30 maggio, 2010

Rischi e risorse dell’ermeneutica

Suscita fervidi dibattiti l'interpretazione dei testi considerati pietre miliari nella storia culturale. Non è agevole l'esegesi di tali Libri, ancor meno riflettere sui metodi ermeneutici corretti. Tuttavia con Gadamer si può ritenere che l'interpretazione sia un colloquio fecondo con la tradizione. Non solo il testo o l’evento sono comprensibili, almeno in una certa misura, tramite il linguaggio, ma anche la natura, per quanto cerchiamo di oggettivarla, è tradotta con strumenti linguistici e culturali.

E' necessario perseguire un'aurea mediocritas che eviti di sdrucciolare in estremi opposti, entrambi sterili, ossia il letteralismo ed il simbolismo aprioristico. In verità, per non incorrere in tali rischi, è opportuno collocare il testo nel suo contesto. Alcuni esempi chiariranno l'interpretazione.

A proposito dell’Epistola a Cangrande della Scala, che ascriverei ad uno dei figli di Dante, Pietro o Jacopo, Umberto Eco osserva che, anche qualora non fosse stata composta dal sommo poeta, “rifletterebbe comunque un atteggiamento interpretativo assai comune a tutta (sic) la cultura medievale e spiegherebbe il modo in cui è stato letto nei secoli Dante”. Orbene, ciò è superficialmente vero, ma dubito che nelle intenzioni di Dante il "poema sacro" dovesse essere letto secondo la rigida quadripartizione illustrata nella lettera. La distinzione tra senso letterale, allegorico, morale ed anagogico ha tutta l'aria di essere uno strumento esegetico a posteriori, trasposto dal campo biblico (dove tra l'altro in alcuni casi è arbitrario) a quello della "Commedia". Questo non significa che il capolavoro dantesco non includa un substrato semantico: lo stesso autore ci esorta a sollevare il “velame delli versi strani”, ma tale humus ora è più sottile ora più spesso ora sostituito dal senso proprio, secondo gli obiettivi estetici ed ideologici dello scrittore.

Se veramente dovessimo o potessimo adottare il criterio quadripartito dell'"Epistola a Cangrande della Scala", ci troveremmo dinanzi ad una specie di gioco meccanico. Molti testi sommi, per la loro mole e per le vicissitudini della stesura, sono costruzioni in fieri (si pensi ai poemi omerici, alla Bibbia, al Corano etc.) e sarebbe assurdo pensare di costringerli in un'unica metodologia interpretativa, dimentica delle stratificazioni, delle confluenze, dei rimaneggiamenti manifestatisi lungo il tempo. I testi sono letteralmente intrecci: vi si annodano fili di significati talvolta eterogenei.

E' sempre d'uopo distinguere ed inquadrare l’opera nella temperie culturale da cui germoglia. Un altro esempio. Prendiamo il celebre incipit del Quarto Vangelo

"Nel principio era il Logos, il Logos era con Dio ed il Logos era Dio.[...] In esso era la vita e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno sopraffatta. Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per render testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli stesso non era la luce, ma venne per render testimonianza alla luce."

E' evidente che questi versetti non possono essere interpretati in modo letterale: la Luce assume una valenza metaforica e spirituale, non essendo certo la radiazione elettromagnetica. Anche le tenebre alludono all'ignoranza ed al male. Questa lettura si giustifica, ricordando in quale milieu fu elaborato il Vangelo detto di Giovanni e con quale linguaggio. E' un ambito in cui sono usate categorie teologiche e filosofiche nonché modelli culturali ellenistici. E' più che legittimo quindi ricercare nel libretto giovanneo valori mistici, dacché esso fu concepito e vergato come vangelo prevalentemente esoterico. Anche i vangeli canonici sono intessuti di ricami metaforici, ma le parti storiche, biografiche (benché di una storia approssimativa) e parenetiche paiono più numerose.

E' lecito, però, applicare categorie emblematiche ai libri, ai passi ed a singole parole della Torah? Ciò avviene da molti secoli e così pure oggi certi biblisti si cimentano in interpretazioni spesso ingegnose, ma poco o punto fondate, in elucubrazioni lambiccate, frutto di una fantasia ammirevole, ma che alla fine tradisce il testo. Quando leggo che nel Pentateuco, l’Egitto adombra la condizione dell'anima imprigionata dagli Arconti, resto perplesso. Davvero l'autore, allorquando usò il termine "Egitto", intendeva accennare una valenza simbolica e non solo la terra in cui gli Ebrei, secondo la tradizione, erano stati in condizione di schiavitù? Il riferimento agli Arconti non è un anacronismo? Forse no, ma sarebbe necessario dimostrarlo, altrimenti resta una petizione di principio.

Essendo la Bibbia una miscellanea di testi, è naturale che in alcuni predomini un retroterra storico, in altri una dimensione allegorica. E' anche vero che il dialogo ermeneutico può portare, se non a cogliere il vero messaggio, ad un inveramento dei contenuti. Mi spiego: l'interpretazione figurale diffusa nel Medioevo e che induceva a vedere in episodi biblici ed anche del mondo pagano, l'anticipazione degli avvenimenti evangelici, è erronea. Tuttavia nel Medioevo tale interpretazione fu ritenuta corretta a tal punto che era naturale per i dotti considerare la IV Egloga di Virgilio un presagio della nascita di Cristo. Non era così, ma molti ci credettero e sovente è vero (il Pragmatismo docet) ciò in cui si crede. Queste convinzioni plasmarono la cultura e la mentalità dei letterati medievali. Ogni epoca crea e nutre convincimenti, ideali e credenze che contribuiscono a modellare le espressioni culturali.

Mi domando se popoli antichi di pastori nomadi avessero interesse a codificare messaggi nei testi o non a rispecchiare le esigenze concrete legate alla vita di tutti i giorni, in cui anche la religione e la morale erano basate su questioni pratiche. E' vero: alcune tradizioni sumeriche ed egizie si infiltrarono nella Bibbia e persino l'alfabeto ebraico custodisce segreti iniziatici. Spetta all'interprete attento ed accorto, discernere per individuare sensi letterali là dove essi si palesano e linee mistiche in quei passi in cui affiorano o si intrecciano a tratti tangibili. E' un errore sia il riduzionismo letterale sia il fantasticare esoterico. E' compito arduo quindi il discernimento, ma ineludibile. Tale impresa può essere in parte facilitata dallo studio del contesto: situando, ad esempio, il Vangelo detto di Filippo nel quadro delle complesse speculazioni gnostiche, porteremo alla luce profonde radici di tipo iniziatico. Scopriremo pure che i messaggi siffatti sono i più importanti, benché circoscritti ad alcuni patrimoni culturali.

Infine ostinarsi ad estrarre valori esoterici là dove originariamente non esistevano, prescindendo da rigorose (e a volte prosaiche) ricostruzioni storiche, paleontologiche, archeologiche, genetiche, è come voler comprendere il soggetto di un quadro, fissandone ad un centimetro di distanza un particolare. Di converso, chi si ferma sempre e solo alla lettera, rischia di percepire una realtà bidimensionale.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

28 maggio, 2010

U.F.O. e potere

Molti si chiedono per quale motivo i governi si ostinino a non rilasciare informazioni sugli U.F.O. (molti sono velivoli terrestri) e sugli alieni. Essi ritengono che le notizie centellinate, gli archivi messi a disposizione del pubblico, files con i rapporti circa gli avvistamenti, non siano bastevoli per fugare i dubbi e chiarire una volta per tutte il mistero sugli oggetti volanti non identificati e le civiltà extraterrestri. Bisogna avere un'idea davvero ingenua degli esecutivi e degli stati, in cui non esistono - come taluno afferma - apparati deviati, poiché gli stati sono deviati per definizione. Bisogna essere degli sprovveduti per pensare che le autorità decidano di svelare novità destabilizzanti.

