I cristiani convinti e, in particolar modo, i cattolici evitino di leggere questo articolo che potrebbe incrinare la loro fede soprattutto nelle chiese, istituzioni nate sotto il segno dell’inganno, checché se ne pensi. Visto che è impossibile scindere, come insegna Mac Luhan il messaggio dal medium, ossia, nella fattispecie, l’insegnamento “cristiano” da chi lo elaborò e poi divulgò, la messa in discussione di certe dottrine implica fatalmente, almeno in una certa misura, la contestazione del ruolo delle gerarchie e viceversa. I lettori sono avvisati: se decidessero di leggere lo studio, sappiano che lo fanno a loro rischio e pericolo.
Recentemente alcuni storici, tra cui Marta Sordi, hanno collocato la figura di Cristo nel preciso contesto storico dell’Urbe. L’imperatore Tiberio (14-37 d. C.), infatti, nel 35 d.C., probabilmente propose al senato d’introdurre il credo di Paolo (alias, ma impropriamente, religione cristiana) tra i culti ammessi all’interno dello stato romano. Poiché il senato si era opposto, il principe mise il veto al senatus consultus e, finché fu vivo, il decreto della suprema assise romana fu sospeso. Pare che Paolo alluda a ciò in un passo della Seconda lettera ai Tessalonicesi: ”Voi sapete, dice ai suoi fedeli, che l'Anticristo è fra noi, ma qualcosa lo trattiene. Ve ne ho parlato a voce. Ma quando ciò che trattiene (katechon) sarà tolto di mezzo, allora infurierà la persecuzione”.
Dagli studi recenti emerge non solo la possibilità che il carteggio tra Seneca sia, almeno in parte, autentico, ma pure che esistesse qualche legame tra il filosofo stoico e l’apostolo dei Gentili. Gli Atti raccontano di Paolo che a Corinto fu trascinato dai Giudei al cospetto di Gallione, proconsole dell’Acaia, con l’accusa d’insegnare dottrine in contrasto con la torah. Gallione, che non volle pronunciarsi sulla controversia, era il fratello di Seneca, in quegli anni aio del futuro imperatore Nerone.
È stata anche reperita un’epigrafe del I secolo d.C. in cui tale Anneo Paolo piange il figlio, il cui nome è Anneus Paulus Petrus. Anneus è il nomen, il gentilizio di Seneca; Paulus e Petrus rimandano, rispettivamente, al falso discepolo di Gesù, per dirla con Pincherle, ed al presunto zelota seguace del Messia. Appare evidente un pur labile nesso tra l’ambiente senecano e quello paolino. Alcuni lustri prima, però, che tale ipotetico legame fosse individuato da Marta Sordi, un altro studioso l’aveva già messo in luce, ma scoprendo qualcosa di diametralmente opposto. Mi riferisco ad Abelard Reuchlin che attribuisce la prima stesura del Vangelo di Marco (Ur-Marcus) a Gaio Calpurnio Pisone, l’oratore vicino a Seneca e che fu a capo della congiura ai danni di Nerone per restaurare la repubblica. All’entourage di Pisone Reuchlin ascrive anche gli altri vangeli: le tesi di Reuchlin, per molti versi opinabili, hanno il merito, a mio parere, di situare alcuni tratti dei vangeli in un contesto pagano, permeato di Stoicismo. È incontrovertibile, infatti, che i Vangeli canonici, sono dei pastiches in cui un canovaccio ebraico-ebionita è stato manipolato con interpolazioni ellenistiche. In particolar modo, il Quarto vangelo è quello che più risentì della contaminatio pagana, a cominciare dal celeberrimo incipit “In principio era il lògos”. Nulla di più stoico e in ogni caso gentile del lògos. Non si dimentichi poi l’ossessione per il tre e per il sette, la concezione magica della parola, la texture simbolica relativa a fenomeni astronomici (i re magi, anzi maghi, che sono le stelle della cintura d’Orione), il mito del dio che muore e risorge dopo tre giorni etc. tutti elementi che, anche quando sono giudaici, appartengono ad un ebraismo intriso di cultura egizia e babilonese.
Non si dimentichi poi che Shaul-Paolo era uno scaltro fariseo, con la cittadinanza romana, una figura perciò quanto mai adatta a fare da trait d’union fra i culti soteriologici ellenistici, per lo più solari, e l’ambiente ebionita, ossia quello che si richiamava all’insegnamento del Messia storico, i cui cardini erano il comunismo dei beni, il vegeterianesimo e la strenua opposizione al potere romano. È ovvio che Shaul, una sorta d’infiltrato al soldo dei Romani, non poteva né capire né condividere il programma dei giudeo-cristiani: non è perciò da escludere che egli, di concerto con le autorità imperiali, per cui la religione era un instrumentum regni, abbia operato astutamente col fine di appropriarsi del Gesù storico per cominciare a trasformarlo in una creatura semidivina tipicamente pagana, come dimostrato da David Donnini e da altri autori. L’immorale autore delle Lettere morali a Lucilio, lo spregiudicato usuraio e consigliere di delitti (fu probabilmente Seneca ad istigare Domizio affinché uccidesse la madre Agrippina) è una figura che fa da pendant all’intrigante, abilissimo Shaul.
Infine è plausibile il collegamento tra Roma e Paolo, ma nel senso opposto da quello immaginato da Marta Sordi: Paolo giunse a Roma dove rimase agli arresti domiciliari e cominciò a diffondere la nuova religione, ma l’Urbe era il luogo in cui fu elaborato, almeno nei suoi capisaldi, il progetto di un nuovo culto sfociato poi nella stesura del Vangelo di Marco, dopo il 70 d.C. Questo può spiegare il precoce favore che in Tiberio incontrò la superstitio.
Da questa ricostruzione emerge come la Chiesa di Roma sia, sin dai primordi, il risultato di un colossale inganno, anche nel caso in cui si dimostri non attendibile la congettura secondo cui la capitale dell’impero fu una sorta di “centro elaborazione dati”: infatti molti storici concordano nel ritenere la fede cristiana per lo più un’invenzione paolino-costantiniana creata con finalità di controllo della società e delle coscienze. Non è un caso che la Chiesa cattolica sia in primo luogo la Chiesa di Roma, la caput mundi, dove caput non è solo capitale, ma anche teschio… il teschio che, dietro le ingannevoli sembianze di una mitra, compare nello stemma dei papi.
In fondo i vertici della Chiesa sono rimasti fedeli a sé stessi: gli scandali, i misteri che hanno coinvolto il Vaticano in questi ultimi decenni e non solo, appaiono l’inevitabile coronamento di una politica sin dall’inizio fondata sulle “pie frodi”.
Fonti:
M. Blondet, Cristo, una favola?, 2006
R. Calimani, Paolo, l’uomo che fondò il cristianesimo
D. Donnini, Nuove ipotesi su Gesù
Id., Cristo, una vicenda storica da riscoprire
M. Pincherle, Il Gesù proibito, 2000 anni di paganesimo cristiano, Diegaro di Cesena
Id., Paolo, il falso discepolo di Gesù, ibid.
A. Reuchlin, The true authorship of the New Testament, Kent, 1979
M. Sordi, L’ambiente storico culturale greco-romano delle missioni cristiane del I secolo, Roma 1998
Zret, L’arma di Benedetto XVI, 2006