30 settembre, 2012

Dagli U.F.O. nazionalsocialisti a H.A.A.R.P. (Prima parte)

I dischi del Terzo Reich

Alcuni studiosi hanno evidenziato la somiglianza tra i cosiddetti U.F.O. del Terzo Reich ed i ricognitori di George Adamski, concludendo che i dischi volanti avvistati e fotografati dal corifeo del contattismo (e da qualcun altro) erano macchine del nostro pianeta, la cui tecnologia era stata messa a punto nella Germania nazionalsocialista. E’ questa la cosiddetta ipotesi terrestre propugnata in Italia soprattutto da Renato Vesco, ufologo genovese della prima generazione: Vesco, tra il 1968 ed il 1972, pubblicò tre volumi in cui sosteneva che i flying saucers erano velivoli progettati e costruiti segretamente in Canada da scienziati e tecnici britannici.

E’ indubbio: gli oggetti adamskiani mostrano un aspetto pressoché sovrapponibile a quello dei prototipi tedeschi. Sono navicelle con abitacolo e scafo pressappoco a forma di campana e con tre semisfere nella parte inferiore. Cercheremo di spiegare le ragioni di questa analogia nella prossima tranche dell’articolo.

Tra i vari ricercatori, Alfredo Lissoni ha indugiato con particolare pazienza sul tema dell’aviazione segreta appartenente al Terzo Reich, dunque, per un’analisi del soggetto, rinviamo al suo recente saggio, “U.F.O., i dossier top secret”. Qui ci limitiamo ad indicare alcune coordinate.

Gli U.F.O. nazionalsocialisti (in tedesco Haunebu, Hauneburg-Geräte o Reichsflugscheiben, ossia “dischi volanti del Reich”), talvolta definiti V7, sono presunti velivoli dalla sofisticata tecnologia, la cui realizzazione è collegata ad alcune forme di esoterismo, inteso come contatto medianico con entità di altri mondi o dimensioni.

Le rivelazioni sugli U.F.O. tedeschi si inquadrano nell’effettivo sviluppo di velivoli a reazione per opera della Germania: si pensi all'Me 262, ai missili guidati o balistici come il V1 ed il V2, la cui tecnologia gettò le basi per i primi programmi missilistici e spaziali sia dell'Unione Sovietica sia degli Stati Uniti.

I resoconti sugli U.F.O. nazionalsocialisti si situano nel contesto di alcuni avvenimenti storici: la Germania di Hitler, dopo aver rivendicato il territorio della Nuova Svevia in Antartide, vi inviò una spedizione nel 1938. Progettò anche altre esplorazioni. Inoltre lo scienziato Viktor Schauberger condusse esperimenti su una turbina di sua invenzione: ne scaturirono ricerche riguardanti una tecnica di propulsione avanzata. Infine, durante la Seconda guerra mondiale, furono avvistati da aviatori sia tedeschi sia alleati degli oggetti sferici, i famosi foo fighters, che i piloti dell’una e dell’altra parte credettero aerei nemici.

Nel 1950 l’esperto italiano di turbine, Giuseppe Belluzzo, pubblicò degli articoli in cui si avallavano le voci sui dischi nazionalsocialisti: l’ingegnere descrisse apparecchi circolari che erano stati concepiti a partire dal 1942 contemporaneamente da Italia e Germania. A questi prototipi si interessarono i rispettivi capi di stato. Stando a Belluzzo, erano state applicate tecnologie convenzionali, come la turbina a combustione interna ed il turboreattore per aerei. Poco tempo dopo, lo scienziato germanico, Rudolph Schriever, confermò di aver disegnato dischi volanti durante il periodo nazionalsocialista.

L'ingegnere aeronautico Roy Fedden asserì che i Tedeschi stavano lavorando, sul finire del conflitto, a svariati progetti aeronautici piuttosto inconsueti. Egli dichiarò: “Ho visto abbastanza dei loro progetti e piani di produzione da comprendere che se i Tedeschi fossero riusciti a prolungare la guerra solo per alcuni mesi, avremmo dovuto reggere il confronto con una serie di sviluppi nel combattimento aereo del tutto nuovi e mortali”.

Il capitano Edward J. Ruppelt, a capo del Progetto di investigazione ufologica, noto come "Blue Book", nel 1956 affermò: "Alla fine della Seconda guerra mondiale, i Tedeschi stavano sviluppando molti tipi innovativi di aerei e missili balistici. La maggior parte dei progetti si trovava per lo più allo stadio preliminare, ma si trattava degli unici velivoli conosciuti che avrebbero potuto anche solo avvicinarsi alle prestazioni degli oggetti cui si riferiscono i testimoni degli U.F.O."

