11 maggio, 2010

Malum

In un antico sigillo sumerico sono raffigurate due divinità, una maschile ed una femminile. Entrambe sono assise. Dietro la divinità muliebre si insinua un serpente, mentre al centro del manufatto si innalza un albero con sette rami da cui pendono dei frutti oblunghi. Pare la rappresentazione dell'Eden: lo scenario del Paradiso biblico è simile. Sebbene il testo di "Genesi" non specifichi il frutto che Eva coglie dall'Albero della Conoscenza, nell'immaginario popolare il pomo è identificato con la mela. E' probabile che a tale erronea assimilazione abbia contribuito l'omofonia tra il latino malum, "male" e malum, "mela". Esiste un canale sotterraneo che collega i due termini? La parola "male" - ci ricorda Giacomo Devoto - "discende da una radice indogermanica 'mel', di valore religioso e largamente attestata, per esempio nelle aree iranica, armena, baltica, celtica, greca, sia pure con sensibili differenze di significato". Invero, si ignora la valenza originaria del morfema. Nietzsche pensò ad una correlazione tra il latino malus ed il greco melainos, scuro, nero, con implicazioni etniche più che etiche. La testimonianza di una sovrapposizione-confusione tra i due ambiti è nella voce "melancolia/malinconia", dove la tristezza si intinge nel nero dell'uggia. Parole e suoni congiurano in intrecci creativi, forse non scevri di una loro motivazione profonda.

Ha un senso cogliere nel frutto di quell'albero il male? Secondo il mito, il creatore della mela fu Dioniso: ne scaturisce un contenuto vitalistico ed erotico che, stando ad alcuni esegeti, è adombrato pure nel frutto biblico. Assume un significato funesto il pomo della discordia che la dea Eris gettò sulla mensa degli dei riuniti a convito durante le nozze di Peleo e Teti. L'Occidente è il luogo della Beatitudine e della Conoscenza (una Conoscenza sublimata nella Sapienza) e dell'Immortalità: per questo motivo Eracle si avventurò nelle Isole dei Beati per prendere le mele nel giardino delle Esperidi. Erano custodite da un drago che rammenta il serpente della Genesi. Nella cultura celtica, la mela era emblema del sapere iniziatico. Avalon, l'oltremondo dei Celti, è situato nella regione dell'occaso. Avalon è collegato ad apple, "mela". Una nota società informatica nel logo mostra una mela morsa. Una teoria, forse fantasiosa ma suggestiva, collega il logo al suicidio di Alan Turing, compiuto, secondo alcune versioni, per mezzo di una mela intrisa nel cianuro, ad imitazione della "letifera" mela di Biancaneve. L'informatica, un frutto avvelenato.

Tragressione, male e morte sono i significati che si rincorrono in questo simbolo, ma contraddetti o sfumati da altri valori solari: sia i pomi delle Esperidi sia il frutto biblico pendono da alberi che crescono in luoghi edenici.

I percorsi simbolici sono innumerevoli: ci portano, ad esempio, alle mele azzurre di Rennes le Chateau, in cui il colore evoca la dimensione spirituale. In totale antitesi è la mela d’oro all’interno del fangoso romanzo omonimo scritto da Robert Wilson e Robert Shea: è l’icona pop di una confraternita formata da depravati.

La mela è anche simbolo cosmico per via della sua forma quasi sferica. Non solo, se spacchiamo questo frutto vi scopriamo un microcosmo: al centro un astro di semi è attorniato da un piccolo cielo di polpa. Simile ad una ruota, ci mena nel mondo del divenire. Il divenire è il male?

La simbolica cinese si incentra sull'omofonia delle parole che significano mela e pace (p'ing), cui, però, assomiglia il nome che designa la malattia (ping). E' una sorta di omeopatia lessicale. Alla fine si resta confinati nel giardino della lingua: qui si erge l'albero mitico, il linguaggio come coscienza e come maledizione.

Fonti:

G. Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Firenze, 1968, sv. male
Enciclopedia della mitologia, Milano, 1990, s.v. Esperidi
Enciclopedia dei simboli, a cura di Hans Biedermann, Milano, 1991, s.v. mela


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10 commenti:

  1. Gli antichi facitori di cattedrali, si caricavano meditando su di una mela a metà. In quella mezza mela c'era la sintesi del lavoro iniziatico. Oggi c'è Apple e la Grande Mela di Nuova York: simboliche invertite, segni dei tempi.
    Angelo Ciccarella

    P.S. Zret, il tuo pezzo è eccezionale, sembra scritto da un metafisico degli anni 20/30.

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  2. Angelo, hai opportunamente ricordato lo stravolgimento dei simboli sicché, dalla mela dei costruttori, si è passati alla Grande Mela (bacata)-New York.

    I sentieri sono numerosi: alcuni etimologisti collegano il nome Apollo ad apple, frutto della conoscenza, poiché Apollo è dio della profezia e dell'ispirazione poetica.

    Ti ringrazio per l'elogio, ma alcune pagine mi sono, per così dire, dettate.

    Ciao e grazie.