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Che il governo segreto planetario da decenni dispone di tecnologie che potrebbero affrancare l'umanità dalla dipendenza dai combustibili fossili? Come si potrebbe soggiogare l'umanità con la fandonia dell'effetto serra da biossido di carbonio e come potrebbero le multinazionali lucrare ingenti profitti? E' assodato che i militari dispongono di conoscenze e di ritrovati che, se applicati nel mondo civile, risolverebbero ipso facto tutte le più gravi questioni energetiche, economiche, ecologiche, sanitarie... Come potrebbero, però, le abominevoli classi dirigenti adottare la strategia problema-reazione-risoluzione senza l'abbrivo del problema? Come potrebbero controllare i popoli e dirigerli verso un invocato totalitarismo?

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Che alcuni governi hanno stipulato patti criminali con entità infide, svendendo gli uomini, ridotti a capi di bestiame, in cambio di tecnologie esotiche? Che i vertici mondiali sono certi di conquistare il dominio totale del pianeta, con la collaborazione degli Altri? Che da secoli (o forse da millenni) l'umanità è schiacciata da forze oscure e sanguinarie?

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Dovrebbero ammettere che i militari perpetrano i rapimenti (Milabs)? Che si combatte una guerra invisibile? Che la meta finale non è il controllo delle risorse, ma quello delle menti e, in un delirio di faustiana hybris, l'egemonia sulla vita e sulla natura stessa.

Sono queste ed altre le tetre verità che i potenti dovrebbero divulgare, dimostrando di essere degli ipocriti, dei bugiardi e dei pervertiti, loro che amano ostentare saggezza, rettitudine e disinteresse. Sarebbero rivelazioni sconvolgenti in grado di delegittimare una classe di parassiti, suscettibili di esautorarla del suo immondo ed illegale potere.

Dunque è necessario che le verità siano censurate o filtrate o intrecciate a credibili menzogne. Forse un giorno, quando sin l'ultimo cittadino sarà trasformato in suddito, in automa radiocomandato, queste ed altre circostanze saranno mostrate in mondovisione. Allora, dopo una lunga e spasmodica attesa, il servo reagirà con un annoiato sbadiglio.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

26 maggio, 2010

Eppure...

L'eterno silenzio di questi spazi infiniti mi agghiaccia (B. Pascal).

Le ombre fatali degli eventi si allungano sulla vita. Siamo punti sperduti nell'immensità del tempo, attori che non ricordano la battuta proprio quando potrebbe venire a taglio.

Il cosmo è un giardino di meraviglie ed un'infinita, silente gratitudine si innalza come l'inno di un incenso verso gli astri. Eppure, a volte, ci pare di essere le ombre fluttuanti di un sogno sognato da un altro. Dove siamo? Perché questi gesti si perdono nel dedalo dei giorni? Immobili procediamo lungo il sentiero che serpeggia nella notte. Siamo riflessi sulla superficie del cielo, immagini che si dissolvono all'imbrunire.

Che cos'è la realtà? Dov'è? Nella nostra testa o nella coscienza di Dio? O esiste un pur labilissimo simulacro là fuori? Siamo idee che ora sgorgano nella mente, ora muoiono, come flutti che il vento suscita sul mare per spegnerli infine sulla riva. Agìti, quando crediamo di agire, ci aggiriamo in mondi immaginari. La concretezza, muro dilavato da una pioggia di sangue, si sgretola ai nostri piedi.

Tutto è perfetto ed un giorno forse non lontano l'orizzonte si svolgerà in un filo d'oro. Tutto è perfetto: il senso è ignoto, ma implicito. Tutto è perfetto, eppure...



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APOCALISSI ALIENE: il libro

24 maggio, 2010

L'uovo delle piramidi

Nell'articolo "Viaggio alla scoperta della mysteriosa Nubia egiziana: l’uovo delle piramidi", Stefano Panizza, esamina un singolare oggetto egizio risalente con ogni probabilità al V millennio a. C. e rinvenuto a Saqqara tra il 1909 ed il 1910. Si tratta di un uovo di struzzo custodito nel Nubian museum di Assuan, su cui sono effigiate tre figure triangolari accostate e percorse da sottili linee parallele. Sulla destra è rappresentato, stando agli archeologi ortodossi uno struzzo stilizzato. Sulla parte posteriore dell'uovo, sono replicati i tre triangoli affiancati da una linea seghettata, quasi serpeggiante.

L'autore si cimenta in un'interpretazione del significato attribuibile alle effigi, chiedendosi se siano rappresentazioni realistiche o simboliche. Passa quindi in rassegna alcune ipotesi interpretative: i triangoli potrebbero essere l'icona di montagne; i poligoni sarebbero una forma di scrittura geroglifica designante il referente "montagne"; le cuspidi potrebbero ritrarre delle vele.

L'autore scarta, ad una ad una, queste ipotesi: la prima poiché le formazioni orografiche egizie non si adergono in vette aguzze e con declivi così precipiti; la seconda è esclusa, in quanto occorrerebbe retrodatare l'elaborazione della scrittura geroglifica. Anche la terza congettura è accantonata: infatti le antiche imbarcazioni egizie erano dotate di vele quadrate. Chiosa Panizza, a tale proposito: "Le antiche imbarcazioni egiziane avevano una sola vela, quadrata o rettangolare (non tre e triangolari), stesa fra una o due travi di legno. Lo sappiamo con certezza dalle pitture tombali e dai modellini ritrovati".

Panizza ritiene che sia possibile attribuire una valenza simbolica alla "sinopia", ricordando che il triangolo, l'uovo e lo struzzo sono emblemi della fertilità.

Ricusate le prime tre supposizioni e messa tra parentesi l'ultima di carattere simbolico, lo studioso, conclude pur in maniera dubitativa, che i triangoli potrebbero essere la rappresentazione delle piramidi di Gizah. Scrive l'autore: "A suggerirlo sono alcune cose. Primo, ci sono tre triangoli ravvicinati come le tre piramidi sono poste le une accanto alle altre. Secondo, il triangolo centrale e quello posto a destra di chi guarda sono nelle giuste proporzioni “piramidali”, mentre il terzo no. Terzo, le righe parallele potrebbero richiamare le file di pietre prima che l’intera struttura venisse ricoperta di calcare bianco. L'ignoto artista potrebbe cioè aver visto il cantiere dell’ultima piramide, quella di Macerino (Menkara), ed aver esteso alle altre due piramidi la medesima logica costruttiva. Quarto, il rettangolo sottostante alle tre figure potrebbe essere il basamento roccioso del Mokattam sul quale poggiano le pesantissime strutture. Quinto, ma non meno importante, nella parte dell’uovo non visibile al pubblico, e mostrata anni fa da Roberto Giacobbo nella sua Voyager, vi sono altri tre triangoli fiancheggiati da una linea serpentiforme che potrebbe rappresentare il fiume Nilo".

La conclusione pare suffragata dalle osservazioni riportate: saremmo al cospetto di una "pittura" non piattamente veristica, ma capace di evocare con immagini araldiche il complesso monumentale di Gizah, con il fiume Nilo. Ulteriori ricerche potranno smentire o convalidare questa esegesi che, se confermata, porterebbe a retrodatare di un paio di millenni le piramidi ascritte dagli egittologi ufficiali alla IV dinastia (2500 a.C).

Credo che almeno un altro aspetto meriti attenzione: i lati dei tre triangoli sono inclinati di circa 23 gradi. Vi sono stati codificati l'inclinazione dell'asse terrestre e indirettamente è adombrato un riferimento al fenomeno della precessione degli equinozi? Questo fenomeno è criptato in numerose tradizioni mitologiche ed opere d'arte (templi, chiese, dipinti...): l'ignoto artista egizio lo ha incluso in questo curioso manufatto?

