30 dicembre, 2012

Sacrifici e fuochi d’artificio

Tempo di brindisi, di tappi che schioccano, di bollicine, di fuochi d’artificio... Non ci uniremo ai festeggiamenti di San Silvestro, alla gioia artefatta dell’ultimo giorno dell’anno. In un’occasione come questa, bisognerebbe rileggere l’operetta morale di Leopardi, “Il dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere”: il poeta e filosofo recanatese con il suo lucido disincanto ci rammenta che le ricorrenze sono vuote convenzioni. L’anno è scandito da feste e liturgie, ma il flusso temporale ignora le finzioni e le illusioni umane.

Purtroppo l’ultima parte del 2012 è stata suggellata da eventi sanguinari: in particolare l’eccidio nella Sandy Hook elementary school di Newtown nel Connecticut. Come è ormai quasi assodato, la strage del 14 dicembre non è stata l’azione di un folle, di un giovane psicolabile, ma un delitto orchestrato e perpetrato da frange delle istituzioni per i loro abominevoli scopi. E’ stato compiuto un altro nefando sacrificio umano che ricorda le immolazioni di bambini praticate dai Cartaginesi in onore dell’abominevole dio Moloch. [1]

Qualcuno ha scritto che nel periodo in cui si fossero susseguite notizie di bimbi trucidati nelle guerre scatenate e fomentate dalla cricca mondialista, il momento della conflagrazione finale sarebbe stato imminente. I conflitti medesimi, oltre ad essere motivati da bieche finalità strategiche ed economiche, sono cerimonie cruente. Prepariamoci dunque al peggio, pur senza deflettere. I sadici che muovono le leve degli eventi planetari amano propiziarsi l’assistenza di entità malvagie con sacrifici umani ed animali. Ciò spiega per quale motivo in questo lustro, la ferocia gratuita contro gli esseri viventi ha toccato un culmine inaudito. E’ una crudeltà talmente eccezionale che tutti i pur orrendi crimini del passato sembrano impallidire al confronto.

Viviamo in un’era demoniaca: il demoniaco non è la degradazione dell’uomo, ma il suo innalzamento ad idolo, a creatura che si ritiene in diritto di soggiogare la natura e gli altri. Un ego ipertrofico è alla radice di scelleratezze spesso provocate da una desertificazione della coscienza.

Non ci assoggetteremo alle intimazioni del sistema, ma soprattutto non ci riconosceremo mai nella sua lurida ipocrisia che spaccia l’iniquità e la tirannide per giustizia e libertà. Non è solo una questione etica, ma di buon gusto. Mario-lo Monti, non pago di aver rovinato l’Italia, persevera nella sua devastazione della nobile lingua italiana. Ora la misura è colma: non può essere tollerato un beota che conia l’oscena e grottesca frase “salire in politica”, come se non fossero bastati i suoi snobistici ed arbitrari termini inglesi. Codesto stupratore dell’idioma patrio meriterebbe la gogna, anche solo per i suoi barbarismi.

Per l’anno nuovo le parole d’ordine dovranno essere più che mai: condannare, svergognare ed esautorare le autorità, creare sinergie con la splendida umanità che non ha alcuna intenzione di scendere a compromessi con i bugiardi ed i malfattori.

La “bestia” alla fine trionferà affogando nel suo stesso sangue.

[1] Non si pensi a settori deviati all’interno delle forze dell’ordine e dei governi, poiché gli apparati in sé nascono deviati, corrotti, semmai con qualche onesto dissidente al loro interno.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

27 dicembre, 2012

Acquistiamo un analizzatore di polveri sottili

Le A.R.P.A., le agenzie regionali per la "protezione" dell'ambiente sottostanno ad una direttiva interna (in vigore anche negli Stati Uniti) che vieta di rilevare il nanoparticolato atmosferico che possa rimandare alle attività di geoingegneria militare clandestina (bario, alluminio, manganese, cadmio, litio, silicio, biossido di zolfo etc.). Questa situazione porta ad ignorare completamente la presenza di nebbie elettroconduttive indotte di ricaduta, dipendenti dal sorvolo a bassa quota di aerei non identificati, impegnati nella modifica climatica. In sintesi, nelle analisi delle A.R.P.A. non sono mai contemplati i letali inquinanti tipici delle cosiddette "scie chimiche".

Il compito istituzionale di queste agenzie è così del tutto disatteso, con buona pace dei contribuenti. Per ovviare a questa grave forma di censura nonché omissione d'atti d'ufficio e per evidenziare tale illegale comportamento, il Comitato Tanker enemy lancia l'idea di reperire, quindi acquistare uno strumento portatile certificato, generalmente usato da professionisti del settore, progettato per la rilevazione del particolato più sottile (PM 2, PM1, conseguenza diretta delle attività chimiche-biologiche in atmosfera). Dimostreremo, quindi, dati alla mano, che i bollettini quotidiani sull'inquinamento ambientale redatti dagli enti ufficiali sono quanto meno lacunosi.

Sebbene il rilevatore di PM (scheda prodotto) non possa evidenziare quali sono gli elementi presenti in atmosfera, certamente indicherà il quantitativo di particolato inquinante, fornendo un parametro certo in relazione ai resoconti delle A.R.P.A. che spesso non corrispondono assolutamente alla reale situazione di quel determinato periodo o giorno sottoposto a controllo. Inoltre gli enti per il controllo dei pm atmosferici frequentemente non rilevano particolato inferiore a PM10, omettendo di valutare quindi, in modo del tutto legale, la presenza di nanoparticolato che, come sapppiamo, in centri dove non si trovano inceneritori o stabilimenti industriali, se presente, è inequivocabilmente correlabile al sorvolo a bassa quota di aerei militari impegnati nel controllo climatico. D'altronde la presenza di nebbie tossiche di ricaduta serali o mattutine, dal classico odore di zolfo, è la diretta conseguenza delle attività di aerosol clandestine ed è impossibile che le centraline A.R.P.A. non le rilevino. Se esse non sono evidenziate nei rapporti sulla qualità dell'aria, è palese che sono volutamente ignorate.

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CHEMTRAILS DATA

Range finder: come si sono svolti i fatti

25 dicembre, 2012

Mai dire Maya

Trascorso il momento fatidico del giorno fatidico, il 21 dicembre 2012, è possibile svolgere qualche spassionata riflessione. Bisogna subito rilevare che chi aveva alimentato speranze di un’elevazione di coscienza, di una palingenesi, di un salto (ed il salto, per definizione, è repentino) si è ingannato ed ha ingannato. Costoro, però, sono corsi subito ai ripari: affermano che i loro vaticini non sono stati intesi e che la data fatale non sanciva una cesura netta tra due ere, ma un indizio di un processo evolutivo già in atto da tempo e che si compirà negli anni a venire. E’ un modo più o meno maldestro per tentare di cavarsi d’impaccio, un espediente più patetico che risibile.

