07 marzo, 2015

Esiste il Paradiso?



Esiste il Paradiso? La risposta a questa domanda implica postulare che sussista una dimensione metafisica, oltre la realtà galileo-newtoniana e persino di là dall’universo quantistico, una realtà in cui le “leggi” naturali sono del tutto trascese. E’ impresa ardua concepire tale regno della beatitudine perfetta, non solo in quanto l’umanità e l’esistenza offrono solo pallidi e rari simulacri dell’Eden, ma pure perché, se l’inferno si può immaginare moltiplicando ad infinitum il tempo, situazione di cui abbiamo esperienza, tale dato non si può sussumere, quando si pensa il Paradiso.

Il Paradiso, infatti, è non-tempo: se la felicità fosse protratta nell’arco temporale, essa risulterebbe alla fine noiosa, terribile quasi quanto l’Inferno. Pertanto l’immagine degli angeli che intonano canti in lode di Dio è appunto solo un’immagine: essa evoca un’armonia perfetta, attraverso la metafora delle creature celesti immerse nella pace e nella luce spirituale. Il Paradiso, descritto nella letteratura (si pensi in particolare alla “Commedia”) attraverso, similitudini, metafore ed esempi, non è, però, una metafora.

L’Empireo, se esiste, non è solo il compimento dell’uomo, la sua piena realizzazione nel disegno cosmico, ma è riconciliazione della natura con sé stessa, ritorno alla perfezione primigenia, redenzione definitiva dal Male, apocatastasi. E’ il ritorno a casa.

Il Cielo è dunque la compiuta ipostasi del Bene, senza incrinature né ombre. E’ il Principio, prima che esso scivoli nel tempo e nello spazio, prima che si deteriori nella storia, prima che esso si di-vida da sé stesso.

A questo punto si pone, però, un problema: quando, dopo incalcolabili cicli cosmici, il Tutto rientrerà in sé stesso, il giorno in cui il Male sarà estirpato in ogni dove, non si creerà una stasi, preludio forse di un annichilimento finale, visto che l’essere scaturisce dal contrasto? Non sarà quindi l’apocatastasi una situazione transitoria, destinata ad essere superata da una nuova (dis)avventura della Coscienza lungo uno degli innumerevoli percorsi ontologici?

Tuttavia se la Coscienza è onnipotente, essa potrà sanare tale contraddizione in modo da armonizzare eternità e tempo, immobilità e moto, divino ed umano, essere ed esistenza.

I “Nuovi cieli e la nuova terra” sono la palingenesi, oltre ogni determinazione concettuale e linguistica, persino oltre ogni intuizione. Questo è il Paradiso assoluto, mentre il Paradiso individuale è forse un’inesprimibile condizione in cui la corda del tempo è come allentata: l’itinerario del singolo prosegue, senza più il peso della corporeità ma con l’anelito verso una conoscenza sempre più profonda, verso una progressiva purificazione.

Il Paradiso è il luogo del Nulla e del Tutto, il luogo del Silenzio: infatti non ne sappiamo nulla, ma comprende tutto. Infine l’unica parola che può descriverlo è il silenzio.

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7 commenti:

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    1. Concordo, Prank. I bast. hanno trasformato un Paradiso in un Inferno. Rimbaud trascorse una stagione all'inferno: noi quante ne passeremo?