Fonti e testi per approfondire:

G. De Santillana, E. Von Echend, Il mulino di Amleto, 1983
J. Friedrich. Le scritture scomparse, a cura di P. Fronzaroli, Firenze, 1989, pp. 13-34
S. Panizza, Viaggio alla scoperta della mysteriosa Nubia egiziana: l’uovo delle piramidi, 2010



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22 maggio, 2010

A proposito della questione sull’autenticità dei "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" (articolo di Francesco Lamendola)

Nell'articolo sui "Protocolli dei Savi Anziani di Sion", il professor Francesco Lamendola affronta, con il consueto equilibrio, un tema molto spinoso. L'autore, dopo aver ripercorso la fortuna dei Protocolli, dalla loro comparsa nella Russia dello czar Nicola II Romanov, esamina la portata del libro, inquadrando la questione nell'ambito degli studi inerenti alla cospirazione globale. Esemplare è il discorso circa le fonti cui possono attingere solo gli storici accademici, laddove gli studiosi che desiderano addentrarsi negli oscuri meandri della storia vera, debbono accontentarsi di indizi, parallelismi, "coincidenze", giacché è fatale che i burattinai non lascino documenti scritti.

Circa i famigerati Protocolli, ferve il dibattito sulla loro paternità: alcuni li attribuiscono alla polizia segreta russa, altri ai Sionisti, altri ancora ai Gesuiti. Stabilire chi li vergò è esercizio ozioso: piuttosto se ne può verificare, punto per punto, la plausibilità, quando, ad esempio, l'ignoto autore descrive i piani politici ed economici della feccia satanista. Chi guardi all'odierna situazione della Grecia, preludio di altri tumultuosi eventi, vedrà nei Protocolli il canovaccio (trama, si potrebbe scrivere con intento anfibologico) di quanto sta accadendo oggigiorno. Anche il continuo e gattopardesco "ricambio" delle classi dirigenti, in cui ad una generazione di corrotti ne subentra un'altra illibata solo all'apparenza, ma in verità ancora più immorale, è una strategia illustrata nei Protocolli.

Dunque l'analisi di questo testo è illuminante, sebbene resti poi da scrutare il vertice della Piramide. E' come, infatti, se si potessero scorgere da lontano le pendici di una gigantesca montagna, mentre la vetta è sottratta alla vista, a causa di dense e spesse nubi che la nascondono. Così si può soltanto tentare di indovinare la forma e le dimensioni della cima. Ad ogni modo, non ci sbaglieremo, se collocheremo al culmine del potere gli Arconti: su costoro sappiamo poco, ma è certo, piaccia o no, che non sono uomini.

Da quando hanno fatto la loro comparsa nella storia d’Europa (la prima traduzione italiana apparve nel 1921 a cura di Giovanni Preziosi), i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion» non hanno cessato di polarizzare l’attenzione degli storici, dei politologi e dell’opinione pubblica intorno alla controversia sulla loro autenticità. Il libro, apparso nella Russia di Nicola II all’interno di un’opera più vasta del mistico russo Sergej Nilus, è scritto in prima persona da un “grande vecchio” che rivolge le sue parole ad un’assemblea di anziani ebrei, esponendo le linee guida di un piano strategico dalla straordinaria vastità di concezione e mirante, addirittura, alla conquista e alla sottomissione del mondo da parte degli Ebrei, il “popolo eletto”.

Infiltrandosi come una prodigiosa, efficientissima e segretissima quinta colonna nelle società cristiane e segnatamente nei centri del potere economico, finanziario, culturale e dell’informazione, gli Ebrei - stando a questo testo - si porrebbero l’obiettivo dichiarato di indebolire la fibra morale di tutte le società non ebree, sovvertendo gradualmente, ma inesorabilmente, tutti i valori, tutte le certezze, tutte le tradizioni, fino a creare le condizioni adatte perché il mondo intero cada, come un frutto maturo, in potere dell’ebraismo internazionale, che agisce per mezzo di banchieri, uomini politici, giornalisti ed esponenti del mondo della cultura.

Dal momento che i «Protocolli» si prestano ad una lettura in chiave antisemita e che, effettivamente, essi entrarono a far parte del bagaglio propagandistico antisemita del nazismo (e, in misura molto più blanda, del fascismo, ma solo all’epoca delle leggi razziali del 1938), con tutto quello che ne è derivato, gli storici della seconda metà del Novecento hanno liquidato l’intera questione della loro autenticità, dichiarandoli un falso confezionato dalla «Ochrana», il servizio segreto zarista, probabilmente a Parigi e con lo scopo di creare una sorta di giustificazione morale per i “pogrom” che infuriavano, di quando in quando, in Russia, in Ucraina, in Polonia.

Anche il saggista Sergio Romano, col suo libro del 1992 «I falsi protocolli», ha impostato così tutta la problematica ad essi relativa, come già il titolo suggerisce chiaramente: come se, una volta assodata la loro non autenticità, venisse a cadere interamente l’altra questione, ad essa collegata, ma che nessuno osa anche soltanto accennare, tanto forte è il timore di essere accusati di antisemitismo o addirittura di simpatie per il nazismo: se, cioè, le cose espresse in quel documento possano corrispondere a fatti reali e se, inoltre, siano o meno in linea con la Legge ebraica e con il sentire ebraico nei confronti dei “gojm”, dei Gentili.

L'articolo continua qui.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

21 maggio, 2010

Affioramento

In un bellissimo racconto, Guy de Maupassant, svolge un preambolo dove indugia sulla musica, meravigliandosi di come le vibrazioni nell'etere possano generare delle note che suscitano emozioni ineffabili, risvegliano ricordi, dipingono sogni. Il narratore francese tenta di afferrare quegli istanti prodigiosi in cui il silenzio si anima in una melopea, prova a catturare l'attimo che vede la musica liquefarsi nel sentimento. La mirabile riflessione di Maupassant è un'avventura ai confini di ciò che non può essere espresso.

Lo stupore empie l'animo dell'artista che, al cospetto della creazione, avverte il brivido dell'assoluto. E' lo stesso stupore (thaumatos) da cui sgorga la filosofia, non sterile esercizio di pensiero, ma compagna dell'esistenza. Così, infinita è l'ammirazione di fronte all'universo, libro scritto in caratteri ermetici, di fronte alla natura con le sue sbalorditive invenzioni. Ci chiediamo non solo come dal
nulla sia potuto emergere il tutto, ma pure donde scaturiscano la vita, la coscienza.

Contempliamo un ciottolo: le venature sono le onde di un oceano grigio, pietrificato, ma anche le linee fluttuanti di un'energia condensata. Di fronte al miracolo di un sasso levigato dalla risacca, quale sarà la meraviglia davanti agli esseri viventi! Qual è il confine tra inorganico ed organico? Invano compulseremo manuali di biologia con le loro spiegazioni tanto complicate quanto semplicistiche. Si è che la vita pare affiorare all'improvviso nelle forme più diverse, sbocciare come un astro nel buio della notte.

Se osserviamo i platani che costeggiano i viali cittadini, in primavera vediamo i rami punteggiati di gemme e di piccole foglie: quale misterioso anelito si spande negli alberi per adornarli di fronde verdeggianti?

Spesso innocenti bambini schiacciano le formiche o le bruciano con una lente per un crudele divertimento: è una puerile barbarie che ignora quanto complesso sia un umile insetto. Chi di noi sarebbe in grado di creare un congegno semovente che imitasse una formica? E' vero: oggi gli scienziati riescono a congegnare
automi ed androidi, ma queste mirabilia, risultato di tentativi durati secoli, sono sempre la pallida imitazione degli organismi. E' un po' quello che avviene per la realtà virtuale (dispiace che persino un autore acuto e sensibile come Elemire Zolla si sia lasciato incantare da questa sirena di plastica): è perfetta nella sua algida bellezza, ma, anche quando riceve una fleboclisi di profumi e sensazioni tattili, ci accorgiamo che manca sempre qualcosa. Le mancano il sangue, i nervi, il calore, l'anima.

Ecco il mot clef, “anima” che non è un concetto, ma la fiamma che splende e consuma. Così alla nostra
società cieca si addice più di ogni altro il vocabolo di "disanimata" e molti uomini che si ammassano nelle metropoli sono soltanto involucri, mentre l'anima freme in un filo d'erba soffocato dal cemento, in un'ombra diluita nel crepuscolo, persino nel fiore di seta in un'ampolla.