Chi scrive ha conosciuto alcune persone convinte che, scoccata l’ora X, sarebbero ascese nella "quarta dimensione" (sic), giungendo ad inviare lettere e messaggi di commiato, in cui si rallegravano poiché erano ormai in procinto di trasferirsi in una paradisiaca Terra eterica, abbandonando questo pianeta destinato alla rovina. Complici i vari siti sull’ascensione, tra cui “Cosmic awareness”, questi sprovveduti hanno seguìto un addestramento “spirituale”, culminato nell’acquisto di dispendiosi tomi che insegnano come riequilibrare i chakra e cose simili. Con affettata compassione per coloro che sarebbero rimasti nell’inferno terrestre, questi corrispondenti hanno annunciato che sarebbero di botto scomparsi dalla Terra per essere telestrasportati (cultori di “Star trek”?) in un pianeta perfetto.

Purtroppo codesti sogni pseudo-mistici hanno prestato e prestano il fianco agli sberleffi del più becero scientismo che scredita in modo indiscriminato tutti gli orientamenti eterodossi, seri e no. Grave è dunque la responsabilità di chi ha illuso e frodato gli ingenui, a cominciare dagli araldi della Federazione galattica che fantasticavano dell’imminente avvento di salvatori spaziali in astronavi tirate a lucido.

Hanno avuto ed hanno gioco facile così i vari “scienziati”, i cui proclami sono stati amplificati dalla voce fessa dei loro cortigiani (si pensi a quel pavone di Cecchi Paone - C.I.C.A.P.), nell’affermare che il calendario dei Maya, Nostradamus, le profezie di Malachia, della monaca di Dresda, ma anche la Geoingegneria clandestina, H.A.A.R.P., i cambiamenti nel sistema solare, nel geomagnetismo, l’incremento dei sismi, dei maremoti, dell’attività vulcanica, la fusione fredda, la storia non ufficiale, le tradizioni esoteriche, le ricerche di confine... sono tutte fandonie, indistintamente.

Giornali e televisioni di regime hanno potuto allegramente mettere alla gogna studiosi non allineati, ridicolizzare l’intera questione, con la giustificazione che la “fine del mondo” (sic) profetizzata dai Maya non è accaduta. [1] In questo modo volgare e schernevole, si sono liquidati temi scomodi correlati allo strapotere di una casta di pervertiti. E’ stato sorprendente notare che la posizione più coraggiosa è stata quella di alcuni astronomi ortodossi che hanno riconosciuto come i cambiamenti del clima non sono da imputare al biossido di carbonio. Gli investigatori indipendenti, invece, pur avendo a disposizione una mole imponente di dati, si sono limitati a balbettare qualche “sillaba secca e storta come un ramo”.

Di converso alcuni ricercatori preannunciarono che il 2012 sarebbe stato un anno significativo sotto il profilo storico: hanno centrato il bersaglio, considerando che le élites hanno compiuto dei passi decisivi lungo il percorso che ha per meta l’instaurazione del Nuovo ordine mondiale. Se restiamo confinati alla storia, possiamo rilevare che Mari-u-o-lo fu designato senatore a vita il giorno 11 novembre 2011. Divenuto primo ministro, dopo aver semidistrutta l’Italia, colui ha rimesso l’incarico da presidente del consiglio il 21 dicembre 2012. Saranno mere combinazioni, ma la firma degli Oscurati, il numero 11, ricavabile anche dalla somma della data in cui la mummia si è tolta di torno (per ora), è lì in tutta la sua sinistra evidenza.

Dunque la data in oggetto ha la sua rilevanza: l’Italia, quale sede del Vaticano, una fra le teste dell’Idra mondialista, è laboratorio di sperimentazioni per i globalizzatori. Tuttavia è vero che nessun indiamento, nessuna transizione ad un mondo di pace e di armonia hanno strappato l’umanità o parte di essa ad una realtà degradata e turpe. Qualche segnale di cambiamento si avverte, ma è quasi imponderabile e non va necessariamente nella direzione vagheggiata.

Si può obiettare che le vere svolte sono quelle interiori, ma la differenza tra esterno ed interno, oltre che labile, è convenzionale. Ogni snodo nella sfera metafisica trova il suo riflesso nella regione fisica: ora è proprio questa sterzata da alcuni attesa che è mancata all’appuntamento. Nessuno si aspetta che da un giorno all’altro gli uomini acquisiscano i superpoteri (ammesso e non concesso che ciò sia un beneficio); nessuno smania un cataclisma che incenerisca Gaia ed i suoi abitanti. Nondimeno, se si enfatizza il 21 dicembre 2012 come data cruciale o il 2012 come anno-spartiacque, sotto un profilo alchemico o cosmico, come un “orizzonte degli eventi”, dove spazio e tempo ordinari sono trascesi, trasmutati, non ci si può, ad evento non occorso, trincerare dietro espedienti dialettici.

Chi scrive ritiene che i “nuovi cieli e la nuova terra” descritti nell’Apocalisse di Cerinto(?) siano reali: sono il risultato dell’apocatastasi, di una reintegrazione delle cose nel Principio. Tuttavia questo evento non sembra a portata di mano né è gratuito: potrebbe essere anticipato dall'accesso ad una dimensione migliore post mortem, se non è una liberazione suggellata da un conclusivo trionfo sulla morte e sul male.

Nessuno, però, sa quando avverrà ed in che maniera, soprattutto per chi ed a quale prezzo.

[1] Invero, il solstizio del 2012 per i Maya cosmici è lo Xibalba be, ossia la "via verso gli inferi". Si può pensare che abbiano sbagliato?

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

22 dicembre, 2012

Arte e potere: è auspicabile che l’analisi di un’opera di soggetto “cristiano” evidenzi lo sfondo ideologico?

Giorgio Manganelli scrisse che “la letteratura è menzogna”. Il provocatorio asserto ci mette in guardia dall’ingenua immedesimazione nelle storie, nelle descrizioni, negli immaginari, ricordandoci che l’universo letterario si sottrae al rispecchiamento, poiché vive di una vita propria, la cui verità è finzione e fictio.

Se la bellezza, valore per eccellenza dell’arte, trova in sé la sua verità, l’ideologia è l’ipoteca che grava su certe opere. Vediamo una situazione emblematica. Il genio rinascimentale esprime la sua poetica irripetibile, ma si richiama pure alla committenza, ai maestri che l’hanno preceduto ed a lui coevi, ai codici linguistici e via discorrendo. Le sue creazioni sono avulse del tutto da condizionamenti esterni?

Ci troviamo al cospetto di una delle più imbarazzanti contraddizioni della storia: in che misura un’arte di soggetto “cristiano” è genuina, sincera, dal momento che l’iconografia è falsa?