Con il celeberrimo libro “Il mattino dei maghi” di Pauwels e Bergier ci si interna in sinistri e fantastici meandri: ivi gli U.F.O. sono collegati alla società Vril. La Vril, secondo gli autori succitati ed altri scrittori successivi, prese contatto con una stirpe aliena, da cui ricevette il know how per costruire, con la cooperazione della società Thule, delle navicelle spaziali dalle sbalorditive funzioni. Dopo la sconfitta dell’Asse, alcuni esponenti della Vril ripararono in un’installazione nell'Antartico.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

26 settembre, 2012

Prometheus

Lo studioso Micheal E. Salla estrae il succo dell’ultima produzione del regista Ridley Scott, Prometheus. Scrive Salla: “In ‘Prometheus’ i creatori dell'umanità, una razza extraterrestre descritta come ‘gli ingegneri’, ha intenzione di tornare sulla Terra per introdurre una nuova forma di vita atta a sostituire l'umanità. La missione Prometheus compie la sconvolgente scoperta che gli ingegneri sono i progenitori di Homo sapiens sapiens. [1]

Gli ingegneri sono descritti come alieni violenti interessati non ad instaurare un dialogo con i ‘figli’, ma volti solo a distruggerli ed a rimpiazzarli. Ad un certo punto in questo grandioso progetto di ingegneria genetica, i creatori perdono il controllo dell’esperimento e sono quasi sterminati dalla nuova forma di vita aliena che essi hanno generato. Uno degli scienziati, rimasto in uno stato di sospensione delle funzioni vitali per millenni, viene rinvenuto e risvegliato dall'equipaggio del Prometheus. Gli astronauti compiono la scoperta sorprendente di ciò che i creatori dell'umanità stavano progettando e di quello che è successo loro. Questo intreccio è lentamente sviluppato in ‘Prometheus’ come antefatto della saga cinematografica, “Alien” che Ridley Scott cominciò nel lontano 1979. ‘Prometheus’ è un po’ più della solita pellicola fantascientifica di intrattenimento ed è quindi superiore ad altri film recenti imperniati su un’invasione aliena, quali “Battleship”, “I vendicatori” e “Men in black 3”. ‘Prometheus’ può essere parte di una serie di film destinati ad 'educare' l’opinione pubblica affinché pensi alla vita extraterrestre in un modo che promuove le priorità della sicurezza nazionale o anche una religione esoterica professata dalle élites globali”.

Salla ricorda che un documento stilato dalla C.I.A. nel 1953 (relazione Durant), inerente ad una strategia psicologica, raccomandò di usare l'industria cinematografica per acclimare i cittadini statunitensi al fenomeno dei dischi volanti ed all'ipotesi extraterrestre, secondo cui alcuni U.F.O. sono di origine interplanetaria. In breve, l’ufologo fondatore della branca nota come esopolitica, ritiene che opere come “Prometheus” tendano a definire un’immagine negativa dei visitatori, secondo un indirizzo ormai preponderante nella cultura popolare (pellicole, serie televisive, rotocalchi…), laddove negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo (si pensi al classico “Ultimatum alla Terra”) prevaleva lo stereotipo dell’ufonauta saggio e benevolo.

Annota Salla: “Il film consegue due obiettivi simultanei. Si continua a sostenere l'idea che gli extraterrestri sono ostili e pronti ad invadere Gaia. L'impatto psicologico di Prometheus e di pellicole simili è quello di rendere i cittadini passivi di fronte alle prove circa la vita extraterrestre, dati su cui gli esecutivi seguitano a mantenere il segreto. Un altro scopo è insinuare che gli alieni, che hanno giocato un ruolo nella creazione dell'umanità, stanno tornando con un programma sinistro. Mentre l'idea di divinità che ritornano tra gli uomini è esaltata nei sistemi di credenze dei popoli indigeni di tutto il mondo, Hollywood condiziona l’umanità a credere il contrario: gli extraterrestri sono intrinsecamente cattivi, anche quelli che possono aver giocato un ruolo nella genesi dell'umanità”.

A nostro parere, ha ragione Salla quando denuncia le ossessive campagne dell’establishment statunitense sull’importanza della sicurezza nazionale per difendersi da eventuali minacce “esterne”. Il nemico è sempre esterno: il comunismo sovietico, gli stati-canaglia, il terrorismo islamico, l’alieno. Che poi il vero nemico del popolo sia colui che giura e spergura di adoperarsi per proteggerlo è conclusione cui pochi sono giunti. Tant’è… Tuttavia il film di Ridley Scott non pare essere animato solo da propaganda bellicista e sciovinista. In filigrana si può intravedere uno scenario quanto mai inquietante, ma forse con una certa dose di realismo. Che l’umanità o una sua parte abbia ascendenze stellari, al punto di non–ritorno cui siamo arrivati, diventa quasi una controversia oziosa. Invece l’evenienza che una genia siderale intenda operare un terraforming al contrario è una tessera utile per comporre il mosaico, ma Salla getta via questa tessera senza accorgersene. Eppure la Biogeoingegneria è lì in tutta la sua sconvolgente “verità effettuale” a comprovare che qualche entità oscura ne è davvero all’origine.

