14 ottobre, 2012

Mito


Quel ch’è stato e che sarà non è la realtà. (R.R.)

Si può comprendere per quale ragione Nietzsche provò uno sgomento indicibile, allorché fu folgorato dall’idea dell’eterno ritorno dell’uguale. Si può concepire qualcosa di più terribile? Il ciclo cosmico si ripete in eterno, senza alcun mutamento. Quel che accade oggi è già accaduto innumeri volte ed è destinato a rinnovarsi ad infinitum. Il tempo si avvita su sé stesso in un movimento che è paralisi nell’istante privo di senso. Il qui ed ora sono per sempre, con tutto il loro assurdo, insostenibile peso.

Se esiste una via d’uscita, essa non è in un’età rigenerata, ma nel mito. I miti antichi sono gli archetipi di eventi che sono collocati in un principio antecedente l’inizio stesso. Gli avvenimenti non si dipanano lungo una linea cronologica, ma si collocano in un spazio metafisico. Perciò gli eroi, sconfitto il tempo incarnato da creature spaventose, ascendono al cielo. Lassù i semidei sono trasfigurati in scintillanti costellazioni.

Il mito non è prima del tempo, ma al di fuori. Le avventure dei semidei adombrano un significato esemplare: la caducità trascesa nell’infinito. Così si avvera il sogno di un mondo salvato dal disfacimento o dalla perennità della caduta che non tocca mai il fondo. La vita si emancipa dall’errore primigenio, è redenta dalla sua insignificanza.

Che cos'è il mito, se non la verità che rifiuta di degradarsi nel verosimile?

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