigia di un mondo oggi in rovina, ma un tempo grandioso.

Che la N.A.S.A., l’E.S.A., gli astronomi ortodossi continuino a negare l’evidenza è una prova che l’evidenza esiste. Le vere domande che ci poniamo dunque non riguardano solo il passato di Marte, ma pure un possibile legato etnico, genetico, culturale, un’eredità che, nel bene e nel male, continua a giocare il suo ruolo, benché in modo pressoché inavvertito, tra noi, uomini del XXI secolo.

Le prossime rivelazioni su Marte potrebbero essere mortali.



APOCALISSI ALIENE: il libro

10 settembre, 2010

Appunti sull’Idealismo di ieri e di oggi (prima parte)

Non aveva forse torto Jung quando scrisse che “Lo spiritualismo è una soperchieria come il materialismo.” Le correnti immaterialiste, nel loro rigido monismo, riescono a demolire molti pregiudizi scientifici, ma, a loro volta, incorrono in alcune incongruenze, non meno significative delle contraddizioni in cui si impantana il materialismo. Un approccio obiettivo al tema indurrebbe ad accettare una concezione dualista (non nel senso di manichea). Mi pare paradossale che l’Idealismo, lato sensu, sia e sia stato propugnato da filosofi che, a tutti i costi, hanno voluto valorizzare il libero arbitrio. A ben vedere, la libertà umana è poco compatibile con tali concezioni.

La filosofia idealista nega alla materia un’esistenza autonoma rispetto al Soggetto che la situa. Tra le varie declinazioni del pensiero idealista, il sistema di Fichte è quello più netto e chiaro in proposito: la natura è Non-io posta dall’Io affinché l’Io possa affermarsi. Asserire che il mondo sensibile è solo un’illusione significa scontrarsi con il senso comune ed accettare delle notevoli conseguenze teoriche.

In primis, la cosiddetta realtà materiale diviene in toto una costruzione della Coscienza. Il cervello non decodifica ed organizza i segnali che provengono da un inesistente esterno, ma elabora un’immagine quadridimensionale su “suggerimento” della Mente universale (si pensi a Berkeley). E’ evidente quindi che non soltanto le qualità secondarie (colori, suoni, odori…) sono del tutto soggettive, ma anche le qualità primarie (forma, dimensioni). Inoltre, visto che queste qualità si collocano in un continuum categorizzato di ordine spazio-temporale, è logico inferire che gli eventi tutti accadono nella Mente e non là fuori. Gli eventi sono pensieri esteriorizzati. Se intendiamo essere consequenziali, giacché tutto avviene nell’istante atemporale della Mente che produce i pensieri-accadimenti, è palese che il libero arbitrio è un inganno, a meno che non si voglia congetturare che ciascuna mente individuale crea e proietta il mondo, perché ci troveremmo di fronte a miliardi di mondi differenti. Invece, in base ad un piano prestabilito, quasi tutti percepiscono il rosso come rosso, mentre non esistono, per quanto ne sappiamo, milioni di modi difformi in cui si può percepire lo stesso colore rosso. Tutto fu, è e sarà come è nell’attimo ucronico.

Pertanto le correnti
New age che esortano ad influire con il pensiero sulla materia e quindi sugli accadimenti (oggetti nella sequenza spazio-temporale) non hanno molto senso, non trovano una chiara giustificazione teoretica. Infatti, in primo luogo, non si può incidere su ciò che non esiste; inoltre non è la mente individuale ad agire, poiché essa è agita da una Mente cosmica.

In tale Weltanschauung, la realtà è letteralmente sogno: è un sogno ad occhi aperti. La dimensione onirica, che non è differente sul piano qualitativo, è solo più sfocata e multiforme, se confrontata con il daydream.

Accettato il modello idealista, come si devono interpretare tutti gli eventi? Come in un sogno, il “fatto” ha natura esclusivamente coscienziale. Propongo un esempio. Se X, per distrazione, sbatte contro una mensola all’altezza della testa, procurandosi un bernoccolo, l’accaduto va così spiegato. Nella mente di X, la Mente transpersonale ha creato la mensola con tutte le sue qualità primarie e secondarie. Ha altresì deciso che tale evento occorresse in quel preciso istante e secondo predefinite modalità (la distrazione): il dolore causato dalla durezza del legno e dagli spigoli della mensola è dovuto al cervello che lo attua in concomitanza con l’urto.

Qui si potrebbe integrare la dottrina idealista con quella occasionalista di Malebranche che è l’unica in grado di render conto di come lo spirito possa agire sul corpo. Le creature non possono intervenire sul mondo materiale, se non attraverso la mediazione di Dio. E’ Dio a generare nell’anima una determinata sensazione, allorché il corpo (illusorio) è modificato in un certo modo ed a dare al corpo un determinato movimento, quando l’anima lo “vuole”.