Naturalmente Salla, intrappolato nel suo ingenuo ottimismo (in buona fede?) a base di visitatori benevoli, biondi e con gli occhi azzurri, ignora la verosimile minaccia costituita da esseri allotri che intendono probabilmente in parte asservire il genere umano, in parte distruggerlo. Si stanno trasformando gli ambienti naturali in habitat artificiali. Ciò avviene solo per finalità militari o agisce una longa manus dietro la drastica metamorfosi del pianeta? Certo, il ruolo nefasto del complesso strategico ed industriale è indiscusso, ma situazioni straordinarie richiedono spiegazioni straordinarie.

Gli Altri non sono “intrinsecamente cattivi” (non tutti), ma neppure intrinsecamente angelici, a differenza di come li dipingono new agers ed ufologi monocoli il cui sguardo è tanto acuto che scorgono una microscopica sfera nel cielo, ma non riescono a vedere un aereo chimico a 1.000 metri di quota. La questione centrale, nella loro visione del mondo, un millenarismo popolato di “angeli in astronave”, è assente. La realtà è molto più complessa di come la si immagina: sfumature e contraddizioni esigono un approccio interpretativo più duttile, dialettico e guardingo. Una concezione manichea, con i visitatori buoni in conflitto contro i governi malvagi, pecca per lo meno perché il primo termine è positivo tout court. E’ vero che le élites di psicopatici mirano a demonizzare l’Altro, ma che qualcuno intervenga in vece nostra per debellarle è poco plausibile. Intanto gli annunci di sbarchi di vascelli scintillanti si susseguono, eppure, in modo paradossale ad ogni mancato appuntamento, il numero degli adepti ed il loro fervido entusiasmo, crescono.

Ci attende forse un avvenire oscuro in cui il mito contemporaneo del salvatore giunto dallo spazio profondo, è destinato a tramontare, mentre una sfida prometeica sembra prospettarsi per un’umanità prossima a vivere la sua fase conclusiva.

[1] Lo strano suicidio del fratello di Ridley Scott, Tony, aggiunge un particolare conturbante al quadro.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

23 settembre, 2012

Revelation

Quei pomeriggi estivi immersi in un’atmosfera immobile, irreale… Ore torpide, inerti i cui secondi sono eternati nell’afa, tagliati da fendenti di una luce arida, quando anche cercare un senso non ha più alcun senso. Allora si dissolve la tragica illusione del tempo: attimi epifanici schiudono le cose, prossime a “tradire il loro ultimo segreto”, a lasciar affiorare la filigrana del destino universo…

Gli antichi greci la definivano l’ora dei demoni: è l’istante meridiano quando gli oggetti, non gettando più la loro ombra, si stagliano nudi nella loro sfingea essenza. Il daimon del mezzogiorno, nel silenzio che all’improvviso scende sulla radura, fissa il divenire. Il suo sguardo pietrifica: cade il vento, le fronde ferme si specchiano nell’acqua cristallizzata.

E’ un istante: un tremito di vento, lo stridio di una cicala e tutto riprende il suo moto ininterrotto verso l’ignoto.

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20 settembre, 2012

Mark Probert ed i danni alla ionosfera

Nell’ormai lontano 1953, un medium di nome Mark Probert, mentre in stato di trance era in comunicazione con i presunti occupanti di un U.F.O., affermò: “Il pericolo che correte attualmente, mitigato per qualche tempo dai Guardiani, sta nel danneggiamento progressivo degli strati superiori dell’etere (l’atmosfera, n.d.r.), cioè la ionosfera”.

L’aneddoto, riportato da Richard Thompson nel saggio “Le civiltà degli alieni”, è considerato dall’autore il più realistico fra tutti i messaggi canalizzati negli anni ’50 del XX secolo. A mio parere, ha ragione lo studioso a non disdegnare le comunicazioni del channelling. Infatti “potrebbero avere un ruolo significativo per la comprensione delle comunicazioni ricevute durante incontri con ipotetici extraterrestri, perché hanno spesso un contenuto simile e dato che il channelling avviene in alcuni casi di contattati. E’ forse rilevante il fatto che molti degli elementi menzionati nelle attuali informazioni U.F.O. fossero già presenti in quelle tramite canalizzazioni dei primi anni ’50. Altri due esempi sono la teoria dell’intevento genetico e l’idea che gli impianti radar possano provocare avarie negli U.F.O.”

