29 aprile, 2010

In edicola il numero 19 di X Times e di Fenix

Sarà in edicola dal 4 maggio, il numero 19 delle riviste "X Times" e "Fenix". Si coglie l'occasione, anche se con ritardo, per ringraziare sentitamente il Direttore responsabile di "X Times", Pino Morelli, per aver deciso di pubblicare nella rubrica da lui curata, X media times, la recensione del film Toxic skies. Ricordo che, sul nuovo numero della rivista diretta da Lavinia Pallotta, sarà pubblicata l'inchiesta di Luigina Marchese concernente i terremoti artificiali.

Leggi qui il sommario degli articoli e qui l'editoriale di Lavinia Pallotta.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

28 aprile, 2010

A scuola da Attivissimo

I manuali scolastici sono strumenti per l'indottrinamento delle nuove generazioni. Se ne traggono sempre nuove conferme. Nei testi di Storia, si continua a presentare la teoria dell'evoluzionismo, come fosse una verità incontrovertibile. Non si accenna mai neppure alla teoria degli equilibri punteggiati di Eldredge e Gould, formulazione che, rispetto al Darwinismo classico, appare un po' più sensata, poiché, per lo meno, fotografa una realtà paleontologica. La stessa panspermia, pur essendo stata ipotizzata dal noto Crick, idolo dei biologi mainstream, è oggetto di ostracismo. Crani fossili di scimpanzè nei rutilanti, ma inutili apparati iconografici, sono spacciati per reperti appartenenti ad ominidi progenitori di Homo Sapiens, presunti antropoidi dai nomi improbabili. Pare che la diffusione del Darwinismo ed il suo radicamento nell'enciclopedia dello studente medio sia proporzionale alla sua assurdità, straboccante di incongruenze, prodigiose apparizioni di nuove specie, piante ed animali chimerici...

Il plagio continua con la storia antica: le piramidi naturalmente erano tombe di faraoni, i Sumeri furono la più antica civiltà etc. Gobleki Tepe? Passata sotto silenzio. In una recente pubblicazione per il biennio, sulla copertina campeggia una singolare ed inquietante riproduzione di un manufatto attribuito alla cultura pre-sumerica di Ubaid: la scultura rappresenta una creatura dalle sembianze se non rettiliane, molto inusuali, mentre tiene al seno il piccolo. Nella didascalia della foto, riportata all'interno del capitolo dedicato alle civiltà mesopotamiche, si legge banalmente: "Donna che allatta un bambino" (sic)...

Quali e quante siano le menzogne che deturpano i libri di storia contemporanea è facile immaginare: gli Alleati, incarnazione del Bene, salvarono l'Europa della tirannia nazionalsocialista. Che Hitler fu una creatura degli Oscurati (da Prescott Bush a Winston Churchill, passando per mille altri criminali) è un tabù destinato a rimanere tale per molto tempo ancora. La concezione orizzontale della storia imperversa sicché gli allievi sono portati a credere che nel passato più o meno recente si siano combattute guerre tra stati realmente opposti tra loro, dimenticando che molti conflitti sono stati e sono ancor oggi orchestrati e fomentati dalle élites di burattinai all'insaputa dei popoli, carne da cannone.

I libercoli di Educazione cinica poi sono immondi: rigurgitano di luoghi comuni, di ipocriti e vomitevoli pamphlets contro la mafia e la xenofobia.

Con la Geografia l'orrore tocca l'apogeo: letture impregnate di un ambientalismo d'accatto, alla Al Gore, demonizzazione del biossido di carbonio ad ogni piè sospinto, panegirici dolciastri del Trattato di Lisbona, dell'O.N.U. e simili turpitudini. Non mancano le pubblicità, nella forma surrettizia di ruffiane istantanee, che esibiscono lattine di intrugli venefici e cellulari cancerogeni. Come se non bastasse, la prosa è talmente sciatta e sclerotica che pare questi libracci si siano giovati della mirabile consulenza linguistica di Attivissimo.

Purtroppo non si salvano dalla disinformazione neppure i libri che dovrebbero essere innocui: di recente mi sono imbattuto in uno scartafaccio di Inglese. Prescindiamo pure dal guazzabuglio di dialoghi idioti, di esercizi farraginosi, di parti grammaticali sgangherate ed incomprensibili (sono libri con cui riuscirebbe a disimparare l'inglese persino Oscar Wilde), suscita comunque sdegno che, anche in codesti zibaldoni, siano introdotte letture menzognere: in una si decantavano gli organismi geneticamente modificati come panacea. In particolare, nell'articolo si affermava che i cereali, frutto delle biotecnologie, consentiranno di sconfiggere la cecità tra i bambini del cosiddetto Terzo mondo.

Potrei seguitare con gli esempi, ma est modus in rebus.

Alla fine ci si chiede quale criterio ci potrà guidare nella scelta tra un manuale scolastico e la pubblicazione di uno "scienziato" affiliato al C.I.C.A.P. La carta: alcuni rotoli di carta igienica si apprezzano per la maggiore morbidezza.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

25 aprile, 2010

L'iscrizione di Philadelphia

Michael A. Cremo e Richard Thompson, nel volume intitolato "Archeologia proibita, Storia segreta della razza umana", scrivono: "Nel 1830 furono scoperte forme simili a caratteri alfabetici scolpiti su un blocco di marmo, in una cava ad una ventina di chilometri a nord ovest di Philadelphia. Il blocco di marmo era stato reperito ad una profondità di poco più di diciotto metri. La notizia fu riportata nell'American journal of Science del 1831. Gli operai della cava avevano rimosso strati di gneiss, micascisti, ornblenda, talcoscisti e primitive argilloscisti, prima di arrivare allo strato da cui era stato tagliato il blocco con incisi i caratteri simili a lettere dell'alfabeto... Furono convocati numerosi stimati gentiluomini che esaminarono l'oggetto. Riesce difficile - chiosano gli autori - spiegare la formazione dei caratteri come opera di fenomeni naturali. Perciò non si può far altro, se non pensare ad un intervento di esseri umani intelligenti vissuti in un remoto passato."

