Pirra è il nome della figlia di Epimeteo e Pandora. Ella sposò Deucalione, figlio di Prometeo e diventò, attraverso lui, dopo il Diluvio, madre del genere umano. Deucalione e Pirra vivevano in Ftiotide. Dopo l’inondazione, che depose l’arca in cui si erano rifugiati, in cima al Parnaso, il monte sacro alle Muse, entrambi crearono esseri umani, gettando dietro le terga delle pietre. Mentre Pirra creava donne, il consorte creava uomini. Il mito della progenitrice è narrato dai greci Esiodo, Pindaro, Apollodoro, Conone e dall’autore romano Igino. Quest’ultimo riferisce che la coppia aveva trovato rifugio sull’Etna.
Gli studiosi hanno rilevato come i mitografi narrino una storia che, salvo alcune varianti, accomuna molte culture presso le quali si è sedimentato il ricordo di un diluvio universale. Rispetto alle saghe più o meno note sull’antica alluvione (probabilmente si succedettero più diluvi con lo scioglimento dei ghiacci tra il 10.500 a. C ed il 7.000 a.C. circa), il racconto ellenico introduce un particolare che gli eruditi non hanno focalizzato: alludo al nome “Pirra” che vale “rossa”, “fulva”. Collegabile al vocabolo sumerico “adapa” ed all’ebraico “adam”, che contengono, tra le altre, una radice designante il colore rosso, il nome della progenitrice greca sembrerebbe la reminiscenza di una razza rossa, lignaggio su cui tanto si è scritto, senza aver ancora circoscritto i termini del problema. Qui più che all’argilla rossastra o al sangue si dovrebbe pensare ad una stirpe post-atlamtidea o indo-germanica o allotria?
Questo è l’abbrivo…
Gli studiosi hanno rilevato come i mitografi narrino una storia che, salvo alcune varianti, accomuna molte culture presso le quali si è sedimentato il ricordo di un diluvio universale. Rispetto alle saghe più o meno note sull’antica alluvione (probabilmente si succedettero più diluvi con lo scioglimento dei ghiacci tra il 10.500 a. C ed il 7.000 a.C. circa), il racconto ellenico introduce un particolare che gli eruditi non hanno focalizzato: alludo al nome “Pirra” che vale “rossa”, “fulva”. Collegabile al vocabolo sumerico “adapa” ed all’ebraico “adam”, che contengono, tra le altre, una radice designante il colore rosso, il nome della progenitrice greca sembrerebbe la reminiscenza di una razza rossa, lignaggio su cui tanto si è scritto, senza aver ancora circoscritto i termini del problema. Qui più che all’argilla rossastra o al sangue si dovrebbe pensare ad una stirpe post-atlamtidea o indo-germanica o allotria?
Questo è l’abbrivo…



Quanto del sapere appannaggio degli Atlantidei – alcuni li chiamano Pelasgi – fu trasfuso nelle culture successive che la storiografia ufficiale, a torto, considera le prime a sbocciare sul pianeta? I superstiti portarono con sé conoscenze e tradizioni: molte cognizioni furono di natura tecnica, ma altre furono esoteriche. Ritengo che, con il passare dei secoli e l’avvicendamento dei diluvi, gli eredi dei Pelasgi, inclusi i gruppi da quelli istruiti, cominciarono a perdere per strada alcuni saperi. Platone nel IV secolo scrisse di Atlantide nel "Timeo" e nel "Crizia", ma probabilmente egli apprese e divulgò meno di quanto avesse appreso e divulgato Solone. Solone acquisì e diffuse meno dei sacerdoti egizi che l’avevano indottrinato e via discorrendo.