Tornare alla terra, al tatto...: il mondo tecnologico può offrire solo succedanei della vita. Può elargire il cinema tridimensionale a chi percepisce solo la superficie. Riscoprire il piacere di sfiorare la pagina di un libro, ascoltare lo sfrigolio del lapis sulla carta, come murmure di fuoco che sta per estinguersi. Tornare ad interrogare e ad interrogarsi, scoprire inusitate correlazioni, congiungerle con fili invisibili.

All'improvviso sulla calma superficie di un lago si sprigiona un'eco in cerchi di vento.



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18 maggio, 2010

La genesi della specie umana: un rompicapo (prima parte)

L'origine della specie umana è un rompicapo. E' ormai acclarato che il neo-darwinismo è una teoria vacillante, nonostante i patetici tentativi dei conservatori di puntellarla, contro le evidenze della biologia molecolare, della paleontologia e dell'antropologia cui si è anche aggiunto, in questi ultimi decenni, il contributo controverso, ma non irrilevante della paleoastronautica.[1] Restano, però, molti interrogativi. Sono quesiti che si riferiscono ad ambiti in cui un passato remoto riaffiora nel presente con un corollario di interessanti ed inquietanti risvolti. Elenco alcuni di tali quesiti, per provare poi a gettare un po' di luce su un tema tanto intricato, senza la presunzione di sciogliere il nodo gordiano, ma con l’intento di stimolare un costruttivo dibattito.

- Erectus e Sapiens sono la stessa specie o due specie distinte, ma molto simili?
- Che rilevanza assumono nella storia filogenetica il gruppo RH negativo ed il D.N.A. mitocondriale?
- Sono credibili scenari di ibridazione per opera di esseri non terrestri? Se sì, quali specie furono ibridate?
- Homo Neanderthalensis si incrociò con Sapiens?
- Homo Sapiens comparve intorno al 300.000 a.C. o molto prima, come sembrerebbero provare le impronte di Laetoli ed altri indizi?
- Esistettero Ominidi tetradattili nel Mesozoico, giusta le testimonianze costituite dalle pietre di Ica?

- Erectus e Sapiens sono la stessa specie o due specie distinte, ma molto simili?

Stando a Harun Yahya e ad altri ricercatori, Erectus e Sapiens sono la stessa specie: gli scheletri fossili ne testimonierebbero l'identità. Homo erectus, cioè l'uomo che cammina in posizione eretta, possedeva una capacità cranica da 900 a 1000 cm3. Lo stesso evoluzionista Donald Johnson, a proposito del bambino di Turkana, fossile rinvenuto in Kenya, di un giovinetto di 12 anni, che da adolescente sarebbe stato alto circa un metro ed 83 centimetri, ammette: "La sua complessione e gli arti si possono assimilare a quelli degli attuali abitanti dell'Africa equatoriale. La taglia è perfettamente sovrapponibile alla statura media degli adulti bianchi dell'America settentrionale". Un altro noto evoluzionista, Richard Leakey, afferma che le differenze tra Erectus e Sapiens potrebbero riguardare la razza, ossia cambierebbe il fenotipo e non il genotipo. Se, però, come ipotizzano gli accademici, Erectus risale a circa 1,5 milioni di anni fa, occorrerebbe retrodatare l'apparizione dell'uomo "moderno". In verità, i fossili su cui si basano le classificazioni sono spesso frammentari e quasi inconsistenti sicché desumere la storia degli ominidi da qualche molare o scheggia di femore è azzardato.

[1] Bisogna qui spezzare una lancia a favore di Charles Darwin che, a differenza dei neo-evoluzionisti, presentò le sue pur distorte idee come una teoria e non un dogma. Egli era anche conscio che i dati paleontologici avrebbero potuto smentire i suoi modelli. Infine, quando fu pubblicata "L'origine della specie" (1859), non era ancora nata, per opera di Mendel, la genetica che è stata il colpo di grazia per le elucubrazioni evoluzioniste.


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16 maggio, 2010

Incontro con i visitatori in Sud America?

Enrique Castillo Rincon è un ingegnere venezuelano che vive in Costa Rica. E’ un uomo ordinario coinvolto in circostanze straordinarie.

Dopo il suo primo avvistamento di un U.F.O. sulla cima di un vulcano nel 1963, divenne un investigatore dilettante, alla ricerca di una spiegazione logica per la sua esperienza. Tra il 1973 e il 1975, Enrique fu portato su diverse navi stellari in cinque diverse occasioni. Da quel momento, ha partecipato a numerose conferenze internazionali di argomento ufologico e si è incontrato con funzionari governativi.

Castillo Rincon è autore di OVNI, Gran alborada humana (in inglese il titolo è stato tradotto letteralmente con UFOs: a great new dawn for Humanity). Nell'opera, che ha riscosso un lusinghiero successo soprattutto in America meridionale e centrale, il contattato racconta le sue sorprendenti esperienze: agli inizi degli anni '70 del XX secolo, l'autore incontrò un "uomo" in un cinema a Caracas ed allacciò con lui un'amicizia durata quattro mesi. Tre anni dopo, questo stesso "uomo", rivelatosi un Pleiadiano, lo ospitò per cinque volte a bordo di un disco volante.

Nel libro sono descritti ordigni che affiorano dalle acque di un lago ed una rutilante astronave madre. E' anche ripercorsa la visita di Castillo Rincon ad una comunità autosufficiente che vive nascosta tra alte ed impervie montagne. Secondo l'autore, l'universo pullula di vita intelligente, di esseri coscienti che sono in grado di trascendere il tempo e lo spazio, di attraversare la nostra "realtà" per entrarvi ed uscirne.

I visitatori incontrati dal contattista hanno spiegato all'ingegnere:
"Siamo qui per compiere una missione molto speciale. Apparteniamo ad una civiltà molto sviluppata, sorella di altre, da cui abbiamo ricevuto ordini specifici per quanto riguarda il Pianeta Terra. Contattiamo gli uomini di diversi popoli sin dall'antichità. Abbiamo inoltre plasmato il pensiero di molte civiltà attraverso quelli che voi chiamate 'Maestri'. Tuttavia non abbiamo agito solo sulla Terra, ma anche su molti altri: abbiamo contribuito al loro progresso scientifico, culturale ed alla loro elevazione spirituale".

Nell'articolo “Appuntamento con l'alieno”, Umberto Visani esamina, con obiettività e prudenza, il caso Castillo Rincon, confrontandolo con altre esperienze simili. Il vissuto dell'ingegnere compone i vocaboli di una sorta di esperanto del contattismo: extraterrestri provenienti dalle Pleiadi, dalla fisionomia tipica dei Nordici,
basi sotterranee e sottomarine, nello specifico nelle Ande e nella Fossa delle Marianne, messaggi incentrati su un monito ad un"cambio di rotta nelle coscienze" per evitare guerre e cataclismi, insistenza sui pericoli insiti nell'energia nucleare... [1]

Come Visani, chi scrive, anche per aver passato in rassegna decine di testimonianze dovute a contattati, contattisti e rapiti, propende a considerare Castillo Ricon fededegno ed il suo racconto complessivamente genuino. Innumerevoli sono i riscontri con altri episodi un po' in tutto il mondo: talvolta addirittura si possono rilevare delle perfette coincidenze, come se i contatti con i Nordici seguissero un copione preciso.

Se è comunque lecito nutrire dubbi circa la credibilità di questi abboccamenti con ufonauti saggi, appare forse più impellente domandarsi che cosa si celi dietro tali resoconti: è in atto una subdola operazione psicologica attuata dal governo segreto in combutta con un'astuta razza extraterrestre? Veramente alcune nazioni delle stelle stanno adoperandosi per attutire i tragici contraccolpi dei cambiamenti futuri? Va rilevato che un fil rouge unisce le rivelazioni dei contattisti alle dichiarazioni di presunti sequestrati: il carattere epocale e catastrofico dello snodo temporale cui ci stiamo avvicinando a grandi falcate. Le ricerche scientifiche, i miti, le tradizioni e quello che si respira nell'aria paiono convergere verso un punto focale, verso un metamorfico orizzonte degli eventi.