La nota sul manufatto è accompagnata nel libro dalla raffigurazione in cui si notano due lettere inconfondibilmente greche, ossia un Pi ed uno Iota, entrambe maiuscole. E' veramente arduo congetturare che questi due glifi sbalzati sulla lastra di marmo siano dovuti a forze fisiche. Ci si trova quindi al cospetto di un reperto fuori dal tempo, un O.O.P.A.R.T., forse un frammento di un più grosso artefatto con un'epigrafe. Il reperto è una sfida per l'archeologia, poiché del tutto incongruo in quanto a luogo (come si può motivare
l'alfabeto ellenico in America?) ed a cronologia, poiché incluso in uno strato litico presumibilmente molto antico. Innumerevoli, anche se ignorati dai paleontologi e dagli archeologi ufficiali, sono sia i fossili sia gli oggetti che in nessun modo si incastrano nelle teorie ortodosse, con le loro approssimative ricostruzioni filogenetiche e storiche.

Le recenti scoperte ed acquisizioni in campo paleontologico, genetico, archeologico (si pensi al noto Starchild) inducono a concludere che la storia, quale è riportata nei patetici manuali scolastici come nelle pubblicazioni accademiche, è poco più di una storiella.

Sono imminenti nuove sbalorditive rivelazioni...

Fonti:

M. A. Cremo e R. L. Thompson, Archeologia proibita, Storia segreta della razza umana, Roma, 2005, p. 134
H. Reinhard, Impronte aliene sul pianeta terra, Roma, 2010


Leggi qui un interessante articolo su Baalbek.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

23 aprile, 2010

The dark side of the man

Qualsiasi dibattito politico si infila presto in un vicolo cieco. La disquisizione sulla forma di governo "ideale" si isterilisce in una logomachia, dacché ci si accapiglia su chi deve governare chi e come. La discussione, infatti, si scontra con la natura umana. Essendo, infatti le istituzioni formate da uomini ed ispirate a norme, promulgate dagli uomini stessi, se tali istituzioni sono inefficienti e corrotte, ciò può dipendere solo dagli uomini.

Semplificando, si potrebbe circoscrivere il problema circa l'indole umana nel modo seguente.

- L'umanità è nel complesso proclive al bene.

- Gli uomini sono fondamentalmente inclini al male.

- Gli uomini giusti ed integri costituiscono un numero irrisorio rispetto ad una maggioranza composta da inetti ed infingardi, una massa dominata con estrema facilità da un drappello di malvagi, fautori dell'iniquità.

Pochi dubbi: la situazione de facto corrisponde al terzo scenario che, se non condanna l'intera umanità, spiega per quale motivo, nella storia si siano succeduti tanti regimi e tante riforme che, prima o dopo, si sono rivelati fallimentari e controproducenti. Certo, il confronto con il passato, depone a sfavore dell'età contemporanea schiacciata da esecutivi totalitari e demoncratici. Solone fu un legislatore saggio, se le fonti che si riferiscono al suo arcontato sono plausibili. Il tiranno ateniese Pisistrato è ricordato come un reggitore equilibrato e sollecito del bene pubblico. E' anche possibile che nell'antichità principi divini ed etici ispirassero re ed aristoi nella loro azione politica che non fu perfetta, ma neppure bruttata dalle nefandezze che insudiciano i governi attuali.

La "politica" odierna semmai ricorda la res publica romana che, nel periodo della sua decadenza, fu dilaniata da lotte tra demagoghi, dagli interessi corporativi di optimates e populares, con continui tumulti, conflitti intestini, stragi, congiure... Oggi suscita un'amara ilarità la lettura delle proteste che elettori delusi inviano ai quotidiani: "Il sindaco ci aveva promesso una città pulita, la lotta alla criminalità ed al degrado, invece... " Ingenui! Che cosa vi aspettavate? Le classi dirigenti pullulano di maneggioni, profittatori, di gentaglia rozza, ignorante ed avida. Al vertice i grassatori sono solo un po' più presentabili, ma sempre beoti e spregiudicati.

Gli effetti di secoli stuprati da un'élite di pazzi assassini sono sotto gli occhi di tutti: guerre, carestie, ingiustizie, disastri innaturali... il tutto, però, accompagnato dagli ipocriti proclami, inneggianti alla pace, al benessere, all'equità, alla tutela dell'ambiente.

Ora, constatato che nessuna revisione costituzionale, nessun intervento legislativo potrà MAI anche solo alleviare i mali che attanagliano la nostra società, si deve concludere che la natura umana è almeno in parte corrotta. Quali sono la genesi e la causa di tale pervertimento? Si deve supporre che qualcuno intervenne per traviare i nostri antenati o che inoculò, per così dire, un virus, destinato ad infettare, un po' alla volta, l'intero organismo, oggi devastato dalla suppurazione. Se così non fosse, esisterebbe almeno un governo dignitoso, laddove i cittadini sono dilaniati e vessati da bande di criminali, definite con ironia "istituzioni".

Anche quando sono abbattuti gli organismi che si fondano sulla prevaricazione e sull'immoralità, dopo un po' di tempo, i nuovi governanti riproducono la situazione anteriore, persino aggiungendo notevoli dosi di violenza. E' evidente dunque che gli uomini non sanno governare né governarsi: le leggi e lo stato non li allontanano dalla depravazione, ma neppure l'assenza di regole e l'anarchia, sebbene la superfetazione del potere sia una minaccia ben più grave dell'anomia.

Le eccezioni esistono, benché confermino la regola: in alcune nazioni di nativi americani, pur con qualche inevitabile deviazione, il rispetto dei rispettivi ruoli propiziava una coesistenza pacifica e proficua tra i componenti della tribù. Senza dubbio incide il numero: quanto più l'individuo si perde nella massa (o nella categoria) identificandosi con essa, tanto più la sua identità è deturpata nell'omologazione e nella reazione gregaria. Gli antichi romani ripetevano: "Il senato è una brutta bestia, anche se i senatori sono brave persone".

Come è palese, il discorso è lungo e complesso: qui l'ho solo sfiorato con il fine di radicare la politica nell'antropologia, ossia se intendiamo cominciare a comprendere perché la realtà politica sia tanto putrefatta, dobbiamo considerare la natura umana e la sua tabe. Eppure ciò è solo un primo passo verso una visione più approfondita.

