22 ottobre, 2006

Un geroglifico nel cielo

A Tula Hidalgo, città dello stato messicano di Hidalgo, noto perché vi si trova l’importante sito archeologico di Tula, capitale dei Toltechi, il 18 marzo 1998, fu avvistata una flottiglia di U.F.O. Si trattava di oggetti apparentemente sferici, di colore bianco lucente, che si libravano nell’aria. Il Messico è terra di O.V.N.I. e, in questi ultimi decenni, si sono succeduti avvistamenti fino a quelli di Campeche del 5 marzo 2004, certificati dalla stessa aeronautica. Gli oggetti, osservati spesso da numerosi testimoni (piloti, uomini politici, semplici cittadini…) sono globi che evoluiscono in formazioni composte di decine d’ordigni, suscitando meraviglia.

Il 14 agosto del 2005 nei cieli della Florida una squadriglia di oggetti volanti formò una croce latina. La croce è stata per lo più interpretata da frange contattiste come un simbolo della vicinanza dei “fratelli dello spazio” all’umanità ed anche come segno dell’imminente parousia del Cristo.

A mio parere, gli U.F.O. di Tula Hidalgo si disposero nel firmamento a disegnare una sorta di geroglifico: non fu dunque una disposizione casuale. Infatti la sinopia creata dalla flottiglia ricorda le indecifrabili lettere notate da qualche testimone.

Mi riferisco ad Antonio Villas Boas ed a John Reeves. Villas Boas, era un agricoltore brasiliano di Francisco de Sales (stato di Minas Gerais), che fu rapito il 15 ottobre del 1957 da extraterrestri alti circa un metro e mezzo ed obbligato ad un amplesso con un’aliena dai lunghi capelli argentei. L’uomo descrisse ai ricercatori, i coniugi Lorenzen dell’A.P.R.O., dei segni con spunte, trattini e pallini osservati all’interno dell’astronave.

John Reeves, un pensionato di 65 anni, il 2 marzo del 1965, stava passeggiando nel bosco presso Brooksville in Florida, quando scorse un velivolo dai colori cangianti, azzurro, verde e porpora. Il veicolo, di forma discoidale, atterrò a circa un kilometro di distanza. Reeves, dopo essersi avvicinato all’oggetto, vide uscirne una sorta di automa che puntò una torcia, emettendo per tre volte un fascio di luce contro l’uomo. Quindi il robot tornò indietro e rientrò nel mezzo spaziale che, subito dopo, decollò per sparire infine in una decina di secondi. Reeves rinvenne sul terreno dove era atterrato l’U.F.O. due fogli, contenenti un testo incomprensibile: il messaggio presentava segni molto simili a quelli ricordati da Villas Boas.

Il glifo, che istoriò il cielo sopra Tula Hidalgo, è composto di una sorta di "numero uno" centrale obliquo, affine ad una spunta, con ai lati due triangoli, mentre sulla destra in alto si allineano quasi verticalmente due oggetti. Il tutto rammenta un po’ un ideogramma giapponese. Se è un segno e non una configurazione stocastica, il significato resta, però, ignoto, come quello dei grafemi di Villas Boas e di Reeves.

Non escluderei che i tre “scritti”, sulla base delle somiglianze formali, siano da attribuire alla medesima intelligenza esogena. In ogni caso la decodificazione di questi e di altri messaggi, di origine presumibilmente extraterrestre, sembra destinata a restare una delle tante sfide per i ricercatori.


Fonti:

M. Baiata, C. Malanga, Gli U.F.O. di Campeche, in Area 51, luglio 2006, n. 10.
G. Bongiovanni, Grande croce nel cielo, 2005. La croce fu filmata dall’ufologo messicano Jaime Maussan e dal contattista stigmatizzato Giorgio Bongiovanni.
R. Malini, U.F.O. Il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2003, s.v.Villas Boas
R. Pinotti, U.F.O. contatto cosmico, Roma, 1991, alle pagine 75 e 84
J. Vallèe, Passport to Magonia, p. 638

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