09 giugno, 2015

Upset Boulevard



L’incantesimo si spezzò quando fu versata la prima goccia di sangue.

A volte si ha l’impressione che l’universo sia un inferno ben congegnato. E’ ozioso tentare di scoprire i responsabili delle circostanze e delle azioni, soprattutto di quelle più brutali e sanguinose. Ogni cosa sembra obbedire ad una sua illogica geometria. Non pare che si apra una breccia nel muro dell’assurdo: ormai non si può più confidare in un tempo nuovo, in un mondo rinnovato. L’unico scampo non è un tempo nuovo, ma un non-tempo, una dimensione altra che ci liberi definitivamente dalle catene.

La stessa oscurità che ci avviluppa, quest’atmosfera crepuscolare da Basso Impero non sono il preludio di un crollo dalle cui ceneri possa sorgere una civiltà rigenerata, ma l’ineluttabile e definitivo tramonto della Storia.

“Tutto è perfetto così com’è”, ripetono molti. Esatto! Tutto è perfetto, ossia compiuto, sin dalla fondazione del mondo. Di fronte al male, ci sono esibite la simmetria, l’armonia: “Guarda come gli avvolgimenti delle galassie rispecchiano la disposizione dei petali delle rose!”. “Osserva come le conchiglie contengono il numero aureo”. E’ vero... e allora? Sono fenomeni molto belli, ma dov’è il senso? Franz Kafka lo esprime a chiare lettere: “Lontano da qui”. L’aspetto peggiore del male non è il male in sé, ma la retorica dolciastra con cui si cerca di negarlo o di giustificarlo.

Dove ci stiamo dirigendo? Le esperienze più lancinanti e le domande più acuminate ci conducono verso i territori inesplorati oltre la realtà materiale. Avvertiamo un‘impressione di frenesia, di incertezza: siamo semi di soffioni mulinati dal vento. Viviamo un’epoca disperata, ma le età precedenti hanno preparato questa costernazione che è nel cuore stesso dell’essere.

La vera sfida non è trovare le parole adatte per definire la condizione umana e neppure le risoluzioni per tentare di renderla davvero umana, ma riuscire ad immaginare la vita nel modo più straordinario possibile, oltre ogni limite, oltre ogni miseria. La risposta non è nelle parole, ma nelle pieghe del silenzio. Avremo il coraggio di concepire l’inverosimile, di addentrarci negli abissi più profondi per scoprirne le sconvolgenti meraviglie?

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4 commenti:

  1. "...La risposta non è nelle parole, ma nelle pieghe del silenzio. Avremo il coraggio di concepire l’inverosimile, di addentrarci negli abissi più profondi per scoprirne le sconvolgenti meraviglie? "

    Ci sto provando, disperatamente.
    Non so vedere altra soluzione al senso di ingabbiamento che mi opprime che nell'immaginare una fuga in un'altra dimensione.
    A voltemi pare pure mi riesca, per qualche momento.
    E il mondo immaginato mi dice che, volendolo, un altro mondo è possibile.
    Forse devo trovare ancora un po' di coraggio per decidermi ad abbandonare oogni legame mentale con questo mondo, ma è questa la cosa più difficile: troppi legami emotivi, troppa consapevolezza della tragedia.
    Pare che il Buddha insegni che l'unico modo di sconfiggere la sofferenza implicita nell'esistenza umana sia l'accettare tutta la sofferenza, accettarla su di sé, accettare che nessuna sofferenza è un fatto personale perché tutti gli umani soffrono così come tutti gli umani aspirano all'assenza di sofferenza.
    Ma qui, oggi, le catene della sofferenza si fanno ogni giorno più violente, non si tratta più di un equilibrio fra due opposti che convivono, ma di una violenza unilaterale di una piccola parte su tutti.
    E' questo che è intollerabile al mio bisogno di libertà interiore.
    Oggi pare che nemmno più lo spirito, l'anima, sia libera di sé.
    E questa sofferenza indicibile si dissolve solo cercando in me e fuori di me altri mondi.
    Ma il distacco, quello mi fa piombare sempre su questa terra devastata e tragica...

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    Risposte
    1. E' quanto vivono tutti coloro che sentono quanto siano roventi le catene che ci stringono a questa dimensione, a questo tempo-tenaglia.

      Molto significativo e vissuto quanto scrivi.

      Ciao

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