05 luglio, 2006

Elogio degli Americani

Absit iniuria verbis

Gli Europei, per lo più Britannici, sterminarono circa diciotto milioni di nativi americani, da quando crearono le loro prime colonie nel nuovo continente: fu un genocidio sistematico, un massacro pianificato con “scientifica” precisione. Fu non solo lo sterminio di “cento nazioni” giustificato con gli orpelli narrativi e cinematografici dell’epopea del West, ma anche la distruzione di una delle poche culture umane degne di questo nome. È vero che i nativi spesso combattevano tra loro ed è vero che uccidevano bisonti ed animali da pelliccia, ma dimostravano anche un sostanziale rispetto per la natura e gli animali. Tale rispetto li induceva a non praticare la caccia indiscriminata, evitando di distruggere in modo irreversibile gli ecosistemi, da cui traevano risorse indispensabili per il sostentamento. Il ritratto dei nativi americani delineato da Chateaubriand in Atala è senza dubbio edulcorato, risentendo del mito tardo settecentesco del buon selvaggio, ma, in una certa misura, rispecchia quel modo sacrale e sorgivo di concepire il creato tipico di molte tribù americane, così lontano dall’arrogante antropocentrismo degli Europei, dalla loro febbre distruttiva ed autodistruttiva, di cui le classi dirigenti degli Stati Uniti sono la mostruosa, esemplare incarnazione.

Non si dimentichi, poi, l’estinzione non solo di usi e riti, molti dei quali venerandi, ma anche la scomparsa di parecchi idiomi americani, ricchi di sfumature semantiche, portatori di una Weltanschauung incentrata su una percezione dello spazio e del tempo spesso opposta al dualismo ed alla volontà di potenza, insiti nella struttura delle lingue indoeuropee.

Il genocidio di questi popoli delle praterie, delle pianure nordamericane fa quasi impallidire l’’olocausto degli Ebrei compiuto prima e durante la Seconda guerra mondiale come l’etnocidio degli Armeni, perpetrato da Ataturk. Non è un caso se Hitler (alias Rotschild) affermò che bisognava prendere ad esempio la carneficina compiuta in America del Nord per affrontare il “problema” ebraico. Hitler, d’altronde, ed i gerarchi del nazionalsocialismo non inventarono nulla, perché adattarono ad un rinnovato contesto le misure già attuate della chiesa cattolica nel Basso medioevo e dalle chiese riformate nell’età moderna: ghetti, stelle di David cucite sugli abiti, pogrom antigiudaici, confische di proprietà… La barbarie è sempre barbarie, anzi è ancora più barbara ed abominevole, quando è ammantata di parole ed espressioni, come democrazia, guerra al terrorismo, libertà, sviluppo, progresso, valori occidentali...

È ovvio che non possiamo né dobbiamo essere antiamericani, poiché è opportuno anche apprezzare i contributi culturali delle civiltà precolombiane che non erano perfette, tutt’altro, ma certo migliori di monaci e vescovi distruttori di templi e di libri, di avventurieri avidi d'oro e di una gloria sanguinaria. Anche nei confronti delle culture mesoamericane e sudamericane lo sterminio delle persone si accompagnò all’annichilimento di tradizioni e fedi. Oggi i discendenti dei Maya e degli Incas lottano non solo per la sopravvivenza, ma anche per difendere la loro identità, di fronte all’invadenza della “civiltà” statunitense con i suoi falsi miti del “libero” mercato e della globalizzazione. Dappertutto s’insinua poi quella lingua, l’inglese statunitense, un idioma simile, in certe sue espressioni, ad un balbettamento, ridotto a misero mezzo di comunicazione di nozioni elementari, quasi trogloditiche.

Lessi qualche tempo fa la notazione di un glottologo che, giudicando il termine “statunitense” orribile, invitava ad usare il pur ambiguo vocabolo “americano”: in realtà, mi pare che questa bruttissima parola sia quanto mai adeguata a denotare non certo la maggior parte dei cittadini degli Stati Uniti che sono vittime di un’élite politico-miltare-economica-religiosa tra le più infami, volgari e tracotanti della storia umana, ma i loro governanti. Anzi molti degli intellettuali più acuti sono cittadini di quella che una volta, più a torto che a ragione, era ritenuta la patria della democrazia e delle opportunità, trasformatasi gradualmente, ma in modo inesorabile nel Quarto Reich.

Chissà se teodori, allam, romano, diciamod’alema e gli altri guerrafondai filo-statunitensi e filo-sinarchici quale libro hanno sul comodino: consiglio loro l’opera di Adolf Rotschild. Potranno immedesimarvici.

5 commenti:

  1. Ottimo il libro consigliato!non lo conosco,ma dopo ICKE,la comprensione delle cose è a quasi 360°!!!!!!
    Rotschild!pur agendo in linea,vuoi vedere che non sanno chi sia o chi siano stati?
    Io non so per quale arcano motivo l'ho sempre avuto non solo in mente,ma sulla bocca....solo per aver letto una volta,genericamente,sullo strapotere delle banche,ho poi affermato che eravamo in mano ai Rotschilds...non mi sono sbagliata!
    Circa l'unico olocausto "che conti"...lasciamolo a chi ne fa motivo di strapotere!e a chi stretto nella morsa dell'ignoranza,sta dalla parte sbagliata,ma POTENTE!
    Io sto dal 1967 dalla parte dei Palestinesi...prima per un moto naturale dell'anima, poi per tutto il resto!
    A scuola ho parlato di 2 questioni,quella meridionale e quella palestinese,francamente non ricordo i termini,ma dato i tempi e la cultura di allora,avrò detto le caz....ufficiali di quel tempo,di una cosa però sono certa,che ci ho aggiunto del mio!
    ah!potessi tornare indietro!...

    angela,con qualche rimpianto!

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  2. OH,menomale...che c'è la Corea!a dare una mano agli USA!
    Vuoi vedere che sfuma l'Iran e SUBENTRA "MALIGNAMENTE" la Corea?
    Insomma la si vuol far fare o no questa'altra guerra?

    buona giornata!ciao

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  3. Oggi gli Americani costruiscono grattacieli, che poi gli Statunitensi fanno crollare; o aprono casinò a Las vegas. Sic!!

    Un saluto.

    wyxyx

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