23 ottobre, 2016

Falene



Che cosa scrivere di originale a proposito della noia, dopo che autori come Leopardi, Pessoa e Moravia - solo per menzionarne alcuni - hanno vergato pagine memorabili su tale tema? Eppure certi soggetti sono simili ai classici, testi che non smettono mai di evocare qualcosa di nuovo: così forse si può ancora svolgere qualche riflessione circa questa materia.

Giustamente Schopenauer ritiene che la vita umana sia come un pendolo oscillante tra la noia ed il dolore, suoi elementi costitutivi. Tuttavia è spesso la prima a prevalere, perché anche la sofferenza è, in fondo, il dominio della monotonia. Così l’uggia tende a fagocitare il patimento, ad appiattirlo in un’insopportabile abitudine. In fondo, il dolore è noia ed inquietudine insieme.

Che cos’è la noia? Senza dubbio è anche non sapere come occupare il tempo; è, come suggerisce Leopardi, un sentimento sublime, la consapevolezza di quanto è misero il destino di fronte al desiderio di infinito e di senso che alberga negli “spiriti magni”. Si è che tale sublimità della noia si avverte soprattutto nelle lunghe ore vuote, inerti, inani che costellano l’esistenza. E’ un vuoto che è sineddoche di un altro vuoto, essenziale, ontologico. E’ la mancanza di prospettiva tipica di giorni che sembrano tutti uguali, ma che sono fotocopie sempre più pallide di un originale smarrito. E’ la coscienza che nessuna palingenesi è dietro l’angolo, è la speranza logorata in un’attesa senza più attese.

Sì, il cambiamento non manca, ma è un cambiamento che rima con spavento. Anche questo è noia: il pigro sdrucciolare sulla china che porta alla decadenza ed alla fine. Sono ben altri i mutamenti che gli uomini con lo sguardo fisso oltre l’orizzonte, con la fronte sul vetro in un giorno di pioggia, vagheggiano.

Anche questo è noia: constatare che tutto si trasforma con lentezza indicibile. Si chiudono gli occhi per un istante: si riaprono per accorgersi che il volto del mondo è mutato a tal punto che non lo riconosciamo più, che non ci riconosciamo più in esso.

Il tedio, in modo all’apparenza paradossale, è soprattutto nella frenesia di azioni convulse più che nella stasi. Anzi, è proprio nell’intermissione del ritmo indiavolato che la noia può assurgere ad epifania di un possibile significato: illusione? Realtà? Non lo sappiamo, ma è in quegli attimi prodigiosi, in quegli istanti di ominoso oblio che si spalanca un abisso di luce.

Mentre il tempo ed il fato sbranano la vita, lasciando solo pochi brandelli di sogni, come falene di cenere fluttuante vicino alle fiamme, sorgono le costellazioni dall’oceano del silenzio.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

4 commenti:

  1. Talvolta mi chiedo se sia possibile porre fine alla monotonia,ma subito capisco che non è possibile :la vita è di per sé è una seccante ripetizione."Inutile scappare:si cambia cella,ma si resta in prigione"

    Vale

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    1. Errata corrige : c'è un "è" di troppo.

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. Il Tuo commento mi porta alla mente una riflessione di uno dei miei autori prediletti, il portoghese Pessoa. Egli scrive riferendosi alla condizione umana: "Carcere infinito: perché sei infinito non si può evadere da te". Il tuo aforisma è in linea con quello di Pessoa.

      Ciao

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