18 aprile, 2009

Vizi e virtù del virtuale

Nell'ormai lontano 1966, Primo Levi scrisse un racconto intitolato Trattamento di quiescenza. L'autore riuscì a predire la tecnologia su cui si fonda la realtà virtuale: una macchina trasmette sensazioni a livello nervoso, generando scenari fittizi ma realistici. Fino a qualche anno addietro il virtuale era legato ad un casco ed un guanto ad hoc. Si penetrava in una dimensione parallela, astrattamente verosimile.

Oggi le tecnologie mettono a disposizione strumenti con cui la differenza tra la “realtà” empirica ed il mondo ricostruito per mezzo di matrici si è ridotta. In futuro entreremo in modo inavvertito in una gabbia dorata? Lì le sensazioni saranno portate ad un diapason parossistico, con la perdita della sensibilità. E' evidente che questa parabola implica una rivoluzione antropologica poiché non sappiamo che significato assuma l'io in una rielaborazione tecnologica del reale e come si configuri l'identità. La percezione assumerà inedite, distorte configurazioni. Sono questioni complesse e che presuppongono quesiti ancora più radicali: che cos'è la realtà? Non è forse anch'essa, almeno sotto certi rispetti, una matrice? Forse viviamo in una simulazione di cui non siamo consapevoli.

Il celebre film Matrix descrive un mondo reale che è un cupo, angosciante sotterraneo, mentre le macchine creano una simulazione scambiata per realtà. Uscire da Matrix è un'esperienza sconvolgente, perché si scopre il vero volto della vita: alla fine, però, si sfocia in una sorta di antiliberazione, giacché la conoscenza della verità, invece di elevare verso uno stato di affrancamento totale, costringe ad una lotta spesso impari contro il potere, imprigiona in un'esistenza travagliata. Manca una prospettiva superiore né le arti marziali o qualche conoscenza tecnica possono colmare il vuoto.

In verità, i fenomeni, pur nella loro caducità, paiono manifestazioni di una coscienza invisibile il cui potere creativo lascia meravigliati. E' una Mente che inscena spettacoli grandiosi, che intreccia le collane delle costellazioni alle ghirlande dei corimbi, lascia vibrare nel canto delle balene l'eco remota della genesi.

Proprio perché i demoni incrudeliscono in quest'angolo di cosmo, allestendo spettacoli rutilanti e finti come dozzinali scenografie di cartapesta, dimostrando un pazzo odio per la natura, siamo indotti ad allontanarci sempre più dalla seduzione silicea del virtuale per (ri)scoprire la bellezza delle rive sideree dove si infrangono onde di silenzio ineffabile. Senza ascoltare il canto delle sirene di plastica, potremo navigare verso isole incognite, fantastiche.

L'armonia è spontanea e naturale. E' agli antipodi di avvilenti simulazioni virtuali riconducibili, alla fine, a sequenze di gelide cifre.

Qualche orizzonte più arioso si disegna, se comprendiamo che la tecnologia non è il rimedio contro la tecnologia.



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11 commenti:

  1. Questa è una lotta impari...sicuramente lo è...per questo noi moderni siamo tutti intimamente sfibrati.
    Abbiamo bisogno di dare tenerezza e comprensione, ma spesso noi stessi per primi le neghiamo a quanti la vita ci da l'opportunità di potergliele dare...questa vita merita di essere vissuta con convinzione e grazia e difettiamo di entrambe e uno davvero pensa che l'inconsapevolezza sia un dono e a momenti quasi invidio gli ottenebrati che strillano sguaiatamente i cori da stadio e alla domenica tornano affranti o appagati a secondo del risultato della squadra del cuore.
    Penso che abbiamo aperto una porta che non possiamo più chiudere e anche se proviamo a girare la testa da un altra parte un magnetismo misterioso ci costringe a tornare a fissare lo sguardo in quella caligine luminosa che intuiamo essere la fonte della verità o di una verità a noi più prossima, emanazione sensibile dell'altra maggiore che le sta dietro? sopra? a breve forse saremo i primi a rinnegare tutto questo...forse saremo i primi a chiedere l'ottundimento che ci offriranno come cura ai nostri mali interiori, pena la follia più buia.
    Zret, ti capita mai di svegliarti alla notte con la sensazione non di precipitare ma di scendere verso un baratro e non vorresti farlo ma sai che se ti volti hai la stessa prospettiva e se ti fermi è uguale e allora è come se scivoli per inerzia e niente ha più senso.
    Poi uno si calma e se questo accade una volta al mese ci può anche stare, ma se comincia ad accadere una volta a settimana? e poi tutte le notti? come sopravvivere...si vorrebbero avere piante naturali, droghe naturali ma sono illegali e allora uno può essere tentato di narcotizzarsi legalmente con dei farmaci tarati apposta per scollarti da te stesso...si diventa bidimensionali come decalcomanie che s'attaccano male...ma è questo quello che siamo?