Sagacemente Castillo Rincon ha titolato il suo libro, OVNI, Gran alborada humana: infatti è certo che una fulgida alba sta per sorgere. Resta da capire chi potrà ammirarla ed a quale prezzo.

[1] Solo a titolo di esempio, ricorderei che le affermazioni dell’ingegnere richiamano da vicino la casistica indagata dall’ufologo britannico Timothy Good. Vedi T. Good, Base Terra, Milano, 1998, passim.

Fonti:

E. Castillo Rincon,
UFOs, a great new dawn for Humanity
U. Visani, Appuntamento con l’alieno, in X Times, maggio 2010

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APOCALISSI ALIENE: il libro

15 maggio, 2010

The dark side of the mood

L'alba si spegne in un pallore estenuato. Sul mare aleggiano ombre di notti infinite. L'orizzonte sdrucciola nel vuoto. Il mondo di là dal vetro è il rettangolo sbiadito che i drappeggi della tenda velano di malinconie e di solitudini. La luce si stinge ed i colori dilavano sulla china di inutili ore.

Ormai non si può tornare indietro: il brusio dell'esistenza appartiene ai giorni futuri, già appassiti, consunti.

Solo in istanti inattingibli, tra le pieghe azzurre della notte, splende il silenzio, promessa di vita.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

13 maggio, 2010

Il gigante di Erodoto

Erodoto, in Storie I, 68, ricorda che lo spartiate Lica, su indicazione della Pizia, la sacerdotessa di Apollo, venne a sapere da un fabbro del luogo in Arcadia, dove presumibilmente era stato sepolto Oreste, figlio di Agamennone e matricida. Nella tomba, secondo il racconto dell’artiere, giaceva lo scheletro di un uomo alto sette cubiti, un gigante di circa tre metri! Lo spartiate riferì il tutto ai concittadini che, accusandolo di propalare notizie mendaci, lo espulsero dalla pòlis. La testimonianza di Erodoto è aneddotica e non trova conferma né in altri autori né in ritrovamenti paleontologici in loco, ma si innesta su altre tradizioni che narrano di uomini di altissima statura (dai due metri e mezzo in su). Si possono qui almeno ricordare, a mero titolo esemplificativo, i giganti descritti in alcuni libri della Bibbia e le creature titaniche i cui resti sono stati reperiti in Sardegna. E’ possibile che la stirpe dei Giganti sia appartenuta ad una specie estintasi in epoca lontana, ma storica. Qualche ricercatore collega questa genia ad antenati non terrestri: è forse un volo pindarico. Non di meno, i paleontologi ufficiali hanno recentemente classificato una nuova specie di ominide dalla notevole statura, Homo Goliath… Poi, però, è calato il silenzio. Riporto il passo di cui sopra.

"Con simili riforme gli Spartani ottennero una buona legislazione; alla morte di Licurgo gli dedicarono un santuario che è tuttora molto venerato. Poiché risiedono in un buon territorio e costituiscono una massa non indifferente di uomini, ebbero un rapido sviluppo e conseguirono un notevole grado di prosperità al punto che non si accontentarono più di vivere in pace, ma, presumendo di essere più forti degli Arcadi, consultarono l'oracolo di Delfi sull'Arcadia intera e la Pizia diede loro il seguente responso: “Mi chiedi l'Arcadia? Chiedi molto: non te la concederò. In Arcadia ci sono molti uomini che si nutrono di ghiande i quali vi respingeranno; ma non voglio opporti solo un rifiuto: ti concederò Tegea, battuta dai piedi, per ballare e la sua bella pianura, da misurare con la fune. Appresa la risposta, gli Spartani si tennero lontani da tutti gli altri Arcadi, ma intrapresero una spedizione militare contro Tegea; e avevano tanta fiducia nell'ambiguo responso che portarono con sé anche le catene, per essere pronti a rendere schiavi i Tegeati. Quando, però, furono sconfitti nella battaglia, quanti di loro rimasero prigionieri furono costretti a lavorare la terra della pianura di Tegea dopo aver misurato con la fune la parte spettante a ciascuno ed incatenati con gli stessi ceppi che si erano portati dietro. […]

Durante questo primo conflitto, gli Spartani continuarono ad avere la peggio negli scontri contro i Tegeati, ma al tempo di Creso e del regno spartano di Anassandride e di Aristone, gli Spartiati ormai avevano acquistato una sicura superiorità bellica ed ecco come. Visto che in guerra risultavano sempre inferiori ai Tegeati, inviarono a Delfi una delegazione a chiedere quale dio dovessero propiziarsi per prevalere nella guerra contro Tegea. La Pizia rispose che ci sarebbero riusciti, quando avessero traslato nella loro città le ossa di Oreste, figlio di Agamennone. Poiché, però, non erano capaci di scoprire il luogo in cui Oreste era stato seppellito, mandarono di nuovo a chiedere al dio dove esattamente giacesse Oreste. Agli inviati la Pizia diede la seguente risposta: 'In Arcadia c'è una città, Tegea, in una aperta regione dove soffiano due venti sotto dura costrizione, dove c'è colpo e ciò che respinge il colpo, dove male giace su male, lì la terra, generatrice di vita, racchiude il figlio di Agamennone. Quando lo avrai con te, sarai signore di Tegea'. Anche dopo aver ricevuto questa risposta, gli Spartani non riuscivano affatto a scoprire il luogo in questione, pur cercandolo in ogni dove, finché lo trovò un certo Lica. […]

Lica, grazie ad un colpo di fortuna e alla sua intelligenza, trovò a Tegea la tomba di Oreste. Esistevano allora libere relazioni fra Sparta e Tegea; Lica, entrato in una fucina, se ne stava ad osservare ammirato la lavorazione del ferro. Il fabbro si accorse del suo stupore e, interrompendo il proprio lavoro, gli disse: 'Ospite spartano, sono sicuro che rimarresti a bocca aperta, se vedessi quello che ho visto io, dal momento che guardi con tanta meraviglia battere il ferro. Devi sapere che io volevo costruire un pozzo nel mio cortile e scavando ho urtato in una bara lunga sette cubiti. Non potendo credere che fossero mai esistiti uomini più alti degli attuali, la scoperchiai e vidi un cadavere lungo quanto la bara. Lo misurai e lo seppellii di nuovo'. Il fabbro gli raccontava quanto aveva visto e Lica riflettendoci ne arguì che quel morto fosse Oreste; lo deduceva dal testo dell'oracolo, interpretato così: nei due mantici del fabbro, che aveva sott'occhio, riconobbe i venti, nel martello e nell'incudine il colpo e ciò che respinge il colpo, nel ferro battuto il male che giace sul male, interpretando in base al principio che il ferro sia stato scoperto per il male dell'uomo. Avendo compreso l'enigma, fece ritorno a Sparta e riferì ai suoi concittadini come stavano le cose. Essi lo accusarono di propagazione di notizie false e lo bandirono dalla città. Lica tornò a Tegea e, narrando al fabbro quanto gli era accaduto cercò, ma senza successo, di prendere in affitto da lui quel cortile. Col tempo, riuscì a convincerlo e vi si poté installare; allora disseppellì la bara, raccolse le ossa di Oreste e con esse rientrò a Sparta. E da quel momento, ogni volta che avevano luogo degli scontri con i Tegeati, gli Spartani avevano sempre la meglio".