Pensiamo poi alle “Confessioni” di Agostino dove alcune pagine sublimi convivono con l’equivoco teologico e filosofico. La “Commedia”, le cattedrali gotiche, i dipinti di Leonardo da Vinci non incorrono in tale antinomia, poiché l’ortodossia “cristiana” è solo un simulacro dietro cui sono codificati valori esoterici di sapore “eretico”. [1]

Incaricato da papa Giulio II, Raffaello nel 1511 affrescò sulle pareti della seconda Stanza vaticana (detta di Eliodoro), quattro “istorie” derivate dalla Bibbia o ispirate ad eventi della vite dei papi e della Chiesa, ma simbolicamente in stretta relazione con i programmi politici del pontefice regnante e con i drammatici avvenimenti contemporanei. Di fronte al mutare delle funzioni e del significato delle immagini, Raffaello abbandonò la classica misura degli affreschi della prima Stanza, elaborando un linguaggio di notevole energia, ora negli effetti scenografici ora nei contrasti luministici ora nella veemenza dell’azione ora nella ricchezza delle soluzioni cromatiche.

Un capolavoro è “La liberazione di san Pietro dal carcere” per la sapiente composizione drammatico-narrativa, per i contrasti chiaroscurali, il magnifico notturno con la luna su cui scorre un velo di nubi, i riflessi sulle armature dei soldati… La luce calda che circonfonde l’angelo crea un armonico contrasto con i freddi scintillii selenici.

Un’opera così pregevole inscena un episodio del tutto fantasioso: nessun angelo liberò dalla prigione l’apostolo che, probabilmente, morì in Palestina, come testimoniato da Giuseppe Flavio che annota: “Sotto l’amministrazione del procuratore Tiberio Alessandro (46-48 d.C.) si verificarono disordini che portarono alla cattura di due figli di Giuda il Galileo. Si chiamavano Giacomo e Simone e furono entrambi crocifissi; colui era il Giuda che aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino eseguiva il censimento in Giudea”. (Antichità giudaiche, XX)

Ora, i figli di Giuda il Galileo corrispondono a Giacomo e Simon Pietro dei Vangeli canonici. Ciò è difficilmente oppugnabile. Quando il Maestro illustrò lo pseudo-accadimento finì con l’avallare un’interpretazione spuria della storia appartenente al Cristianesimo primitivo, in linea con la tradizione anch’essa spuria che vede in Pietro il primo papa (sic) con annessi e connessi. L’arte non è certo risolta nell’ideologia, a differenza di quanto avviene, ad esempio nel caso di correnti quali il “realismo socialista”.

Tuttavia un’analisi spassionata ed esaustiva dell’opera, a parere di chi scrive, dovrebbe evidenziare tale sfondo ideologico, ossia lo storico dell’arte andrebbe affiancato dallo storico affinché questi, di volta in volta, discerna i contenuti veridici o plausibili da quelli fittizi e leggendari. Altrimenti si resta confinati in un’interpretazione edificante, catechistica, quantunque la riflessione sugli aspetti formali ed iconografici sia apprezzabile. Un critico come Antonio Paolucci, verbigrazia, incarna un orientamento ermeneutico del genere. L’amore per la verità rivendica un’esegesi compiuta ed eterodossa: lo splendore dell’arte non ne è offuscato, mentre le contraffazioni ecclesiastiche, volte all’instaurazione di un potere eretto su un basamento di falsi storici, sono mostrate in tutta la loro spudoratezza.

[1] Tale lacerante domanda si può ampliare a tutta la cultura “cristiana” in cui sovente lo stile coesiste con l’infondatezza. Dovremo pure interrogarci sul ruolo di Chiese come l’ortodossa, la copta e la cattolica, in parte depositarie (di più le prime due) di una Tradizione veneranda, eppure collocata fuori contesto e, in tal modo, snaturata e sovvertita nei fini e nei valori.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

17 dicembre, 2012

Templi e tempi

Maestose vestigia di templi edificati da genti di cui si sono perse quasi del tutto le tracce, monumenti megalitici, mura ciclopiche di città erette su alture, statue enigmatiche dalle dimensioni colossali, miti di cui sono protagonisti dei potenti ed eroi intemerati… Che cosa accomuna tutte codeste pristine testimonianze? Quale fil rouge lega il complesso architettonico di Ankgor Wat e le cattedrali gotiche, le saghe nordiche ed il Popol Vuh?

Sono tracce di un passato venerando ed arcano in cui costruttori e rapsodi codificarono conoscenze sovente riconducibili alla precessione degli equinozi. Per quale ragioni le civiltà che precedettero le civiltà erano ossessionate da un fenomeno astronomico complesso a tal punto che bisognò attendere l’età ellenistica con lo scienziato Ipparco onde fosse riscoperto? La precessione costruisce un calendario delle ere, con le età che si avvicendano in concomitanza con la successione dei segni zodiacali. I moti apparenti del cielo muovono la ruota del tempo. L’itinerario precessionale è un movimento a ritroso e per questo avvertito come irrazionale, un viaggio che dalla meta conduce al punto di partenza.

Il firmamento per i popoli primigeni era uno specchio che riverberava l’immagine di un mondo inclinato e declinante. Si può congetturare che quelle culture si ripiegassero nostalgiche su un passato remoto orlato dal fioco barlume della lontananza. Il tempo del principio confinava nel non-tempo e tanto più era rimpianto.

La Via lattea era un fiume uranico, il Sole l’araldo del giorno e dell’anno, gli astri erano messaggeri dell’infinito. Gli edifici erano allineati con le costellazioni ed i triliti traguardavano i solstizi. Quei popoli antidiluviani avevano intuito che lo spazio ed il tempo erano sincronizzati, che il cosmo si traslava assieme alle lunghe orifiamme celesti. Non furono solo le esigenze agricole ad insegnare ad osservare la volta: fu la coscienza di una genesi siderale, ultrafanica.

Gli archeologi ortodossi ancora oggi si ostinano a “vedere” nei condotti della Grande Piramide dei pozzi di aerazione; essi, invece, puntano verso Orione e Thuban. Erano sentieri verso regioni soprannaturali. Il geologo Robert Schoch crede che le singolari sculture di Gobleki Tepe, pietre a forma di tau, raffigurino in modo stilizzato Osiride (Orione per i Greci), il dio mutilo. Se Schoch è nel giusto, il mito del Gran Cacciatore si arricchisce di un nuovo episodio illustrato.

Quanto gli antichi erano adusi a contemplare il firmamento ed a leggerne gli scintillanti geroglifici, tanto gli uomini dell’epoca attuale si disinteressano di tutto ciò che oltrepassa l’orizzonte angusto del proprio naso. Così, quando i dardi ignei solcheranno lo spazio e l’aratro del tempo scaverà solchi profondi nella Terra, l’umanità scambierà il fuoco della palingenesi per “il bagliore di un fiammifero”.

