28 novembre, 2011

Differenza, decadenza

Si suole ripetere che il futuro appartiene alle nuove generazioni. E’ affermazione in parte retorica, sebbene sia vero che i giovani sono gli eredi, volenti o nolenti, di un mondo costruito (o distrutto) da chi li ha preceduti. Se si considerano in modo spassionato le nuove leve, bisogna, però, ammettere che se ne traggono ben poche ragioni di speranza in un futuro migliore.

Non sarà neanche del tutto colpa degli adolescenti e dei giovani attuali, ma, se solo confrontati con quelli di qualche decennio passato, si rileva una spaventosa decadenza. Non è un discorso da laudator temporis acti, bensì una constatazione.

Un esempio può essere sintomatico. Nel 1969 a Woodstock, cittadina degli Stati Uniti (stato di New York) si svolse nel 1969 un grande festival di musica rock, assurto a simbolo dell'aggregazione giovanile. L'evento fu contraddistinto da una pioggia torrenziale che fu scatenata attraverso la dispersione di composti chimici nelle nubi con il ricorso ad appositi aerei.

Un giovane, nell'ambito del documentario sul concerto tenutosi a Woodstock, così si espresse: "Ho qualcosa da dire: vorrei sapere perché quei porci fascisti inseminano le nuvole. Li ho visti passare più volte nell'ultima ora, con tutto quel fumo che usciva ed inseminava le nubi. Che cos'è quella roba che viene giù? Perché i media non riportano queste cose alla gente? Si, vi dico quello che sta accadendo. Li ho visti più volte: aerei di origine sconosciuta inseminano le nuvole e provocano la pioggia!"

Orbene, mi chiedo se oggi qualche ragazzo si accorgerebbe di un nubifragio provocato dal passaggio di aerei chimici (e sì che in questi ultimi tempi avviene spesso, mentre ogni giorno il cielo è deturpato da scie tossiche), dimostrando spirito di osservazione. Non solo: il pubblico del concerto accettò il temporale con gioia. Certo, fu un inconveniente, ma la pioggia fu accolta come un lavacro purificatore, come un piacevole diversivo. A ragione! Le piogge sono fecondatrici: in estate sopiscono la calura, sempre donano nutrimento alla terra ed ai suoi abitanti. Dopo un acquazzone l’aria è frizzante, il cielo, un po’ alla volta, si rasserena ed ampi spazi di azzurro terso si allargano tra nubi di un bianco scintillante. Purtroppo oggi la pioggia è stata demonizzata e sono proprio sovente i giovani ad inveire e ad imprecare, non appena cadono due gocce. Forse in futuro preferiranno dissetarsi, bevendo l’orina. De gustibus... [1]

Come sempre esistono le eccezioni: un drappello di appartenenti alle nuove stirpi è animato da curiosità intellettuale, spirito critico ed amore per la verità, ma l’eccezione, più che confermare la regola, ne sancisce la sua stolida supremazia.

Il discorso va poi esteso ai genitori degli “studenti” di oggi. Separati da un lasso temporale breve (i genitori non sono attempati) e soprattutto accomunati da una visione del mondo simile, una concezione che è il risultato di un pluridecennale plagio, genitori e figli, in dissidio su tutti i particolari, si trovano d’accordo sull’essenziale, in quanto avvilenti espressioni dello stesso sistema. E’ il medesimo sistema che fagocita e neutralizza, come fossero corpi estranei, quel gruppetto di liberi pensatori (forse basterebbe definirili “esseri umani”), a qualunque fascia d’età, classe o nazione essi appartengano.

Così incontreremo giovani che, pur non essendo malvagi, sono fatui, incapaci di sognare, attaccati al denaro ed alle cose non meno degli adulti: essi badano al loro “particulare”, noncuranti sia degli altri sia del loro futuro. Purtuttavia, giova ripeterlo, padri e madri non sono molto diversi dai loro rampolli. I primi, superficiali, prosaici, arroganti, egoisti... sono responsabili di un’educazione deleteria, ancorata a disvalori. Non crescono figli, ma assemblano automi. Confondono la cultura con il voto, la libertà con la licenza. La loro protesta sterile e settaria non sfiora mai le istituzioni, ma si scaglia contro la minoranza che non si integra. Anche le manifestazioni di liceali ed universitari contro i ministri della pubblica distruzione e le loro scandalose iniziative si concentrano su questioni meramente utilitaristiche, quando non vanno nella direzione sbagliata. Coloro, invece di rivendicare il diritto ad un sapere che non sia condizionato dagli organi istituzionali che hanno stravolto e stravolgono la storia e la scienza, si prefiggono l’aberrante obiettivo di una scuola informatizzata.

