17 marzo, 2009

I misteri di Malta: il medico ed il Gesuita (terza parte)

Bisogna rammentare che la storia degli scavi a Malta è tutta una sequela di insabbiamenti, di depistaggi, di censure, di distruzioni di manufatti, come riportato da Graham Hancock, in Civiltà sommerse. Sintomatici sono gli eventi di cui furono protagonisti un medico ed un Gesuita: “Il primo studioso a visitare l’ipogeo fu il medico ed erudito maltese A.A. Caruana che, dietro richiesta delle autorità britanniche, trascorse laggiù il 29 dicembre 1902. Caruana non eseguì scavi, limitandosi ad ispezionare il sito, il cui livello inferiore si rivelò pieno di ossa e teschi umani. Nel 1903 ebbero inizio gli scavi ufficiali, sotto la supervisione di padre Emannuel Magri, un gesuita che faceva parte della commissione direttiva del museo della Valletta. Magri aprì un pozzo nella roccia in modo da creare un ingresso all’ipogeo. Tutti i rifiuti lasciati dai costruttori vennero poi rimossi attraverso quel pozzo. Secondo gli osservatori contemporanei, quel deposito era pieno di frammenti di ossa, vasellame ed altri piccoli oggetti. Il vasellame ed i piccoli oggetti furono recuperati, mentre le ossa vennero accumulate da una parte ed eliminate dal caposquadra e nessuno ne seppe più niente. Ebbe così inizio una vicenda di incuria, disguidi e bizzarre perdite di prove archeologiche che scomparvero dall’ipogeo, una vicenda che dura ancor oggi.

Poco dopo aver sgombrato le sale principali, Magri fu trasferito dai Gesuiti in Tunisia. Morì a Sfax improvvisamente nel 1907. Non aveva ancora pubblicato un rapporto sul lavoro condotto nell’ipogeo e, dopo la sua morte, i taccuini sui quali era risaputo che aveva registrato i particolari degli scavi sono misteriosamente scomparsi. Forse sono ora in possesso dei Gesuiti.


L’archeologo maltese Zammit calcolò che nel sito sotterraneo si trovavano gli scheletri di seimila o settemila individui; uno dei suoi allievi, W.A. Griffiths indicò una cifra superiore, ma quasi nessuna di queste ossa preistoriche è stata preservata. Evans definì nel 1971 la scomparsa dei resti “una perdita irreparabile per la paleontologia maltese” e pensare che lo scrisse nel 1971 quando il National Museum della Valletta possedeva ancora undici teschi; nel 2001 ne rimanevano sei. Gli altri? Spariti".

A proposito dei crani, è probabile che la loro sistematica distruzione sia stata perpetrata per nascondere la presenza nell'arcipelago di un'etnia contraddistinta da una particolarità anatomica: infatti, nel complesso di Hal Saflieni, furono trovati crani mancanti della sutura mediana, elemento che determinò l'allungamento naturale nella zona occipitale.

Questi teschi sono molto simili a quelli reperiti nelle Canarie e riferiti ai primitivi abitanti delle isole, i Guanci. A mio avviso, è presumibile che sia gli antichi Maltesi sia i Guanci fossero discendenti degli Atlantidei. I Guanci erano composti da individui di alta statura (circa un metro e 90), il loro incarnato era roseo. Avevano capelli molto chiari, quasi bianchi ed occhi azzurri.

L'eliminazione delle ossa umane non è l'unico intervento distruttivo: nell'ipogeo, infatti, una pittura di ocra rossa, raffigurante un toro (o un bisonte?), molto antica e di fattura piuttosto rozza, fu rimossa per espresso ordine del Direttore preposto al Dipartimento dei Musei. Lo studioso maltese, Anton Mifsud, ascrive al Paleolitico il bisonte, non dissimile da analoghe figure effigiate a Lascaux. L'intento della rimozione è evidente: abradere la figura zoomorfa, oggi ridotta ad una diafana ombra, significa avvalorare "le opinioni tradizionali sulla preistoria di Malta che stanno a cuore al mondo accademico, ossia che Malta non era abitata dall'uomo durante il Paleolitico e che rimase disabitata sino al 5200 a.C., quando fu colonizzata da una popolazione neolitica proveniente dalla Sicilia e che l'ipogeo pertanto è una struttura neolitica, soltanto neolitica e nient'altro..."

Leggi qui la seconda parte.



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