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13 dicembre, 2012

Karla Turner: quando il dubbio scotta più della verità

E' meglio tormentarsi nel dubbio che adagiarsi nell'errore. (A. Manzoni)

“La Dottoressa Karla Turner morì di tumore il 9 gennaio 1996, dopo aver ricevuto delle minacce legate alle sue ricerche. Aveva solo quarantottotto anni. Come lei, molte altre persone coinvolte in indagini ufologiche hanno subìto intimidazioni seguite da tumori molto particolari. Molti dei soggetti da lei studiati sono ormai deceduti. [1]

Karla Turner era ed è ampiamente rispettata nella comunità degli ufologi per le sue investigazioni circa i rapimenti. La Turner, conseguito un dottorato di ricerca in studi concernenti la tradizione inglese, fu docente all’università in Texas per più di dieci anni. Nel 1988, però, la donna, suo marito ed il figlio vissero una serie impressionante di esperienze che li costrinsero a riconoscere che erano stati rapiti.

La reazione della Turner fu quella di abbandonare la sua carriera all’interno dell’ateneo e di consacrarsi anima e corpo ad una questione che la coinvolgeva direttamente. Il suo primo libro, "Into the fringe" (1992), dipana i vissuti dell’autrice e dei suoi familiari. Il suo secondo saggio, "Taken: inside the alien-human abduction agenda",(1994) riporta le storie di sequestri di cui furono vittime otto donne le cui vicissitudini includono intrusioni sia esterne sia umane, con risvolti tanto benefici quanto deleteri, in modo da illustrare la natura profondamente complessa del tema. Il suo testo più recente, "Masquerade of Angels" (1994), fu scritto insieme con il sensitivo Ted Rice: il volume racconta la vita di Ted, gli incontri con strane creature la cui identità aleggia in una regione di penombra tra angelico e demoniaco. Karla stava lavorando ad un altro titolo, quando si ammalò al principio del 1995”.

La biografia della compianta Karla Turner è emblematica del destino che attende gli xenologi inclini a scavare in profondità per denunciare l’alleanza scellerata tra militari ed entità mefitiche. Putroppo questo filone di ricerca, oltre ad essere oggetto dei tabù che circondano argomenti eccentrici, è quasi del tutto eclissato dall’ufologia solare pullulante di “angeli in astronave” e di salvatori scafandrati. Nessuno nega l’articolazione e la contraddittorietà delle manifestazioni xenologiche. E’ un dato di fatto, però, che sono quasi sempre i ricercatori “pessimisti” ad essere vessati e neutralizzati, inscenando un improbabile suicidio, con un infarto o qualche altra patologia. All’ostracismo si associa la congiura del silenzio che, nei casi estremi, giunge sino all’eliminazione fisica.

Che cosa scoperse la Turner di tanto scottante da convincere qualcuno ad assassinarla? Se ella si accoda alla linea ermeneutica tracciata da Jacques Vallée e da quegli ufologi che non credono nelle intenzioni benevole di razze aliene, la vera forza della Turner è proprio nella sua riluttanza a formulare un’interpretazione onnicomprensiva, nel bene come nel male. In un suo lucidissimo ma interlocutorio articolo, “Alien abductions in the gingerbread house”, la Turner compie la seguente analisi.

“La Bartholic mi ha insegnato a diffidare di quei ricercatori che pretendono di avere tutte le risposte. Devo ancora sentire di una singola teoria o spiegazione che rappresenti tutti i dati. [2]

Alcuni ricercatori hanno messo in evidenza la successione degli eventi nell'esperienza del rapimento, come l'esame fisico, il prelievo di gameti e la presentazione successiva di un bambino ibrido al rapito. Altri patterns includono l’ avvertimento circa qualche disastro imminente su scala planetaria. Si è tentati di pensare che il chiarimento a proposito delle abductions potrebbe risiedere in questi schemi.

Così i ricercatori annunciano che il problema è risolto. Gli Altri stanno compiendo esperimenti di ibridazione oppure ci viene ripetuto che gli Stranieri sono qui per salvarci affinché non distruggiamo noi stessi ed il nostro pianeta con la violenza, l’uso di droghe, le malattie epidemiche, l'inquinamento e lo sfuttamento indiscriminato delle risorse. Non importa se questi problemi sono peggiorati da quando gli extraterrestri hanno cominciato a visitare la Terra.

I ricercatori più esasperanti di tutti ci assicurano che gli extraterrestri non esistono, che ogni fenomeno dipende dal subconscio. Non importa che molti rapiti sono bambini, troppo piccoli per essere affetti da disturbi psicologici. Allora alcuni psicologi immaginano che gli alieni scaturiscano dall’inconscio collettivo in modo da rispecchiare i nostri fallimenti e le nostre paure. Questa teoria adora particolarmente l'archetipo del Grigio, perché il Grigio ricorda una qualche forma malata fetale di umanità e deve quindi essere un ammonimento oggettivato circa quello che la nostra specie potrebbe diventare, se non si pentirà. Non importa che molti, molti rapiti non hanno contatti con i Grigi, giacché sono vittime di Rettiliani e di Insettoidi, senza dimenticare le creature dall'aspetto totalmente umano, bionde o more.

No, troppi ricercatori sembrano aver trovato una teoria e si aggrappano ad essa a dispetto dei fatti che la contraddicono. Sono queste le idee che dominano l’ufologia. Nondimeno, se il pubblico ha la possibilità di accedere ai dati grezzi, ai rapporti di prima mano dei sequestrati, in particolare di quelli che non hanno alcuna dimestichezza con libri, pellicole e riviste del settore, troverà un modello esegetico molto meno strutturato. Questi casi ‘vergini’ - le persone non contaminate dalla letteratura ufologica - forniscono un quadro impressionante di contatti tra uomini ed alieni”.

Così Karla Turner fu uccisa – poiché di omicidio si trattò – non tanto per le verità che aveva attinto e divulgato, ma per il sano dubbio con cui appannò le certezze di scienziati ed esperti. Sono le sue perplessità a spronare ad un’inchiesta inesausta, mai paga dei risultati acquisiti, preludio di chissà quale sconvolgente rivelazione… Si capisce: le teorie esaustive accontentano il pubblico, lo narcotizzano nell’illusione di aver conquistato il vero. Scoperchiare il vaso di Pandora è molto più scomodo che adagiarsi su un cuscino di convinzioni. Se il cuscino nasconde dei chiodi, pazienza: l’importante è che la fodera sia decorata.

Oggi, complici le speculazioni sulla Nuova era, è soprattutto lo scenario dell’ufologia leziosa a riscuotere successo. Nondimeno è una prospettiva in gran parte edulcorata, distorta: questo orientamento dominante ignora a bella posta tutte le tessere che non possono incastrarsi nell’idillico mosaico. Eppure sono proprio queste piccole, petulanti incongruenze a definire l’intero soggetto dell’affresco.