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APOCALISSI ALIENE: il libro

11 maggio, 2010

Malum

In un antico sigillo sumerico sono raffigurate due divinità, una maschile ed una femminile. Entrambe sono assise. Dietro la divinità muliebre si insinua un serpente, mentre al centro del manufatto si innalza un albero con sette rami da cui pendono dei frutti oblunghi. Pare la rappresentazione dell'Eden: lo scenario del Paradiso biblico è simile. Sebbene il testo di "Genesi" non specifichi il frutto che Eva coglie dall'Albero della Conoscenza, nell'immaginario popolare il pomo è identificato con la mela. E' probabile che a tale erronea assimilazione abbia contribuito l'omofonia tra il latino malum, "male" e malum, "mela". Esiste un canale sotterraneo che collega i due termini? La parola "male" - ci ricorda Giacomo Devoto - "discende da una radice indogermanica 'mel', di valore religioso e largamente attestata, per esempio nelle aree iranica, armena, baltica, celtica, greca, sia pure con sensibili differenze di significato". Invero, si ignora la valenza originaria del morfema. Nietzsche pensò ad una correlazione tra il latino malus ed il greco melainos, scuro, nero, con implicazioni etniche più che etiche. La testimonianza di una sovrapposizione-confusione tra i due ambiti è nella voce "melancolia/malinconia", dove la tristezza si intinge nel nero dell'uggia. Parole e suoni congiurano in intrecci creativi, forse non scevri di una loro motivazione profonda.

Ha un senso cogliere nel frutto di quell'albero il male? Secondo il mito, il creatore della mela fu Dioniso: ne scaturisce un contenuto vitalistico ed erotico che, stando ad alcuni esegeti, è adombrato pure nel frutto biblico. Assume un significato funesto il pomo della discordia che la dea Eris gettò sulla mensa degli dei riuniti a convito durante le nozze di Peleo e Teti. L'Occidente è il luogo della Beatitudine e della Conoscenza (una Conoscenza sublimata nella Sapienza) e dell'Immortalità: per questo motivo Eracle si avventurò nelle Isole dei Beati per prendere le mele nel giardino delle Esperidi. Erano custodite da un drago che rammenta il serpente della Genesi. Nella cultura celtica, la mela era emblema del sapere iniziatico. Avalon, l'oltremondo dei Celti, è situato nella regione dell'occaso. Avalon è collegato ad apple, "mela". Una nota società informatica nel logo mostra una mela morsa. Una teoria, forse fantasiosa ma suggestiva, collega il logo al suicidio di Alan Turing, compiuto, secondo alcune versioni, per mezzo di una mela intrisa nel cianuro, ad imitazione della "letifera" mela di Biancaneve. L'informatica, un frutto avvelenato.

Tragressione, male e morte sono i significati che si rincorrono in questo simbolo, ma contraddetti o sfumati da altri valori solari: sia i pomi delle Esperidi sia il frutto biblico pendono da alberi che crescono in luoghi edenici.

I percorsi simbolici sono innumerevoli: ci portano, ad esempio, alle mele azzurre di Rennes le Chateau, in cui il colore evoca la dimensione spirituale. In totale antitesi è la mela d’oro all’interno del fangoso romanzo omonimo scritto da Robert Wilson e Robert Shea: è l’icona pop di una confraternita formata da depravati.

La mela è anche simbolo cosmico per via della sua forma quasi sferica. Non solo, se spacchiamo questo frutto vi scopriamo un microcosmo: al centro un astro di semi è attorniato da un piccolo cielo di polpa. Simile ad una ruota, ci mena nel mondo del divenire. Il divenire è il male?

La simbolica cinese si incentra sull'omofonia delle parole che significano mela e pace (p'ing), cui, però, assomiglia il nome che designa la malattia (ping). E' una sorta di omeopatia lessicale. Alla fine si resta confinati nel giardino della lingua: qui si erge l'albero mitico, il linguaggio come coscienza e come maledizione.

Fonti:

G. Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Firenze, 1968, sv. male
Enciclopedia della mitologia, Milano, 1990, s.v. Esperidi
Enciclopedia dei simboli, a cura di Hans Biedermann, Milano, 1991, s.v. mela


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APOCALISSI ALIENE: il libro

09 maggio, 2010

Lucifer in the sky with diamonds

Di recente il Vaticano ha installato in Arizona un nuovo telescopio che è stato denominato “Lucifer”. [1] Ufficialmente “Lucifer” sta per “Large Binocular Telescope Near-infrared Utility with Camera and Integral Field Unit for Extragalactic Research". Vogliono si creda in un innocente acronimo... come no. La notizia è grosso modo concomitante con le dichiarazioni dello scienziato britannico Stephen Hawking che ha messo in guardia da (eventuali) extraterrestri pericolosi. Il dibattito si è presto infiammato: Steven Greer, corifeo dell'Ufologia solare, ha subito replicato, deplorando che Hawking alimenti la xenofobia ed instilli la paura negli alieni.

Hegel asseriva che in una disputa tra due interlocutori entrambi hanno ragione. Credo sia così, almeno nel caso di questa controversia inerente all'Esopolitica: entrambi, a mio avviso, hanno ragione ed ambedue torto, anche se bisognerebbe rovesciare e correggere i termini del discorso. E' questione intricata ed occorre rifuggire dalle generalizzazioni in un senso o in un altro, per non sdrucciolare né nella demonizzazione ipso facto degli Altri, funzionale ai piani dell'esecutivo occulto, né nell'ingenua devozione nei confronti di "provvidenziali salvatori". È assurdo - qui Greer sbaglia – pensare che i visitatori ci donino la free energy, risolvendo i problemi del pianeta: i militari già conoscono da decenni i segreti della free energy, ma, censurando scoperte di nicchia e boicottando scienziati indipendenti, impongono il petrolio ed il nucleare. "Vuolsi così colà..."

E' un gioco delle parti in cui una civiltà benevola o per lo meno non ostile potrebbe essere criminalizzata dalla Cabal, mentre le armate delle Tenebre sarebbero accolte a braccia aperte, senza dimenticare che almeno mezzo secolo fa gli emissari degli Arconti infiltrarono tutte le istituzioni che contano. Dubito quindi che l'umanità sia prossima ad un contatto con esseri evoluti: gli uomini non possono sintonizzarsi su certe frequenze e l'invisibile è tale affinché i fili delle eminenze grigie siano altrettanto invisibili.

Gli occhi dei telescopi sono puntati verso lo spazio profondo, laggiù dove qualcosa sta accadendo: un
Sole nero sorge al confine della notte. L'inganno si perpetua ed i dominatori non rinunceranno tanto facilmente al loro dominio. Si ode l'eco cosmica del calpestio: i loro alleati o antagonisti?

Che il Vaticano abbia battezzato “Lucifer” il nuovo telescopio non sorprende: Roma è una delle teste dell’Idra mondiale. Si potrà concludere, se la notizia sarà confermata, che la Santa sede ha gettato la maschera: le prove irrefragabili del suo coinvolgimento nell'epica cospirazione non sarebbero, a questo punto, neppure più necessarie. La tenebrosa iniziativa può essere interpretata come una conferma almeno parziale delle acquisizioni, in particolar modo, di Cristoforo Barbato. Tuttavia il monitoraggio del pianeta X è solo un velo su oscure, antiche verità.

Bisognerebbe stabilire più che i secondi fini di quest'escalation astronomica, soprattutto i retroscena delle affermazioni riguardanti la vita extraterrestre, per enuclearne gli scopi reconditi e di manipolazione. Non è escluso, infatti, che queste asserzioni centellinate e mirate rientrino in una psyop, un'operazione psicologica dei servizi. Così dietro alcuni rivelatori, contattisti e scienziati si nascondono abili disinformatori o esperti di raggiri. Si intravede un’unica regia che risale per lo meno al XVIII secolo, quando l’ex gesuita Adam Weishaupt (anche il nome è molto significativo) fondò l'Ordine degli Illuminati. Il ruolo di questa tetra confraternita è stato forse esagerato, ma è indubbio che nell'humus dell'Illuminismo attecchirono molte piante carnivore.

