26 agosto, 2013

La propaganda di regime non è giornalismo

Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.

Questo tuo grido farà come vento
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d'onor poco argomento.


(Dante, Paradiso XVII, vv. 130-135)

Il Dottor Marco Preve, redattore del quotidiano “La Repubblica”, ha replicato ad un messaggio inviatogli da studenti ed ex allievi del sottoscritto. Egli afferma di non aver disonorato alcuno con il suo balzano articolo ed anzi ritiene che contro di lui sia stato sferrato un attacco. La verità è un’altra: il Dottor Preve è solo lo stereotipo dei sedicenti giornalisti che da anni critichiamo in maniera recisa per il loro pericoloso e pernicioso ruolo. Abbiamo definito questo ruolo, parafrasando Orson Welles, Primo strapotere. Plagio, disinformazione, conformismo, propaganda, trascuratezza, cortigianeria... sono i capisaldi del “giornalismo” mainstream.

Non è dunque una questione personale (credo che di per sé il Dottor Preve sia una persona degnissima, sebbene indottrinata in modo irreparabile), ma una condanna implacabile dell”’informazione” al servizio dell’establishment. I quotidiani sia cartacei sia telematici, con l’unica eccezione di “Rinascita”, dovrebbero essere ignorati, almeno per il vergognoso stupro della lingua italiana. Si aggiunga che sono del tutto diseducativi per le falsità, maldicenze, veline, notizie distorte, sciocchezze... che vomitano senza tregua.

Nessuno intende insultare le testate ufficiali, perché, in quanto alleate del sistema, sono già un insulto all’intelligenza, dal momento che esistono. Ad onor del vero, bisogna ammettere che anche sulle pagine mercenarie del regime talvolta sono pubblicati un editoriale o un’inchiesta validi, ma sono appunto eccezioni che non cambiano la sostanza.

No. Il Nostro non ha svolto il suo mestiere in maniera corretta, poiché un vero cronista dovrebbe indagare e verificare, non costruire i suoi balordi pezzi sulla delazione di un anonimo o sulle dicerie di qualche comare.

Il “cuore del problema” sarebbe l’imbarazzo di taluni genitori di cui, ammesso e non concesso che le lettere non siano state inviate dal solito Task Force Butler e sodali, Preve incarna il deprimente perbenismo piccolo-borghese, la mentalità angusta e pedestre del bottegaio che vota per l’”uomo forte”. Ci si turba, perché i propri figli apprendono che le “missioni di pace” non sono poi così umanitarie e disinteressate. Ci si turba, perché esiste il rischio mortale che una tantum si offra un’interpretazione non canonica rispetto ad un evento o ad una questione. Ci si turba, perché si studiano (o si dovrebbero studiare) Dante, Machiavelli, Manzoni, Michelstaedter, Nietzsche, Orwell, Marcuse etc. che ai potenti non la mandavano certo a dire. Perfetto: sostituiamo tutti gli autori della filosofia e della letteratura con i romanzi di Liala. Spesso gli adolescenti sono molto più maturi e svegli di certi adulti benpensanti ed omologati. Scrivono anche meglio di tante blasonate penne!

Di imbarazzante e di inquietante vediamo l’omologazione, l’adesione al non-pensiero unico, propalati proprio da chi dovrebbe, invece, prenderne le distanze. E’ questo il vero “senso critico” che il Dottor Preve menziona senza cognizione di causa, come un cieco nato che vuole disquisire di colori.

Bisognerebbe sfiorare tanti altri argomenti dalle notevoli implicazioni, ma non intendiamo tediare i lettori. Dunque concludiamo esortando l’egregio redattore a falsificare (in senso popperiano) quanto scritto ed assodato circa i “fatti catodici” di Palazzo Chigi. Non basta pontificare, asserendo che la meticolosa ricostruzione dell’”avvenimento televisivo” è una “bestialità”: lo si deve dimostrare in modo incontrovertibile ed onesto. Il guanto della sfida è stato lanciato. Le chiacchiere – come le diffamazioni - stanno a zero.

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