Thompson ritiene che Probert si riferisse alla coltre di ozono, ma l’avvertimento potrebbe, invece, riguardare proprio la ionosfera. Sappiamo che questa fascia di plasma situata tra i 50-60 ed i 400 chilometri al di sopra del suolo fu oggetto di perniciosi test militari a partire dagli anni ‘60 del XX secolo. Scrivono Rapetto e Di Nunzio: “Il 9 luglio 1962 gli Stati Uniti avviarono una serie di esperimenti relativi alla ionosfera: un ordigno da un kilotone fu fatto esplodere ad un'altitudine di 60 km, insieme con un altro da un megatone ed un terzo da più megatoni ad alcune centinaia di km di quota. Questi test danneggiarono seriamente la parte interna delle fasce di Van Allen, suscitando l'indignazione internazionale. Gli esperimenti in questione, etichettati come Progetto Starfish, alterarono la forma e la densità della fascia di Van Allen, con la conseguente precipitazione di particelle nell'atmosfera”.

In seguito, alle esplosioni nucleari si è sostituita l’attività elettromagnetica degli impianti H.A.A.R.P. in grado di deformare e perturbare la ionosfera con conseguenze deleterie sugli equilibri della Terra.

Un ricercatore della N.A.S.A. correla le alterazioni della ionosfera ai sommovimenti tellurici: “La N.A.S.A. scende in campo con un annuncio rivoluzionario sulle previsioni sismiche. Secondo Stuart Eves, che lavora presso l'agenzia statunitense, vi sarebbe sempre una stretta correlazione tra i terremoti che superano il quinto grado della scala Richter e particolari perturbazioni che avvengono nell’atmosfera più alta, la ionosfera.

'Perturbazioni nella ionosfera si possono verificare quando le faglie terrestri, ossia le fratture il cui movimento genera i sismi, raggiungono punti di elevata tensione e creano correnti interne nella crosta terrestre che possono interessare l’atmosfera. Queste correnti sono troppo deboli per essere captate vicino alla superficie della Terra, ma in quota dove anche le più piccole perturbazioni elettriche influenzano le molecole ionizzate dell’alta atmosfera, creano delle alterazioni rilevabili dai satelliti', ha spiegato Eves”.

L’episodio scovato da Thompson sembra avere un valore predittivo e suscita interesse, in quanto è un unicum nella storia dell’Ufologia: non mi consta che altre notizie di supposta origine esterna concernano la ionosfera e la sua degradazione, semmai imperniandosi su un più generico deterioramento degli ecosistemi. Sono danni provocati non dai comuni cittadini ed in maniera involontaria, ma dalla cricca dei militari, anche se dietro codesti mentecatti non è escluso che si celi qualcun altro...

Fonti:

R. Thompson, La civiltà degli alieni, Roma, p. 215
U. Rapetto, R. Di Nunzio, Le nuove guerre, 2001




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17 settembre, 2012

Zeit und Geist (terza ed ultima parte)

Leggi qui la seconda parte.

Fuori dal tunnel

Ha probabilmente ragione Rick Strassman, autore di “DMT, the Spirit molecule”, quando asserisce: “Non c’è nulla nei regni dello spirito che sia intrinsecamente buono. Ci sono certamente forze spirituali oscure.” (Hancock, Sciamani, p. 652). Queste forze spirituali oscure possono cambiare nome (Arconti nel Quarto vangelo e nella Gnosi, Principati e Potestà in Shaul, Asura nella tradizione mazdea, demoni in quella cristiana, ginn nell’Islam, alieni ostili nell’ufologia etc.), ma sono dissimili denominazioni e differenti parvenze dietro cui si celano presumibilmente le stesse entità predatrici. I contesti culturali modellano le percezioni di una realtà che è occultata dai fenomeni.

Ci si chiedeva: che cosa cercano queste creature? Sembra siano particolarmente interessate al genoma umano: il D.N.A. silente, stando alle ipotesi di alcuni ricercatori, è una sorta di archivio in cui sono contenute informazioni ancestrali. Non sappiamo quali siano le informazioni né chi le abbia introdotte: a tutt’oggi il D.N.A. silente (il 90 per cento circa del codice) è un enigma. E’ assodato che non è funzionale alla sintesi proteica cui presiede il 10 per cento circa della macromolecola. Potrebbero gli Altri essere al corrente che il genoma “non attivo” è un ponte verso dimensioni iperfisiche, uno strumento utile per varcare la soglia della sfera empirica ed astrale? Qui entra in gioco la Bioingegneria, considerata come il tentativo di manipolare il D.N.A. con lo scopo di carpirne un segreto che riguarda la continuazione della vita o l’accesso a regioni off limits…

“L’oceano del soprannaturale – osserva Graham Hancock – è vasto ed infido. Non è possibile navigarvi senza mappe. Ovunque sia possibile, si dovranno cercare punti di riferimento da cui dedurre le proprie coordinate”. E’ così: questo oceano immenso circonda la piccola isola che è la vita terrena. Acquisire un’ottica spirituale significa non solo interrogarsi sulla natura dell’iperuranio, ma pure provare a comprendere quale possa essere la via d’uscita. E’ necessario costruire la zattera che ci consenta di affrontare le insidie del mare incognito per approdare indenni nel continente dell’eternità. E’ dunque, nel senso più profondo, una questione di coscienza.