La vita, come è concepita dunque dagli indirizzi idealistici e dalle tradizioni orientali, in cui il mondo è lila, gioco, è appunto un video-gioco. Ciò in senso quasi letterale.



APOCALISSI ALIENE: il libro

08 settembre, 2010

Respira il lago un palpito sopito (lirica di Clemente Rebora)

“Respira il lago un palpito sopito” è una lirica di Clemente Rebora (1885-1957). Nel componimento del 1913, la natura è trasfigurata in una visione mistica ed introspettiva. L’arioso paesaggio è umanizzato: lo specchio d'acqua, gli astri, i monti sono esseri viventi, colti nel loro misterioso tremito. Il silenzio pervade le cose e l’anima: parola-chiave è “seno”. In questa immagine anfibologica, si compenetrano il cuore dell’uomo e l’insenatura del lago. Nel crepuscolo l’eco dei rintocchi scorre tra le valli, come linfa vitale. L’ultima quartina, in cui la cadenza di endecasillabi e settenari si concentra in una misura ieratica, culmina nella perplessa riflessione sul destino: una legge insondabile ma limpida lascia balenare, per un istante, la luce di là dalle cose.

Respira il lago un palpito sopito
e dan le stelle battiti di ciglia
divini: appare il mito
dei monti e origlia.

Per ogni seno l’ora intima scende
dalla campana: e silenzio indi vive;
ogni cosa s’intende
tra foci errando e sorgive.

Sopra gli uomini, in vere leggi pure,
accomuna il mistero della sorte
allegrezze e sciagure:
del male è il bene più forte.



APOCALISSI ALIENE: il libro

06 settembre, 2010

Un U.F.O. si schiantò in Bolivia sul Monte El-Taire?

Pubblico la traduzione di un articolo tratto da Pravda.ru, riguardante il presunto schianto di un U.F.O. in Bolivia nel 1978.

Alcuni ricercatori credono che esistano aree specifiche sulla terra dove gli alieni avrebbero delle basi. Spesso questi extraterrestri hanno le loro installazioni sopra o all'interno di montagne. Uno di questi luoghi misteriosi è il Monte El-Taire, in Bolivia.

"Le montagne qui in Bolivia, come nelle terre adiacenti, sono ricche di giacimenti minerari," Yuri Suprunenko, PhD. - ha dichiarato a Pravda. ru - "Vi sono miniere di stagno, tungsteno, zinco, piombo, antimonio, argento e di altri metalli preziosi. E’ anche accaduto che centinaia di minatori hanno testimoniato di aver visto metalli rari che sono caduti dal cielo. Sono leghe non solo rare, ma straordinarie e senza precedenti! Non erano meteoriti. Gli eventi occorsero nel villaggio boliviano di La Mamoru Tarija, vicino ai piedi del Monte El-Taire, nel maggio del 1978."

Quel giorno, secondo Yuri Suprunenko, alcuni abitanti del luogo videro nel cielo qualcosa di insolito, un oggetto brillante dalla forma di cilindro con una parte anteriore conica. L'ordigno era lungo circa sei metri e di quattro metri di diametro. Non aveva ali né impennaggi.. Sulla superficie non si notavano né oblò né portelloni. Una fiamma bluastra uscì dalla coda. L’oggetto produceva un sibilo, mentre si trovava a non più di un centinaio di metri da terra. Scendeva ad una velocità di 300-400 km/h.

Secondo alcuni testimoni oculari, un velivolo simile fu avvistato il giorno dopo. Quello del giorno precedente, senza ridurre la sua velocità, si era schiantato su un pendio di El-Taire. Al momento dell'impatto, apparve un bagliore che illuminò l'area in un raggio di 150 km intorno. Si udì pure un terribile boato che provocò delle forti vibrazioni avvertite anche nella vicina Argentina. L’onda d’urto mandò in frantumi le finestre delle case in un raggio di 70 km. L'esplosione formò un cratere di circa 1.500 metri e profondo 400.

Le autorità locali non fornirono alcuna spiegazione ed isolarono l’area dell’impatto, dichiarandola zona off limits. Comunque la gente del posto, turisti e ricercatori discussero la possibilità che nel luogo fosse precipitato un U.F.O.

Schianti simili di oggetti volanti non identificati erano accadduti anche nei decenni precedenti. Per esempio, nel confinante Brasile, in una località presso Sao Paulo nel 1957 un disco scintillante fu visto mentre, ad alta velocità, perdeva quota per poi fermarsi ed esplodere, diffondendo intorno migliaia di frammenti.