Che differenza rispetto ai fans di Woodstock! Velleitari, ingenui, anch’essi vulnerabili alle seduzioni della propaganda, erano, però, ancora una frangia non allineata in cui un filosofo come Herbert Marcuse poteva confidare per la costruzione di una società più giusta. Almeno quelli, pur con tutti loro limiti, sognavano un mondo migliore; oggi i teen agers ed i giovani reputano la Suburra in cui “viviamo” “il migliore dei mondi possibili”. Almeno quelli amavano la natura di un amore viscerale; oggi la tecnologia più bieca e distruttiva è l’idolo.

Vero è che tutte queste generazioni degenerate sono per lo più vittime di un potere perverso, ma talora le vittime sanno essere più feroci dei carnefici. Come i carnefici, prima o dopo, riceveranno la loro ricompensa o, meglio, esperimenteranno le conseguenze della loro abissale pochezza, della loro irredimibile ottusità.

[1] Le piogge artificiali degli anni precedenti al 2000 non erano pericolose quanto quelle attuali che sono prodotte per mezzo di batteri come lo Pseudomonas syringae e lo l'Escherichia coli.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

27 novembre, 2011

The grand illusion

Nella disgrazia l'uomo è pronto a credere e, quando l'ingannatore lascia intravedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s'abbandona tutto alla speranza (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica).

Ci aggrappiamo alle illusioni, pensando siano spuntoni di granito, quando sono fragili stalattiti.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

23 novembre, 2011

Fiume all'alba

Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, Treviso, 1921-2011):“dall’esordio di ‘Dietro il paesaggio’(1951) legato ad una particolare forma di elegia, ad un vivo senso della campagna veneta ed a tarde, decentrate suggestioni ermetiche, la sua ispirazione si è andata via via spostando attraverso ‘Vocativo’(1957) e ‘IX Ecloghe’(1962) verso lo sperimentalismo formale e la percezione dell’invadenza della nuova realtà industriale e consumistica. Nelle poesie della silloge ‘La beltà’(1968) tuttto è posto in discussione in un pullulare di sollecitazioni interne ed esterne… Nelle sue ultime raccolte la sua ricerca, ‘un dire infinitamente turbato’, si è arricchita di nuovi percorsi in un rimescolio sempre più vorticoso e magmatico di materiali linguistici: il latino, il provenzale, i formulari dei mass media, il dialetto veneto, le riprese auliche della tradizione petrarchesca, lo straordinario petel, il gergo infantile del Trevigiano”. (Dizionario della letteratura, Milano, 1999, s.v. Zanzotto)

La lirica “Fiume all’alba” si snoda in tre strofe ingolfate di repliche. L’invocazione ad una natura ormai larvale e marginalizzata si congestiona negli aggettivi, (infeconda tenebrosa e lieve incompiuta inquieta) ammucchiati come oggetti in un’opera di Arman, eppure frementi di una vita disperatamente amata nei suoi palpiti agonici, estremi. Il linguaggio dell’inanità, dell’incalzante impetrazione sbatte nella nevrosi. Il paesaggio si umanizza, vibrando di tremiti, odori e luci: si carica dell’inquietudine di esistere per trasfigurarsi in un delirio visionario. Così, mentre l’io lirico tenta di (ri)appropriarsi, anche attraverso l’inutile precisione della toponomastica, di luoghi e tempi,(caro acerbo volto) si sfianca in un’annominatio sgomenta (dispero della primavera), a dichiarare la perdita irrevocabile, definitiva.


Fiume all'alba
acqua infeconda tenebrosa e lieve
non rapirmi la vista
non le cose che temo
e per cui vivo

Acqua inconsistente acqua incompiuta
che odori di larva e trapassi
che odori di menta e già t'ignoro
acqua lucciola inquieta ai miei piedi

da digitate logge
da fiori troppo amati ti disancori
t'inclini e voli
oltre il Montello e di caro acerbo volto
perch'io dispero della primavera


APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

18 novembre, 2011

Il Dio alieno della Bibbia

Partendo dall’Antico Testamento, le pagine del saggio "Il Dio alieno della Bibbia" proseguono il racconto di ciò che ancora non era stato evidenziato o, ancora peggio, era stato volutamente dimenticato o variamente interpretato allo scopo di celarne i potenziali effetti dirompenti. I temi affrontati nel presente libro ci hanno portati a formulare sorprendenti risposte a domande come le seguenti.

I due racconti della creazione dell’uomo contengono riferimenti al D.N.A. alieno ed umano?