Qual è la via della liberazione che, come è consigliato da molti saggi, deve essere individuata durante la breve e tormentosa esistenza terrena? Per nascere, bisogna morire: gli antichi riti misterici insegnavano che l’adepto doveva morire alla sua vecchia vita, spogliarsi dell’involucro grossolano e delle illusioni, se intendeva entrare nel mondo vero, uscendo dal carcere del tempo. La meditazione, le pratiche ascetiche, in primis il digiuno, particolari danze, l’assunzione di sostanze psicoattive… sono sempre state reputate i percorsi privilegiati. Eppure non siamo sicuri siano sufficienti né è certo che la morte del corpo combaci, ipso facto, con l’emancipazione. Lunghe, sinistre ombre si proiettano sulle plaghe oltre il sipario che chiamiamo “realtà”…

Nota di bibliografia ragionata.

L’idea per questo articolo è scaturita specialmente dal corposo ed eccellente testo di Graham Hancock, “Sciamani”, Milano, 2006, passim. A questo titolo rinviamo per ogni approfondimento e per le fonti dirette, libri di paleontologia, antropologia, storia delle religioni, botanica, chimica ed ufologia. Sono stati anche compulsati gli articoli di Nigel Kerner, uno dei pochi ufologi che correla le interferenze aliene alle concezioni ed agli “avvertimenti” della Gnosi antica, incluso il Quarto vangelo. E’ uno studioso il cui approccio sentiamo, soprattutto per questo motivo, congeniale. Circa gli abitanti del mondo astrale, abbiamo consultato Carlo Splendore, “L’uomo e l’aldilà”. Il cross over tra xenologia e tradizioni esoterico-sciamaniche è il tema saliente del saggio scritto da Enrica Perrucchietti, “Il fattore Oz”.

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14 settembre, 2012

Black is back

Nel 2003 quel marpione di Umberto Eco pubblicò un testo in cui, raccontando un sogno fittizio, descriveva uno scenario futuro con un black out globale e tutte le conseguenze del caso. L’onirico pezzo, costellato di titanici strafalcioni e quindi sicuramente uscito dalla penna del semiologo dalla sintassi sciancata, era un avvertenza di chi la sa lunga o un divertissement letterario?

Si rincorrono in queste ultime settimane le voci e persino pullulano le notizie circa un prossimo evento-spartiacque che dovrebbe cambiare il mondo così come lo conosciamo. Tale avvenimento dovrebbe occorrere nell’ultimo scorcio del 2012 o al principio del 2013. E’ pacifico che i comuni cittadini non possono sapere che cosa i tagliagole stiano architettando: un collasso economico? Un‘interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica su scala continentale? Un conflitto in Medio Oriente? Una pandemia? Niente di tutto ciò? Il rischio di sottovalutare le insidie sussiste. “Al lupo! Al lupo!”, si grida per scherzare, fino a quando il lupo arriva davvero, ma nessuno più ti dà retta.

Qualcuno ha temuto che fosse compiuto un inside job in concomitanza delle empie Olimpiadi londinesi. Fortunatamente non è stata perpetrata alcuna strage: a volte certi ambienti diffondono notizie atte a seminare la paura e ad intorbidare le acque. Bisogna provare ad immedesimarsi nella psiche perversa dei globalizzatori che sono, in primo luogo, dei sadici: i sadici amano prolungare le sofferenze delle loro vittime. Dunque questo tenere sulla corda la popolazione con una crisi logorante, uno stillicidio di misure sempre più coercitive, una serqua di disastri innaturali rispecchia la mente depravata dei satrapi.

Lo stesso proposito di ridurre viepiù la soglia entro la quale è possibile servirsi del contante, lungi dall’essere dettato dalla volontà di combattere l’evasione fiscale, potrebbe sommarsi all’impossibilità, a causa di un black out, di impiegare gli strumenti elettronici. Le persone si troverebbero così sia senza liquidi sia senza denaro elettronico. Si comprende che è una situazione ghiotta per i banditi che prenderebbero due piccioni con una fava.

Se davvero dovremo affrontare un periodo più o meno lungo, privi di elettricità e perciò di acqua, derrate, benzina servizi essenziali etc., non sarà probabilmente per via di una tempesta solare, ma a cagione di un sabotaggio di origine miltare e governativa.[1] Uno strano messaggio televisivo sembra un obliquo avviso (non è l’unico) ad aspettarsi l’inaspettato. Il comunicato dell’Associazione “Medici senza frontiere” si apre con una strada buia rischiarata appena dalla luce che proviene da un finestrone di un edificio e si conclude con il monito: “L’unico modo per intervenire allo scoppio di una crisi entro 48 ore è farsi trovare già pronti”.

