06 dicembre, 2008

Invidia

"Invidia degli dèi", in greco phtònos theòn: così, in ambito popolare, era definita l'ineluttabile sorte funesta che colpiva gli uomini felici e prosperi, come se i numi, invidiosi della loro gratificante condizione, decidessero di precipitarli nella sventura. D'altronde il vento impetuoso scuote ed abbatte gli alberi eccelsi che osano elevare le loro cime al cielo, mentre gli umili cespugli restano ben saldi con le loro profonde radici nel terreno.

Il concetto di "invidia degli dèi" fu riguardato con disdegno dai filosofi ellenici che lo liquidarono come ingenua superstizione. Senza dubbio fu un'idea rozza, eppure talora si ha l'impressione che agisca una sorta di "legge" dell'attrazione al contrario, per cui quanto più ci si sente gioiosi e positivi, tanto più si susseguono mille contrattempi, a volte problemi che possono anche diventare sciagure.

Pare quasi che certe persone, non appena sfiorano la felicità, comincino ad essere perseguitate. Occorre ripetere che è un’idea grossolana, ma è plausibile che alcuni influssi “esterni” si intreccino agli eventi, secondo tendenze che restano enigmatiche, a determinarne almeno in parte la direzione. Ad ogni azione corrisponde una reazione ed è come se fili invisibili legassero gli accadimenti in una rete vibratile in cui una anche una lievissima oscillazione si trasmette a tutta la trama.

Noto, a proposito della phtònos theòn, è l'aneddoto relativo all'anello di Policrate, narrato da Erodoto nelle Storie.

Policrate (574 - 522 a.C.) fu tiranno di Samo dal 537 a.C. circa al 522 a.C. Egli era celebre per la sua proverbiale ricchezza e per la sua fortuna. Ritenendo che un uomo troppo fortunato, prima o poi, sarebbe stato colpito da una grave sventura, Amasis, faraone d'Egitto, chiese a Policrate di rinunciare a qualcosa di veramente prezioso in modo che tale perdita rappresentasse una grande sventura e ne evitasse una peggiore. Policrate decise perciò di privarsi di un anello di grande valore cui era molto affezionato e lo gettò in mare.

Tempo dopo, un pescatore catturò nella sua rete un pesce di dimensioni notevoli e decise di donarlo a Policrate, ma, mentre i cuochi lo cucinavano, trovarono nella sua pancia l'anello che il tiranno aveva gettato in mare. Quando Amasis seppe che Policrate era riuscito a recuperare il monile, comprese che Policrate sarebbe stato colpito da una grave disgrazia; non volendo essere travolto anch'egli nella rovina di Policrate, ruppe l'alleanza. Tempo dopo, i timori di Amasis si avverarono. Nel 522 a.C. il satrapo persiano Orete attirò con l'inganno Policrate presso di sé ed ordinò che fosse giustiziato.

In realtà, viviamo come funamboli e, mentre contempliamo la vastità del cielo, l'abisso che si spalanca al di sotto è sempre pronto ad inghiottirci al primo passo falso. Equilibristi, in equilibrio tra l'infinito ed il nulla, ci muoviamo con gesti prudenti, misurati, come se portassimo un vassoio su cui sono collocati calici di scintillante e fragile cristallo.

In modo appropriato Jules Barbey D’Aurevilly delinea gli uomini appagati nel racconto La Felicità nel delitto, contenuto nella silloge Le Diaboliche: “Gli esseri felici sono gravi. Portano attentamente, dentro loro stessi il cuore, come un bicchiere colmo che il minimo moto può far traboccare”.




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4 commenti:

  1. Carissimo Zret,

    il combattimento contro l'invidia degli "dèi" malvagi verso l'uomo è compresso in questo messaggio che ti invio con cuore sincero:

    SVEGLIATI Guerriero di luce.

    "Non è possibile continuare a vivere così. Gli dèi ti hanno tormentato per troppo tempo. Gli hai concesso un grande vantaggio. Stai assecondando il loro gioco, sei alla loro mercè.