In una giornata limpida incandescenti fuochi d'artificio si librarono vertiginosamente nel cielo. Una parte dei detriti caduti fu raccolta da alcuni residenti. Il materiale era leggero come carta, con una superficie ruvida. Diversi laboratori brasiliani condussero un'analisi spettroscopica di questi frammenti. Gli esami dimostrarono la presenza di magnesio con una particolare struttura cristallina impossibile da ottenere in condizioni terrestri. L'analisi rivelò un contenuto significativo di stronzio che di solito non è combinato con il magnesio.

"L'incidente brasiliano è registrato nell'Enciclopedia britannica che non osa pubblicare fatti non verificati. Negli anni del dopoguerra, molti casi simili sono stati registrati in diverse parti del mondo!" afferma Yuri Suprunenko. "Sono state scattate oltre 70 mila fotografie di U.F.O. e sono stati registrati oltre 120 filmati. Oggi, molte di queste prove documentali sono disponibili al pubblico, ma, fino a poco tempo fa, le informazioni erano classificate con "Top Secret", "Restrizioni," "Altamente confidenziale" e "For eyes only"... il motivo principale per questa supersegretezza era la rivalità di diversi paesi in materia di armi.

L'esplosione sul pendio di El-Taire ricevette lo status di "riservato". In seguito all'episodio, sulla zona del presunto schianto si precipitarono i militari. Fu istituita una Commissione speciale per indagare le cause dell'incidente. Non seguì alcuna spiegazione: un oggetto esplose ed un altro fu trovato sul pendio. L'ordigno causò questa potente esplosione, ma in qualche modo qualcuno sopravvisse. L'indagine e le conclusioni sulla natura dell'esplosione non sono mai state pubblicate.

Persone nella città mineraria ai piedi del El-Taire riferirono che la conchiglia deformata di un U.F.O. era stata portata, per mezzo di un elicottero opportunamente attrezzato in un aeroporto boliviano, da cui fu poi inviato negli Stati Uniti con un aereo militare.

"Forse, con il tempo, si saprà qualcosa di più circa l'incidente di El-Taire," chiosa Yuri Suprune.

Fonte: Pravda.ru



APOCALISSI ALIENE: il libro

05 settembre, 2010

In edicola il nuovo numero di "X Times"

Sarà in edicola dal 7 settembre il nuovo numero di "X Times", la rivista diretta da Lavinia Pallotta. Tra i vari contributi, segnalo il reportage di Silvia Agabiti Rosei, L'affaire nucleare, sui pericoli connessi agli usi civili e militari dell'energia atomica, e l'anteprima del nuovo romanzo scritto da Whitley Strieber, Omega point. Ricordo che, come scrive la direttrice, "X Times" non è solo imperniata sull'ufologia, in quanto tratta pure quei temi particolarmente spinosi che le pubblicazioni mainstream ignorano o distorcono. Tra l'altro, le voci indipendenti sono sempre più rare, ora che...

Leggi qui il sommario degli articoli.



APOCALISSI ALIENE: il libro

03 settembre, 2010

Karma

Le ombre stirate sui declivi nel crepuscolo trafitto da schegge di luce. Algidi silenzi solcano le valli. Dita di olivi scheletrici frastagliano il profilo dei crinali. Le falesie disegnano guglie nel basalto dell’orizzonte. Sta per cadere il peso della notte: si approssima il flutto scuro del cielo sulla riva del cosmo. Qui si vive con la pazienza degli scogli che tollerano l’andirivieni delle maree. Qui si ascolta lo sciabordio, la voce indistinta dell’esistenza. Si crede che il senso sia in questi ciottoli levigati dal mare e dal tempo, nelle conchiglie la cui eco vuota riversa il ricordo delle ere. Miseri relitti sulla battigia, fili di alghe. Sulla sabbia il velo diafano di una medusa. Lontano il sole scocca il primo fulmine.



APOCALISSI ALIENE: il libro

01 settembre, 2010

Del nuovo idolo

In una caustica pagina del monumentale “Così parlò Zarathustra”, Nietzsche distrugge lo stato che egli bolla come “nuovo idolo”. Eppure il pensatore tedesco, che con parole implacabili e profetiche demolì il mito dello stato, fu ed è da taluni visto come l’anticipatore dei regimi totalitari. Invero, il filosofo tedesco fu strenuo avversario del potere costituito. Si condividano o no alcune sue idee o tutte, egli resta uno spirito magno, tra l’altro per il coraggio con cui mise a nudo la cattiva coscienza ammantata di perbenismo borghese nonché la miseria del Positivismo trionfante. Nietzsche, a differenza degli “intellettuali” di oggi, organici al sistema, anche e soprattutto quando sfoggiano pose critiche, dichiarò, apertis verbis, la sua esecrazione delle istituzioni che, di là da una facciata di rispettabilità, nascondono un volto sfigurato e turpe. Quanti oggi sono capaci di un’analisi tanto corrosiva ed intemerata? Quanti oggi riescono a coniugare profondità di pensiero ad uno stile affilato e raggiante come folgore?