A questo punto molti penseranno quali siano le precauzioni da assumere in questo frangente: difficile sia essere pronti da un punto di vista pratico sia sotto il profilo psicologico, poiché le abitudini degli Occidentali sono troppo radicate per concepire di poterle modificarle ex abrupto. Una minoranza riuscirà ad adattarsi ed a sopravvivere; gli altri… Sarà opportuno evitare tanto l’allarmismo quanto l’inerzia ed agire, se possibile, come le vergini sagge del Vangelo.

Per il resto, vedremo... sempre se avremo una candela.

[1] Un attacco EMP potrebbe generare gli stessi effetti di una potente tempesta geomagnetica.

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11 settembre, 2012

Lo scarto

Abbiamo oggi tutte le risposte, anche quelle agli interrogativi abissali. Taluni ci spiegano, infatti, che come esistono particelle di carica positiva e particelle di carica negativa, così si contrappongono, ma si conciliano, il bene ed il male. Il Dao (leggi Tao) è lì a dimostrarlo. Senza colpo ferire, i concetti spesso controversi della fisica quantistica vengono trasferiti nel macrocosmo e persino nell’etica.

Forse si dimentica che le cariche delle particelle sono tali perché così definite, mentre non credo che la distinzione tra bene e male sia del tutto arbitraria, come fossero due princìpi intercambiabili. L’ignavia, ostentata come somma virtù, chiamata spesso “superamento del dualismo”, è la cifra degli pseudo-spiritualisti. Non sappiamo quale sia l’origine del male, ma asserire o che non esiste o che è sinonimo perfetto di bene, è forse un po’ audace.

I sensisti (e lo stesso Leopardi con ben maggiore acume), se non altro, distinsero tra piacere (bene) e dolore (male): oggi troveremo chi contesterà questa ovvia separazione.

E’ vero che la morale non trova fondamenti indiscutibili, poiché, per giovarsene, deve a sua volta presupporre un caposaldo altrettanto assoluto (Dio), ma anche un bambino, anche un animale rifuggono dalle cause di sofferenza, perseguendo, invece, il soddisfacimento dei propri desideri naturali. Questa congenita inclinazione verso le sorgenti della gratificazione dimostra che, anche ad un livello di impulsi elementari, bene e male non sono identici.

Se si allarga il discorso a sfere più elevate, anche qui ci si accorge che creazione e distruzione, bello e brutto, vita e morte, amore ed odio, salute e malattia, intelligenza e stoltezza non sono commutabili, ancorché un polo possa sfumare indefinitamente nell’altro. Bisognerebbe capire come e perché, ad un certo punto, nell’universo che di per sé non è né morale né amorale, sia emerso quel quid che, anche in modo istintivo e profondo, spinge gli esseri viventi a discernere tra gli opposti. L’etica affiora quando si prende coscienza della natura dell’universo? Potrebbe l’etica essere una sovrastruttura umana in un cosmo in cui tutto accade come deve accadere, dove tutto è compiuto? Questa possibilità mi pare implausibile, tuttavia non si può, se si vuole essere spassionati, rigettarla a priori.

Se, seguendo Kant, postuliamo una ragion pratica, siamo costretti ad aggiungere anche l’assioma del libero arbitrio, poiché non ci si può riferire ad una condotta lodevole o deprecabile, escludendo la possibilità di scegliere. Paradossalmente gli anti-dualisti etici di solito sono assertori del libero arbitrio e persino della capacità di co-creare.[1]

Sono temi spinosi, su cui abbiamo già indugiato: qui evidenziamo la contradditorietà dell’assunto. In un mondo che è “il migliore dei mondi possibili”, che senso hanno le azioni, l’evoluzione della coscienza, le scelte? E’ necessario sia introdotto un ostacolo, affinché si inneschi il movimento che non è necessariamente progressivo. Eppure gli pseudo-spiritualisti negano che tale ostacolo si trovi anche nella realtà empirica, ribadendo che tutto, proprio tutto è perfetto così com’è, giacché il male è solo il risultato di una visione limitata e distorta. Se così fosse, però, donde scaturiscono le questioni che diventano lancinanti nelle situazioni estreme? Sono il frutto di fantasticherie o davvero qualcosa non quadra? Se è corretta la seconda ipotesi, che cosa non quadra e perché?

E’ evidente che le domande pullulano. Sono quesiti giganteschi che fagocitano le piccole, timide risposte sull’enigmatica, ambigua natura dell’essere.

[1] La questione è assai controversa. Se è indubbio che, in casi eccezionali, la mente può influire in qualche modo sui fenomeni, affermare che il pensiero (ma il pensiero di chi?) può ipso facto creare e plasmare la realtà, poiché a livello di particelle subatomiche l’osservatore (attraverso uno strumento) interagisce con l’osservato, è di nuovo una semplificazione ed un triplo salto mortale. E’ comunque un’idea che va collocata in una teoria filosofica congruente al suo interno e non espressa a vanvera.