[1] Altre fonti indicano il 10 gennaio come data del decesso.

[2] Barbara Bartholic è un’investigatrice ufologica che collaborò con il matematico ed astronomo Jacques Vallée. Morì di infarto all’età di settantuno anni.

Fonti: goodreads, alienjigsaw

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11 dicembre, 2012

Minatori

“Come andrà a finire?”. E’ la domanda che si pone John Polkinghorne, già docente di Fisica matematica ed ora teologo anglicano, nel libretto “Quark, caos e cristianesimo. Domande a scienza e fede”. Il quesito “Come andrà a finire?”, che può apparire accademico, ozioso, riguarda il destino ultimo dell’universo.

Scrive l’autore: “La storia dell’universo è il racconto di un gigantesco tiro alla fune. Da un lato c’è l’effetto del Big Bang che spinge alla separazione la materia dell’universo. Dall’altra parte c’è l’inesorabile forza di attrazione che cerca di ricongiungere le cose. Se prevale l’espansione, le galassie continueranno ad allontanarsi le une dalle altre per sempre. […] Si formeranno grandi buchi neri che decadranno infine in una radiazione di bassa frequenza. Non è una prospettiva molto allegra. Andranno meglio le cose, se vincerà la gravità? Temo di no. In questo caso, un giorno l’attuale espansione si arresterà e sarà rovesciata nel suo contrario. Quel che ebbe inizio con il Big Bang finirà nel Big Crunch, poiché tutta la materia precipiterà indietro in un crogiolo cosmico. […] In entrambi i casi, tutto è inutilità e vanità”.

Il duplice scenario delineato da Polkinghorne, nonostante appartenga ad un futuro lontanissimo, ci tocca da vicino, poiché il fato dell’universo dilata la sorte individuale. Si annida un senso dietro la spudorata incoerenza dei fenomeni? Che cosa ci attende? Il nulla o qualcosa di noi sopravvivvrà oltre la fine del percorso tereno e persino di tutte le cose? Lo scrittore solleva le questioni giuste, anche se le risposte che prova ad offrire sono talora di sconcertante banalità, con la solita spiegazione tappabuchi del libero arbitrio.

Tuttavia in modo opportuno il teologo evidenzia che non siamo in grado di comprendere come la sfera quantistica e la realtà di ogni giorno siano collegate tra loro: una profonda faglia spacca le due zolle tettoniche. Si intuisce che un senso nascosto trascende la concezione puramente meccanicista (e desolante) di un universo-orologio che un giorno remoto si incepperà per la ruggine che mangia gli ingranaggi. La coscienza non si riduce al cervello, la vita non è solo una chimica complessa. Anche l’assurdità si radica in un senso e l’abisso ha un fondo luminoso. Illusioni o indizi di un mondo vivo, pulsante, compenetrato da un soffio spirituale?

Si apre dunque una fessura oltre la quale si intravede il barlume della speranza: che sotto la crosta granitica e spessa del male, sia incastrata una ragione. Scaviamo proprio per tentare di portarla alla luce. Siamo minatori che cercano la vena d’oro ed è per questo che dobbiamo percorrere cunicoli freddi, umidi e bui.

Polkinghorne sdrucciola, quando si cimenta nella palestra dell’esegesi biblica per trovare un avallo alle sue ipotesi. Le traduzioni errate e la scarsa (o inesistente?) conoscenza del contesto storico in cui germinarono i Vangeli lo portano a conclusioni grossolane. Pure l’ingenuo realismo ed il convincimento che la natura è intelligibile sono limiti, a parere di chi scrive, di una Weltanschauung in fondo ancora non del tutto svecchiata, per cui la scienza e la fede diventano approdi rassicuranti, invece che porti donde salpare per navigazioni perigliose.

Del breve saggio, vorremmo salvare soprattutto i titoli dei capitoli, simili a quei segni sugli alberi che nei boschi indicano il sentiero da percorrere: “Realtà o opinione?” “C’è qualcuno lì?” “Chi siamo noi?” “Che cosa sta accadendo?”... Siano stimoli per indagini personali, molto più aleatorie ed avventurose rispetto alle prudenti congetture ventilate dal Nostro.

Sono enigmi più che interrogativi, poiché invero tutto è un enigma. La realtà stessa è un enigma: essa è e resta inintelligibile. E' una Sfinge che risponde con una domanda a chi le pone una domanda.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

08 dicembre, 2012

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Il contrappunto è dato dalle parole parenetiche trascritte da Luca (6,27-38): “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla ed il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati ed i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?

Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.

“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.

In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.

Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.

Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.

Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.

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05 dicembre, 2012

The Kovak box

“The Kovak box” è una pellicola britannico-spagnola del 2006. Le vicende della produzione, con la regia di Daniel Monzón ed interpretata da Timothy Hutton, Lucia Jiménez, Annette Badland e David Kelly, sono ambientate nell’isola di Majorca.

David Norton (Timothy Hutton) è un romanziere di successo che sbarca a Majorca per una conferenza in cui presenta il suo ultimo libro. In albergo la fidanzata dello scrittore, dopo aver ricevuto una misteriosa telefonata, si uccide, lanciandosi dal terrazzo. Dopo la disgrazia, una catena di strani "incidenti", attanaglia il protagonista ed una giovane, scampata miracolosamente ad una fine identica. Norton un po’ alla volta diventa l’eroe recalcitrante di disavventure dipanate secondo gli schemi di una diegesi che fagocita la libertà (l’illusione di essere liberi).

Forse di là dalle stesse intenzioni di regista e sceneggiatore, il film si legge come metanarrazione, ossia come ragionamento sui meccanismi del racconto. Dove finisce il racconto dell’esistenza e dove comincia la trama di un romanzo? Non ci sentiamo a volte attori diretti da un regista invisibile?

Invisibile, ma proprio per questo motivo tanto più scellerata, è l’azione dei servizi che manovrano cittadini ignari ed eventi la cui eco è amplificata nel gelido orrore della morte mediatica.

Ignorato per le sue allusioni dirompenti ai microprocessori sottocutanei, all’eliminazione dei dissidenti per mezzo di messaggi post-ipnotici che istigano al suicidio, “The Kovak box”, intaglia nell’antagonista di Norton il personaggio più persuasivo. E’ uno scienziato, un genio del male roso da un male implacabile. L’angoloso David Kelly impersona soprattutto il ruolo di narratore onnisciente che pilota intreccio e personaggi verso un epilogo tanto più tragico poiché inesorabilmente previsto e prevedibile.