Infatti gli uomini non sono tutti uguali e non tutti sono uomini.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

21 aprile, 2010

La strage degli ufologi

Susan Reed, il cui vero nome era Jennie Gosbell, è stata l'autrice di un libro, intitolato "Body snatchers". E’ un volume sui rapimenti e sui piani di dominio planetario per opera di esseri malevoli. Il corpo esanime della Reed è stato recuperato il giorno 8 ottobre del 2009 a Cable Beach (Inghilterra), dove la donna era in vacanza. La polizia, che ha escluso si sia trattato di omicidio, ha spiegato il decesso come annegamento accidentale.

La morte della Reed, che aveva 44 anni, segue di poco la scomparsa dell'ufologo francese Paul Vigay, anch'egli 44enne, morte occorsa nel febbraio del 2009. L'uomo fu trovato nelle acque di Portsmouth in Gran Bretagna. La fidanzata ed i familiari esclusero che Vigay, studioso di crop circles e che aveva pure collaborato alla realizzazione del film Signs, potesse essersi tolto la vita.

E' probabile che sia la Reed sia Vigay avessero sfiorato verità scottanti: accomunati dalle circostanze della morte e dall'età in cui sono immaturamente scomparsi, ci si deve chiedere se si tratti solo di coincidenze.

La ricercatrice, nel testo sopra citato, delinea uno sconvolgente scenario che altresì converge con le ipotesi formulate in modo (suppongo) indipendente da Corrado Malanga e da Nigel Kerner, congetture circa una dominazione aliena preceduta dall'instaurazione del Nuovo ordine mondiale. L'autrice si riferisce anche "a razze tra cui Grigi, Rettiliani ed Esseri di luce, interessati a prelevare, tramite una tecnologia molto avanzata, materiale genetico, ma soprattutto l'anima (la matrice anima-coscienza, come viene chiamata dalla testimone) umana, nonché ad "attaccare" (nel senso di agganciare) entità aliene nelle vittime prescelte." (L. Pallotta)

Sono evidenti le analogie con le ricostruzioni elaborate da Malanga e da Kerner a proposito di interferenze esterne che si traducono sovente in casi di parassitismo e di predazione dell'anima (?). Non è questa la sede per dibattere sulla questione dell'anima, su che cosa si debba intendere per essa e se sia realistico pensare ad una sua "cattura" per opera di visitatori indesiderati. E', invece, istruttivo enucleare alcuni aspetti su cui la Reed si sofferma: la creazione di ibridi umano-alieni (si vedano gli studi della Wilson, anche se il tema di una specie ibridata è considerato sotto un'altra angolazione, persino confortante); i piani delle élites per sfoltire la popolazione mondiale almeno dell'80 per cento, attraverso guerre infinite, epidemie, un'industria farmaceutica ed alimentare che uccide, gli organismi geneticamente modificati, un sistema bancario che depaupera ed affama le nazioni.

La storia è tenebrosa e culmina nel microprocessore sottopelle, sigillo di un soggiogamento definitivo e letale. Tuttavia ancora più raggelante è la descrizione di una rete creata dai Rettiliani per imprigionare l'anima (?) post mortem. Infatti, quando una persona muore, la sua anima (?) verrebbe confinata in un sistema di contenimento per impedirle di compiere il suo viaggio nelle sfere successive. Non solo, accedendo all'Akasha, le entità malvagie, introdurrebbero nella memoria di chi sta per incarnarsi nuovamente falsi ricordi per provocare sensi di colpa e per appesantire il karma. E' tema spinoso e controverso su cui si è in parte scritto nell'articolo Le esperienze di pre-morte nell'ambito dell'Ufologia cui dunque rimando. Qui sospendo il giudizio, essendo necessari approfondimenti multidsiciplinari per affrontare il soggetto in modo idoneo e soprattutto precisazioni terminologiche che richiederebbero amplissime disquisizioni.

Qualcosa nelle teorie testé accennate lascia perplessi: in particolare nell'enfasi sui Rettiliani perversi potrebbe annidarsi una parziale disinformazione, poiché altre razze potrebbero essere al vertice della piramide invisibile... gli Insettoidi? Infine, se il collasso storico pare imminente e fatale, la catastrofe metafisica implica una visione disperante che ognuno valuterà per quello che rappresenta.

Fonti:

J. Bartley, I ladri di anime, in X Times n. 18, aprile 2010
N. Kerner, Grey aliens and the harvesting of souls: the conspiracy to genetically tamper with humanity, 2010


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APOCALISSI ALIENE: il libro

19 aprile, 2010

Il giardino, il cielo

Raggi d'oro tra le fronde
Freschi brividi
Splendore nell'ombra
(Kobayashi Issa)

Si è smarrito oggi del tutto o quasi il significato esoterico del giardino. Nelle nostre tetre città, le aree verdi sono patetiche sopravvivenze di alberi e cespugli assediati dal cemento, sfigurati da cartelli, pali, antenne.

Il giardino tradizionale era, invece era una creazione in cui le geometrie delle aiuole e la bellezza delle essenze vegetali rispecchiavano l'armonia del cosmo. Il giardino, il cui mistico silenzio si impregna di soffi e si increspa di cinguettii, è in primis un paesaggio dell'anima: le linee rette si ammorbidiscono nelle curve delle chiome, trasfigurando le esperienze caduche della vita nell'avvolgente concordanza della pace interiore. L'aria, l'acqua, la luce e la terra permeano il giardino in cui la natura e la cultura si compenetrano, fino a fondersi.

E' noto che il verziere, soprattutto nella tradizione islamica, è metafora del Paradiso che appunto significa "giardino" in greco, luminoso adombramento della condizione ineffabile di unione con il divino. I primi capitoli del Genesi sono ambientati in un luogo verdeggiante ed ameno in cui spira una piacevole brezza: è la dimora perfetta per i progenitori, prima della loro caduta.

Il frutteto delimitato dal chiostro è uno spazio della contemplazione il cui chiarore si attenua nella mistica penombra dei portici. Ancora più spirituale è il giardino Zen in cui le rocce e la ghiaia, un una grisaille appena svariata di verde tenue, sfiorano la consistenza del vuoto.

Il giardino e l'orto (i due vocaboli sono collegati sul piano etimologico) uniscono quindi il basso e l'alto: le quadripartizione di molti giardini con al centro una scintillante fontana è simbolo della terra con al centro la sua scaturigine. I poligoni delle aiuole ed il cerchio della fontana, in cui gli zampilli assumono movenze e riflessi sempre mutevoli, evocano la compresenza di finito ed infinito. I sentieri che conducono al centro sono percorsi iniziatici.