    Se vuoi essere davvero libero devi scambiare i ruoli. Riunisci le tue forze spirituali prima di cominciare il viaggio. Cercali nel tuo intimo, abbi il CORAGGIO di guardarti dentro. Lungo la strada potrai trovare marciume e parassiti.

    Però incontrerai anche Principi che ti condurranno al MAESTRO. Questi ti aiueranno nel combattimento. Non significa che si batteranno al tuo posto, però potranno asciugarti il sudore della fronte, il sangue delle ferite.

    Incalza gli dèi del male, tormentali, AFFRONTALI.
    Scendi fino in fondo all'inferno per trovarli. Vedrai che si ritirerannoo per evitare il confronto. Quando ciò accadrà, non pensare di aver trionfato. In quel momento non lasciare che la codardia ti prenda e ti spinga ad abbandonare la lotta.

    Se non li vedi quando li cerchi, esplora meglio i recessi più nascosti. Dagli la caccia giorno e notte. Impara a RICONOSCERE le loro IMPRONTE, il loro odore, le loro tracce.

    E quando li incontri.. un solo colpo di spada della Verità ... senza collera, ma con la forza del tuono.. ruggisci come il leone se necessario..!!

    Osservali attentamente e assicurati che siano stati resi inattivi. Poi risali in superficie.
    Sarai VITTORIOSO, ma resta UMILE.. siediti.. respira.. guarda le stelle e l'Universo.. ringrazia l'Altissimo.

    Poi riprendi il cammino verso la luce".

    Metafora ... ma anche realtà per chi ascolta e vede con cuore puro.

    Ti abbraccio forte camminando sempre al tuo fianco sino a quando mi sarà concesso.

    In Verità.

    B O J S

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  2. L'invidia degli "uomini" non è meno abominevole. Sì. essi sono invidiosi, pieni d livore e lividi. Dante rappresenta gli invidiosi nel Purgatorio con le palpebre cucite: perfetto contrappasso per chi, come Kattivix ed i suoi accoliti, non resiste nel vedere che gli altri hanno qualità etiche ed umane che mai essi avranno.

    A fianco fino a quando sarà concesso anche a me.

    Un abbraccio.

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  3. Mi trovo d'accordo con i folosofi ellenici - immagino che tu ti riferisca a Platone ed ai neoplatonici - nel ritenere una volgare superstizione l''invidia degli Dei'. Impossibile ed improponibile il credere che tali Essenze imperiture e beate possano avere invidia di un essere misero ed infelice qual è l'uomo.

    La convinzione popolare riflette sicuramente qualche nozione assai distorta relativa ai mondi invisibili. Non escludo che in essi geni ostacolatori ed invidiosi, spiritualmente molto arretrati e la cui mansione consiste nell'eseguire i decreti del Fato, possano in certe occasioni mettere dei pali fra le ruote ai comuni mortali. Ma codeste entità nulla hanno a che spartire con gli Dei del mondo iperuranio.

    L'affermazione poi secondo la quale 'certe persone, non appena sfiorano la felicità, cominciano ad essere perseguitate' mi fa venire in mente la paradigmatica trama dell'orribile film 'Love Story'. Mannaggia, che sfortuna! Se non fosse stato per quella dannata leucemia i due protagonisti avrebbero sperimentato la felicità per tutta la vita!

    Temo che le cose vadano giudicate da un diverso punto di vista. Dietro il fallimento può celarsi invece una lezione di fondamentale importanza e cioè: non si è cercato il Bene supremo in quanto si è preferito sostituirgli dei surrogati più o meno volgari. Si è scelto il relativo rispetto all'Assoluto o anche non s'è voluto riconoscere il Bene supremo che si rifletteva nel relativo.

    In pratica si vuole incolpare delle entità esterne di ciò che noi giudichiamo un fallimento, mentre dobbiamo ricercare in noi stessi e nella nostra ignoranza la radice di ogni male.

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