30 agosto, 2012

It's over

Nel desolante panorama della televisione, costituisce una decorosa rarità il programma condotto da Fausto Paravidino, "F.I.L.", "Felicità interna lorda". Paravidino, drammaturgo, regista ed attore, offre uno spaccato della realtà italiana con le sue contraddizioni ed idiosincrasie, proponendo un’antologia di reportages spesso d’annata. Più dei servizi, però, sono gli arguti monologhi del conduttore ad impreziosire la trasmissione: le parole, un po’ ironiche un po’ disincantate, echeggiano nel vuoto di una società ormai giunta al capolinea, nell’indifferenza di un mondo disgregato.

Qualsiasi azione, qualsiasi discorso oggi ha un valore epigonale. Se a poco vale una critica implacabile, caustica del sistema, non saranno certo gli approcci sentimentali o moralistici, per quanto sinceri, a cambiare le cose.

Il piano dei Fulminati procede di gran carriera: non è neppure il caso di elencare le nefandezze che il governo clandestino progetta e compie, spacciandole per iniziative a favore della collettività.[1] Lo stato "etico", tragico simulacro di quello teorizzato da Hegel, è in procinto di trasformarsi in un potere tecnocratico al di fuori del quale non esisterà uno iota.

Qualcuno si chiede per quale motivo non si riesca a deviare la rotta, evitando l’iceberg verso il quale il comandante sta deliberatamente dirigendo la nave: sono migliaia i gruppi attivi in tutto il pianeta, movimenti che provano a divulgare verità censurate e ad imprimere una svolta. Eppure non si cava un ragno dal buco: manca un coordinamento, inoltre moltissimi di questi movimenti (ad esempio, Zeitgeist, Occupy Wall Street e probabilmente Thrive) sono integrati nell’establishment che fingono di voler contrastare.

Manca infine una vera comprensione dei problemi e delle loro radici occulte, anzi sataniche. Come coinvolgere dunque gli altri che strabuzzano gli occhi acquosi, non appena esci dai confortanti binari della vulgata? Figuriamoci se riuscirebbero a concedere di rivoluzionare la rassicurante ed ingenua visione della “realtà” che si sono costruiti con tanta tenacia. Costoro, miliardi di spaventati dallo loro stessa ombra, sono una zavorra per i pochi svegli.

Così il fatalismo, lungi dal coincidere con un atteggiamento rinunciatario, assurge a distaccata lucidità, a consapevolezza dei limiti entro cui è confinato l’agire umano.

[1] Qui ci limitiamo a ventilare la possibilità che le élites di psicopatici decidano di provocare un enorme black out, per mezzo di armi elettromagnetiche, attribuendolo ad una tempesta solare.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

28 agosto, 2012

Il mondo com'era...

La luce sbuffava fra i giunchi. Un martin pescatore, dal piumaggio iridescente, si tuffò nel vento. Lontano le gote del cielo s'imporporarono. Il sole, trafitto da lance di ombre, languiva. Sul lago rosei drappeggi di luce. Sorse la luna, argenteo scrigno. Tra veli di sogni il silenzio, amabile e lieve, fluiva nel mondo com'era

L'opera in testa all'articolo è una creazione di Carla Colombo. Pregevoli anche le sue liriche.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

26 agosto, 2012

Zeit und Geist (prima parte)

Lo Spirito soffia dove vuole

In questi tempi di ottuso materialismo, aleggia, quasi per paradossale contrappasso, l’idea di Spirito. Se, però, accantoniamo le nebulose e spiritate elucubrazioni di molte correnti New age, dobbiamo chiederci che cosa si debba intendere per Spirito e per spiritualità. Vediamo di chiarire, anche se con qualche inevitabile semplificazione.

- Lo Spirito è un’illusione, una “reificazione del nulla”, poiché esiste solo la materia-energia in un cosmo entropico. E’ questa la posizione di atei, materialisti, scienziati tradizionalisti.
- Lo Spirito è tutto ciò che non è materiale: Dio, l’Assoluto contrapposto a ciò che è fisico. Codesta è un’interpretazione dualista, al cui interno si possono individuare differenti declinazioni: dalla dicotomia manichea e catara alla distinzione gerarchica con la creazione che possiede un grado ontologico più o meno elevato, dalla materia informe al cosmo permeato di luce divina.
- Lo Spirito è ciò che non è materiale (Dio-Coscienza), insieme con tutte le sfere che sono ancora in qualche modo fisiche, ma di vibrazione maggiore o meno dense. Nella tradizione esoterica di solito vengono indicati i seguenti piani: mondo ilico, piano astrale, sfera mentale, àmbito intuitivo, livello spirituale, piano dell’anima, sfera divina.[1]

Pertanto un orientamento spirituale non coincide con i fumosi ed aleatori concetti desunti da libri sull’attrazione e da rimasticature pseudo-orientali, poiché esso implica una Weltanschauung che, accanto al mondo sensibile, comprende i piani soprannaturali. La scienza positivista bolla le dimensioni incorporee come “non reali”. Noi, sospeso tale pre-giudizio, proveremo a sfiorare la natura delle realtà parallele.

E’ soprattutto attraverso le esperienze sciamaniche e mistiche (dalle percezioni degli sciamani preistorici sino ai riti di orfici e di Eleusi, dalle visioni medievali fino alle esplorazioni psichedeliche di Willliam James, Aldous Huxley, Albert Hofmann, Terence Mc Kenna, Carlos Castaneda…) che si strappa qualche lacerto di mondi tangenti.

E’ probabile che, nella maggioranza dei casi, gli esploratori dell’ignoto riescano ad internarsi nel regno astrale (l’aggettivo “astrale” non discende da “astro”) e non nei domini superiori.[2] In accordo con insegnamenti tradizionali e con i racconti degli onironauti, tale dimensione è popolata da larve, gusci psichici, elementali, entità malevole intente a suggere l’energia dei vivi con cui vengono in contatto attraverso le pericolose sedute medianiche o altri mezzi (canalizzazioni, autoscrittura, cerimonie di bassa magia…). Nell’astrale, terra di tutti e di nessuno, dimorano pure creature evolute e le anime dei defunti, in attesa di liberarsi delle scorie terrene per accedere poi ai livelli superiori o prima di trasmigrare in un altro soma.