Anche suggestivi sono i giardini all'inglese, ove le siepi sinuose e le masse di alberi distribuite con studiata naturalezza, paiono profilare la forma sempre cangiante delle nuvole e dei fiumi azzurri che le lambiscono. Talvolta, come in uno specchio, i cumuli si coagulano sopra i gruppi degli alberi, tingendo di cupe sfumature lo smeraldo del fogliame.

Salendo ancora, ammiriamo il giardino del firmamento: gli astri sono boccioli, le costellazioni bordure raggianti, le galassie e le nebulose argentei ammassi di vegetazione. La linea delle coste sui pianeti, per una corrispondenza sottile, si svolge lungo il filo invisibile che lega le stelle.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

17 aprile, 2010

Codice Genesi

“Codice Genesi” è la recente pellicola per la regia dei fratelli Albert ed Allen Hughes, con Denzel Washington, Mila Kunis e Gary Oldman, tra gli interpreti principali. Il titolo originale, snaturato nella versione italiana, è l’augusto "Book of Eli", trasparente e scontata allusione alla Bibbia. In un mondo post-nucleare, cumulo di rovine e deserto punteggiato di alberi scheletriti, il protagonista, un uomo solitario, cerca di portare in salvo la Bibbia, l'opera che può offrire una speranza all'umanità del futuro. Il pellegrino è osteggiato e blandito dal malvagio Carnegie (Gary Oldman), ma - come si conviene negli intrecci più bolsi - aiutato dalla di lui figlia, Solara (Mila Kunis).

Che il filone post-apocalittico abbia ormai stuccato, Hollywood sembra non accorgersi, visto che continua ad ammannire queste produzioni in cui alla povertà delle idee si tenta di sopperire con una pletora di citazioni colte e di significati pretenziosi. Qui addirittura, tra le altre fonti, si scomoda il capolavoro di Ray Bradbury, "Fahreneit 451", per imbastire un apologo didattico dove la Bibbia diventa simbolo ambiguo del potere e della conoscenza, come se gli uomini, liberatisi della soffocante mediazione costituita dalle gerarchie sacerdotali, dovessero comunque accettare la mediazione degli interpreti.

Quale sarà l'interpretazione corretta, quella che più avvicina alla verità? Chi, se non l'eroe integerrimo ed impavido, cerca e custodisce la Gnosi? Non sono quindi casuali, benché inopportuni, i riferimenti omerici nell'ulissiaco protagonista che vede perché cieco e che a Carnegie, il quale gli domanda "Chi sei tu?", risponde: "Nessuno" (sic). I valori emblematici nel film si sprecano (dal nome Eli, adombrante il profeta Elia ed Elohim, a Solara che riempie d'acqua la borraccia del sitibondo viandante, in una prosaica evocazione dell'età acquariana) e sono simili a quelle perline scintillanti, ma di nessun valore che i visi pallidi donavano ai nativi americani per ingraziarseli o per ottenere merci pregiate.

In effetti, si adotta una furbesca captatio benevolentiae nei confronti dello spettatore medio soprattutto statunitense che sul comodino tiene la Bibbia accanto alla scatola dei sonniferi. Il testo sacro, che non bruciava nei roghi con cui gli inquisitori incendiavano i libelli degli "eretici", è l'oggetto di una devozione monolitica, di una fede che rischia di sdrucciolare nel fondamentalismo di chi brandisce la Bibbia, senza averla mai letta. Non è forse una coincidenza se, in questo come in altri lavori cinematografici, il ruolo del campione è affidato ad un attante dal nome ebraico, quasi, alla fine, la prospettiva per l'avvenire dovesse passare per un sentiero determinato. [1]

Così, attraverso la grandiosità dei campi lunghi di un film in cui sceneggiatura e soggetto hanno il fiato corto, "The Book of Eli", culmina in un'Apocalissi… ma senza alcuna Rivelazione.

[1] Si pensi al bellissimo Dark city.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

15 aprile, 2010

Ragioni e torti dei Catari

La vita e la morte sono due scrigni serrati, ognuno dei quali contiene la chiave dell'altro. (K. Blixen)

I Catari o, meglio, Buoni cristiani, sono, nel loro netto dualismo, anticosmici: il mondo materiale, creato dal Demiurgo, suscita la loro ripugnanza. Una scintilla divina è incarcerata nell'hyle e, per liberarla, è necessaria una continenza che per i Perfetti assurge ad encratismo.

La loro dottrina, combattuta ferocemente dalla Chiesa di Roma che, con Innocenzo III, bandì un'infame crociata, è bollata sic et simpliciter come "eretica". Chi può negarlo? Le religioni dualiste incorrono in varie antinomie ed eccessi. Tuttavia molti Albigesi seppero vivere i princìpi in cui credevano con coerenza ed abnegazione. Essi affrontarono le torture e le persecuzioni e, mentre ostentavano disprezzo per la natura, non uccidevano gli animali per nutrirsene. Disdegnarono i piaceri: a differenza di papi e vescovi cattolici, la loro non fu una posa farisaica, ma prassi. La diffidenza dei Catari verso il matrimonio non è poi così deprecabile.

Certo, la condanna del mondo ci appare segno di rigidità. L'identificazione di YHWH con un dio minore è apparsa blasfema, eppure chi guardi oltre le parvenze, chi si ponga domande cruciali, in parte almeno si riconosce in alcuni convincimenti dei Catari. Veramente viviamo "nel migliore dei mondi possibili?" Veramente la Terra è un Eden? Qualcuno ci addita la mirabile armonia del cosmo: ci invita a scoprire il phi e la serie di Fibonacci in ogni dove. Molto bello, molto interessante, ma è sufficiente la geometria sacra, filigrana dei fenomeni, per cancellare il male?

Visitiamo un mattatoio, un reparto oncologico, un carcere, una camera di tortura, un campo profughi, una trincea, un laboratorio dove si compiono vivisezioni... e la nostra magnifica sezione aurea sarà come donare un quadro raffigurante una fresca sorgente ad un disidratato ormai moribondo. Con ciò, non si intende asserire che la realtà è ahrimanica, ma che qualcosa non quadra è palese. Si obietterà: il male si manifesta a parte hominis, in un'ottica limitata. Concordo, ma da che angolazione dovremmo considerarlo?