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  2. Giovanni, le tue tese e laceranti riflessioni esprimono l'inquietudine dell'uomo di fronte al mistero che sgomenta. E' veramente una lotta impari ed un arrancare tra solitudini infuocate.

    Non saprei rievocare le mie notti che sono un guazzabuglio di sogni interrotti e di presagi, come al confine di una dimensione estranea, eppure stranamente familiare.

    Veramente a volte si sente l'esigenza di un ottundimento, quasi di un annientamento: tanto è abbacinante il buio.

    Ciao e grazie.

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  3. Leggo spesso i tuoi scritti ma è la prima volta che commento, e a dir la verità non trovo parole, così a freddo, adatte e sensate per dire la mia...voglio solo farti i complimenti per come riesci ad esprimere questi concetti...la parte finale è pura poesia.

    Maurizio S.

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  4. Buongiorno, .... difficile, mi viene in mente IL Soffio Sacro, Lo Spirito Santo che lui puo aiutarci ed inspirarci..la mente inganna, chi siamo veramente? ri penso a quello che ho letto ultimamente l'io esistenziale e l'io essenziale.. la doppia origine del'uomo: celesta e terrena. Il nostro compito: quale e tranne quello di diventare testimone della nostra divinita nella nostra esistenza? La Fede e appunto fede perche si tratta di credere in qualcosa che non vediamo, pero darsi coraggio sempre di piu, essere di buona volonta con si convinzione e disciplina, costanza. Rimettersi completamente a Dio, e vivere con LUI ogni istante, dargli una fiducia totale in tal modo che Lui sia la nostra unica guida.... L'ARMONIA.. si tratta purtroppo spesso di ritrovarla, denaturati che siamo divenuti da un mondo esterno che ci permette difficilmente di respirare bene. Pero il Regno di Dio e dentro di noi, la preghiera, fare il vuoto totale in noi.. perche allora il Nulla e il Tutto. Questo tesoro che abbiamo nell'anima..se nutrita bene, diventa il riferimento unico che puo permetterci di vedere una realta nuova. Questo cammino e comunque arduo e di sofferenza..pero chi vorebbe essere salvato a prezzo di pochi sforzi...dei combattenti spirituali, siamo chiamati a quello.

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  5. Esiste pur sempre un limite alla perdita di anima e di significato, alla degenerazione macchinosa dell'esistere. Molto se non tutto pare artificiale ma i circuiti silicei non prevarranno.

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  6. Amici, risponderò più tardi, perché ora non posso.

    Ciao e grazie.

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  7. Morris, ti ringrazio per le belle parole. Non è facile trovare l'espressione giusta e la conclusione efficace, ma a volte ci riesco.

    Plucky, la fede è un dono. Averne almeno un briciolo aiuta molto.

    Certamente i circuiti non prevarranno.

    Ciao a tutti e grazie.

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  8. "la fede e un dono" ci sto pensando questi giorni.. forse bisognerebbe definire la fede e il dono, intendi che sia una cosa innata? una grazia? ..personne scoprono la fede..dopo una certa esperienza..credo che si tratta di una disponibilita, di un'apertura... di aprire una porta..lasciando tante barriere che uno si e forse costruito nella mente...."Bisogna che egli cresca e che io diminuisca"..pero siamo spesso tanto attaccati a delle sicurezze.., paure, apprensione

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  9. Plucky, unicuique suum, a ciascuno il suo. Sì, credo che la fede dipenda da un quid esterno. E' qualcosa di cui, per mutuare una riflessione di Wittgenstein, è bene tacere, poiché appartiene ai recessi più profondi del nostro essere, là dove tutto si trasfigura e si smaterializza.

    Ciao

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  10. nn voglio essere polemica - e forse il blog nn e addatto a tale discussione, pero nn ci sarebbe una contradizione tra il fatto di pensare che "la fede dipenda da un quid esterno" e "appartiene ai recessi più profondi del nostro essere"? cmq credo che piu che la fede che forse ha subito e subisce tutt'ora troppe connotazioni diverse.. l'importante sia di sentire quest'Amore dentro di noi e di sapersi amati.

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