In modo del tutto inatteso, alcune ricerche ufologiche si sono avventurate nel territorio dell’astrale, da quando si è constatato che molti rapimenti non avvengono sul piano fisico, ma su un livello sottile, con l’”anima” che è prelevata dal corpo e di solito condotta su un’astronave o in una base, dopo che essa ha attraversato una finestra o più raramente una parete. Il tempo in queste circostanze scorre in modo differente rispetto alla terra: è molto più dilatato. Il fenomeno del missing time e di uno svolgimento cronologico non coincidente con quello “normale” accomuna i rapimenti alieni ed i racconti medievali e moderni sulla fairyland, la terra delle fate e dei folletti. E’ un dato che sia i medicine men sia coloro che assumono sostanze psicotrope sia altri percipienti descrivono tutti una realtà molto simile dove, oltre agli esseri sopra menzionati, sono percepiti alieni con tanto di navicelle spaziali. Si veda l'arte paleolitica.

E’ possibile che gli Altri (demoni o alieni ostili) siano non solo fra gli abitanti del mondo astrale, ma pure dei “guardiani della soglia? Alcuni testi gnostici, purtroppo giuntici incompleti – in alcuni casi ne possiamo leggere solo magri frammenti - accennano ad una condizione post-mortem in cui l’anima, se non ha appreso delle formule precise o se non ho accquisito una conoscenza iniziatica da un Maestro, è catturata dai custodi e costretta a ritornare sulla terra imprigionata nel simulacro corporeo. Tale concezione dovrebbe risalire all’antico Egitto ed alla dottrina escatologica delineata nel cosiddetto “Libro dei morti” (“Libro della via verso la luce” è il titolo esatto) con parallelismi nella cultura del Buddhismo tibetano.

Se continuiamo il confronto con talune investigazioni xenologiche, ci imbattiamo negli ufonauti che mirerebbero a trasferire l’identità dei sequestrati da un corpo ad un altro, identità cui è aggregata una memoria esterna, con il fine presunto di conseguire una sorta di immortalità. La galleria in fondo alla quale si vede una luce raggiante, ma che non abbacina, tunnel e bagliore descritti da chi ha compiuto un’esperienza di pre-morte, insieme con altri particolari ricorrenti, sarebbe un'allucinazione generata da alieni scaltri. Costoro illuderebbero il trapassato con immagini e suoni attraenti per poi rimandarlo sulla Terra in un corpo, perché Essi hanno forse bisogno di un corpo, in primis del D.N.A. per mantenere il controllo dell’umanità o per perpetuare la loro specie, anche attraverso ibridazioni.[3]

[1] E' controverso se nel mondo in cui Egli abita esista solo un’”energia” ontologicamente diversa da quella dei livelli successivi, oppure se questo Assoluto sia comunque Egli stesso composto della stessa "sostanza" dei mondi più densi, nei quali questa medesima energia diventa sempre più densa fino a dar luogo alla materia solida che costituisce gli oggetti che noi percepiamo.

[2] E’ difficile stabilire se i sogni siano viaggi nell’astrale o fenomeni di esclusiva matrice encefalica: è probabile che alcuni, quelli profetici e pregnanti, siano incursioni in un universo contiguo. Non indugio sul tema che ho già considerato: vedi almeno Le porte del sogno in Omero.

[3] E' congettura peregrina che pare smentita dagli studi di Raymond Moody et al. da cui si evince che coloro che hanno tentato il suicidio vivono esperienze spaventose, mentre in tutti gli altri casi si traggono solo benefici dalle N.D.E., in primo luogo una visione spirituale della vita, una consapevolezza che l'uomo non è confinato nella prigione terrena.

N.B.: le fonti del presente articolo saranno indicate in calce all'ultima parte.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

22 agosto, 2012

Uomini e topoi

Forse le epoche passate erano più crudeli, più malvagie, più terribili di questa: nessuna mai è stata più stupida. (S. Vassalli)

Estirpare i luoghi comuni è impresa titanica. Ad ogni piè sospinto, ci si imbatte in un cliché interpretativo: quel che più inquieta è constatarli pure tra le nuove generazioni in cui non dovrebbero essere tanto diffusi e radicati.

Ad esempio, se mostriamo il simbolo del Dao (leggi Tao), chiedendo ad un uditorio di indicarne il significato, tutti risponderanno che è l’emblema del Bene e del Male. Nulla di più errato: il Taoismo e, in generale, la cultura cinese tendono ad ignorare la distinzione etica tra Bene e Male, privilegiando la concezione in cui gli opposti, in senso cosmico e metafisico, si conciliano nel Tutto. Lo Yang e lo Yin sono princìpi complementari scaturenti dall’Unità e che in essa confluiscono. La dualità dunque è intesa come movimento speculare, come perenne interazione di due energie da cui dipende la manifestazione delle cose.

Invero, molti preconcetti occidentali si sovrappongono alla visione tradizionale del mondo, di matrice taoista e confuciana: così ci attenderemmo di trovare in Cina l’idea di Dio. Se lo attendevano pure i Gesuiti, con il corifeo Matteo Ricci: quando essi giunsero in Cina nel XVI secolo, cercarono di avvicinare i nativi al “Cristianesimo”, ma si accorsero che la loro lingua non contemplava neppure un termine vero e proprio per designare la Divinità: quando i missionari tradussero la Bibbia in cinese, ricorsero al vocabolo che più sembrava accostarsi al significato da suggerire, ossia al lessema Tien, Cielo. Peccato che Tien indichi per lo più il cielo fisico… Mai traduzione fu più approssimativa.