Siamo certi che tutto è provvidenzialmente perfetto? Questa persuasione tende a coincidere con una giustificazione dell'esistente, con una teodicea assai simile ad una sanatoria. Un quid di irrazionale e di insano forse si annida nella pur generosa natura stessa, vista dalle correnti New age, solo come madre benevola. Basti pensare alla ferocia di certe leggi di sopravvivenza, all'invecchiamento ed alla morte, disfatte di una natura altrimenti vittoriosa. Si ricordino poi quegli aspetti dell'esistenza repellenti e biologicamente fatali. "E' naturale" - si contesta. Non tutto ciò che è naturale è anche razionale. Il fisiologico sa essere patologico. Si obietta ancora chiamando in causa la visione soggettiva e parziale degli uomini: ma da che cosa dipende l'imperfezione di tale percezione e l'imperfezione dei percipienti?

Bisogna riconoscere che la fisionomia incongruente e complessa del cosmo ci impedisce di attingere quella verità ontologica che semmai può essere surrogata da aporie, ipotesi, provvisorie (consolanti?) definizioni.

Siamo qui "nel deserto del reale". Pensare che un giorno cadrà una pioggia fecondatrice, non significa che il deserto sia un lussureggiante giardino.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

13 aprile, 2010

L'enigma della doppia creazione

"Genesi" riporta una doppia creazione dei progenitori: di solito tale iterazione è ricondotta alla coesistenza di due fonti, una elohista originaria del Regno di Israele (1,26-28); l'altra jahvista sorta ed affermatasi nel Regno di Giuda (2,7). Nella prima, Dio è Elohim (plurale intensivo o termine da rendere con Potenze?); nella seconda Dio è YHWH.

Si potrebbe liquidare il problema, appellandosi alla giustapposizione delle fonti, ma non sono mancati e non mancano coloro che, invece di concepire i due racconti riferiti alla creazione dei protoplasti, come differenti letture dello stesso evento, secondo una prospettiva multipla, vedono un'azione creatrice (o formatrice) compiuta in due riprese.

Nell'antichità, fra i teologi cristiani, furono Origene e Gregorio di Nissa a formulare l'ipotesi della doppia creazione. Origene, teologo ed esegeta alessandrino, (185 ca.- 253 d.C. ca.) pensò che le anime pre-esistenti (noes) venissero in seguito incorporate. Gregorio di Nissa (Cesarea di Cappadocia 335 - Nissa 395 d.C. ca.) elaborò una dottrina, secondo cui la natura primigenia di Adamo ed Eva era ontologicamente diversa da quella successiva, quando i protoplasti acquisirono una costituzione composita. Entrambe le esegesi, l'ipotesi di Origene e quella del Nisseno, richiamano l’insegnamento di Filone ebreo per il quale il primo uomo è incorporeo, archetipo, né maschio né femmina; il secondo Adam è, invece, corporeo e mortale. [1]

Pur nella diversità delle visioni, in cui la sequenza temporale si articola alla dimensione ontologica, secondo differenti accentuazioni, i teologi condividono l''idea di uno scostamento da Dio quanto più si manifesta la natura sensibile. Così, l'Adam prototipo è essere che appartiene alla sfera intelligibile, mentre l'uomo in cui l'anima si è unita al soma, è creatura confinata, benché in modo non definitivo, in un mondo di caducità e di imperfezione. Sono evidenti n queste concezioni le reminiscenze dell'antropologia platonica, anche se con qualche addentellato con eccentrici orizzonti interpretativi del testo biblico.

Alcuni studiosi ricordano che le apparenti contraddizioni dei due passi si possono sanare, se si radica il primo libro del
Pentateuco nel suo substrato in buona parte sumerico, dove la creazione degli uomini viene presentata come il risultato di una serie di esperimenti, anzi tentativi. Si sarebbe passati dai lulu amelu [2], lavoratori primitivi, all'adamu, per concludere con l'adapa. E' possibile che il lulu fosse incapace di riprodursi, a differenza dei suoi discendenti?

E’ palese che, in tal maniera, l’antropologia delineata dai biblisti succitati è rivista, cambiando il contesto e la prospettiva valoriale.

Le ricostruzioni che privilegiano i significati storici, rispetto a quelli simbolici, cominciano ad essere avvalorate da riscontri provenienti dalla paleontologia, dall’archeologia e dalla genetica: si sta uscendo dal campo delle indagini più o meno fantasiose? E’ lecito chiedersi se non si annidi della disinformazione surrettizia e strumentale in codeste analisi. E’ doverosa un’estrema cautela, senza, però, chiusure preconcette.

[1] La doppia creazione è rintracciabile pure in alcuni testi dei Mandei, una comunità religiosa medio-orientale che discenderebbe dai seguaci di Giovanni Battista.

[2] Se la traduzione del termine "lulu" con "mescolato" è corretta, tale significato dovrebbe indurre ad approfondite riflessioni.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

11 aprile, 2010

Un abitante di Carcosa

Ambrose Bierce (1842-1914?), giornalista e scrittore statunitense, è uno fra i maestri del racconto noir in cui la crudeltà, il grottesco. l'assurdo diventano criteri estetici. La sua produzione letteraria, molto copiosa, comprende ricordi della guerra civile cui partecipò giovanissimo, scritti giornalistici (articoli, saggi, appunti di viaggio, pamphlets...), caustici aforismi confluiti nel volume The Devil's dictionary, racconti gotici e fantastici riuniti in alcune crestomazie. Spirito sempre inappagato ed irrequieto, Bierce partì ultrasettantenne per il Messico insanguinato dalla rivoluzione con l'intento di intervistare Pancho Villa, ma fu fagocitato dal deserto. Nessuno è mai riuscito a stabilire quale fu la sua fine.

La novella più nota di Bierce è “Accadde al ponte di Owl Creek” (1891), una storia il cui protagonista sfiora, in un'analessi onirico-surreale, il limitare tra la vita e la morte. Da "Accadde al ponte di Owl Creek" fu tratto un episodio della serie televisiva “Ai confini della realtà” e persino una storia a fumetti.

