22 dicembre, 2008

La natura americana di Chateaubriand

Il celebre romanzo di Rene de Chateaubriand “Atala o Gli amori di due selvaggi” (1802), più che per la storia dei due infelici protagonisti, Atala e Chactas, intrisa di patetici umori e percorsa da un intento apologetico, si apprezza per la pittura dei paesaggi valorizzati da un'arte che dilata innanzi al lettore una natura grandiosa e lussureggiante. Lo scrittore francese non si recò in America, eppure nonostante ciò, anzi mercé una potente fantasia che si alimenta del non visto e cui bastarono i diari di viaggio altrui, riuscì ad illustrare la pianura solcata dal maestoso Mississipi ed altre magnifiche regioni.

Leggiamo un brano della vivida, sensoriale descrizione.

“Le due sponde del Mesciassebé (il Mississipi n.d.r.) presentano un quadro straordinario. Oltre la riva di ponente savane s'inseguono a perdita d'occhio. I loro flutti di verzura, allontanandosi, sembrano salire nell'azzurro del cielo e vanirvi. In quelle praterie sconfinate errano a branchi migliaia di bufali selvaggi. Talora un decrepito bisonte, fendendo a nuoto le acque, viene a coricarsi tra le alte erbe di un 'isola del Mesciassebé.

Dall'altra parte, la scena è tutt'altra... Sospesi sopra il corso delle acque, aggruppati sulle rocce e le alture, sparsi nelle vallee, alberi di ogni forma, profumo e colore si mescolano, creano, crescono intrecciati, si spingono nell'aria ad altezze che lo sguardo raggiunge a fatica. Viti selvatiche, bignonie, colloquintidi si allacciano ai piedi degli alberi, danno la scalata ai rami, si aggrappano all'estremità di ogni frasca. Si lanciano dall'acero al liriodendro, da questo all'alcea, disegnando un'infinità di grotte, portici, volte. Spesso vagando, di albero in albero, le liane traversano bracci di fiume e vi gettano sopra ponti di fiori. Dal seno di quel folto la magnolia erige il suo cono immobile, dai culmini biancofioriti domina l'intera foresta: sola con essa rivaleggia la palma, agitandole accanto leggeri ventagli di verde.

Miriadi di animali posti in quei recessi dalla mano stessa del Creatore vi diffondono l'incanto della vita. Dal fondo delle radure si scorgono orsi ebbri d'uva barcollare sui rami degli olmi, in un lago si bagnano cervi, neri scoiattoli si trastullano nel folto del fogliame; i merli, le colombe della Virginia calano sull'erba macchiata di fragole rosse; pappagalli verdi dal capo giallo, picchi colore della porpora, cardinali fiammanti s'arrampicano a spirale, in sommo ai cipressi; scintillano i colibrì sul gelsomino della Florida, il serpe uccellatore sibila sospeso ai duomi del bosco, dondolandosi come una liana.

... Qui tutto è moto e mormorio: colpi di becco contro i tronchi delle querce, brusio d'animali che camminano o brucano o frangono coi denti il nocciolo dei frutti; gorgoglio d'acque, gemiti flebili, mugghi sordi, dolci sussurri empiono quei deserti di un'armonia tenera e selvaggia”.

La pagina riportata si può ritenere un'espressione peculiare della cultura romantica che, in maniera più o meno conscia, avvertendo il morso doloroso dell'industrialismo e dell'urbanizzazione, vagheggiava luoghi incontaminati e selvatici. Certo, la raffigurazione di Chateaubriand, è adombrata da un gusto estetizzante, dal fascino dell'esotico, ma palesa soprattutto la ricerca di una contemplazione immemore nel cuore della natura. E' il segno di un anelito che scorre, a guisa di fiume che ora si allarga ora si restringe ora sprofonda, nella cultura umana sin dai suoi primordii.

Che cos'è la natura e quale il motivo della sua attrattiva?

