21 ottobre, 2006

Gli echi delle metafore

Quando si affrontano certi argomenti che si discostano dall’uso denotativo del linguaggio, è più facile incorrere in fraintendimenti ed incomprensioni, poiché l’espressione tende a procedere per metafore: i tropi, infatti, portano i concetti oltre. Metafora, che, etimologicamente, vale “portare oltre”, è in primo luogo il risultato della convergenza-commistione di due campi di significati. Da questa caratteristica deriva la confusione intrinseca e congenita del linguaggio metaforico, ricco, denso, ma ambivalente, talora ambiguo. Per tale motivo Nietzsche e qualcun altro non considerano la metafora una figura retorica, ma la quintessenza della poesia.

Quanti di noi fanno caso all’origine metaforica di molti vocaboli di uso comune? Quanti ricordano che le lingue antiche possedevano un lessico concreto eppure immaginifico? In ebraico, ad esempio, non esistono parole cosiddette astratte: di conseguenza mancano idee astratte. È ironico che la religione cristiana abbia attinto alla tradizione ebraica per elaborare concetti di enti metafisici, come anima, Paradiso, Spirito Santo. Niente è più lontano dalla primitiva mentalità ebraica e, in genere, dei popoli antichi di questa tendenza ad oltrepassare l’ambito della natura tangibile, per riferirsi al divino.

Se qualcuno delira, esce dal solco (lira in latino); se ascolta un canto, in realtà è ammaliato da un incantesimo (carmen); se disegna su un foglio bianco, riempie il vuoto (blank) e così via…

È stupefacente dove possa condurre lo studio dell’etimologia e dei traslati: pensiamo al termine “terra”. Secondo i dizionari etimologici, discende da una radice indoeuropea, attestata in area celtica, italica e germanica, col significato di “asciutto”, “secco”. Se fosse, invece, corretta l’etimologia proposta da Zecharia Sitchin, secondo cui i sostantivi indogermanici che denotano la “terra”, provengono da “eridu”, non a caso una metafora con il valore di “casa costruita lontano”? Lontano da dove? Quali incredibili ed inquietanti prospettive si aprono, allorquando si considera l’origine sumera della cultura e della “civiltà” umana!

Le metafore sono quindi simili alle onde concentriche che si formano sulla superficie di un lago in cui è stato gettato un sasso: da uno se ne genera un altro, la cui circonferenza è sempre maggiore, ma anche sempre più labile. Quanto più i significati diventano profondi tanto più diventano inafferrabili ed ineffabili, fino a svanire nel silenzio.

Anche queste, però, sono metafore.

2 commenti:

  1. Nonostante le parole, da una radice "fisica" diventino sempre più astratte, esistono troppe cose per le quali la descrizione fatta usando le parole ne limita l'efficacia. E l'impoverimento attuale del linguaggio non fa che peggiorare la situazione

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  2. E' così: l'essenziale è inesprimiblie, mentre il linguaggio s'ibastardisce e depaupera sempre più. Ciao

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