"Un abitante di Carcosa" (1886) è un breve racconto in cui un uomo della città di Carcosa, considerando le parole del filosofo 'Hali' sulla natura della morte, vaga attraverso un deserto sconosciuto. Egli non sa come sia giunto lì, ma ricorda che era infermo a letto. Comincia ad essere angustiato, pensando di aver vagato fuori di casa in uno stato di incoscienza. Quindi osserva il paesaggio circostante, mentre freddi brividi gli percorrono la pelle. Si imbatte poi in una lince, in un gufo ed in uno strano uomo vestito di pelli e che porta una torcia. Per la prima volta, il protagonista si rende conto che deve essere notte, anche se può vedere tutto intorno a sé, come se il paesaggio fosse rischiarato dalla luce diurna. Scorge un boschetto che nasconde un cimitero di molti secoli addietro. Guardando le lapidi che una volta si ergevano presso le tombe, vede il suo nome, la data della sua nascita e del suo decesso. Si accorge allora che egli è morto: in lontananza si stagliano le rovine della 'città antica e celebre di Carcosa'. Una nota in calce al testo ricorda: "Questi sono i fatti comunicati al medium Bayrolles dallo spirito di Hoseib Alar Robardin".

L'intreccio è sviluppato in un crescendo di tensione che rimanda in modo parossistico la sconcertante scoperta finale. Il breve flash back, con cui il narratore autodiegetico rammenta quando era malato ed in preda al delirio, si fonde nelle descrizioni di uno scenario autunnale, popolato di simboli arcani (il rapace notturno, la lince e l'uomo con la teda). I motivi della letteratura gotica (si pensi ad Edgar Allan Poe) si avvivano attraverso particolari incongrui: alla luce del giorno il protagonista può scorgere le stelle, il canto barbaro dello straniero, il tronco che non getta alcuna ombra, pur essendo l'alba, il senso di esaltazione fisica e mentale..., nonostante il silenzio gelido e lo spaventoso abbraccio di rami spogli tutto intorno.

Questi tratti proiettano le vicende in una dimensione liminare, in cui l'abbacinante buio della fine confonde la ragione ed i sensi. Il tempo lineare si sfilaccia e s'attorciglia sicché la morte precede l'esistenza e la nascita stessa. Siamo quel che non fummo. La vita pare il sogno di un febbricitante, una reverie che dirama i percorsi di un vissuto fatale. E' il paradosso di un'esperienza i cui confini sono sconfinati e dove la consequenzialità logica si impiglia nel dedalo di una contemplazione stranita. E' questa la morte o il suo romanzesco preludio?

Con stupore, ma senza nostalgia per un mondo per sempre tramontato, il protagonista, in una sgomenta profondità di campo, mentre "un coro di lupi ulula, salutando l'aurora", fissa
"sulla sommità di irregolari colline che si estendono fino all'orizzonte, i ruderi dell'antica e celebre città di Carcosa".

Fonti:

Enciclopedia della Fantascienza, Milano, 1980, s.v. Bierce
F. Lamendola, La foresta insanguinata e il corpo senz'anima. Riflessioni sull'opera di A. Bierce, 2007



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APOCALISSI ALIENE: il libro

09 aprile, 2010

L'invasione invisibile

Una singolare versione circa le origini degli Oscurati è contenuta in un articolo di Philip Campbell Argyle-Stuart pubblicato nel 1970, in Colorado. L'oscuro autore sostiene che i conflitti nel mondo sono la conseguenza di una guerra remota tra genti semite "khazar" e genti nordiche "faustiane". Egli reputa che alla popolazione khazar si mescolarono umanoidi provenienti dal pianeta Vulcano, un corpo celeste costantemente dietro al Sole e quindi invisibile per i terrestri, stante la sua particolare orbita. La cultura occidentale, invece, sarebbe il risultato di una commistione tra l'etnia germanica ed i Saturniani, approdati sulla Terra con i loro dischi volanti, dopo aver colonizzato Marte.

Nel 1776 la fazione khazar-vulcaniana usò gli Illuminati di Baviera, confraternita fondata dall'ex gesuita, Adam Weishaupt, per attuare il suo piano di dominio. In seguito, questa fazione ottenne sempre maggiore potere, grazie alle cabale finanziare dei Rothschild, al movimento socialista e, verso la fine del XIX secolo, per mezzo del Sionismo. Campbell Argyle-Stuart considera Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), la fondatrice della teosofia, una figura malefica alleata di sette formate da nefandi cospiratori sparsi un po' in tutto il mondo.

La ricostruzione dello scrittore, pur priva di fonti e di coordinate precise, desta interesse, perché individua nel 1776 uno spartiacque storico, l'anno in cui i cosiddetti Illuminati avrebbero cominciato ad allignare nella società europea e statunitense per poi penetrare con le loro tenacissime barbe nel terreno stesso della storia contemporanea. La sovrapposizione dei Khazari agli Ebrei è un altro dato acquisito. L'autore, però, amplia la prospettiva, con uno scorcio sul sistema solare: i pianeti Vulcano (un'anticipazione del pianeta al centro della serie "Star Trek"?) e Saturno sarebbero i luoghi donde giunsero razze predatrici che si sovrapposero alle genti terrestri, snaturandole. Non è una lotta tra il Bene ed il Male quella sceneggiata da Campbell Argyle-Stuart, ma una feroce faida e soprattutto un'invasione tanto più perniciosa perché invisibile. I due partiti si combattono disputandosi la Terra, noncuranti del destino dell'umanità.

In questi ingredienti, che potrebbero essere lo spunto per un racconto di fantascienza pulp, si possono almeno in parte riconoscere alcuni spunti per gli studiosi della cospirazione. Collocate in contesti più accurati e radicate in ragioni e regioni metastoriche, le analisi compiute dagli storici non accademici, quantunque molto più articolate, non si discostano, nelle loro linee essenziali, dalla lettura di Campbell Argyle-Stuart. Anche il riferimento a dominazioni esterne, benché presentato in modo farraginoso e fumettistico, non pare così inverosimile. Soprattutto il cenno ai Saturniani tesse oggi una quasi impercettibile ma fittissima ragnatela.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

07 aprile, 2010

Redenzione

Redenzione è letteralmente "riscatto". Com'è misero, eppure evocativo il significato letterale! Ci riporta all'"economia" dell’universo. I conti vanno pareggiati, prima o poi, i debiti saldati.

La necessità della redenzione implica il concetto di caduta. Impossibile stabilire se essa fu necessaria, dunque nell'ordine delle cose oppure la conseguenza di un errore o di un’infedeltà. Nella caduta il Ribelle trascinò parte del cosmo: diventa ineludibile una riparazione.