[1] In Rete si trovano notizie discordanti, ma pare che davvero il Vaticano sia coinvolto nella costruzione di questo telescopio. È noto che
l’osservatorio astronomico in Arizona è gestito da Roma e da Washington.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

08 maggio, 2010

Involuzione

Michael Cremo è un ricercatore statunitense, autore, insieme con il matematico Richard Thompson, di "Archeologia proibita" (la traduzione italiana del titolo è infelice e forviante, poiché il voluminoso saggio tratta per lo più di paleontologia). La sua ultima fatica è "Le origini segrete della razza umana, Le prove scientifiche e spirituali della vera storia dell'umanità", 2008.

Quanto espone Cremo, nelle sue scrupolose opere, contraddice i paradigmi scientifici imperanti, soprattutto nell'ambito della biologia, della paleontologia e della storia antica, collegandosi alle investigazioni di altri studiosi eretici, ma con una visione di più ampio respiro. Cremo, infatti, non resta confinato nell'ambito dell'empiria, ma slarga l'orizzonte verso le dimensioni immateriali. L'establishment scientifico può soltanto ignorare le acquisizioni provenienti dalle ricerche eterodosse o aggredire quanti non si allineano.

La scienza accademica, nonostante qualche timido tentativo di svecchiamento, è ancora quella ottocentesca, di cui Friedrich Nietzsche nella celebre opera "La gaia scienza", denuncia la misera visione meccanicistica. Scrive infatti il filosofo tedesco: "Un'interpretazione scientifica del mondo, come l'intendete voi, potrebbe essere pur sempre una delle più sciocche, cioè tra tutte le possibili interpretazioni del mondo, una delle più povere di senso: un mondo essenzialmente meccanico sarebbe un mondo essenzialmente privo di senso".

Nel campo delle scienze biologiche i dogmi darwiniani sono proclamati a gran voce da accademici aggrappati ad un'assurda teoria in cui il caso e un'inesplicabile differenziazione e presunta evoluzione delle specie viventi generano un guazzabuglio. Noncuranti delle falle e delle incongruenze che minano (uso una voce eufemistica) il neo-darwinismo, gli "scienziati" ortodossi sono simili a soldati che battono in ritirata, ancora inalberando, in un ultimo sussulto di orgoglio, una bandiera lacera.

Il merito maggiore di Michael Cremo, di cui alcune tesi restano opinabili, è l'aver sostituito al falso concetto di evoluzione, il principio contrario di involuzione. L'autore crede che in remote epoche geologiche già esistevano degli uomini, le cui tracce sotto forma soprattutto di reperti litici sono state trovate in gran copia. Egli ritiene pure che antichi abitanti della Terra fossero più evoluti sul piano spirituale e della coscienza rispetto al moderno Sapiens sapiens, constatando come la percezione della realtà si sia, con il passare del tempo, viepiù offuscata e la mente ottusa. Tale ottundimento trova una conferma nei testi della Tradizione che, sebbene con metafore differenti, alludono alla caduta dell'umanità da un primigenio stato di armonia e saggezza ad una condizione di ignoranza (avydia) e separazione.

Le esplorazioni di Cremo palesano qualche tangenza con le pur controverse risultanze di altri scrittori: mi riferisco, ad esempio, al vituperato Zecharia Sitchin cui, quantunque le sue traduzioni del sumero siano molto approssimative e nonostante altri limiti, non si può disconoscere il merito di aver intuito nella sua retrospezione storica sugli Anunnaki, gli sviluppi dell'ingegneria genetica, corroborando la teoria dell'intervento esterno.

Naturalmente, occorrerebbe comprendere il motivo del regresso ed individuarne i fattori (naturali? artificiali? esotici?), ma che l'umanità attuale occupi il segmento finale della parabola è incontestabile. Ancor più saremo rafforzati in questo convincimento, se considereremo il livello infimo in cui è precipitata la comunità "scientifica", rappresentata oggi in Italia (ma all'estero la situazione non è migliore) dai rauchi bardi del C.I.C.A.P.[1] Se questa non è la prova provata dell'involuzione!

[1] Recentemente l'orda barbarica del C.I.C.A.P., dopo aver bivaccato in Report, ha piantato le tende nella trasmissione Rebus, nuova serie. Per il buon De Collanz auspicavamo un decollo, ma paventiamo una decollazione.



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APOCALISSI ALIENE: il libro

06 maggio, 2010

Gli dei che giunsero dallo spazio?

Su richiesta di un gentilissimo rappresentante della "Infinito Records Edizioni", pubblico la presentazione di un saggio scritto da Mario Biglino. Conscio che si tratta di un tema delicato, mi riservo di scrivere qualche nota su questo libro, dopo che lo avrò letto. Sono comunque persuaso che la ricerca onesta (eloquente il punto interrogativo del titolo), anche qualora addivenga a conclusioni "eterodosse", è sempre lodevole.

Il libro affronta una serie di passi dell’Antico Testamento, offrendone il vero significato così come si presenta nelle traduzioni letterali: la creazione aliena dell’uomo; la verità sui dieci comandamenti; le visioni degli U.F.O. da parte dei profeti, così come loro stessi le hanno raccontate; il brano in cui l’Antico Testamento afferma in modo sconcertante che Dio muore come tutti gli uomini; le figure degli angeli spogliate di tutto ciò che su di loro è stato inventato nei secoli; la probabile fonte di ispirazione del Vangelo di Giovanni…

Il tutto con il testo ebraico e la traduzione letterale chiaramente riportata parola per parola con un sistema incredibilmente semplice, comprensibile per ogni tipo di lettore.

Concetti chiave: la Genesi, nel significato letterale dei termini ebraici, racconta la creazione dell’uomo attraverso un intervento di ingegneria genetica. Era un U.F.O. la gloria di Dio che passa davanti a Mosè che si protegge nella roccia per non essere ucciso? Che cosa hanno veramente visto Elia, Zaccaria, Ezechiele… ? Che cosa erano gli oggetti volanti decritti letteralmente nei loro libri? Ma perché gli Angeli della Bibbia dovevano lavarsi i piedi e mangiare anche due volte in un giorno? Perché potevano essere aggrediti e per difendersi usavano alta tecnologia?

È vero che l’Antico Testamento afferma che Dio muore come tutti gli uomini? La traduzione letterale dice di sì. E molto altro…

L'autore: Mauro Biglino

L’autore - realizzatore di numerosi prodotti multimediali di carattere storico, culturale e didattico per importanti case editrici italiane, collaboratore di riviste, studioso di storia delle religioni - da circa trent'anni si occupa dei cosiddetti testi sacri nella convinzione che solo la conoscenza e l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori, possano aiutare a comprendere veramente il pensiero religioso formulato dall’umanità nella sua storia.

È traduttore di ebraico antico e collabora con le Edizioni San Paolo, eseguendo la traduzione letterale dei libri dell’Antico Testamento, a partire dalle edizioni più antiche della Bibbia in lingua ebraica, la cosiddetta Bibbia stuttgartensia. Sapere di non sapere, non essere condizionato da verità precostituite o da dogmi, curiosità e desiderio di comprendere sono la base del suo pensiero e del suo lavoro.

Infinito Records Edizioni e-mail: infoatinfinitorecordsedizioni.com


Via Italo Calvino 17 - 10043 Orbassano To - N. tel. 0111/9788000 - 340/2838822


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APOCALISSI ALIENE: il libro

05 maggio, 2010

Audax

La formidabile avventura dell’esistenza ci porta a volte sul crinale dell'enigma, ci immerge in liquidi sogni sfrangiati da incubi. Ci si chiede che cosa sia la realtà, con la sua fievole consistenza, garantita dall'attesa, dall'abitudine, da nessi causali sovente casuali. Potrebbe svanire in un attimo, franare nel nulla, quel nulla che forse non è il puro non essere, ma una dimensione instabile, fluttuante in forme effimere. Che cos'è la realtà? Un riflesso sulla superficie, un'ombra che si addensa nel solco di un drappo: è per questo che, voltandoci, all'improvviso anche a noi può accadere di scorgere il vuoto. Che cos'è il mondo? Tautologia di sé stesso, simbolo senza immagine, suono imbevuto di silenzio.