- Che cosa è veramente successo nell’Eden?
- Da dove sono giunti i Nefilìm (i giganti)?
- Che cosa era il [ruàch] degli Elohìm?
- Chi erano veramente gli angeli?
- I Cherubini erano angeli o macchine volanti chiaramente descritte?
- Satana e Lucifero sono veramente esisti o sono un'invenzione teologica?
- Yahwèh comunicava con Mosè attraverso un sistema radio?

Si procede dunque nella ricerca con la convinzione che ciò che, fino ad ora pensavamo di sapere, potrebbe non essere rispondente al vero.

L'autore: Mauro Biglino

Realizzatore di numerosi prodotti multimediali di carattere storico, culturale e didattico per importanti case editrici italiane, collaboratore di riviste, studioso di storia delle religioni, traduttore di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo, da circa trent'anni si occupa dei cosiddetti testi sacri nella convinzione che solo la conoscenza e l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori possano aiutare a comprendere veramente il pensiero religioso formulato dall’umanità nella sua storia. Da più di dieci anni si occupa inoltre di Massoneria, in quanto riconosciuta come organizzazione iniziatica e simbolica che ha avuto notevole influenza nella storia dell'Occidente. Il Professor Biglino è autore, tra gli altri, di un volume intitolato "Chiesa cattolica e Massoneria: realmente così diverse?"

Il libro è pubblicato da Unoeditori

N.B. I contenuti del saggio scritto dal Professor Biglino non rispecchiano necessariamente le opinioni del curatore del presente blog.

APOCALISSI ALIENE: il libro

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15 novembre, 2011

Figura

E’ incredibile quante idee contraddittorie coesistano nella nostra visione del mondo: forse tale situazione, più che incarnare l’incapacità di elaborare una concezione organica, rispecchia l’intima incoerenza della realtà.

Per razionalizzare il reale, uomini e, talora intere epoche, ricorrono a particolari accorgimenti. Il problema maggiore che dovettero affrontare i Padri della Chiesa fu l’esigenza di conciliare il Vecchio ed il Nuovo Testamento: nelle narrazioni vetero-testamentarie si individuarono (si credette di individuare) situazioni, personaggi ed eventi che prefiguravano quelli descritti e narrati nel Nuovo Testamento, consentendo di tracciare una visione unitaria della storia della salvezza. Codesta anticipazione è stata definita “figura”. Erich Auerbach, in “Mimesis” ha ritenuto sia uno dei procedimenti peculiari all’interno della “Commedia”: “L'interpretazione figurale dunque stabilisce fra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti reali”.

Tralasciamo il metodo figurale in Dante, per delimitare l’indagine alla presunta correlazione tra avvenimenti del Vecchio Testamento che sarebbero un preludio di accadimenti del Nuovo, intesi appunto come adempimenti di situazioni incompiute. Gran parte della cultura medievale cristiana basò la sua Weltanschaung su tale nesso. Sennonché sono palesi due aspetti: vicende e profezie del Vecchio Testamento sono circoscritte al mondo ebraico. Le profezie non sono predizioni, ma proclami ed ammonimenti in nome di YHWH: l’ebraico e l’aramaico ignoravano in origine il tempo futuro né è credibile che i profeti biblici intendessero gettare lo sguardo verso età tanto lontane, più solleciti semmai per le condizioni attuali o incombenti su Israele.

La descrizione del “servo sofferente” fu intesa come vaticinio dell’avvento del Messia. [1] Non è questa la sede per tentare di stabilire se Isaia si riferisse al popolo ebraico, vittima di persecuzioni ed angherie, o al Messia. E’, però, incontestabile che le letture di testi pagani, in primis la IV egloga di Virgilio, come prolessi di Cristo sono forzature destituite di ogni fondamento, sebbene molti intellettuali del Medioevo ritenessero che vari cenni negli autori classici preannunciassero, per quanto in forma incompleta e confusa, verità cristiane. Integrarle nella cultura medievale significò costruire un solido edificio di cui la tradizione vetero-testamentaria ed i contributi salienti del pensiero antico erano i pilastri sui quali era poggiata l’architrave del Cristianesimo. L’architrave era destinata a spezzarsi e l’edificio a rovinare: le attese millenaristiche, tra cui quelle di Gioacchino da Fiore, non si adempirono. Il Giubileo indetto nel 1300 da papa Bonifacio VIII sancì il tramonto delle residue speranze di rinnovamento spirituale. Le idee medievali cominciarono a disgregarsi sotto la spinta delle tendenze mercantili ed umanistiche. La visione della storia e della natura, come libri coerenti e comprensibili, si incrinò, anche se la fiducia nell’uomo sopperì all’eclissi parziale e comunque sofferta della dimensione trascendente.