Per restare in ambito religioso, un altro luogo comune, generato da ignoranza e superficialità, investe i Vangeli canonici su cui si fonda in buona misura, la storia (spesso inesatta) del Cristianesimo primitivo e la dottrina desunta dai quattro libretti. Qui prescindiamo dalle incrostazioni posteriori. Quando qualcuno menziona una frase celebre del Messia o un episodio che lo riguarda, di solito chiediamo: quale dei due? Infatti, da una lettura attenta dei Vangeli e dallo studio di altre fonti, si evince che i Messia erano due: uno sacerdotale ed uno regale. Dov’è scritto? E’ proprio segnalato da “Matteo” e da “Luca”: il primo riporta la genealogia regale del Salvatore; il secondo la linea levitica.

Per quanto mi consta, è stato il benemerito David Donnini ad intuire che i Messia – fossero pure figure letterarie -erano due: altri studiosi, in modo del tutto indipendente, sono approdati alla medesima ipotesi. E’ difficile che sia una coincidenza. E’ una di quelle possibili verità che ricordano le circostanze descritte nel racconto di Edgar Allan Poe, “La lettera rubata”: spesso non vediamo quanto è di fronte ai nostri occhi, proprio perché è in piena vista! Se si congettura che i Messia erano due (sulla loro identità ed esistenza il discorso diventa un ginepraio in cui non oso addentrarmi), molte (non tutte) le incongruenze all’interno di ciascun vangelo e tra i canonici, si appianano. Finalmente una narrazione frammentaria, discorde, talora persino inverosimile acquisisce un po’ di linearità, ma quanti secoli abbiamo dovuto aspettare per abbozzare un quadro appena accettabile e quanto tempo dovremo ancora attendere per svellere i pregiudizi che ancora allignano in ogni dove?

Si potrebbe asserire che la maggior parte degli errori propagatisi nell’immaginario popolare trova la sua origine proprio nei Vangeli: così Erode perpetrò la strage degli innocenti; il re della Giudea non fu uno stinco di santo, ma non compì alcuna carneficina di neonati. Barabba è diventato sinonimo di malfattore, laddove Yehoshua Bar Abba, "Gesù, figlio del Padre, è probabilmente da identificare con il Messia di Aronne. Ancora, Cristo trasformò, in occasione delle nozze di Cana, l’acqua in vino: fu il contrario! Il Salvatore moltiplicò il pane ed i pesci. I pesci non c’entrano nulla. Il Redentore (Il Messia di David?) fu processato e condannato quando era prefetto Ponzio Pilato: non è così. [1]

Moltissime false credenze coinvolgono la scienza: tra gli studenti che poco o nulla sanno di chimica, di fisica, di scienze naturali, una delle poche “conoscenze” acquisite, dopo un decennio di scuola, è la giurassica frase di Lavoisier: “Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma”. “Niente si crea?” Ah sì, dov’è finito l’esperimento di Casimir? Dov’è finita la fisica quantistica che, invece, ha osservato che, sebbene in modo inesplicabile, le particelle virtuali emergono dal nulla, un nulla instabile? Sovente viene definito “vuoto”, invece di “nulla”, ma resta l’affioramento dell’energia da un quid incognito, simile al non essere.

Non saremo lontani dal vero, se considereremo la “cultura” attuale come un coacervo di stereotipi e di dogmi.

L’elenco dei luoghi comuni è lunghissimo: lil cosiddetto “effetto serra” è legato al biossido di carbonio, l’A.I.D.S. è provocato da un virus, il debito pubblico è dovuto alla spesa previdenziale, i vaccini sono efficaci e comunque innocui, le scie degli aerei sono formate da vapore acqueo… I tòpoi sconfinano qui nelle vere e proprie menzogne, bugie inculcate dal sistema ed atte a controllare e ad indottrinare l’opinione pubblica.

Sono falsità che uccidono più delle armi e che hanno ridotto l’umanità in un gregge di masochisti.

[1] Chi fosse desideroso di avventurarsi in una rilettura non convenzionale dei Vangeli, può compulsare i saggi di David Donnini che, a differenza di altri autori, non usa mai toni apodittici e caustici, presentando i suoi risultati come interpretazioni suscettibili di correzione e falsificazione. Un punto di svolta negli studi fu il suo “Nuove ipotesi su Gesù” che è anche una confutazione del debolissimo ed ingiustamente noto “Ipotesi su Gesù” di Vittorio Messori.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

20 agosto, 2012

Debris

Allora io ero là, sulla più alta delle montagne e tutto intorno a me c'era l'intero cerchio del mondo. E mentre ero là, vidi più di ciò che posso dire e capii più di quanto vidi, perché stavo guardando in maniera sacra la forma spirituale di ogni cosa e la forma di tutte le cose che, tutte insieme, sono un solo essere. (Alce nero)

E’ necessario apprendere, prima che siano gli eventi cruciali a costringerci ad imparare. E’ un itinerario lungo ed irto di difficoltà, ma non possiamo esimerci dal percorrerlo. La saggezza resta una meta inattingibile, poiché il baricentro della vita si disloca senza sosta, eppure, bisogna provare, giorno dopo giorno, a costruire le fondamenta del significato. Se la saggezza è a molti preclusa, è possibile, invece, accostarsi, almeno di quando in quando, alla sapienza. La sapienza è letteralmente capacità di assaporare, di gustare: è una forma di conoscenza diretta, perciò imparentata con l’ntuizione. L’intuizione è conoscenza che prescinde dalla logica: è ancora pensiero, ma depurato, decantato, visione dell’occhio interiore.

Si è che nell’esistenza si resta schiacciati dal pensiero che pesa, al cogito ergo… suffero. Così si inverte la prospettiva: ciò che è caduco è eternato e quello che è imperituro muore tra le spire delle incombenze e dei problemi quotidiani, come un angelo dalle ali appesantite dal ghiaccio, incapace di volare.

Bisogna, però, riconoscere che l’uomo contemporaneo è stato defraudato di tutte quelle opportunità che propiziano il redi in te ipsum. Sono circostanze esteriori (la quiete, la bellezza della natura, dell’arte, l’armonia dei rapporti umani, la sacralità e la creatività del lavoro.. ) che si traducono in occasioni di interiorità. Così oggi la vera interiorità è bene più raro dell’iridio. E’ il luogo in cui gli avvenimenti autentici diventano inesprimibili. Scrive Rainer Maria Rilke: “La maggior parte degli avvenimenti è indicibile, si compie in uno spazio che mai parola ha varcato e più indicibili di tutte sono le opere d’arte, misteriose esistenze, la cui vita, accanto alla nostra che svanisce, perdura”.