Dove conduce l'esistenza? Certo, all'uomo comune non interessa: rassicurato dalla miserrima "scienza", è convinto che il tempo è unidirezionale e che è tutto è come sembra. Prigioniero della doxa, scambia i disegni degli oggetti per gli oggetti stessi e si preclude gli orizzonti dell'ignoto. Solo chi ha il coraggio dell'eresia, l’audacia della domanda può intravedere le parvenze oltre le apparenze, ascoltare l'inaudito, gettare lo sguardo nella terra inesplorata, sia pure per solo un istante.

Che cosa ci attende oltre la soglia? Là inconcepibili percorsi si sovrappongono e si intersecano, come fili di luci in una fotografia notturna dal tempo di esposizione prolungato. Là il tempo si dilata o si contrae fino ad essere risucchiato in un punto infinito.

La
letteratura di fantascienza non è solo un genere prolettico, ma un campionario di prospettive e di possibilità che la mente razionale si ostina a confinare nell’assurdo. La reversibilità degli accadimenti, il viaggio nel tempo, la collisione e la tangenza degli universi, la frantumazione dell’io e la sua dispersione in mille identità, l’esplorazione dell’ignoto sino a sfiorare l’infinito… sono gli scenari che, per ora, appartengono al raro prodigio dell’’immaginazione.

Un giorno scopriremo se il cuore della realtà, congelato in fotogrammi immobili, è solo un altro velo sopra un velo.


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03 maggio, 2010

I Grigi, ieri ed oggi

L'arte rupestre australiana annovera singolari graffiti con figure "radiografate" ed esseri di carattere “pluviale”, la cui sagoma è delineata e riempita da gocce. Tra gli studiosi di Clipeologia, hanno suscitato molto interesse alcuni petroglifi nelle grotte di Kimberley, regione dell’Australia settentrionale. Effigiati su rocce sedimentarie e sul granito, essi rappresentano figure analoghe ai Grigi, come sono descritti da migliaia di testimonianze in tutto il mondo. Alcune pitture create dagli Aborigeni, risalgono, secondo gli archeologi, a circa 5.000 anni or sono.

In effetti, la somiglianza è notevole: i volti a pera, gli occhi oblunghi e grandi evocano la fisionomia dei Greys. Nelle caverne di Kimberley, questi esseri, il volto circonfuso da un alone, si affollano sulle pareti fissando, l'osservatore con il loro sguardo spiritato.

E' difficile stabilire se veramente queste raffigurazioni siano l'indizio di una presenza non terrestre in un lontano passato o, invece, l'espressione di una visionaria arte sciamanica, quantunque forse le due interpretazioni si escludano a vicenda solo all'apparenza. Il ricercatore britannico Nigel Kerner le considera la prova di un contatto dell'umanità con i malevoli Grigi che risalerebbe ad epoche remote. Peter Kolosimo, il primo autore che in Italia catalogò in modo sistematico queste ed altre curiosità, di fronte agli "astronauti" preistorici, rimase prudente. Vero è che gli uomini del XX secolo tendono a vedere in certi graffiti rupestri delle creature aliene con tanto di tuta e casco o i classici Grigi macrocefali, ma potrebbe trattarsi di una percezione condizionata e distorta da paradigmi culturali.

Comunque sia, è utile rammentare che rappresentazioni di presunti
Grigi sono un Leit motiv nell'arte, nel folklore e nella letteratura un po' a tutte le latitudini (in Giordania, Terra di Sumer, Africa australe, Europa etc.), costituendo un'invariante che trova il suo pendant nella forma discoidale, per quanto attiene alle navi spaziali. (Si legga Continuità e discontinuità nella fenomenologia ufologica, 2010).

Sulla natura dei Grigi, le ipotesi pullulano: qualcuno li reputa extraterrestri originari di Zeta Reticuli o di Orione, altri li considera esseri interdimensionali. La maggior parte degli ufologi pensa ad androidi, in missione sulla Terra e su altri pianeti, inviati da razze che vivono in mondi lontanissimi dal nostro, altri ancora pensa ad uomini del futuro. Qualche ricercatore li vede come un popolo benevolo, ma forse si tratta di un’altra stirpe. Kerner individua nei Grigi freddi esecutori aglii ordini di una civiltà estinta: sarebbero quindi gli emissari di una nazione delle stelle forse intenta a compiere una missione dai fini per noi imponderabili.

Il tutto è avvolto in un crepuscolo enigmatico e dai contorni spesso inquietanti, come conturbante è l'aura color arancio o marrone che attornia la testa dei “Grigi australiani”: sembra la riproduzione di un'energia sprigionata dall'entità, una di quelle energie che normalmente sono invisibili, come tutto ciò che è essenziale.

Fonti:

N. Kerner, Why do we let ETs play “hide and seek “with us?, 2010
P. Kolosimo, Astronavi sulla preistoria, Milano, ristampa del 2004, p. 314
R. Malini, U.F.O., il dizionario enciclopedico, Milano, Firenze, 2003, s.v. razze aliene


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01 maggio, 2010

Universi

Coesistono differenti concezioni dell'universo. Semplificando, si potrebbero individuare tre visioni. Sorvolo su tutte le interpretazioni intermedie.

- Universo ahrimanico, cioè dominato dal Male. E' la Weltanschauung, ad esempio, di Giacomo Leopardi che scrisse pure un incompiuto Inno ad Ahriman, il dio delle tenebre nella religione mazdea, come di Arthur Schopenauer. Questi ed altri filosofi ritengono che il caso e l'assurdo dominino il mondo: la Natura leopardiana è irrazionalità, un cieco impulso che perpetua sé stesso. La Natura è indifferente al dolore delle creature, come la Volontà posta alla base del Tutto dal pensatore tedesco. Il Male quindi si esplica specialmente come non-senso e gratuità.

Una versione sfumata e non organica di questa interpretazione si rintraccia nelle idee degli scienziati materialisti che, sottolineando processi come l'entropia, la morte termica e la stocasticità, escludono qualsiasi ratio o piano provvidenziale all'interno del cosmo e dell’esistenza.

- Universo luminoso, ma con angoli di buio (male), la cui scaturigine non è chiara. Per spiegare il lato oscuro, i teologi ed i filosofi che sostengono questa concezione, ricorrono agli argomenti più disparati: dal libero arbitrio degli uomini e degli angeli ribelli che hanno rinnegato Dio, al male come presenza necessaria affinché la coscienza evolva e risplenda la Luce, dall'intervento di un demiurgo folle al cedimento ontologico connesso ad una colpa (errore) primordiale... Quantunque nessuna teodicea risulti esaustiva e convincente, va riconosciuto agli indagatori del male nelle sue molteplici manifestazioni che riescono, seppure in modo parziale ed epidermico, a giustificare alcuni aspetti atroci e dolorosi della vita, collocandoli in un'ampia e rassicurante prospettiva, poiché il male non è un arché, un principio, ma una macula, simile ad un'ombra fuggevole che vela due occhi radiosi e profondi.

- Universo perfetto ed unitario, cui soggiace un'intrinseca logica. E' la visione di filosofi come Plotino o specialmente Leibnitz che considerano il male un particolare irrilevante, un accidente o lo reputano un'illusione ottica. Molte tradizioni filosofiche orientali, confinando il mondo materiale nel dominio di maya, svuotano il male di ogni valore ontologico, riducendolo a parvenza, a caduca ed inconsistente ombra sulla superficie polita del divino. Insieme con il male, viene rigettato il concetto di dualità e di separazione che sono fallaci e transeunti. Questa concezione monista, tautologica ed autoreferenziale, coerente su un piano sovrumano, in cui spazio e tempo sono trascesi, trasforma il manifesto in un gioco (lila) dell'Assoluto, un gioco che, però, a volte alle pedine può apparire crudele.


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