Gli studi filologici, tra XV e XVI secolo, restituirono i classici greci e latini al loro tempo, mentre per un’esegesi critica della Bibbia si dovette attendere ancora qualche tempo.

Si può reputare che le concezioni figurali furono soggettive, degli errori o, al più, “verità” di tipo pragmatico. Furono “verità” che diventarono tali, poiché gli uomini di cultura erano persuasi della loro giustezza. Il convincimento può inverare delle opinioni. Un’intera epoca si basò in parte su un’illusione, ma le illusioni non hanno avvenire.

Oggi, in genere, si riconosce una globale discontinuità tra Vecchio e Nuovo Testamento; si comprende che la Torah appartiene ad un milieu culturale differente dal nostro. E’ vero che alcuni studiosi non si peritano di estrarre ancora oggi oracoli dalla Bibbia: emblematico il caso di Drosnin che ha creduto di cogliere nel Pentateuco persino i nomi di Bush junior ed il riferimento ai dirottatori arabi (sic!) del 9 11, ma i responsi da lui individuati sono da considerare del tutto arbitrari, almeno perché semplici ripetizioni delle mendaci versioni ufficiali. [2] Che gli autori biblici poi abbiano pensato di codificare il nome di una nullità come Bush nella Torah è idea più ridicola e blasfema che inverosimile. Con Drosnin si esplica la tendenza mai del tutto sopita a razionalizzare la storia, laddove il percorso umano è costellato di aberrazioni e discrasie. Anche il pur compatto cosmo medievale fu attraversato da fenditure esoteriche ed eterodosse e si animò attraverso sviluppi centrifughi e movimenti sotterranei. Questi sono i più significativi, sebbene di solito altrettanto misconosciuti.

[1] "Ecco, il mio servo prospererà e sarà innalzato, elevato e grandemente esaltato. Come molti erano stupiti di lui a causa del suo aspetto che era sfigurato più di quello di alcun uomo e la sua forma era diversa da quella degli esseri umani, così egli sconvolgerà molti popoli; i re chiuderanno la bocca davanti a lui, perché vedranno ciò che non era mai stato loro narrato e comprenderanno ciò che non avevano udito."(Isaia 52:13-15).

Numerosi esegeti negano che esista anche una solo versetto vetero-testamentario preannunciante una circostanza del Nuovo Testamento.

[2] E’ una posizione, mutatis mutandis, non molto dissimile da quella dei disinformatori che, per mezzo della “scienza” non solo spiegano e razionalizzano tutto, ma giustificano l’esistente, vedendovi il migliore dei sistemi possibili: lo stato è buono, il governo è buono, le istituzioni sono buone. Sui risvolti psichiatrici (sindrome di Stoccolma, regressione a stati infantili, complessi di inferiorità…) di tale interpretazione autoconsolatoria, banalmente compensatrice e puerile della realtà non mi soffermo.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

12 novembre, 2011

"X Times" di novembre in edicola

E' in edicola il nuovo numero della rivista "X Times", pubblicazione diretta da Lavinia Pallotta e da Pino Morelli.

L’ultimo tabù

"Sento ripetere spesso che esistono diversi livelli di presa di coscienza. Nella vita, a chi fa una vera ricerca del sé, cercando di aprirsi un varco tra le illusioni su cui abbiamo costruito il nostro mondo, può capitare di veder cadere, una dopo l’altra, molte certezze, sostituite solo raramente da alcune, ambigue verità". L'editoriale contina qui.

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09 novembre, 2011

Il grande progetto

Wake up, before it's too late.

“Il grande progetto” è l’epilogo della serie “The secret”: la mitopoiesi di Giuseppe Di Bernardo si dipana in una storia potentemente evocativa, venata di tinte messianiche. Nell’ultimo episodio della saga, gli archetipi ed i temi disseminati nella storia (il sogno nel sogno, l’eterocromia, simbolo di una conflittualità irrisolta, eppure feconda, gli uomini dormienti, l’enigma dell’anima…), trovano la loro collocazione narrativa, persino una possibile spiegazione che è quasi una quadratura del cerchio.[1] Così manipolazioni genetiche, antichi retaggi, rapimenti, itinerari nell’ignoto, metamorfosi e nascondimenti, orizzonti sfocati di un inganno millenario, via via si precisano, illuminati da subitanei bagliori. Si chiariscono poi i ruoli dei personaggi principali, nei cui nomi (Adam, Soul, Sophia) è un destino.