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08 settembre, 2012

Il caso di Filiberto Cardenas: ridefinire i criteri della ricerca (terza ed ultima parte)

Leggi qui la seconda parte

Qualche riflessione conclusiva

Leopoldo Antinozzi ha osservato, riferendosi a chi scrive: “Se rimaniamo ancorati alla pura constatazione dei fatti tradizionalmente intesi non riusciamo a scorgere la tendenza positiva dell’attuale momento storico, visto che i fatti per ora sono solo negativi. Un esempio per tutti, le scie chimiche, il Nuovo ordine mondiale, la New age e l’intervento extraterrestre non sono necessariamente negativi, se visti nell’ottica del superamento del pensiero dualistico”. Orbene, l’aver abbandonato la “pura constatazione dei “fatti” ci ha portato ad intravedere delle tendenze sinistre, di là dalle promesse mirabolanti legate al New world order (difenderlo, pur con tutti i capziosi distinguo messi in campo dall’autore, ci sembra discutibile... ed usiamo un eufemismo), alle correnti pseudo-spiritualiste ed alle canalizzazioni in stile “Ra material” che sono per lo meno dubbie. Vediamo che che alle ormai declinanti illusioni scientiste e delle religioni tradizionali, si vogliono sostituire, probabilmente in buona fede, le illusioni e le teodicee di sedicenti maestri, dominanti in una fantomatica ed imminente era all’insegna del “Tutto è Uno”.

In verità, l’argomentazione di chi critica i ricercatori più guardinghi, è sempre la medesima: li si accusa di essere incatenati al “pensiero dualistico”, dimenticando che la dualità (non il dualismo) è intrinseca al cosmo ed al Tutto. Se veramente “Tutto fosse Uno”, esisterebbe solo la materia-energia ed avrebbero ragione i materialisti o sussisterebbe solo lo Spirito e sarebbero nel giusto gli Idealisti, laddove è probabile che, sebbene con caratteristiche ontologiche differenti (l’hyle potrebbe avere un’esistenza di secondo grado confinante con la maya), siano ambedue enti. Si vorrebbe forse si ammettesse che, non esistendo oppposizioni di sorta, tutto è indifferente, promuovendo un atteggiamento di passività e di ignavia.

Siamo, invece dell’opinione che Nuovo ordine mondiale, falso spiritualismo ed interferenze siano positive dal punto di vista conoscitivo, poiché spingono ad interrogarsi su temi cruciali, ma deleterie sotto molti altri rispetti, considerandone i frutti velenosi. Semmai è da un loro superamento che può scaturire una svolta desiderabile per l’umanità. L’accoglimento ingenuo di certi insegnamenti (di per sé sono a volte condivisibili, ma ci si è chiesti chi veramente li trasmette e con quali fini?) è acquiescenza nei confronti dell’esistente. E’ comunque dissimile la Weltanschauung: a confuse e superficiali dottrine moniste anteponiamo un sistema duale anche se debole, giacché i primi incorrono in aporie ed insanabili incongruenze. [3]

Il caso di Filippo Cardenas - che è paradigmatico - mostra tanto aspetti minacciosi (si pensi alle cicatrici) quanto rassicuranti (i colloqui amichevoli con le entità), vuoi risvolti tecnologici vuoi immateriali. Non solo, la compresenza di particolari denotativi (il disco volante, la manopola, la città sottomarina) e connotativi (l’icona con il serpente, il contegno ieratico dell’alieno seduto sul trono) manifestano una convergenza tra ufologia “viti e bulloni” e xenologia parafisica. In questo modo oggettività e soggettività, che sono due facce della stessa medaglia, sebbene con statuti e tratti differenti, tendono ad incontrarsi.

E’ nella zona di intersezione tra questi due indirizzi che presumibilmente si trova la chiave d’accesso. Purtroppo pare essere una zona off limits.

[3] Vedi almeno Appunti sull’’Idealismo di ieri ed oggi.

Fonti:

V. Sanchez-Ochejo, W. Stevens, U.F.O., contact from undersea, Tucson, 1982
R. L. Thompson, Le civiltà degli alieni, 1995, Milano, pp. 199-201


APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

05 settembre, 2012

Deserto digitale

Sempre più spesso gli alberi vengono tagliati senza una vera ragione. Qui una pianta secolare è sradicata, là un platano viene potato in modo selvaggio, altrove un pino è scapitozzato. Talora al mattino, invece di essere allietati dal cinguettio dei passeri, ci si sveglia con nelle orecchie il sordo ronzio di una motosega: qualcuno ha deciso di mozzare un tronco. Per quale motivo? Gli alberi danno fastidio: ora attenuano, con le loro chiome frondose, il segnale del digitale terrestre ora le radici spaccano il cordolo del marciapiede ora i rami sconfinano nella proprietà altrui… Si potrebbero in molti casi sfoltire un po’ le chiome, ma alla fine della maestosa pianta resta solo un ceppo i cui germogli sono implacabilmente strappati. Esemplari imponenti e stoici hanno resistito al flagello delle bufere, all’aridità, persino ai veleni sparsi copiosi ed ecco che, dove s’innalzavano cattedrali di smeraldo, adesso si slarga una spianata di cemento.

