Paola Mastrocola è autrice di un saggio intitolato La scuola raccontata al mio cane. Il libro ha fatto discutere e causato polemiche, poiché la scrittrice ha messo in luce le molteplici contraddizioni del sistema educativo italiano. In realtà, l’insegnante, vincitrice del Premio Campiello, 2004 con il romanzo Una barca nel bosco, ha aperto il vaso di Pandora.
Come spesso accade, il difetto è (anche) nel manico, ossia nel ministero della pubblica (d)istruzione, che, ad esempio, in occasione delle contestate e non del tutto regolari prove (1) predisposte ed inviate dall’INVALSI, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema scolastico, ha dimostrato, limitatamente agli estensori dei tests, quanto ignorata sia la lingua italiana. Infatti, se si legge la consegna dei compiti, si rimane esterrefatti di fronte ai grossolani errori di punteggiatura, tanto più gravi quando si considera che essi rischiano di minare l’intelligibilità delle istruzioni. Come se non bastasse, per la prova di comprensione del testo, è stato scelto un bolso raccontino irto di strafalcioni. Era così difficile selezionare una storia scritta in un italiano decoroso, con tutti gli autori eccelsi che annovera la nostra letteratura? Infine, poiché in cauda venenum, in calce ai due testi proposti, è stato riportato il nome di ciascun autore nel modo seguente: da: “Da” seguito dai due punti. Codesto è uno sbaglio colossale! Da quando le preposizioni semplici sono seguite dai due punti? Sono basito. Certo, si potrebbe obiettare che questa è solo pedanteria. Sarà… Resta l’ignoranza degli imbrattacarte che hanno predisposto le prove. Né si può affermare che il testo espositivo-argomentativo, incentrato sulla relazione tra vocaboli e oggetti, brillasse per originalità e novità interpretativa: l’autore, infatti, proponeva la solita, vieta tesi secondo cui il rapporto tra suono e referente è arbitrario, frutto di una convenzione. Non lo asseriva già De Saussure al principio del XX secolo?
In questo modo la quotidiana fatica dei docenti per insegnare agli allievi i principali modi di funzionamento della lingua, il loro impegno nel tentativo di far comprendere il nesso profondo, anche se controverso, discontinuo, tra le parole e le cose, risultano vanificati o, per lo meno, messi in discussione da un’accozzaglia di banalità e di solecismi, spacciata per strumento oggettivo di valutazione.
Non è questa la direzione giusta: questa strada è destinata a condurre al baratro dell’insipienza e dell’omologazione, tratti distintivi della società in cui viviamo.
Ha ragione la Mastrocola. Ella sostiene che “la scuola deve puntare sulla differenza, distinguersi dal mondo esterno, non imitare il varietà, la televisione, la pubblicità… La scuola di oggi, invece, è una scuola che si adegua al mondo… Oggi, non si chiede ai ragazzi d’inventare più nulla: devono solo seguire una traccia. Chi esce dai binari lo fa a suo rischio”. (2)
Vox clamantis in deserto: forse la udirà qualche sciacallo.
1) Ad ogni studente corrisponde un codice e ciò viola le norme sulla protezione dei dati personali.
2) E’ uno stralcio di un’intervista rilasciata dalla professoressa Mastrocola e contenuta all’interno della pubblicazione Mediterranea, novembre 2005. L’articolo s’intitola Quale scuola per i nostri ragazzi?
Come spesso accade, il difetto è (anche) nel manico, ossia nel ministero della pubblica (d)istruzione, che, ad esempio, in occasione delle contestate e non del tutto regolari prove (1) predisposte ed inviate dall’INVALSI, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema scolastico, ha dimostrato, limitatamente agli estensori dei tests, quanto ignorata sia la lingua italiana. Infatti, se si legge la consegna dei compiti, si rimane esterrefatti di fronte ai grossolani errori di punteggiatura, tanto più gravi quando si considera che essi rischiano di minare l’intelligibilità delle istruzioni. Come se non bastasse, per la prova di comprensione del testo, è stato scelto un bolso raccontino irto di strafalcioni. Era così difficile selezionare una storia scritta in un italiano decoroso, con tutti gli autori eccelsi che annovera la nostra letteratura? Infine, poiché in cauda venenum, in calce ai due testi proposti, è stato riportato il nome di ciascun autore nel modo seguente: da: “Da” seguito dai due punti. Codesto è uno sbaglio colossale! Da quando le preposizioni semplici sono seguite dai due punti? Sono basito. Certo, si potrebbe obiettare che questa è solo pedanteria. Sarà… Resta l’ignoranza degli imbrattacarte che hanno predisposto le prove. Né si può affermare che il testo espositivo-argomentativo, incentrato sulla relazione tra vocaboli e oggetti, brillasse per originalità e novità interpretativa: l’autore, infatti, proponeva la solita, vieta tesi secondo cui il rapporto tra suono e referente è arbitrario, frutto di una convenzione. Non lo asseriva già De Saussure al principio del XX secolo?
In questo modo la quotidiana fatica dei docenti per insegnare agli allievi i principali modi di funzionamento della lingua, il loro impegno nel tentativo di far comprendere il nesso profondo, anche se controverso, discontinuo, tra le parole e le cose, risultano vanificati o, per lo meno, messi in discussione da un’accozzaglia di banalità e di solecismi, spacciata per strumento oggettivo di valutazione.
Non è questa la direzione giusta: questa strada è destinata a condurre al baratro dell’insipienza e dell’omologazione, tratti distintivi della società in cui viviamo.
Ha ragione la Mastrocola. Ella sostiene che “la scuola deve puntare sulla differenza, distinguersi dal mondo esterno, non imitare il varietà, la televisione, la pubblicità… La scuola di oggi, invece, è una scuola che si adegua al mondo… Oggi, non si chiede ai ragazzi d’inventare più nulla: devono solo seguire una traccia. Chi esce dai binari lo fa a suo rischio”. (2)
Vox clamantis in deserto: forse la udirà qualche sciacallo.
1) Ad ogni studente corrisponde un codice e ciò viola le norme sulla protezione dei dati personali.
2) E’ uno stralcio di un’intervista rilasciata dalla professoressa Mastrocola e contenuta all’interno della pubblicazione Mediterranea, novembre 2005. L’articolo s’intitola Quale scuola per i nostri ragazzi?