E’ lo spazio dove, come una stella lontanissima, può baluginare una verità che poi si spegne nel buio della notte. Dal profondo può sgorgare finalmente la risposta che è silenzio pieno di senso: poiché la verità, più che laconica, è muta.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

16 agosto, 2012

Il caso di Filiberto Cardenas: ridefinire i criteri della ricerca (seconda parte)

Leggi qui la prima parte

Considerazioni metodologiche

L’episodio sopra dipanato offre un campionario degli incontri del quarto tipo, con una serie di invarianti riscontrabili in molti resoconti. Qui, però, mi interessa l’avventura del sequestrato nella base sottomarina. Il tema delle installazioni subacquee affiora talvolta nell’ufologia: “Fulgori dall’abisso”, ultimo libro di Maurizio Cavallo (alias Jhlos), verte proprio su avamposti sommersi. [1]

Anche le esperienze di Jhlos sono al crocevia tra rapimento e contatto e, per questo motivo, si possono assimilare alle vicissitudini di Withley Strieber, i cui visitatori sono ambigui, ora amichevoli ora freddi. In questi generi di vissuti, a mio avviso, prevale la tendenza a sdrammatizzare e ad addolcire situazioni traumatiche, secondo processi psicologici di autodifesa. I traumi vengono sublimati e rimossi affinché non conflagrino in psicosi. Con ciò, non intendo asserire che tutti i visitatori sono ostili: civiltà evolute esistono, ma di solito non agiscono e, se agiscono, restano molto defilate. Tuttavia, se nel complesso delle comunicazioni, gli ufonauti non accennano mai al problema per eccellenza, preferendo dirottare l’attenzione su disastri ambientali dovuti soltanto all’irresponsabilità umana, qualcosa non quadra.

Così, nella diatriba che oppone Hopkins a Mack, con il primo che vede negli “intrusi” degli esseri privi di scrupoli ed il secondo che tende a considerare le abductions delle esperienze che, tutto sommato, favoriscono un’espansione della coscienza, propenderei per le ipotesi di Hopkins. E’ stato coniato il termine “experiencers” per indicare quei rapiti che traggono qualche beneficio dalle loro peripezie. Non so se sia un eufemismo, una forma di autoinganno o se veramente intercorra una differenza sostanziale tra sequestrati ed experiencers.

Se ci sofferma, però, sui messaggi, pur con qualche eccezione, è tutta una sequela di allarmi tra pseudo-ecologismo e catastrofismo: naturalmente la colpa delle sanguinose guerre, dell’inquinamento e della crisi socio-economica è sempre e solo degli uomini, più spesso della gente comune che dei governi! Sono messaggi i cui araldi non paiono molto sinceri.

E’ vero che non bisogna necessariamente distinguere tra azioni malvagie e comportamenti benevoli, scivolando in un ingenuo manicheismo. In natura le varie specie perseguono il proprio scopo, senza preponderanti risvolti etici e ciò può valere pure per i visitatori. Non di meno non si può neppure fingere che bene e male siano la stessa cosa, promovendo un atteggiamento che è indifferenza, ignavia.

Ora, non conosciamo quale sia la vera natura degli Altri, ma sostenere che non esistono o che non esercitano alcun influsso sulla storia umana, significa cadere nelle interpretazioni insoddisfacenti di cui nella premessa. I visitatori si prefiggono degli obiettivi, forse poco chiari, ma sinistri: per conseguirli si avvalgono di collaboratori umani(?) e di molteplici strumenti, sia tecnologici sia metapsichici.

Ci troviamo di fronte ad un’altra biforcazione, oltre alla dialettica che ho riassunto (e semplificato) nel diagramma Hopkins vs Mack. L’ipotesi extraterrestre si oppone a quella parafisica, mal conciliandosi con essa. Eppure, a ben vedere, i due orizzonti non sono così lontani: è possibile che una civiltà, dopo aver toccato il culmine del “progresso” tecnologico, abbandoni la tecnica per procedere lungo la via dei poteri psichici, del dominio della materia e dello spazio-tempo attraverso il pensiero. Ad esempio, nell’India vedica dèi, semidei ed eroi ora impiegano la tecnologia ora ne sono svincolati. Lo stesso termine “loka”, in sanscrito, designa sia il pianeta fisico sia un mondo sovradimensionale: invero, realtà fisica ed iperfisica coesistono e si compenetrano, anche se, quasi sempre noi percepiamo solo la prima, anzi una sua piccola frazione. Un Venusiano non deve per forza provenire dal pianeta materiale che chiamiamo Venere.

Pertanto se nella Bibbia ed in altri libri tradizionali alcuni specialisti scorgono “angeli” in carne ed ossa nonché macchine volanti, mentre altri ricercatori vedono immagini sciamaniche e fenomeni eterici, probabilmente hanno ragione entrambe le categorie di studiosi. Si tratta di stabilire dove il testo descrive un referente concreto e dove, invece, un simbolo, pur nella consapevolezza che tale distinzione può essere sfumata.

