29 ottobre, 2017

Effetto trascinamento



Effetto trascinamento: così definiremmo la deplorevole situazione che si genera, quando per smentire una tesi considerata bizzarra ed inverosimile, si avvalorano, palesando totale assenza di spirito critico, i più screditati modelli propugnati dall’establishment pseudo-scientifico e le più ridicole versioni ufficiali. Un esempio per tutti: ci si impegna per confutare la teoria della Terra discoidale (vulgo “teoria della Terra piatta), con argomenti più o meno persuasivi, più o meno plausibili, ma, nel contempo, ci si trascina dietro, nella foga della confutazione, tutto il più polveroso armamentario della propaganda: si adducono come prove documenti partoriti dalla nasuta N.A.S.A., (comprese castronaute dalle improbabili permanenti), ci si richiama ad autori famigerati per la loro vicinanza alla disinformazione, si evocano paradigmi che esorbitano dal tema trattato, come l’obsoleto Darwinismo o concetti scientifici messi in discussione, se non in crisi, dalle più recenti acquisizioni della fisica quantistica, di altre avanguardie epistemologiche, di altri orizzonti gnoseologici.

Non solo, invece di procedere con rigore metodologico e con precisione semantica, presto si scade nella denigrazione, usando i soliti epiteti (ad esempio, l’orrido neologismo “complottisti”). Così subito si comprende che il proposito di oggettività ostentato da certi ricercatori è solo il velo dietro cui si nasconde la maschera butterata del negazionismo. Non ci stupiamo poi se le posizioni tendono a radicalizzarsi, se qualcuno si arrocca a difesa di convincimenti che si induriscono in dogmi, in luogo di essere smussati e concepiti come tappe di un percorso conoscitivo, stadi suscettibili di essere superati in una direzione o in un’altra.

Uno fra gli aspetti considerati da chi sostiene la teoria della Terra sferoidale, come da chi è assertore del modello discoidale, è la prospettiva, naturalmente colta da... prospettive differenti. In questo ambito ci pare si noti, da una parte e dall’altra, la resa all’oggetto, la capitolazione di fronte alla “cosa”: non ci consta, infatti, che i vari contendenti ricordino, nel considerare la percezione delle linee, l’incidenza della retina che tende ad incurvare le rette. E’ un particolare di cui tenevano conto i Greci, allorché erigevano i templi con le colonne che erano leggermente rigonfie nella parte centrale – tale convessità è definita “entasi” – proprio per compensare la tendenza della retina ad incurvare i segmenti diritti.

Si dimentica, infine, che la prospettiva non è solo un fenomeno ottico “esterno”, ma pure un processo psicologico e persino una manifestazione intellettuale, come c’insegna Erwin Panofsky nel fondamentale saggio “La prospettiva come forma simbolica”. Nel volume la profondità, la successione dei piani e il progressivo rimpicciolimento delle immagini, quanto più si allontanano dall’osservatore, sono inquadrati in un contesto culturale. Lo specialista, rifacendosi a Cassirer, dimostra che gli uomini in parte vedono la “realtà” non com’è percepita, ma com’è pensata e conosciuta. Un bambino che disegna la casa, il prato, l’albero ed il cielo, ignora tranquillamente la prospettiva, perché sa che è un’illusione dei sensi. “Scienziati” e teorici ne sono altrettanto consapevoli?

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APOCALISSI ALIENE: il libro

15 ottobre, 2017

Contro gli antropocentrismi



I vari orientamenti della New age, alla fine, sono viziati dal solito antropocentrismo e sono speculari a quelle dottrine che incolpano l’uomo di ogni nefandezza. Da un lato si nega Dio oppure si afferma con sicumera prossima alla tracotanza – quella che i Greci chiamavano hybris – che l’uomo è l’unico vero Dio.

Ora, riteniamo che negli uomini, forse non in tutti, si trovi un nucleo spirituale che possiamo definire “anima”, ma, se egli si crede Onnipotente, se si colloca al centro dell’universo, misconoscendo che esiste altro da sé, un orizzonte che non è contenuto nel cerchio dell’individuo, allora tale superbia dichiara la sua orgogliosa meschinità ed il suo fallimento.

