Siamo stati recentemente contattati da un giornalista del quotidiano “La Stampa”, il dottor R.A. Colui desiderava “chiacchierare” con noi circa le scie chimiche-geoingegneria clandestina per poi scrivere un articolo. Il caso è emblematico, perché, sin dall’approccio al tema, abbiamo sùbito capito che il redattore non aveva alcuna intenzione di elaborare un pezzo di cronaca, ma vergare il solito brogliaccio in cui l’ideologia, i pregiudizi e persino la censura prevalgono sull’onesta relazione dei fatti.
Purtroppo i giornalisti veri, quelli abituati a rincorrere gli eventi, ad interpellare testimoni ed esperti, a sceverare le fonti, a dar conto di quanto è accaduto, prefiggendosi un minimo di obiettività, non esistono più. Oggi gli articolisti sono tutti opinionisti senza opinione (infatti esprimono solo le idee distorte dei loro padroni), oggi è invalsa la malsana consuetudine di abborracciare componimenti dove a qualche notizia di seconda o terza mano, informazione mai verificata, si mescolano veline, distorsioni, giudizi aprioristici, maldicenze.
Possiamo facilmente immaginare il testo che avrebbe scritto il nostro eroe, un articolo infarcito delle solite bieche parole ed espressioni come “teoria della cospirazione”, “paranoia”, “complottisti” e compagnia briscola nonché dei frusti luoghi comuni tra scientismo e scemenza (che, tutto sommato - ci perdoni Jakobson - sono sinonimi). Ci saremmo dovuti prestare all’ennesima operazione manipolatoria perpetrata da un perfetto appartenente alla stampa di regime?
Non è escluso che l’esimio autore scombiccheri lo stesso il suo temino, pur senza aver colloquiato con noi. Prossimamente sui nostri schermi, anzi scartafacci del sistema, il dossier di R. A. sulle scie tossiche! E’ naturale che l’autore, nel breve carteggio intercorso, non si è peritato di impartirci lezioni di giornalismo: sa lui come si scrive un reportage.
Noi non osiamo dargli ripetizioni di Italiano, ad esempio, ricordandogli che, dopo il punto fermo, si comincia con la maiuscola né di deontologia giornalistica, essendo morti sia la deontologia sia il giornalismo. Tuttavia abbiamo deciso di liquidarlo, poiché nutriamo una stima dei “giornalisti” italiani pari a zero. L’abbiamo licenziato nel modo seguente:
“Gentilissimo Dottor A., la nostra pluriennale esperienza ci ha insegnato che cos'è il giornalismo ufficiale di cui abbiamo quotidiana ed approfondita contezza. Si pensi all'emblematico affaire Preve. Per parafrasare Paolo che scrisse 'Conosco i pensieri dei saggi e so quanto siano vani', possiamo risponderLe dicendo "Conosco il modus operandi della stampa e so quanto sia organica al sistema". E' evidente: le spie linguistiche dei suoi messaggi sono inequivocabili e ci lasciano intendere che la sua tanto decantata ‘obiettività’ è poco più di una petizione di principio. Non siamo più alla preistoria della geoingegneria bellica per cui si potrebbe ancora disquisire su ipotetiche tesi interpretative: siamo nel cuore di un diuturno genocidio che attende ancora un cronista volto a darne genuino e disinteressato resoconto, anzi denuncia. Quel cronista deve ancora nascere, almeno in Italia. Il macchinista fatto e finito conduce la motrice: non gioca con il trenino”.
Qui, a guisa di post scriptum aggiungiamo: “Quando – Dio non voglia - avrà in famiglia o tra gli amici una persona che si è ammalata di tumore o di Parkinson o di Alzheimer o che ha avuto un ictus etc. (a meno che non Le sia già accaduto), capirà sia la vera causa di codesta carneficina sia che le chemtrails non sono una “teoria”, ma un’atroce realtà, tanto più atroce perché censurata dai media dell’establishment che Lei, in misura maggiore o minore ma in ogni caso, essendone responsabile, incarna”.
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