19 giugno, 2008

Dimensioni invisibili

Il pensare inizia solo quando noi abbiamo esperito che la ragione glorificata da secoli è la più ostinata nemica del pensare. (M. Heidegger)

Siamo confinati in un mondo quadrimensionale da cui possiamo solo gettare un fuggevole sguardo nelle dimensioni invisibili. Difficile stabilire se la materia e l'energia oscura coincidano almeno in parte con le sfere non percepibili normalmente dai sensi, sfere esplorate dalla tradizione esoterica. E' possibile che alla materia corrisponda l'antimateria, mentre è certo che ambiti del reale, di cui conosciamo poco o nulla, si nascondano ai nostri limitatissimi organi sensoriali.

E' altresì probabile che altre dimensioni non obbediscano alle "leggi di natura" oggi note: siamo abituati a pensare che il tempo sia irreversibile e che non esista nulla oltre a quello che è esperibile. Da questo errore deriva una cecità, un rifiuto a prendere in esame eventualità che rischiano di mettere in crisi consolidati pregiudizi percettivi e cognitivi.

Sebbene la fisica quantistica, insieme con la riscoperta del pensiero tradizionale, abbia mostrato la fragilità e la limitatezza dei paradigmi scientifici tradizionali, queste nuove concezioni, che lasciano intravedere spazi sconfinati dell’essere, non hanno ancora aperto una breccia nel muro granitico della scienza ufficiale. Non è solo la pervicace ed ottusa chiusura delle corporazioni accademiche (dal C.I.C.A.P. in giù e già il C.I.C.A.P è a livelli infimi), ma un'assuefazione alla normalità ed all'ortodossia diffuse dal sistema scolastico ed universitario.

In questo modo si impedisce alle persone di concepire una realtà differente in quella in cui siamo imprigionati, una realtà dove nulla è impossibile, in cui lo spazio ed il tempo perdono di significato o sono trasfigurati in un quid non-locale, per mutuare un aggettivo caro ai fisici quantistici. Se imparassimo a pensare in modo alogico, intuitivo, essenziale, si aprirebbero prospettive fantastiche: potremmo sconfiggere la fatalità dei fatti, oltreppassare i confini cronotopici, interagire a distanza, comunicare con gli animali, invertire il nesso causa-effetto, frutto, come notava Hume, di un'abitudine e per nulla radicato nel reale... Se gli elettroni possono comunicare a distanze notevolissime, in assenza di un medium, perché non possiamo noi?

Stiamo scoprendo le potenzialità del D.N.A. che non è solo una microantenna ricetrasmittente, ma anche un ponte verso altri piani; stiamo forse squarciando il velo che nasconde il noumeno. Baluginano, di quando in quando, epifanie dell'ignoto.

Purtroppo la consuetudine col pensiero raziocinante che anatomizza cose inerti, invece di abbracciare il mondo della vita, insieme con il bombardamento chimico ed elettromagnetico e mille altri sistemi per atrofizzare la mente e prosciugare la sorgente dell'anima, ci impediscono di ascoltare nello stormire delle fronde la voce degli dei, di comprendere il linguaggio dei simboli, di librarci nei cieli dell'immaginazione creativa.

Francesco d'Assisi oggi sarebbe considerato un visionario.




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6 commenti:

  1. Perfettamente d'accordo su tutto, come sai mi sono occupato a lungo di queste tematiche nel mio blog: L'unica cosa che non condivido è l'uso di quell'aggettivo "alogico"

    Non credo si tratti di essere alogici, ma di non ragionare secondo logiche scontate, imposte dal sistema di menzogne gestito dal potere.

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  2. Ciao Corrado, ho usato il termine "alogico" secondo l'accezione di Levy-Bruhl, per l'antropologo "alogico" non è contrapposto a logico, non è sinonimo di irrazionale, ma indica una conoscenza emotiva, in-tuitiva.

    Circa la logica portata all'eccesso, noto che quasi tutti i logici impazzirono.

    Ciao

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  3. Infatti Zret, in qualsiasi cosa il troppo stroppia

    Ciao

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  4. Bellissimo articolo zret, concordo in pieno.

    Donnie.

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  5. Donnie, non è un articolo molto originale, ma repetita iuvant.

    Grazie!

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