Il progetto, cui si riferisce il titolo, inscena l’atto finale di un conflitto cosmico che, risalente ad età remote, si ingolfa oggi nel varco cruciale: da un lato oscure presenze dominatrici, dall’altro l’umanità in bilico tra narcosi e risveglio, tra dannazione e salvezza.

Gli ideatori della serie affidano il loro messaggio interlocutorio ad un avvincente racconto ad incastro, dove il protagonista, Adam Mack, una sorta di Eracle moderno, affronta epici cimenti, il cui successo non è scontato.

Il bravissimo Rosario Raho disegna le tavole, costruendo quasi un’iconografia religiosa nella sottolineatura del ruolo “salvifico” di Adam, mentre la sceneggiatura ed il montaggio, recuperati in analessi alcuni presupposti, ci conducono nei meandri delle avventure e nelle camere segrete della Grande Piramide.

Atttaverso la fantasia abbiamo imparato a scoprire (o a riscoprire) un potenziale sopito, forse a concepire l’inconcepibile.

Con il tramonto della quadrata ed accecante ragione, finalmente splenderanno gli astri?

[1] Il motivo dell’eterocromia di Adam Mack, che ha un occhio nero ed uno azzurro, ispira il pensoso poemetto di Giovanni Pascoli intitolato “Aléxandros”. Anche qui adombra una tensione interiore, il dualismo che dilania gli animi più sensibili, gli spiriti consapevoli della condizione umana.

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07 novembre, 2011

Psicologia

Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto. (A. Manzoni)

Hermann Hesse evidenzia che “la psicologia serve a scrivere libri, non a risolvere i problemi delle persone”. E’ nel giusto. In verità, la psicologia non è certo una scienza, ammesso che esistano oggigiorno delle scienze, ma un approccio empirico ed estemporaneo a situazioni umane eterogenee e difficilmente classificabili. Ho sempre rifuggito da quei discorsi in cui si prendono in esame gli esseri umani per inscriverli in categorie, in schemi. Si disquisisce sui pregi ed i limiti delle donne, sulle qualità ed i difetti dei giovani e via discorrendo, ma si ripetono solo luoghi comuni. Si pronunciano giudizi sulle relazioni interpersonali e persino si dispensano consigli su come interagire con il prossimo. Le banalità, anche se enunciate ex cathedra, restano banalità.

L’essere umano sfugge a facili modelli interpretativi, ad etichette: la complessità della dimensione psicologica sfida anche la più acuta analisi. Anzi, un’analisi vera sarà dialettica, paradossale, negatrice delle conclusioni cui, dopo un percorso accidentato, è addivenuta. I tipi psicologici sono tipizzazioni, simili ad immagini araldiche, semplificate di oggetti tridimensionali.

Per conoscere gli altri, bisognerebbe conoscere in primo luogo sé stessi. Il “gnòti sautòn” delfico e socratico non è tanto un invito all’introspezione, quanto una terribile sfida. Conoscere sé stessi significa impegnarsi in un’audace ricerca, in un viaggio non solo periglioso, ma la cui meta potrebbe essere simile ad un baratro spaventevole. A volte è meglio ignorare la propria natura più profonda. Superato l’istmo della coscienza, in quale regione tenebrosa e popolata di demoni, ci addentreremmo? O forse scopriremmo una terra radiosa, ma nella nostra condizione di caducità e di incompletezza, quella luce ci abbacinerebbe.

Sono riluttante dunque ad esprimermi, anche solo in modo interlocutorio, sugli altri, a definirli, a costringerli in “forme”. L’indole dell’individuo è insofferente di categorizzazioni e semmai, nella sua abissale sublimità, le si addice un’antitesi chiastica di Arrigo Boito che definì l’uomo “angelica farfalla e verme immondo”. Pure in questo caso, però, siamo al cospetto di una dicotomia che non rende la poliedricità della natura umana, con tutte le sfumature cromatiche dall’azzurro del Cielo al nero dell’Inferno. Con enorme sorpresa, forse un giorno scopriremo la generosità di un egoista o, vice versa, l’aridità di un filantropo.

Siamo nati sotto il segno della contraddizione e, per di più, in questi tempi finali, siamo intimamente scissi e disintegrati. Qualsiasi tentativo di catalogare e di chiarire è destinato ad arenarsi, a fallire.

Le tessere taglienti del singolo (un singolo che è pluralità) non si possono ordinare per ricostruirne l’immagine complessiva, senza ferirsi le mani.

P.s. Naturalmente la presente riflessione non riguarda gli automi.

APOCALISSI ALIENE: il libro

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05 novembre, 2011

Rust

La ruggine rode e rovina ogni cosa, in silenzio.

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