Le scelte registiche e di montaggio in linea con le soluzioni classiche tendono a diluire la tensione che stira le sequenze. Nondimeno le note languide ed ossessive di “Gloomy Sunday”, i sinistri esperimenti di controllo mentale contrappuntati dalla mediterranea bellezza della Jiménez e dell’isola, riscattano la pellicola da una certa convenzionalità dei mezzi espressivi.

L’epilogo con l’autore che, a bordo dell’aereo, comincia a scrivere la storia di cui è stato vittima consapevole, dichiara la scrittura come condanna e catarsi, forse come l’unico modo per essere padroni del proprio destino.

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03 dicembre, 2012

Frammento di un romanzo disperso (II)

[...] Il giardino della villa era il luogo dell’appuntamento. Era quasi mezzogiorno ed il sole intiepidiva appena la giornata invernale la cui luce, simile al fondo aureo di un’icona bizantina, scontornava le siepi di bosso ed i cedri del parco.

Attese l’ospite nel padiglione vicino al quale si trovava un laghetto cinto dai ventagli di papiri. Sull’acqua le ninfee, dai fiori di un rosa pallido, parevano stelle tremule in una notte di pioggia. Un carassio occhieggiò da sotto il pelo dell’acqua.

Da lì la vista poteva spaziare: tra le fronde di un’imponente magnolia, a guisa di impetuose cascate, spumeggiavano cumuli bianchissimi variegati di giallo, quasi fossero sculture crisoelefantine. Tutto taceva: solo con lieve fruscio si staccava qualche foglia dai tigli per adagiarsi, con lente oscillazioni, sul prato. Dall’edera, che invadeva i piedritti, si sprigionava un sentore ombroso. Una lucertola, mimetizzata tra le foglie, strisciò guardinga verso il capitello alla ricerca di tepore.

Si chiese se, anche questa volta, come la precedente, avrebbe aspettato invano l’Anfitrione. Non comprendeva per quale motivo egli desiderasse donare a lui, che non conosceva l’accadico, quel libro: se un erudito, proprio per la sua vasta ma in fondo arida dottrina, avrebbe durato fatica a comprendere il messaggio dell’opera, come poteva cavarne un senso qualsiasi chi ignorava affatto quell’arcaica, obliata lingua? Eppure aveva insistito: avrebbe fugato ogni suo dubbio.

Il cielo pareva un arco da cui pendeva, simile a capelvenere, l’eco verde-azzurra di un’era remota.

Diresse lo sguardo verso il piano nobile della dimora: scorse dietro i vetri di una finestra una figura seduta, avvolta in un plaid; nella sinistra, le dita magre ma affusolate, teneva un orologio da tasca.

Alle spalle avvertì lo scricchiolo della ghiaia: qualcuno si stava avvicinando.

Continua... forse.

Leggi qui la prima parte.

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01 dicembre, 2012

Invasione silenziosa

Alcuni ricercatori paventano che entità malvagie e predatrici siano intente, nel loro disegno di dominio, a decimare l’umanità e ad ibridare i superstiti. Tale sinistro scenario è adombrato anche nella tradizione cabalistica. Certi testi della Qabalah descrivono un regno oscuro da cui promanano energie distruttive che istigano gli individui a mentire, a frodare, ad uccidere. In questa regione tetra albergano demoni il cui influsso perverte gli uomini, perpetuando l’inganno politico e sociale. A. Antonelli accenna a tali presenze in un suo saggio. [1]

Ebbene, questo essere spettrale sembra affiorare anche nella ‘dottrina segreta’, in cui prende il nome e le sembianze del malvagio kelippot. Il termine ‘kelippah’, che si riferisce alla corteccia dell’albero della vita, significa alla lettera ‘conchiglia’. Entità misteriosa e maligna, il kelippot nasce come separazione della creatura dal suo Creatore e compare nella Qabalah come una sorta di figura demoniaca che regna nel mondo materiale o addirittura al di sotto di questo. Sembra, infatti, che i kelippot siano ciò che resta dell’energia divina, una volta attraversate le prime due Sefirot e giunta a Binah: le emanazioni che si trovano sotto di essa, incapaci di contenere tale energia, ne sono sconvolte e finiscono nel mondo materiale. Tale catastrofe iniziale sembra essere avvenuta, perché il male aveva già permeato l’Albero della vita”.

Stando a Scholem, i kelippot, (ebraico קְלִפּוֹת), le cui mani hanno quattro dita, cercano di impossessarsi di un corpo, congiungendosi con gli umani. In passato, i frutti di questi connubi erano considerati progenie illegittima. Tale discendenza era tenuta in disparte durante le riunioni di famiglia ed esclusa o sfavorita, nel momento in cui si spartiva l’eredità. Da un punto di vista psicologico, i kelippot sono le energie magmatiche ed oscure dell'inconscio.

George C. Andrews ritiene che alcuni kelippot siano assimilabili a quegli alieni che costringono i rapiti ad accoppiarsi. Vari studiosi si sono chiesti se lo scopo di tali unioni non sia la creazione di una razza ibrida, destinata a sostituirsi in modo progressivo ma ineluttabile ai veri abitanti del pianeta. David Jacobs, Budd Hopkins et al. delineano un’invasione subdola, silenziosa, assai più efficace di una guerra di conquista. I Grigi ed altre creature allotrie sarebbero la versione contemporanea di lemuri, incubi, succubi, larve... Le parvenze sono un po’ differenti, ma i fini crudeli sono i medesimi. Il loro ideale è quello di un mondo trasformato in un campo di concentramento cibernetico dove l’immaginazione e la creatività sono annichilite.

Epidemie, catastrofi “naturali”, guerre, miseria, inquinamento, coercizione... sono le armi con cui fiaccare e sfoltire l’umanità, condurla sull’orlo del baratro. La terra futura sarà popolata da una massa di schiavi ebeti al servizio di un Golem?

[1] La Qabalah, parola proveniente dalla radice KBL, ‘ricevere’, morfema già attestato in accadico, è il retaggio orale comprendente dottrine mistiche ed esoteriche dell’Ebraismo. Gli insegnamenti sono poi confluiti in alcune opere fra cui la più nota è Sefer ZaZohar, Libro dello Splendore.

Fonti:

G. C. Andrews, Extraterrestri amici e ostili, Diegaro di Cesena, 2001, pp. 424-427
A. Antonelli, William Blake e William Butler Yeats, Sistemi simbolici e costruzioni poetiche, Firenze
D. M. Jacobs, The threat: revealing the secret alien agenda, 1998
R. Tresoldi, Enciclopedia dell’esoterismo, pp. 123-128


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28 novembre, 2012

Ossimoro

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”. L’ossimoro è l’essenza della realtà, anzi il mondo stesso che è contraddizione insanabile. La coscienza che si desta dal torpore della materia greve è ossimoro che porta con sé la rifulgente gloria della caduta, il trionfo della sconfitta, la panoplia della fragilità. Non siamo forse ossimori viventi? Il peso leggero dell’oblio, la mole dei mali schiacciano la vita su cui striscia silenziosa ma implacabile la morte, a guisa di un vilucchio che adagio si avviticchia ai rami di un’altra pianta… per soffocarla.

