10 agosto, 2009

Cambiamenti

What goes up must go down (Tom Petty)


Quasi impercettibili i cambiamenti modificano i connotati dei giorni. E' proprio nella loro azione graduale, simile alla stilla che scava la roccia, la loro forza. Così non ci accorgiamo di quanto siamo mutati, di come il profilo delle esperienze si sia, un po' alla volta, modellato sul tempo, sulle sue insenature, sui suoi rilievi. Il mutamento è il moto delle cose: il cosmo corre verso l'entropia, è risucchiato in spirali involutive. Ogni attimo, come un infinitesimale specchio, riflette la caduta primigenia.

Erra chi attende la fine del mondo, come se questo evento potesse coincidere con una data precisa. In verità ogni istante contiene la vita e la morte e, minuto dopo minuto, si spengono luci, cadono foglie, si sfaldano sogni, si perdono amici, si pronunciano addii... Non viviamo quotidianamente la fine di un mondo?

In verità, vorremmo che il domani fosse come l'oggi, senza dubbio nei suoi lati piacevoli e rassicuranti, ma qualcosa domani ci sarà sottratto, spesso in modo furtivo: così il ladro nella notte ruba monete d'oro e preziose suppellettili, mentre dormiamo. Di qualche bene domani saremo defraudati: alla fine resteremo solo con quello che la ruggine non aggredisce. Queste lente trasformazioni sono la nostra garanzia di sopravvivenza, poiché non potremmo sostenere il cambiamento repentino, eppure la gradualità è anche agonia, stillicidio.

Il mutamento è soprattutto declino: declinano le civiltà, di cui resta solo una pallida eco, qualche fragile rovina. Ubi sunt? La storia precipita nel baratro dell'insensatezza. Declina la vita: il fiume che scorreva maestoso e ricco d'acque è un rigagnolo che si perde tra i canneti. Lo stesso universo pare sdrucciolare verso il silenzio e la notte.

Certo, non di rado "il colpo svetta" ed intere vite sono recise in modo subitaneo e crudele.

Certo, oltre le apparenze, oltre il pànta réi, qualcosa rimane, ma l'esistenza non è una casa di proprietà, piuttosto un'abitazione di cui siamo affittuari.



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2 commenti:

  1. Perchè sbaglia chi crede nella fine del mondo?
    Sbaglia - e di grosso - chi non ci crede non avendolo purtroppo capito. E quegli, non avendone preso coscienza, soffrirà molto di più di chi invece è consapevole dell'ineluttabilità di un destino.

    Con il senso comune ci si giustifica dicendo che si muore e si rinasce ad ogni momento e che la fine del mondo si concretizza per il singolo quando questi muore.
    Sono vere anche se solamente in parte sia la prima che la seconda affermazione. Ma affermare ciò significa che si suppone che quella nella quale siamo immersi sia l'unica realtà possibile.

    Esistono altre dimensioni, altri stati dell'essere che godono di una maggiore fissità se non addirittura di una perfezione intrinseca, non soggetta a decadimento di alcun genere.
    A questi stati noi aspiriamo. La realtà del qui ed ora ci appare ormai irrimediabilmente condannata e presto alcuni di noi l'abbandoneranno come si abbandona una carcassa, un cadavere.

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  2. Paolo, credo che sia prossima la fine di un ciclo, ma la fine di questo universo è molto lontana.

    Quanto scrivi è vero e l'ho espresso anch'io nell'ultimo capoverso, anche se con parole diverse. Non penso che tutta l'umanità sarà distrutta nei prossimi anni, anzi potrebbe succedere che, attraversato un momento critico, ci si avvierà verso una palingenesi. Ho solo voluto interiorizzare il concetto di fine di un mondo.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina

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