Occorre provare a superare la tradizionale separazione tra empirico e meta-empirico. La scienza ortodossa si ostina ad ignorare le cosiddette energie sottili nonché la sfera metafisica: in questo modo si preclude dogmaticamente una visione più ampia ed approfondita. La vera ricerca, però, non può prescindere dall’indagine, sempre critica e prudente, di territori liminali. In molti casi l’osservazione del “fatto concreto” dà l’impulso per un’indagine che, un po’ alla volta, travalica i confini dell’empiria, lasciando intravedere inattesi paesaggi. Chi studia la Biogeoingegneria, dopo averne valutato i risvolti nell’ambito del clima, dell’economia, della geopolitica etc., è indotto da una serie di concatenazioni ad enucleare addentellati che sconfinano dal tangibile. Qui le implicazioni umane lasciano affiorare un substrato non umano,(sub-umano?). Per questo motivo le chemtrails si rivelano non solo come il crimine più efferato di tutta la storia, ma pure come la stretta fenditura oltre la quale si estende un regno dai contorni sfuggenti. La resistenza ad accettare la realtà della Biogeoingegneria, anche per opera di persone intelligenti, dipende in gran parte dalla difficoltà a rinunciare all’antropocentrismo ed all’idea (inganno?) del libero arbitrio: si preferisce flagellare l’umanità ed anche autoflagellarsi piuttosto che pensare ad una mano nascosta. Ancora, le scie tossiche sono una pietra di paragone: se nelle comunicazioni di presunta matrice aliena, soprattutto quelle incentrate sulla necessità di preservare la natura, sono assenti, si deve pensare che i messaggeri non sono affidabili. Purtroppo è quanto accade, come avviene nell’accozzaglia di scempiaggini pseudo-spirituali, riconducibili sovente all’universo della New age.[2]

[1] L’Argentino Orlando Jorge Ferraudi nel 1956 fu condotto da un visitatore a salire sul suo velivolo. L’uomo ebbe non solo l’opportunità di compiere un’escursione nello spazio, ma potè anche esplorare gli abissi oceanici dove notò “un’immensa cupola sottomarina, simile ad un gigantesco igloo”. Vedi “Apocallisi aliene”.

[2] Bisogna qui precisare che un cenno alla Geoingegneria è forse rintracciabile in alcune sibilline relazioni di Whitley Strieber. Vedi “Apocalissi aliene”. L’argomento è poi spesso toccato da Matthew Ward nei suoi colloqui con la madre: a proposito di Matthew, la nostra opinione è che dapprimcipio i contenuti fossero genuini, ma in seguito il giovane (o chi per lui) ha cominciato ad incensare Barack Obama, a disquisire di federazioni galattiche, di prossimi cambiamenti positivi che puntualmente non si sono verificati. Probabilmente è subentrata una manipolazione: d’altronde è noto che le canalizzazioni possono essere un ponte con entità scaltrissime e bugiarde. Vediamo che molti preferiscono pascersi delle informazioni rassicuranti della Federazione galattica che mantenere una coscienza vigile. Non è sufficiente che il messaggio sia in qualche modo suggestivo, se il messaggero ha dei secondi fini.

Articolo correlato: C. Penna, Dialogo tra sordi, 2012

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

13 agosto, 2012

Professione fede

Nel paese dei sogni

E’ nella cultura popolare che sopravvive oggi una fede ingenua nell’alterità e nel significato. Si pensi a quelle persone, di solito donne anziane, che ricordano perfettamente i sogni: di fronte ad un uditorio formato per lo più da increduli, non solo li raccontano, ma li interpretano, con un’istintiva conoscenza degli archetipi degna di un antropologo. Non di rado i sogni sono profetici e riguardano i defunti da cui si ricevono comunicazioni destinate ai “vivi”. I cosiddetti scettici obiettano che sono coincidenze: alcuni eventi sognati si sono adempiuti, ma molti altri no. Altri astanti, però, sono incuriositi ed inclini a ritenere che queste donne abbiano qualche dote: le ascoltano attenti, come si ascolta un oracolo.

E’ una realtà paesana di credenze e di corrispondenze, in cui la morte è addomesticata, esorcizzata ed il caso costretto a seguire un percorso, dove la magia coesiste con un cattolicesimo popolato di santi, madonne ed angeli custodi. In questo mondo agricolo-pastorale, ormai quasi del tutto scomparso, non si avverte alcuna incongruenza tra riti paganeggianti ed i dogmi della religione, poiché le contraddizioni non vi trovano cittadinanza. Così gli eventi obbediscono ad una ratio. Non ci si accorge che gli avvenimenti non paiono ottemperare ad una logica, almeno non alla logica rassicurante cui vorremmo si attenessero. Ivi il male stesso è inscritto in un disegno che, se non lo giustifica, lo spiega ora come colpa ancestrale ora come malocchio o influsso demoniaco.

Di questa fede vernacolare nel senso è rimasta traccia anche nella nostra società secolarizzata, sotto forma di superstizione o di bisogno disperato di una risposta. Così, quando muore un adolescente, i suoi coetanei, la cui esistenza conosce per lo più l’effimero divertimento, scoprono improvvisamente la sfera spirituale: il ragazzo o la ragazza, la cui vita si è spezzata, è salito in cielo, come angelo, vegliando da lassù sui suoi amici e compagni di scuola. Il luogo del decesso diventa un piccolo sacrario con fotografie, souvenirs, fiori che presto appassiranno… E’ ovvio che è una religiosità estemporanea e consumistica, destinata a perdersi quasi sempre nel turbinio delle “cotte” e delle trasgressive serate in discoteca.

Qualcuno, fortunatamente, è sfiorato da domande abissali: perché si vive? Perché si soffre? Perché si muore? E’ qui che le risposte rischiano di essere più dannose degli strazianti interrogativi. Arriva subito il sacerdote che ciancia di peccato, di redenzione, di libero arbitrio, di mistero della fede o, al contrario, il razionalista che liquida ogni problema, chiamando in causa la natura che è così perché è così.

Si resta annichiliti: crolla il mondo e, come insegna Nietzsche, Dio muore. Ricordo che, qualche anno addietro, alcuni studenti all’esame di stato, illustrando il pensiero del filosofo tedesco, citavano “la morte di Dio”. Si affrettavano, però, come per timore di essere considerati sacrileghi, a precisare che la morte di Dio è l’eclissi dei valori tradizionali, quasi non fosse soprattutto la constatazione che l’universo è irrazionale. L’ateismo è ancora un tabù fra la last-lost generation.