Testimonianza del traviamento è l'uomo: il discorso antropologico accentra in sé la riflessione non per antropocentrismo, ma come enigma cogente. Indagare la natura umana in bilico tra gli abissi della turpitudine e l'empireo della purezza, con tutta la gamma intermedia, è il quesito per antonomasia, poiché condensa in sé l'inestricabile, gordiana contraddizione del reale.

La verità oltraggiata e soprattutto l’innocenza punita sono i trofei del male, ma esiste un "male irredimibile", come lo definì Carlo Emilio Gadda? Occorre versare del sangue per lavare via il sangue, il cui valore vitale e purificatorio è espresso in quelle raffigurazioni dove dal liquido che sgocciola su un prato sbocciano dei fiori rossi.

Il tema della ferita aperta nel corpo della creazione è stato trasfigurato e trasposto nei miti basati sul tema del sacrificio. Sacrificio è azione sacra (anche nel senso di terribile per chi, con abnegazione, assume il male su di sé per espiarlo); gli dei che si immolano per l'umanità vivono più l'angoscia del destino che quella della morte. Mi chiedo in che misura questi sacrifici redimano e quanto di essi, invece, appartenga ad una retorica della sofferenza, della flagellazione, tra voluptas dolendi e tratti autolesionistici. Mi chiedo quale sia la condizione che possa offrire una speranza di salvezza: a lasciar intravedere uno spiraglio, non sono né il merito né la predestinazione – cocci di elucubrazioni teologiche – ma è forse la silenziosa fedeltà a sé stessi.

Il sacrificio vale come gesto esemplare o come atto che salva? Se il capro espiatorio cancella le colpe, il male può essere annichilito, ma anche dimenticato? La sua cancellazione pare implicare la distruzione definitiva, irreversibile di chi lo incarna, di chi vi aderisce con piena e pervicace consapevolezza. La redenzione potrebbe significare apocatastasi o fiamma distruttrice.

E’ possibile che alcune delle luci siano solo fuochi fatui.



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05 aprile, 2010

Nexus

"Uno" ed "unità" sono diventate parole d'ordine: che cos'è più auspicabile di un mondo in cui siano bandite la guerra, la discordia, la divisione? Eppure la parola "unità", come "ordine" occulta un lato oscuro, plumbeo. Ricordiamolo: le insidie provengono più dai "benefattori" e dagli "amici" che dai nemici, così il sistema si radica più nella falsa opposizione che nel consenso.

Lo scrittore tedesco Karl Schmitt, indagando la figura dell'Anticristo, ne disegnò un profilo eccentrico, basandosi sull'Efrem latino, dove è descritto nei seguenti termini.

"Erit omnibus subdole placidus, munera non suscipiens, personam non praeponens, amabilis omnibus, quietus universis, xenia non appetens, affabilis apparens in proximos, ita ut beatificent eum omnes homines dicentes: Iustus homo hic est!", ossia:
"Sarà per tutti piacevole, ma in modo subdolo, non accetterà cariche, non farà preferenze di persone, sarà amabile con tutti, calmo in ogni circostanza, non desideroso di donativi, apparirà affabile con il prossimo, così che tutti lo loderanno esclamando: "Ecco un uomo giusto!".

Di solito l'Anticristo è immaginato come una figura sanguinaria ed empia, ma è possibile che le élites abbiano deciso di scegliere per questo ruolo un personaggio pacifico e compassionevole. Se l'Anticristo non è un uomo, ma un'ideologia, la sua incarnazione è nella filosofia di questi tempi declinanti, trasudante di una retorica infarcita di appelli alla pace, all'armonia, all'amore, alla protezione della natura. L'attuale pontefice, Benedetto XVI, modella il suo mellifluo linguaggio e la sua farisaica condotta su questo archetipo di Anticristo dal "volto umano". Egli esprime lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, sebbene in modo dilettantesco, episodico. Il papa non è l'Anticristo, ma un suo caudatario, proprio come Barack Obama, il guerrafondaio insignito del Nobel per la pace.

Si sottolinei l'aspetto gradevole, allettante, persino generoso dell'Anticristo: egli è il portatore di doni. La tecnologia è la sua taumaturgia, la capacità di operare miracoli. Secondo Marc Prensky, l'uso continuo delle tecnologie multimediali e di Internet non genera soltanto un nuovo linguaggio ed un nuovo mondo di organizzare il pensiero, ma modifica la stessa natura cerebrale e quindi i processi mentali. Ecco: la Rete (www. 666) è il cavallo di Troia.

Il martellamento sull'Uno, proveniente spesso da ambiti scientifici e filosofici tangenti con la New age, ha per lo meno qualcosa di ambiguo. E' un modo per assuefare ad un'unità che non è comprensione e rispetto, ma omologazione, accentramento, definitiva perdita dell'individualità. La diversità culturale, linguistica, economica... non sarà più tollerata, in nome dell'accordo tra tutte le nazioni. La pace sarà imposta, manu militari. Tolta questa patina irenica e misticheggiante, si intravede la vera natura tecnocratica e transumanista del mondo futuro: è una ragnatela (web) che si mimetizza nell'ambiente fisico, diventando quasi impalpabile e che intreccia informazioni, apparecchiature elettroniche, persone. A causa di questo mega-computer ubiquo, uomini ed apparati sono connessi in un grande sistema interattivo: dal frigorifero ai semafori, dal telefono cellulare all'abitazione, dalla lavatrice all’automobile, tutto è controllabile, connesso. La connessione è dunque Nexus, il centauro la cui tunica intrisa del suo sangue venefico fu indossata da Eracle: gli causò un bruciore intollerabile sulla pelle. Nel tentativo di toglierla, l'eroe si lacerò le carni.

Alla fine, bisogna guardarsi più che dai malfattori da chi elargisce regalie, da chi dona free-energy, da chi guarisce le affezioni: in cambio di che cosa? Si licet parva cum magnis comparare, dopo aver citato l'Anticristo in Efrem, potremo accennare a Visitors, nuova serie, dove, con maniere gesuitiche ed accattivanti, Anna, la carismatica leader degli extraterrestri, annuncia che il suo popolo ha deciso graziosamente di sanare i terrestri colpiti anche da malattie mortali. In cambio di che cosa? E' sempre un do ut des.

