
Il quadro è un esempio di un realismo che sfuma nell’astrazione: infatti l’arte rinascimentale, nelle ultime opere del Botticelli, trascolora nelle forme concettuali che preludono al Manierismo. Si osservino i blocchi di roccia sopra il sarcofago: sono dipinti con una precisione stupefacente, grazie al magistrale dosaggio di luci ed ombre, che rendono visibili le venature e le scabrosità della superficie, suggerendone anche le qualità tattili, come il profilo tagliente. Eppure questo realismo è volutamente contraddetto da un particolare: i macigni sono collocati in modo irrazionale a sfidare la forza di gravità, perché l’architettura di rocce non può certo reggersi in virtù del cuneo centrale.
L’artista non ha voluto offrire un’immagine verosimile, ma astrarre la quintessenza cromatica e spaziale dalla realtà, attraverso gli smaglianti colori basici (giallo, rosso, azzurro) che riflettono la luce ed evidenziando l’intersezione delle verticali e delle orizzontali all’interno dello schema compositivo, reso dinamico attraverso le diagonali (l’inclinazione convergente delle teste). Realismo ed astrazione così si compenetrano, ad indicare che ogni dualismo è sempre limitante, oltre che parziale.
Il superamento delle dicotomie dovrebbe essere il fine, ma sembra un fine utopico.
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