Non è agevole neppure abbozzare una risposta a tali quesiti, accennare a tali temi cui molti scrittori hanno dedicato riflessioni e studi, indagando valori estetici, segrete corrispondenze, motivazioni profonde. Solo vorrei qui evidenziare l'esuberanza e la grandiosità, per dir così, americana del quadro dipinto da Chateaubriand, la sua vastità che si amplia ad abbracciare l'orizzonte ed oltre, la serenità del cielo. Vengono in mente la gigantesca pittura di paesaggio dell'alsaziano Philip De Loutherbourg (1740-1812), le vedute americane di Karl Anton Post, romanziere nato in Moravia che nei suoi testi celebrava "con entusiasmo spumeggiante le miriadi di tinte accese dal sole nelle fitte foreste." (E. Zolla, La filosofia perenne).

Furono specialmente gli sterminati spazi del nuovo continente, nel succedersi di boschi, praterie deserti immensi come oceani trascoloranti l'uno nell'altro a dar linfa fresca all'ispirazione di artisti tra Romanticismo e Realismo: era la natura vergine non ancora stuprata dalla "civiltà" le cui peste pestilenziali erano già impresse nella Nuova Inghilterra, a divenire il teatro per il mito rousseaiano del buon selvaggio.

Queste raffigurazioni americane hanno la qualità visiva del cinema un po’ magniloquente ma inebriante basato su panoramiche e campi lunghissimi: ancora una volta fu lo scenario, con la sue sconfinate quinte, ad ispirare il cinema... Ut cinema poesis.

La descrizione di Chateaubriand non è solo animata da suoni, palpiti, tinte, ma dinamica: è un'unica creatura che si sbraccia, si arrampica verso la volta celeste. Respira, si muove, freme, espande le sue membra vegetali ed animali, come una divinità primigenia.

Bisognerebbe spendere molte parole per ripercorrere l'involuzione della scena americana, trasformata in conquista del Far West, in corsa all'oro, in riserva naturale e riserva "indiana", infine in giardino pettinato e docile di fronte alle villette a schiera, in ecologismo d'accatto ed ipocrita, alla Gore. Restavano fino a pochi decenni or sono, brani di una natura vissuta on the road, con il furore del vento e la bellezza aspra dei canyons, a volte appena fuori dalle sterili città. Restava "il cielo scintillante di cobalto appena sollevato sopra le teste, la cui contemplazione è fra le vie più dirette dell'oblio di sé stessi” (E. Zolla, ibid.)

Oggi non resta più nulla: il firmamento americano è un campo disseminato di croci, ma è lo stesso, poiché quasi nessuno più contempla o cerca una via che conduca all’anima delle cose e di sé stessi.



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5 commenti:

  1. Ciao Zret!
    Ho cambiato indirizzo del blog!
    Ora mi trovi su splinder!
    claudiux.splinder.com
    Aloha...

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  2. Ormai la società è automatizzata!
    Ci siamo chiusi in una scatola elettrica tatuando i muri con l'ignoranza che ne deriva.
    Ciao!

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  3. Ciao Claudiux, sono contento che tu non sia sparito, ma che abbia cambiato indirizzo. Ho trovato il tuo blog ieri con grande soddisfazione.

    Nel vocabolo "natura" è già il suo essere dinamico. Purtroppo essa sembra ormai eclissata dalla tecnologia.

    Ciao e grazie.

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  4. Da un certo punto di vista tutto è "natura", anche la tecnologia. Se definiamo "natura" un formicaio o la diga di un castoro allora anche le nostre case, le nostre industrie chimiche e i nostri aereoporti sono "natura".
    Non possiamo quindi lamentarci di non essere a contatto con la natura, ci siamo eccome. Possiamo invece lamentarci di quanto sia brutta questa natura nella quale siamo immersi.

    Come diceva Cat Stevens "it's a wild world"

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  5. E' doveroso distinguere tra natura naturans e natura naturata, tra natura e cultura, sebbene alla fine tutto appartenga al "reale", sulla cui vera... natura possiamo formulare solo ipotesi.

    Ciao

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