Esiste poi un antropocentrismo di segno contrario, tutto sommato non così differente da quello egocentrico: si manifesta quando si considera responsabile l’uomo di ogni errore, di ogni male che affligge il mondo. Senza assolvere sempre e comunque il singolo che ha i suoi limiti, si dimentica l’influsso pernicioso degli Arconti e dei loro disgustosi collaboratori "umani".

Si passa da un eccesso all’altro, mentre, con la consapevolezza che l’uomo è un essere contraddittorio, ambivalente (e che cosa non lo è?), si impara che è necessario distinguere, soppesare ogni questione: è opportuno astenersi da giudizi inappellabili e da condotte arroganti.

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APOCALISSI ALIENE: il libro


01 ottobre, 2017

Che cos'è la verità? (I)



Che cos’è la verità? “Quid est veritas?” Chiede Pilato al Messia, stando al racconto evangelico. La domanda del procuratore (?) romano contiene in sé la risposta che è una non risposta: infatti Pilato ritiene che la verità sia inattingibile.

Ci chiediamo anche noi che cosa sia la verità, indipendentemente dal fatto se la consideriamo conoscibile oppure no. Distinguiamo il vero empirico da quello metafisico. Chi, di fronte ad una controversia, non desidera ottenere sentenze inconfutabili, definitive? In questi ultimi tempi ferve la polemica circa la forma della Terra: è più o meno sferica o è discoidale? Ammettiamo che è una questione significativa sul piano antropologico, scientifico, filosofico, percettivo: è legittimo, anzi doveroso, dubitare delle interpretazioni altrui, siano ortodosse o eterodosse, per conseguire una propria verità che potrebbe anche essere la “media” di differenti modelli o discostarsi del tutto dai paradigmi, siano essi dominanti o recessivi. Ammettiamo che è una questione che ha importanti risvolti in rapporto alla concezione dell’universo e dell’uomo all’interno del cosmo.

Sono implicazioni importanti, non vitali, giacché la verità cui ambiamo, spinti da un’esigenza incoercibile, non appartiene all’ordine empirico, ma al dominio spirituale, quindi al nostro essere più profondo, più imperscrutabile, più vero. Se siamo esseri coscienti, abituati a definire le coordinate ontologiche, essenziali dell’esistenza, ci interroghiamo sul valore del nostro destino, di ciò che ci ha preceduto (se esiste) e di ciò che ci seguirà (se esiste), sul Principio e sulla Fine. Ci interroghiamo sul significato ed il ruolo del male, sulla possibilità di conciliare l’esistenza di Dio con il male: ecco sono queste le verità che ci riguardano e ci guardano, come altrettante sfingi. Le verità vere non sono risposte, ma, appunto sfingi che ci interrogano per mezzo di enigmi.

Sin qui, non abbiamo neppure tentato di definire la verità, perché l’esercizio delle definizioni è logorante e, alla fine, tautologico. La definizione corrente ci ricorda che “la verità (in latino veritas, in greco αλήϑεια, in inglese truth...) designa il senso di accordo o di coerenza con un dato o una realtà oggettiva o la proprietà di ciò che esiste in senso assoluto e non può essere falso”. Se dovessimo anche solo sfiorare le possibili accezioni e sfumature di termini e sintagmi come “coerenza”, “realtà oggettiva” (sic), “falso” etc., ci perderemmo in un labirinto rispetto al quale il dedalo di Cnosso è un percorso agevole.

Dunque in questa breve esposizione, ci limitiamo a suggerire un’analogia, anzi un’identità tra Verità e Vita: la Vita è tale, solo se e quando, dissipatesi le nebbie del dubbio, lacerati i veli della menzogna, scopriamo – impresa improba - il senso ultimo di tutte le cose, il centro di noi stessi, là dove il finito e la caducità si incontrano, anzi si fondono con l’Infinito e con l’Eternità.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

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