Invano cercheremo di distinguere nel sapore degli istanti che scavano l’esistenza l’agro dal dolce. La ragione “pietrificante” (Novalis) ci blocca nella dualità, mentre gli opposti non si incontrano: poiché si scontrano.

Sono inestricabili il destino ed i sogni di libertà. Siamo carnefici di noi stessi, vittime inesorabili. “Ognuno inciampa sul suo cammino”. (De Gregori). L’alba s’illanguidisce nel buio. Nella notte le stelle intrecciano ghirlande di spine. L’incubo è contornato di luce.

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”: acuto è colui che legge nel paradosso la verità, nell’assurdo una scheggia di senso, persino sul muro nero del silenzio la risposta di Dio. Il saggio stolto, però, ha parole, sguardi e dubbi più acuminati.

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25 novembre, 2012

The American Armageddon

Watch therefore, for ye know neither the day nor the hour wherein the Son of man cometh. ("John", 25, 1)

‘The American Armageddon’ è un saggio di Luca Scantamburlo, pubblicato nel 2009. Vorrei spendere qualche parola sull’autore, prima di recensire il libro. Scantamburlo (Treviso, 1974), ex giornalista pubblicista ed attualmente autore freelance, è un ricercatore onesto e meticoloso, non a caso disdegnato dalle case editrici: oggidì molti sono abituati a compilare voluminosi testi, attingendo a piene mani a studi che regolarmente non sono citati. Invece Scantamburlo non trascura neppure la più piccola fonte nelle note ricchissime e precise del suo lavoro. Il plagio è malcostume diffusissimo, cui il Nostro è del tutto estraneo. [1]

‘The American Armageddon’ è uno spaccato sull’enigma Nibiru e sul ‘Jesuit footage’. [2] Lo scrittore, raccogliendo un ampio repertorio di testimonianze (Robert O. Dean in primis), ricerche, ipotesi, cerca di comprendere se siano prossimi dei cambiamenti cosmici insabbiati dal governo ombra. Che qualcosa stia cambiando e sia cambiato nel sistema solare è indubbio: arduo è stabilire se Nibiru esista. Se esiste, è un pianeta, una nana bruna, una cometa, un simbolo, un portale o ancora… un avamposto? Qualora fosse un varco interdimensionale o un avamposto abitato da una razza bellicosa, come suppone qualcuno, si potrebbe capire lo scopo del selvaggio Terraforming cui è sottoposto il pianeta: creare un ambiente adatto ad una stirpe esterna. Ad ogni modo non è neppure così importante definire la vera natura di Nibiru, quanto imparare ad aprire gli occhi, ad osservare il cielo e le sue inquietanti presenze.

Per quanto ci riguarda, riteniamo che proprio dallo spazio arriverà la risposta nel bene o nel male. Non siamo inclini ad a sposare la posizione di Scantamburlo secondo cui l’esecutivo segreto non fornisce ragguagli scabrosi a proposito degli eventi venturi per non causare anomia, ossia il caos sociale ed economico. Anche se può apparire paradossale, le classi dirigenti preservano lo status quo proprio fomentando l’instabilità ed il disordine.

Merito dell’autore è aver subodorato l’inganno dietro le versioni ufficiali, aver sfiorato i tentacoli di una piovra ben annidata negli anfratti della retropolitica. Tuttavia continuare a nutrire fiducia in figure come Gorbacev e Giovanni Paolo II è, a modesto parere di chi scrive, contraddittorio e rischioso.

Nonostante questo aspetto, la fatica di Scantamburlo è degna di attenzione, poiché offre una panoramica suggestiva che si muove dall’astronomia accademica, al tempo stesso ammiccante e reticente sul Pianeta X, alla storia antica (con Zecharia Sitchin ed Immabuel Velikovsky che sono punti di riferimento), dalla politica all’ufologia.

Nell’alveo scavato da Cristoforo Barbato, misteriosamente scomparso dalla Rete, l’analisi chiama in causa i servizi segreti italiani, la N.A.S.A., il Vaticano… È pure valorizzata l’investigazione di Burak Eldem, outsider turco le cui conclusioni sono pressoché sconosciute al pubblico. Eldem identifica nel 666 dell’Apocalisse lo shar sumero corrispondente, stando al ricercatore, a 3661 anni e vede nell’Ab.zu lo spazio cosmico, suffragando le congetture circa un incipiente perielio di Nibiru, causa di aberrazioni nel sistema solare.

Che il Sole ed i pianeti siano da alcuni decenni interessati da anomalie e che la Terra sia colpita da fenomeni in alcuni casi di origine naturale, ma esacerbati dalla Geoingegneria, è indiscutibile.

Occorre tentare di scoprire la vera matrice e le conseguenze per l’umanità di tali mutamenti: per conoscerle non dovremo forse aspettare a lungo. E’ solo questione di tempo… poco tempo.

[1] Il sito di Luca Scantamburlo è www.angelismarriti.it. Di recente è stato dato alle stampe il seguito del libro in oggetto, ossia “Apocalisse dallo spazio. L’avvento di Nibiru e dei Vigilanti”, 2011. Sarà opportuno commentarlo quanto prima.

[2] Sul tema si legga il datato ma corposo “Nibiru tra verità e disinformazione”.

[3] Avemmo l’onore ed il piacere di conoscere di persona il freelance Cristoforo Barbato, in occasione di un congresso tenutosi alcuni anni addietro ad Occhiobello (Rovigo). Acuto indagatore di fatti scottanti e brillante conferenziere, Barbato ha aperto la “pista gesuita”, foriera di tanti enigmi e di tante trame. Il suo sito è stato chiuso: il giornalista ha lambito qualche verità inconfessabile? Fortunatamente molti reportages sono ancora disponibili in Rete.

Ringraziamo il collaboratore ed amico G. per la preziosa segnalazione.

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23 novembre, 2012

Uno o due Messia? (prima parte)

Chi legga in modo spassionato i Vangeli deve convenire che non di un solo Messia sono narrate le vicende ed è riferita la predicazione, ma di due. Poco importa se essi furono personaggi storici o no: le religioni germinano attorno ad un’idea che può essere incarnata da una figura carismatica realmente esistita, ma pure coincidere con una prodigiosa mitopoiesi.

Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.

Che cosa induce molti studiosi ad ipotizzare che i Messia fossero due? Gli indizi non mancano: gli Esseni, confraternita nel cui milieu o ai margini del quale si sviluppò il movimento ebionita, attendevano due Messia: uno regale ed uno sacerdotale. La congiunzione Giove-Saturno, che fu forse la stella di Betlemme, adombra la distinzione menzionata. Il Vangelo di Matteo contiene una genealogia regale, laddove Luca riferisce l’ascendenza levitica.

Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.

La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.

Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.

Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”

Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)

Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"

Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti?

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19 novembre, 2012

Epos

Paradossi e scosse dell’affabulazione

Che cosa spinge quasi tutti noi a raccontare quanto ci è accaduto? Si noti: molti ci trattengono per snocciolare episodi insignificanti e, non paghi di avercene resi partecipi una volta, ripetono l’insulsa storia ogni qual volta trovano l’appiglio idoneo. Non sono soltanto gli anziani ad amare la rievocazione di vicende o aneddoti del “buon tempo andato”, sebbene con il passare degli anni l’inclinazione affabulatoria si intensifichi.

Che cosa significa allora raccontare? Anzi, qual è lo scopo recondito? Ognuno ha il suo épos personale, pallidissima ombra dell’épos antico dove la diegesi di eventi archetipici assurge a simbolo, si eterna nella regione intangibile del mito. Quale differenza rispetto alla squallida e noiosa cronaca in cui si è intorpidito l’istinto narrativo! L’esposizione esemplare è stata eclissata dalla chiacchiera (Heidegger) in cui l’intreccio si sfilaccia, si sfibra. Secoli fa l’eco solenne dell’aedo scivolava nel mégaron sulle calde onde di luce che si sprigionavano dal focolare, oggi il borborigmo della chat

“In principio era il Lògos”... che è anche racconto. Dio narra a sé stesso il suo sogno infinito, ne dipana i fili che ora si aggrovigliano ora strangolano le galassie, i sistemi solari, le creature. L’universo è un grandioso romanzo senza né capo né coda, il delirio mistico di un febbricitante.

Quando ci ritroviamo a ripercorrere un evento del passato, nel nostro piccolo, strappiamo al tempo inesorabile un brandello di significato. Ci illudiamo di averlo strappato all’esistenza che è diaspora, entropia. Essa corre a rompicollo verso il decadimento e la senescenza, verso la fine.

Dio stesso non sarà roso da una struggente nostalgia per la condizione primigenia, prima che Egli si immergesse nel sangue dello spazio, prima che Egli si incarnasse nel tempo?

Un racconto di sapore ancestrale: narra il mito ellenico che Crono (il Tempo?), spodestando il genitore, Urano (il Cielo, lo Spazio?), lo evirò con un falcetto. Il Tempo è lo strazio del Cielo, il supremo sacrificio compiuto dalla “fondazione del mondo”. Il sangue dell’evirazione si spande per tutto l’universo, sino nei suoi angoli più remoti, si addensa e si impasta alla sofferenza ed alla morte. Il sangue è simbolo dell’èros, della vita e dell’espiazione ed è inutile piangere sul sangue versato. Così solo da un nume mutilato può nascere la generazione successiva delle divinità, sorgere la creazione. Il seme deve spaccarsi e perire affinché germogli. Il cosmo può esistere solo come carneficina, anzi come fallito suicidio per opera di Dio. La morte abbraccia la vita che alla fine è strozzata in un amplesso fatale.

Sotto un portico al freddo, Dio, affamato, la barba incolta, batte i denti guasti: non ricorda chi fu né perché abbia deciso di lanciarsi nel vuoto senza paracadute.

Descrivere, riferire, esprimere, comunicare… per ognuno di noi viene il giorno in cui finalmente potremo raccontare non un caso rilevante, ma l’avvenimento per eccellenza.

Quel giorno, però, dalla bocca non uscirà neppure un suono. Smaniosi di raccontare a chicchessia l’unico accidente che davvero merita di essere raccontato, non troveremo nessuno che ci possa ascoltare.

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17 novembre, 2012

Le élites e gli Stranieri

Negli ultimi tempi alcuni scienziati hanno osato rompere il tabù che circonda il tema degli extraterrestri. E’ noto che si viene subito additati come visionari o ciarlatani, non appena si sfiorano certi soggetti relegati nel novero delle fantasticherie di adolescenti. Dunque questo interesse dei ricercatori è sintomatico di un importante cambiamento. Che cosa li ha spinti a rilasciare dichiarazioni sulle civiltà stellari e come le dipingono? Questi annunci non sono casuali, poiché dipendono da una raffinata strategia volta a plasmare l’opinione pubblica. Gli scienziati accademici non sono soltanto i portavoce dell’establishment, quanto esponenti del potere.

Le loro analisi sono all’apparenza contraddittorie: alcuni (ad esempio, Hawking e Kaku) allertano il pubblico, descrivendo gli Stranieri come pericolosi invasori; taluni (Wilcock, Greer et al.), invece, promuovono l’immagine degli alieni salvatori, prospettando la risoluzione di ogni problema mondiale grazie all’elargizione all’umanità di tecnologie avveniristiche ed alla creazione di una confederazione planetaria improntata ai valori della pace e della fratellanza cosmica.

E’ evidente che il governo segreto conosce la verità sugli alieni. E’ poi probabile che l’esecutivo occulto abbia stipulato patti con civiltà malevole e spregiudicate cui si devono almeno le mutilazioni animali ed umane nonché il Terraforming al contrario. Forse una frangia delle élites è pentita dell’accordo siglato, ma non può agire: ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. Pur con tutta la buona volontà, è impossibile scagionare forze esterne dalla perpetrazione di certi crimini, anche se la deprecabile collusione di una cupola terrestre (il complesso militare-industriale) è indubbia.

Lo scenario che si sta delineando – il Quarto Reich è giusto dietro l’angolo (o è già qui?) – fu anticipato negli anni ‘80 del XX secolo da alcuni autori, tra cui George C. Andrews. Essi preannunciarono la creazione di uno stato totalitario mondiale, diretto dietro le quinte da potenze “forestiere”.

Per gettare le fondamenta del “mondo nuovo” (A. Huxley), spacciandolo per il migliore dei governi possibili, è necessaria la disinformazione che è soprattutto un gioco di prestigio. Ammesso e non concesso che esistano civiltà galattiche benevole e nel contempo interventiste, saranno proprio queste ad essere demonizzate e combattute con le armi più micidiali affinché le nazioni siano soggiogate da una dittatura tecnocratica. Di converso visitatori scaltri e scellerati sono e saranno decantati come i redentori. Steven Greer ed altri ufologi, finanziati dai Rockfeller, si impegnano da anni in questa montatura orwelliana in cui il male è presentato come bene e vice versa. Si tradiscono, però, quando negano la Geoingegneria o la ignorano o la ridimensionano fortemente.

Oggi più che mai è opportuno credere nell’esatto contrario di quanto divulgato dai media di regime e dagli scienziati ortodossi. I liberatori si mostreranno sorridenti ed affabili: le loro mani saranno elegantemente inguantate per nascondere artigli da cui gronda sangue.

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