In genere si vive (si vive?), ignorando le questioni capitali, salvo occuparsene, quando un macigno ci cade sulla zucca o ci sbarra la strada. Qualcuno allora si rifugia nella consolazione del dogmatismo: si prende un testo sacro (la Torah, la Bibbia, il Corano… ) e se ne cavano tutte le risoluzioni, persino le previsioni del tempo, come ironizzava tempo fa Samuele Bersani in una canzone.

Superstiti superstizioni

Nel mondo occidentale la fede “cristiana” offre tutti gli appigli: Dio crea il cosmo, le piante, gli animali, infine Adamo ed Eva, che sono il vertice della creazione, perché “fatti ad immagine e somiglianza” dell’Altissimo. E’ tutto idilliaco, quando arriva il serpente a rovinare tutto etc. etc. Per fortuna poi Dio s’incarna in Cristo, redime l’umanità, sconfigge il peccato, anche se per il vero happy end bisogna attendere il Giudizio universale, quando finalmente, dopo tutta questa faticaccia, si andrà a dormire: “All'urtimo uscirà 'na sonajera d'angioli e, come si ss'annassi a letto, smorzeranno li lumi e bona sera”.(Giuseppe Gioacchino Belli, Er giorno der giudizzio)

Ecco, Belli, pescando con arguzia nell'immaginario popolare, evidenzia un tratto tipico delle religioni escatologiche (in ciò simili a molte ideologie, come il marxismo), vale a dire il prospettivismo, la promessa di un tempo in cui trionferanno la verità, la giustizia e la gioia. Gli uomini sono malati: la loro malattia si chiama “sindrome del futuro”. Essi immaginano e pregustano un avvenire radioso che pare non arrivare mai, contemplano incantati un orizzonte seducente, ma inattingibile.

Ammettiamo pure che davvero ci aspetti un avvenire così luminoso: è qui in questo presente eterno ed eternato nell’assurdo che è necessario essere felici. I profeti (anche il Messia) rispondono: “presto” che, nel loro linguaggio nebuloso, significa “mai”. “Se non ora, quando?”

Ecco la fede, più che azzardo, scommessa (Pascal), è follia. E’ folle quel “credo quia absurdum” del fanatico e misogino Tertulliano, poiché, se è opportuno aprirsi con la mente ed il cuore all’inimmaginabile, al fantastico, è un delitto ripudiare l’intelletto, la capacità di discernimento. Sia chiaro: non si intende ridurre l’intera realtà ad un meccanismo che si muove solo per muovere sé stesso. Oltre i fenomeni, si slargano territori che neppure possiamo concepire, ma nego che le facili teodicee, le spiegazioni confortanti siano d’aiuto e che siano plausibili. Sono simili, infatti, a quei vissuti onirici che interpretati in modo semplice, di una semplicità infantile, perdono la loro aura, il loro afflato. Meglio il silenzio di tante parole vuote. Meglio restare nel guado che approdare al lido delle conclusioni rassicuranti ma false. Siamo simboli, ossia esseri dimezzati ed anche delle verità possediamo solo una parte: dobbiamo trovare l’altra che si incastri. La troveremo mai? Forse è più importante cercarla.

Non credo quia absurdum

Sempre a proposito di assurdo, che cosa è più illogico del Male? Per tentare di spiegarlo, si ricorre spesso alle teorie più assurde. Si dimentica inoltre che il mysterium iniquitatis, oltre ad essere sciaguratamente irragionevole e straripante, è anche stupido. Il Male è idiozia allo stato puro, spesso perpetrato da idioti: uno tortura un prigioniero, un altro viviseziona una cavia, uno incendia un bosco, un altro massacra un bambino, uno orina su un carcerato, un altro condanna un innocente… Attenzione! Questa non è letteratura macabra: questo e molto altro sta accadendo adesso, mentre leggete codeste righe. Da un punto di vista meramente quantitativo, nella storia, il bene è in netto svantaggio.

Di solito si giustifica Dio, asserendo che comunque le sofferenze umane (di quelle che patiscono animali e piante il Dio biblico non si interessa) sono limitate nella durata nonché eque punizioni dei suoi peccati (le torture infernali, invece, sono interminabili, ma questo è un altro discorso): il Creatore forse, abitando fuori dallo spazio-tempo, non ha una percezione netta di quanto siano incommensurabili gli istanti irrigiditi nel dolore. Quale sia la vera origine del peccato originale non si sa.

Molti lo definiscono Padre: egli tempra la sua discendenza mediante le avversità, ma forse est modus in rebus. Un esempio: un genitore è con il figlio il piccolo in un parco, dove stanno passeggiando. All’improvviso un cane, divincolandosi dal guinzaglio del padrone, si avventa contro il bimbo e lo azzanna alla nuca. Come si comporta il padre? Resta indifferente, perché pensa A: se mio figlio soffre, è uno strazio temporaneo; B: se il pargolo muore dissanguato o per qualche infezione, è lo stesso, giacché vita e morte sono illusioni. Tutto è maya: la materia non esiste e ciò che non esiste non può patire. Con questa parabola che alcuni reputeranno blasfema, vorrei alludere a come mi pare, pur dalla mia angolazione limitatissima, si comporti a volte Dio.

Ricordo una scena di una pellicola ispirata ad una vicenda realmente accaduta. Alcuni naufraghi, uomini e donne, annaspano in mare aperto ormai da molte ore e non hanno né la possibilità di risalire sul natante né molte speranze che qualcuno li avvisti per soccorrerli. Una donna comincia a pregare Dio affinché li aiuti; un’altra la ammonisce, tuonando che solo ora ella implora il Signore, adesso che è in una situazione senza via d’uscita. La fulmina infine rammentandole che ogni giorno in tutto il pianeta milioni di persone si trovano in condizioni disperate, senza che Dio si degni di intervenire. E’ vero che esistono dei casi in cui sembra che un’azione soprannaturale sia stata decisiva per salvare delle vite, ma non sono la norma. E’ evidente che la vera fede, sempre che abbia un senso riferirsi alla fede, va fondata su basi più solide e non su accorate (ed inascoltate) invocazioni.

