15 settembre, 2005

Trasimaco Platone 1 a 0

Nel I libro del dialogo intitolato Politeia, dopo che il principale interlocutore, Socrate, ha discusso per un certo tempo di che cosa si debba intendere per giustizia con Cefalo e con i fratelli maggiori di Platone, interviene il retore Trasimaco. Costui proclama, senza tante ambagi, che “la giustizia non è altro che l’interesse del più forte.”

Ovviamente Socrate, controfigura di Platone, cerca di ribattere con argomentazioni più capziose e contorte che convincenti.
La storia ha dato ragione a Trasimaco: la giustizia è veramente, da tempo immemorabile, guercia, non bendata; la sua bilancia ha un piatto che pende vistosamente ed ignominiosamente dalla parte del più forte e del più scaltro. Ad accorgersene fu proprio, se vogliamo credere al suo interprete, lo stesso Socrate, condannato a bere la cicuta con accuse pretestuose.


Come non ricordare, poi, tutti gli “eretici” bruciati sul rogo perché invisi al potere di una Chiesa prepotente e corrotta?
Come non ricordare tutti gli aristocratici e (non solo) ghigliottinati durante la Rivoluzione francese in nome del popolo?
Vogliamo soffermarci sui nostri giorni? Due esempi per tutti: Belzebush, pesantemente coinvolto nell’ideazione dell’attentato alle Torri del 9 11 e in mille altri delitti, libero come il vento; il messia di Arcore pluriinquisito, ma serafico perché protetto da una legge ad hoc. Tutto ciò mentre le carceri sono per lo più gremite da innocenti in attesa di giudizio o da ladri di polli.


Quanti politici accusati di concussione, peculato, violazione della legge sul finanziamento dei partiti… siedono sugli scranni del parlamento!
Quanti magistrati ignobili ed ignoranti decidono se sei colpevole o innocente, sulla base di pregiudizi o di pressioni!
Quanti banchieri avidi e laidi che dissanguano i popoli con l’astuzia del debito e del signoraggio?


Ma quale giustizia, quale equità, quale stato di diritto!

L’Italia, in particolar modo, da patria della giurisprudenza, è diventata il paese delle storture e delle vessazioni. I cittadini onesti devono temere i rigori della “giustizia”, laddove i manigoldi imperversano grazie alle loro aderenze.
Giustamente già Catone il censore affermava: “I ladri privati sono in catene, i ladri pubblici vivono nella porpora e nell’oro.”


Insomma, di fronte al disincantato realismo di Trasimaco, i cavillosi ed involuti ragionamenti di Socrate-Platone si rivelano, nonostante l’onestà intellettuale del filosofo ateniese, per quello che sono, illusioni di un venditore di illusioni.

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