“Da qualche parte esistono ancora popolazioni e greggi, ma non da noi, fratelli miei; noi abbiamo gli Stati. Stato? Che cosa è mai? Ebbene! Aprite le orecchie, perché sto per dirvi la mia parola sulla morte dei popoli. Stato si chiama il più freddo di tutti i freddi mostri. Freddo anche nel mentire; una menzogna che lingueggia dalla sua bocca: 'Io, lo Stato, sono il popolo. È una menzogna! Creatori erano coloro che crearono i popoli e trasmisero in loro una fede ed un amore: e così servirono la vita. Ma distruttori sono questi che tendono trappole e le chiamano Stato e vi appendono sopra una spada con cento avidità. Dove esiste ancora un vero popolo, questi non ammette Stato, che anzi odia come una iettatura ed un peccato contro il costume e il diritto. […] Lo Stato mente in tutte le lingue circa il bene ed il male: mente, qualunque cosa dica; e anche ciò che ha lo ha rubato. Tutto in lui è falso; con denti rubati morde, il mordace. Persino le sue interiora sono false. La corruzione delle espressioni sia del bene sia del male è il contrassegno dello Stato. Invero, questo contrassegno indica volontà di morte. E in realtà attrae i predicatori di morte! Molti, troppi sono stati messi al mondo: per i superflui è stato creato lo Stato! Guardate, dunque, come esso li alletta, i superflui! Come li inghiottisce e li mastica e li rimastica!

'Sulla terra nulla vi è più grande di me: io sono il dito ordinatore di Dio': così rugge la belva. Cadono in ginocchio non soltanto coloro che hanno lunghi orecchi e vista corta! Ohimé, anche a voi, grandi anime, mormora le sue tristi bugie! Ohimé, individua i cuori ricchi che si sanno prodigare! Sì, ha individuato anche voi, o vincitori dell'antico Dio! Voi vi siete stancati nel combattimento e ora la vostra stanchezza serve al nuovo idolo! 'Desidera circondarsi di eroi e uomini d'onore, il nuovo idolo! Ben volentieri si delizia della luce solare delle coscienze pulite, la fredda bestia!

Tutto vi vuole dare, se voi lo adorate, il nuovo idolo: così acquista la magnificenza delle vostre virtù e lo sguardo dei vostri occhi orgogliosi. E con voi egli vuole adescare le moltitudini in eccesso! È un'opera infernale che così è stata inventata, un cavallo di morte, tintinnante nelle guarnizioni di onorificenze divine! Una morìa per molti è stata così ideata che si pavoneggia come vita: ma in realtà è un servizio reso dal cuore a tutti i predicatori di morte! Ecco lo Stato, dove tutti bevono veleno, buoni e cattivi: lo Stato, dove tutti si perdono, buoni e cattivi: lo Stato, dove il lento suicidio di tutti si chiama 'vita'. Guardateli, questi superflui! Essi si rubano le opere degli inventori ed i tesori dei saggi: chiamano istruzione il loro furto e tutto diviene per causa loro malattia e sconcezza! Guardateli, questi superflui! Sono sempre malati, vomitano la loro collera e la chiamano 'giornale'. Si divorano l'un l'altro e non riescono neppure a digerirsi. Guardateli, questi superflui! Si procurano ricchezze e con queste divengono più poveri. Vogliono autorità e prima ancora la leva del potere, molto denaro; gli impotenti! Guardate come si arrampicano, le agili scimmie! Si avviticchiano l'una sull'altra e così si trascinano nella melma e nell'abisso. Tutti vogliono giungere al trono: questa è la loro follia; come se la felicità fosse sul trono! Spesso sul trono c'è invece la melma; spesso anche il trono è nella melma.

[...] Fuggite sulla strada al cattivo odore! Fuggite l'idolatria dei superflui! Fuggite sulla strada al cattivo odore! Fuggite dal vapori di questi sacrifici umani! Ancora oggi la terra è libera per le grandi anime. Liberi sono anche molti luoghi per i solitari e le anime gemelle, intorno a cui soffia l'odore di tranquilli mari. C'è ancora una vita libera per le grandi anime. Chi poco possiede, tanto meno è posseduto: sia lodata dunque la piccola povertà! Dove lo Stato finisce, comincia l'uomo che non è superfluo: comincia il canto della necessità, la melodia singolare e irrepetibile. Là dove lo Stato finisce, guardate dunque là, fratelli miei! Non vedete l'arcobaleno ed il ponte dell'oltreuomo?"



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