Pregare è dunque umano, peculiare degli uomini che sono attanagliati dallo sconforto. Se Dio è imperfetto, le sue creature lo sono ancora di più. Forse è questa la “somiglianza” biblica.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

11 agosto, 2012

Alfa ed Omega

Qual è la direzione del cosmo?

La scienza materialista prospetta, anche se in un’età tanto lontana da non essere neppure concepibile, la fine dell’universo, la cosiddetta morte termica.

La visione religiosa considera il creato un magnifico arazzo che testimonia l’onnipotenza e l’infinita sapienza di Dio, una sua mirabile manifestazione nello spazio-tempo. In modo misterioso ed inintelligibile, tutte le contraddizioni dell’universo sono trascese e conciliate nell’Uno, verso cui tutto converge e dove tutto si sublima.

Il pensiero gnostico, pur con diverse accentuazioni, mostra la cicatrice che attraversa il reale, la profonda spaccatura tra il mondo ed il Pleroma. Nella creazione stessa è la frattura, l’amputazione di Dio. Di questa mutilazione paghiamo le conseguenze… molto pesanti.

Chi si accosta maggiormente alla verità? Il cosmo è uno sterminato e silenzioso deserto, nato dal caso e destinato a perire, come tutte le cose, a precipitare nel nulla da cui affiorò, oppure la fine è il vero principio?

L’Alfa e l’Omega rappresentano il cominciamento e l’epilogo del Tutto. Mentre ci si allontana dall’origine, sempre più, si espande il buio e si diffonde il gelo.

Lo Spirito, per emanare qualcos'altro da sé, si frattura, si disarticola, addirittura quasi oblia sé stesso. L’universo ed il tempo come eclissi dell’Eterno. L’Essere anela a ricomporre le sue membra disgiunte?

Le tenebre, che si riversano nella notte infinita, sono nero sangue.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

07 agosto, 2012

L'ultima notte

Scese l'ultima notte. Il nero incendio bruciò le stelle. Le galassie si ridussero a tiepidi bracieri dalle fiamme pallide, tremolanti.

Poche nebulose, tizzoni quasi consumati, con foschi bagliori rischiaravano appena la fredda cripta dell'universo.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

04 agosto, 2012

Il caso di Filiberto Cardenas: ridefinire i criteri della ricerca (prima parte)

Chi non si aspetta l’inaspettato, non troverà la verità. (Eraclito)

Premessa

Ho deciso di vagliare un episodio poco noto nella storia dell’ufologia perché offre l’opportunità di sviluppare un discorso più ampio. In tutti questi anni di ricerche, si è compreso che, per gettare un barlume su soggetti intricati, è necessario trascendere la storia e la scienza ufficiali. Che importa del giudizio altrui! Se non si vuole restare confinati nel già noto e impelagati in raffinate ma alla fine sterili speculazioni erudite, bisogna avere il coraggio di superare il senso comune e gli angusti orizzonti accademici. Così certe discipline, pur disdegnate o per giunta irrise, più di altre permettono di esplorare territori di confine. Tuttavia è soprattutto una questione di approccio e di metodo: occorre innovare i paradigmi e rivoluzionare i criteri esegetici, cambiare il punto di vista. Si reperiranno schegge di verità e non sarà facile fissare le immagini che le schegge rifletteranno, ma l’alternativa è accontentarsi delle versioni autorizzate o delle interpretazioni classiche che oggi risultano obsolete, deboli. Purtroppo ancora oggi predominano visioni tradizionali incapaci di scalfire eventi che paiono refrattari. Situazioni straordinarie richiedono orientamenti straordinari, quasi selvaggi. Se poi alcune conclusioni saranno considerate fantasiose, mi è del tutto indifferente. Per parafrasare una celebre frase di Nietzsche: la verità nasce postuma, forse alla stessa civiltà umana.

Il caso

Il caso di Filiberto Cardenas si colloca nel punto di confluenza tra rapimento e contatto, inoltre rivela alcune analogie soprattutto con le esperienze di Maurizio Cavallo. L’incidente è ripercorso ed analizzato da Michael L. Thompson nell’interessante saggio, “Le civiltà degli alieni”, libro che confronta un significativo campione della casistica ufologica con i miti dell’antica cultura indiana, contenuti nei Baghavata Purana, Mahabharata e Ramayana.

Riporto la ricostruzione degli eventi, traendola dal testo sullodato.

“Filiberto Cardenas era un immigrato cubano abitante a Hialeah, Florida. Il caso fu esaminato da un avvocato ed investigatore ufologico di nome Virgilio Sanchez-Ocejo. La sera del 3 gennaio 1979, Cardenas, un suo amico, Fernando Marti e la moglie di Marti, con la loro figlia tredicenne stavano girando in auto nella periferia di Hialeah per acquisti. Mentre stavano rincasando, il motore della vettura si fermò. I due uomini testimoniarono che i fari e l’accensione non funzionavano più, perciò scesero dal veicolo e sollevarono il cofano per tentare di capire che cosa fosse successo al motore. Improvvisamente essi videro delle luci rosse e viola che lampeggiavanoche, riflettendosi sul motore e sentirono un ronzio 'come di molte api'. L’auto cominciò a vibrare, mentre la luce diventò di un bianco brillante. Nel frattempo Filiberto si era sentito paralizzato ed aveva cominciato a sollevarsi in aria, gridando: 'Non prendetemi! non portatemi via!' Fernando, sgomento ed esterrefatto, lo vide alzarsi e scorse pure 'un oggetto piuttosto grosso che saliva e poi se ne andava'.

Il successivo ricordo di Cardenas è quello di essere stato quasi investito da un’auto sul Tamiami trail, a circa 16 kilometri da dove era stato prelevato. La polizia fu abbastanza sconcertata dalla storia da scrivere nel rapporto ufficiale 'incontro ravvicinato del terzo tipo'.

Sotto ipnosi, il rapito inizialmente rifiutò di raccontare quello che era successo durante il rapimento, perché 'mi hanno ordinato di non dire nulla'. Più tardi riferì una storia strana e complicata che cominciava quando, svegliandosi, si era trovato seduto, immobilizzato, davanti ad un essere che somigliava ad un robot ed a due piccoli uomini fasciati in tute aderenti.