      Ciao

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  2. Il Paradiso è un Paradosso. Il paradiso è un luogo nel quale hai il tempo sufficiente, per annullare il tempo. Attualmente sulla Terra bisogna lavorare molte ore al giorno anche in condizioni non ottimali per guadagnarti da vivere, ma poi non vivi (davvero) con quel denaro perché il problema è proprio la cronica mancanza di tempo, ne resta poco o niente. Un paradiso, generico, potrebbe essere definito come un luogo anche concreto – non necessariamente metafisico – nel quale non devi lavorare per guadagnare una vita solo astratta e teorica ma dove tu puoi dedicarti all’Essere, in un certo senso alla Teofania ovvero la manifestazione di ciò che realmente siamo, un luogo dove la presenza di un tempo illimitato ti fa scoprire l’assenza di tempo e l’assenza di spazio, che sarebbero caratteristiche naturali della Coscienza quando gli si permette di interagire liberamente con l’ambiente, con l’infinito e di esprimersi. Non occorre trovarsi direttamente in un non-tempo e in un non-spazio per poter sperimentare il non-tempo e il non-spazio perché quelli sono i frutti, non la premessa. Ecco perché non ci si annoia in un vero paradiso in quanto nonostante il luogo sia sempre lo "stesso", la coscienza che siamo (una volta che si è ri-Conosciuta) dal momento che non prevede né tempo né spazio riesce a vivere ogni istante in ogni luogo come nuovo e totalmente differente. Forse è per questo motivo, che le tradizioni religiose originarie tra le righe descrivono il Paradiso come qualcosa di palpabile e “materiale”, basterebbe ricordare come ne parla il Corano, ad esempio. Credo che una visione esclusivamente mistica del “premio dei Giusti” sia farina del sacco della Teologia e della speculazione filosofica, cioè pura invenzione, che non corrisponde alla Realtà poiché nei Viventi è la “materia” (uomo) a generare lo “spirito” (coscienza) dinamicamente e non viceversa, tanto è vero che lo stolto, a differenza del saggio, essendo diviso tra dentro e fuori non sa e non può accedere a quel paradiso, sia interno che esterno. Il Silenzio accade quando la materia si spiritualizza attraverso un’azione volontaria della coscienza che ha compreso il ruolo di entrambi, della Luce e dell’Ombra. Se un paradiso fosse “solo spirito”, perfettissimo, regalato agli uomini senza la loro partecipazione attiva – un percorso privo di ostacoli “materiali” o automatizzato, mancherebbe il contrappeso rappresentato dalla scelta individuale la quale garantisce la consapevolezza di sè del frammento dell’infinito che siamo, la scelta che dona Equilibrio e Pace a chiunque tende all’evoluzione, alla verità e all’amore. Noi siamo l’infinito che prende coscienza di se. Nel paradiso, il Male esiste soltanto come potenziale come una possibilità perché i suoi abitatori hanno superato la tentazione di percorrere certe strade autodistruttive, “utili” nei mondi violenti per vedere fuori quello che si rifiutarono di osservare dentro. Prima o poi il Cielo scenderà sulla Terra come vuole una nota preghiera cristiana, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, in effetti il Cielo che simbolizza la perfezione primordiale pare sia destinato ad espandersi in ogni dove, è la sacra unione tra Alfa e Omega, il Principio e la Fine.

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    1. Sì, anch'io penso che il Paradiso debba preservare qualcosa di sensoriale e persino di temporale. Anni fa con un amico, riflettevo sul fatto che nell'Empireo deve scendere la notte. Non è magica la notte? Pensiamo a come la descrive Maupassant nelle sue novelle: un oceano azzurro gremito di stelle.

      Il giardino sulla Terra è quanto si avvicina maggiormente al Paradiso metafisico: il Corano, oggi ampiamente frainteso, se non denigrato, ne adombra l'ineffabile bellezza.

      "Il Paradiso è un paradosso" è una verissima paranomasia.

      Ciao

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  3. Molto bello, grazie Zret.
    Se intendiamo il paradiso come dimensione diversa, si, il tempo potrebbe esserci, come anche le forme, i sensi etc .. A volte penso che il paradiso sia una delle tante dimensioni, la dimensione verso la quale tendiamo ora e.. che ci meritiamo! E nella quale forse esistiamo già, inconsapevolmente.
    Togliendo però la nozione di bene e di male. Un casino :P

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  4. Grazie a Te, Catherine. Dubito fortemente che il Paradiso sia qui, checché ne pensino new agers e "buddhisti" a cottimo. T

    Tendiamo verso una beatitudine che in questa dimensione infernale ci risulta - ahinoi - inattingibile.

    Ciao

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    1. Infatti, ma bypassando allegramente la commerciale e conveniente (per alcuni) new age, forse dipende comunque dal fatto che vibriamo "basso" e che percepiamo alcune frequenze soltanto .. inchiodati come siamo in questa dimensione. Bisogna vedere però se la nostra è una condizione scelta o imposta, Ma questa è un'altra storia ..

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