"Temo i Greci, anche se portano doni". I Greci possono assumere le sembianze più diverse.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

In edicola il n. 18 di "X Times"

Sarà in edicola dal 7 aprile prossimo il numero 18 della rivista "X Times". Leggi qui il sommario degli articoli e l'intelligente editoriale della Direttrice, Dottoressa Lavinia Pallotta, che, oltre a presentare brevemente i vari contributi, spiega lo spirito che anima la pubblicazione.

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03 aprile, 2010

La rosa di Paracelso

"La rosa di Paracelso" è un breve racconto di Jorge Luis Borges. Vi si narra di un giovane uomo che, desideroso di imparare la magia, si reca a Basilea, da Paracelso affinché possa diventarne discepolo: il giovane offre delle monete d'oro, a testimonianza del suo fermo desiderio di apprendere l'Arte. Paracelso, dopo aver benevolmente biasimato l'aspirante allievo per aver pensato che, con il denaro si possa ottenere la Pietra, rifiuta di esibire un prodigio allo sconosciuto. Costui, infatti, vorrebbe che il maestro facesse rinascere dalle ceneri una rosa che egli ha gettato tra le fiamme. Deluso, il giovane si accomiata. Mentre Paracelso è ormai solo, raccoglie il pugno di cenere in cui si era trasformato il fiore, pronuncia una parola a bassa voce e la rosa risorge.

Il sobrio apologo dell’autore argentino si discosta da altri suoi abissali, ma talora intellettualistici racconti: gli eventi scorrono intrisi di silenzi e di rapidi dialoghi, secondo un ordine cronologico, appena variato dall'analessi con cui si evoca il viaggio compiuto dal giovane e durato tre giorni e tre notti. Lo spazio è appena accennato: della dimora in cui abita Paracelso sono inquadrate una scala a chiocciola, una lanterna ed una poltrona consunta. L'ambiente disadorno consuona con la temperanza del personaggio, i suoi modi pieni di semplice solennità, le parole austere e dignitose.

Il ritratto letterario di Paracelso (al secolo Bombasto Von Hohenmein, 1493-1541), medico, astrologo ed alchimista elvetico, si staglia su una storia che è la riflessione sull'antitesi tra credulità e fede. La credulità è l'impaziente smania di chi pretende il miracolo; la fede è abnegazione, incrollabile testimonianza dell'invisibile. Il maestro, ostinandosi a non compiere il portento, apostrofa l'ospite: "Se lo facessi, tu diresti che si tratta di un'apparenza imposta ai tuoi occhi dalla magia. Il prodigio non ti donerà la fede che cerchi. Quindi lascia stare la rosa."

Il messaggio è un po' scontato: il conseguimento della Conoscenza è il fine di un percorso lungo e disagevole, è necessario che l'allievo si affidi al maestro senza esitazioni e senza fughe in avanti. Tuttavia il fascino della storia promana da un intreccio svolto con sapiente naturalezza, mentre un’ombra vela la stessa nobile figura dell’esoterista, “tanto venerato, tanto attaccato, tanto insigne e perciò tanto vuoto”.

Con distaccata ironia il narratore giudicante incenerisce il mago, anche se non è tanto vuoto il maestro, ma un sapere che, di fronte agli enigmi imperscrutabili della vita e del cosmo, è pur sempre, nonostante le sue prodigiose conquiste, vanitas.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

01 aprile, 2010

Figli di Seth

Seth (o Set) fu il terzo figlio di Adamo ed Eva, nato dopo l'uccisione di Abele per opera di Caino. Quando Seth nacque, il padre aveva centotrent'anni e visse ancora per ottocento anni, generando figli e figlie. Da Seth deriva tutta la discendenza biblica, dato che la progenie del fratello Caino si estinse a causa del diluvio. Quando Seth ebbe centocinque anni, generò Enos, dopodichè visse ancora ottocentosette anni, procreando figli e figlie. Tra i suoi discendenti, si annovera Enoch (o Enoc) che, a differenza degli altri, non morì, ma scomparve, poiché "Enoc visse trecentosessantacinque anni e camminò con Dio, poi non fu più veduto, perché Iddio lo prese". (Genesi 5, 21). La genealogia completa di Seth (la "Grande Genealogia dei Setiti") fino a Noè è riportata in Genesi 5.

Il racconto biblico lascerebbe intendere che l'umanità discende da Seth, dal momento che il diluvio sterminò la schiatta di Caino. Se, però, il "mitico" cataclisma non fu così selettivo, è possibile che parte del genere umano derivi da Caino. Si perpetuerebbe quindi sino ai giorni nostri una differenza tra le due stirpi, una saggia e l'altra depravata: è una distinzione cui accennano alcuni testi gnostici provenienti dal corpus di Nag Hammadi, in Egitto. Naturalmente tale congettura, presuppone che il testo biblico conservi una credibile reminiscenza di valore antropologico e che il diluvio fu un evento reale. La seconda condizione è pressoché accertata, la prima resta speculativa, ma potrebbe essere suffragata da futuri studi paleontologici, archeologici e storici. E' più probabile, però, che la distinzione tra Figli di Seth e Figli di Caino (gli ilici di alcuni libelli gnostici?) rivesta un significato simbolico e spirituale. I rampolli di Seth forse fondarono quella Confraternita, qualunque sia la sua natura, che, da tempo immemorabile, custodisce il sapere iniziatico e che si adopera per contrastare i piani delle élites di degenerati.

Tralasciando le speculazioni sul tema di Gurdjeff e del suo discepolo Ouspensky, potremmo vedere in Apocalisse 7, 3-8, l'omega della questione: infatti nel passo di Rivelazione si citano "i servi del nostro Dio". Essi portano "sulle loro fronti un segno": nel testo non è precisato in che cosa consista questo segno distintivo (avrà un significato emblematico, più che essere uno stigma biologico, per quanto ordinariamente invisibile?), mentre è indicato il numero di questi eletti, ossia 144.000. E' un numero che designa totalità, in quanto multiplo di dodici, cifra che allude alla pienezza. Si adombra qui un'apocatastasi?

Le tradizioni sulla generazione di Seth si oppongono ad uno dei più radicati convincimenti della mentalità contemporanea, ossia che gli uomini sono tutti uguali dal punto di vista ontologico. Pare più un dogma o un'"evidenza" pigramente accettata che un dato incontrovertibile.



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