Uno degli uomini aveva cercato di parlare a Cardenas in tedesco, inglese e infine in spagnolo, girando una manopola sul petto ogni volta in cui cambiava lingua. Il rapito era stato sottoposto ad un esame che, secondo le sue affermazioni, gli aveva lasciato 108 (?!) segni sul corpo. Poi era stato portato in presenza di un individuo assiso su un trono alto e che portava un mantello ed una collana da cui pendeva una pietra triangolare. Questo personaggio gli aveva parlato a lungo sia telepaticamente sia in perfetto spagnolo e gli aveva mostrato molte scene che si vedevano sui muri. (?)

Il sequestrato affermò che gli esseri alieni avevano un aspetto umano: occhi allungati prvvisti di ciglia, piccoli nasi schiacciati, larghe bocche senza labbra e barbe rade. Portavano anche un simbolo a destra, sul petto, costituito da un serpente su una X schiacciata.

Poi la storia diventa ancora più sbalorditiva: gli ufonauti portarono l’uomo in una base sottomarina, viaggiando sott’acqua a grande velocità attraverso un tunnel di acqua solidificata che sembrava aprirsi davanti al vascello così che questo non era toccato dal liquido. Nella base, Cardenas incontrò un umano che lavorava con gli alieni e fu condotto attraverso quella che sembrava una città. Di nuovo fu paralizzato ed esaminato e gli fu prelevato un campione di seme. Poi un altro personaggio, intambarrato e seduto su un soglio, gli aveva dato delle istruzioni illustrandole con le immagini di una serie di schermi televisivi.[1] Dopo molte esperienze simili che sembrarono durare molti giorni, fu riportato vicino al Tamiami trail: erano trascorse circa due ore di tempo terrestre.[…]

Come non di rado avviene, alla prima avventura seguì un altro incontro. Filiberto e sua moglie Iris salirono volontariamente una rampa per entrare nell’astronave aliena e conversarono amichevolmente con gli occupanti che erano quasi umani”.

[1] Anche le entità incontrate da Alan Godfrey e di Brian Scott sono circonfuse da un'aura sacrale, numinosa. Vedi Joseph, 2010.

N.B. Le fonti dell'articolo saranno indicate in calce all'ultima parte.

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01 agosto, 2012

I Nomoli ed il Cozzo dei Giganti

Angelo Pitoni è un geologo e botanico, agronomo, archeologo dilettante, con una passato nell’O.S.S.(!), l’antenato della famigerata C.I.A. (la Criminal infamous agency). Come credenziali sono piuttosto inquietanti, ma tant'è...

L’avventuriero compì la sua più importante scoperta in Sierra Leone nel 1990 dove si era recato per valutare la consistenza di alcuni giacimenti minerari. Durante un colloquio con un capotribù locale, venne a conoscenza di una misteriosa storia circa un’atavica progenie di angeli ribelli, esecrati da Allah e precipitati sulla Terra.

In loco il globetrotter reperì delle delle curiose pietre azzurre che furono esaminate in Europa ed in Giappone. Le analisi condotte nei laboratori dell’università di Ginevra, di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg stabilirono che quei ciotoli azzurri non erano naturali. La loro composizione chimica (77% tra ossigeno, carbonio, silicio, calcio e sodio) induceva a pensare ad una specie di intonaco.

Pietre simili furono trovate in un souk del Marocco: analizzate a Londra, diedero gli stessi risultati. Oltre alle skystones, Pitoni rinvenne le statuine degli angeli caduti, Nomoli, dai volti grotteschi e terrifici. Pitoni che, attraverso la stratigrafia, riuscì a datare i reperti archeologici al 12.500 a.C. circa, venne a sapere che sculture simili ai Nomoli erano custodite nel British Museum di Londra ed al Musèe de l’Homme di Parigi: in entrambi i casi i curatori dei musei gli spiegarono che le sculture non sono attribuibili ad alcuna conosciuta cultura del continente africano.

Le statuine della Sierra Leone sono macrocefale: hanno occhi grossi e sporgenti. Curioso è il fatto che siano di granito e rimontanti ad un periodo in cui, secondo l’archeologia ortodossa, gli uomini non scolpivano questo tipo di pietra. E’ interessante notare la somiglianza tra il termine Nomolo ed il vocabolo Nommo, parola con cui i Dogon del Mali identificano le creature provenienti da Sirio B.

L’aspetto più sorprendente della scoperta riguarda un’analogia iconografica tra alcuni Nomoli ed un’opera megalitica della Sila: tale possente opera raffigura un uomo a cavalcioni di un elefante preistorico (Elephas antiquus), dalle zanne incurvate leggermente verso l’interno. Nel sito calabrese si possono ammirare, oltre all’elefante di Campana, altri enormi simulacri litici che non sono rocce modellate dagli agenti atmosferici, ma colossi su cui sono visibili le tracce di lavorazione scultorea. Il complesso monumentale, noto come “Cozzo dei Giganti”, è stato studiato dall’architetto Domenico Canino. Egli ha portato alla luce una documentazione da cui si evince che il sito era noto nel XVII secolo ed anche prima. Il dottor Canino collega il toponimo Sila (luogo delle acque?) ad una serie di altre località i cui nomi si riferiscono all’acqua: alcuni glottologi riconoscono in queste radici toponomastiche un substrato arcaico che origina dal sumero.

La tradizione sumerica dunque ancora una volta come humus su cui attecchirono le piante delle posteriori civiltà?

L’archeologia riserva sempre delle sorprese che gettano un barlume sul lontano passato, ma anche, per chi ha intuito quanto la contemporaneità affondi le sue radici in un enigmatico retroterra, sul nostro traballante, tumultuoso presente


Fonti:

A. A. Saida, Angelo Pitoni e le sue scoperte, 2012
D. Canino, L’elefante della Sila, Calabria grande: scherzo della natura o scoperta archeologica?
Id., Le pietre dell’Incavallicata, 2007
Mistery hunters, Il Cozzo dei Giganti, 2012


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