Si tralascino quei casi in cui gli alberi sono malati o quando sono pericolanti, in seguito ad un nubifragio; trascuriamo anche lo sfruttamento economico che porta a tagliare interi boschi e foreste e l’urbanizzazione del territorio. In molte occasioni la frenesia della scure si abbatte su piante rigogliose e bellissime in modo del tutto immotivato.

Eppure chi non ama “il verde”, come viene definito con generica metonimia? Si organizzano vacanze in luoghi ameni, immersi nella vegetazione. Non appena ci è possibile, ci rechiamo in montagna per un contatto distensivo con la natura. Tuttavia ritengo che, se villeggianti ed escursionisti potessero godere la frescura di una vegetazione di plastica, per loro sarebbe addirittura meglio.

Questa smania distruttiva alla fine si spiega solo pensando ad un odio incoercibile contro la vita e la bellezza. E’ un impulso furioso che denota la profonda, immedicabile tara di un’umanità mutilata, incapace di concepire idee pure e di provare vere emozioni.

Gli alberi, con le radici piantate nella terra e la chioma protesa verso il cielo, avrebbero molto da insegnarci, ma ne diverremo consci solo quando la terra sarà stata ridotta ad un deserto digitale.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

02 settembre, 2012

Zeit und Geist (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Nel tunnel

E’ celebre il quadro di Hyeronimous Bosch, “Ascesa all’Empireo”. Nella tavola sono dipinte delle anime che, accompagnare da coppie di angeli, vengono condotte verso un tunnel con in fondo una luce intensa, quella del Paradiso. Le anime sono genuflesse presso l’imboccatura. In fondo al cunicolo le aspetta un personaggio, forse un angelo o S. Pietro.

Un’immagine simile, pur in un contesto differente, è evocata da Dante in "Inferno" XXXIV, vv. 132-138.

Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,

salimmo su, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.
[1]

Non mancano reminiscenze di gallerie all’interno di resoconti relativi a presunti sequestri. “Il momento più suggestivo dell’abduction di Sandy Larson consistette nella ‘visione’ della terra nello spazio attraverso l’estremità di un tunnel luminoso” (T. Bullard, Abductions: the measure of a mystery, vol I, p.115).

Un’altra sequestrata, Nona, racconta: “Mi trovo avvolta dal raggio di luce. Sto salendo e c’è un buco sopra di me ed è scuro, ma circondato dalla luce. E’ come una luce azzurra… un raggio di luce azzurra che arriva fino a terra e poi è stato come attraversare un tunnel. (J. Mack, Passport to the Cosmos, p.73-74).

La percezione del tunnel è peculiare dei vissuti psichedelici: i soggetti che entrano nei livelli di trance più profonda sperimentano la sensazione di essere calati in un vortice o in imbuto o in tunnel pieno d’acqua corrente e di sprofondare sotto terra. Molti soggetti sottoposti a test di laboratorio raccontano di aver sperimentato un vortice o una galleria rotante che sembrava circondarli. (J. D. Lewis-Williams, T. A. Dowson, The signs of all times, Current antrhopology, vol. 29, n. 2, p. 204).

Gli sciamani samoiedi del gruppo Taudi si riferiscono a cunicoli in cui essi si calano e che conducono a fiumi sotterranei; gli Inuit affermano che la via per il mondo subacqueo passa per il mare e percorrerla è come cadere scivolando attraverso un tubo (Ramussen, p. 124).

Da questa breve carrellata si arguisce che l’immagine della galleria è trasversale a vari àmbiti disparati tra loro. Potrebbe essere intesa come un archetipo: ciò spiegherebbe la sua ricorrenza. Sennonché non sappiamo veramente quale sia l’origine dei modelli ancestrali e dove siano situati: collocarli nell’inconscio collettivo significa solo “risolvere” la questione con un’altra questione. Un altro interrogativo riguarda il ruolo del cervello a proposito di tali esperienze: l’encefalo produce le rappresentazioni allucinatorie o le capta, sintonizzandosi su realtà esterne non percettibili nello stato di coscienza ordinario? Ossia la mente, in particolari condizioni, produce creature - spesso teriantropi - e luoghi fantastici o si sintonizza su frequenze normalmente invisibili, un po’ come un apparecchio radiofonico riceve varie stazioni, cambiando la sintonia? E’ arduo rispondere, soprattutto perché non sappiamo con certezza né se si trovi un mondo là fuori né quale sia il confine tra interno ed esterno. Tuttavia, collocando tra parentesi problemi squisitamente filosofici, saremmo tentati di ipotizzare che davvero esistano dei regni spirituali i cui abitanti cercano qualcosa dagli uomini… Sì, ma che cosa?

[1] Anche la "Commedia" dantesca è una grandiosa avventura sciamanica? Qualcuno l'ha congetturato...

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

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