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  3. È solo ora, Zret, che trovo modo di commentare questo tuo splendido articolo che pure ho letto appena pubblicato, e lo faccio tentando di condividere riflessioni per certi versi affini, su alcune sia pur vaghe assonanze riscontrabili nella lingua latina, su cui sono stato portato a interrogarmi in questo periodo. Molto interessante il confronto che fai tra i termini "malum" - male - e "ma:lum" - mela. Singolare anche che in italiano siano diventati l'anagramma l'uno dell'altro. Restando al latino, l'unica differenza fonetica, in effetti, è che il secondo ha la vocale tonica lunga, mentre nel primo è breve, come se nel secondo caso la voce fosse indotta a indugiarvi, quasi a dover ricordare un fatto saliente e oramai inafferrabile, ineffabile. Da parte mia, mi sono "scoperto" a chiedermi - non so neanch'io bene come - se i due vocaboli "verbum" e "arbos", che costituisce la forma arcaica del piú classico "arbor", non celassero una qualche affinità, remota almeno quanto la loro assonanza. Com'è evidente, in comune esse hanno in apparenza solo una parte della radice: -(v)er(b) - con le due consonanti estreme che pongo tra parentesi in considerazione del fatto che la prima, nel suo originario valore semiconsonantico, era spesso "oscillante" e poteva facilmente elidersi, e la seconda, non consistendo altro, nella fattispecie, che d'un mero allungamento d'una piú "essenziale" (v)er - e -arb, che pare discendere, a quanto ho potuto reperire, da una radice sanscrita -urv, con il significato di "produrre", "essere fecondo", dunque di "creare" o quantomeno "generare". Quindi abbiamo un nucleo composto dalle medesime due consonanti, e da una vocale soggetta, per sua stessa piú "aleatoria" natura, a rotazione. Sorprendentemente, altri due termini latini sembrano fare da ancestrali "traits d'union", da "traghettatori semantici" verso un possibile significato interconnesso originario e nascosto. Questi due termini sono "verbena" - che vale "ramoscello", e che quindi rimanda al concetto-"padre" di "albero" - a sua volta affine allo slavo "vriba" - giunco - e che è connesso con il lituano "virpéti" - tremolare, vacillare - e quindi, mi viene di dire, anche "vibrare" - del cui tema peraltro "vriba" costituisce un perfetto anagramma - verbo, quest'ultimo, d'altro canto espresso, nella medesima lingua, dal quasi altrettanto "anagrammatico" termine "vyburti". L'altro termine latino che chiude idealmente il cerchio è "verber", che vale "verga", "staffile", "frusta", quindi bastone con cui menar fendenti, comunque qualcosa che deriva dall'albero, e per estensione analogica anche "colpo", "percossa" nonché, ulteriormente esteso, "urto", "rimbalzo". Se consideriamo che la "vibrazione" sembra essere alla base dell'esistenza di ogni cosa - e che questo pare essere assodato anche dalla moderna scienza di frontiera, quella fisica quantistica che ci parla delle superstringhe che vibrando, appunto, creerebbero tutta la materia - che inoltre ogni tradizione esoterica ci parla del potere del Suono, come l'AUM, la Vibrazione Primordiale che secondo gli induisti avrebbe creato ogni cosa esistente nell'Universo, mi viene di chiedermi se la Caduta su cui tutti i mistici d'ogni tempo si sono interrogati non abbia a che fare con un cattivo uso del Verbo. Il Verbo è un "ramo" dell'Albero? O, per mantenere continuità semantica a questa forse un po' troppo astrusa riflessione, il Verbum è una Verbena dell'Arbos? - continua -

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  4. L'Albero della Conoscenza rappresenta forse l'Arte Suprema di modulare la Vibrazione Creatrice di modo che ciò che ne scaturisce segua le leggi di un'Armonia Cosmica Superiore, garantendo la stabilità del Creato? Nel sigillo sumero di cui dài ottimamente notizia il Serpente si insinua - interferendo col proprio "sibilo" nella Vibrazione, mi verrebbe di dire... - nell'intrico di un Albero con sette rami, come sette sono le note, vale a dire le vibrazioni originali, corrispondenti a loro volta ad altri noti settenarî, quali la scala cromatica, quella planetaria, quella dei vortici energetici ora "dormienti" celati nello stesso organismo umano, ecc, tutti in presumibile stretta interconnessione. C'è da chiedersi se la tentazione del Serpente non sia consistita nell'indurre l'Adam Qadmon della tradizione cabalistica, il perfetto Archetipo Umano Androgino Originario, a proferire il Verbo prima di quando avrebbe dovuto, o potuto. Se nel Mondo Archetipico Immaginale posto al di là del Tempo e dello Spazio, produrre vibrazioni equivale a creare, può essere stato questo il "Peccato Originale"? L'orgoglio, la vanità, l'inesperienza, il desiderio cúpido della manifestazione della propria potenza, produssero "cattive vibrazioni", modulazioni disarmoniche che incresparono la perfezione primigenia generando un mondo "pesante" e imperfetto situato su un piano di frequenza necessariamente inferiore, in cui "precipitammo" e dove ora siamo (stati?) imprigionati? Fu quella la nascita dell'Ego, e con esso la "solida" illusione della separatezza, della divisione diabolica? E a proposito di Ego, non ho potuto non notare come tale termine sia foneticamente molto vicino alla parola "echo", assonanza che mi ha suggerito l'idea di come questa sembri stare a "sussurrare" subliminalmente che l'Ego non possa essere che un'eco goffa e "appesantita", greve, di un Vero Io Archetipico, di cui esso non costituisce che una pallida ombra, sovente deforme e degenere; un'eco "soffiata" dentro la maschera grottesca della per-sona in cui risuona, non a caso, nell'ennesimo addentellato linguistico-esoterico d'una sequenza che una volta iniziata ad esplorare non cessa di dipanarsi. Lo stesso termine "homo" presenta una chiara affinità fonetica con la sillaba AUM, quasi a indicare come l'Umano sia stato tratto dalla Vibrazione, e forse anche caduto a causa d'una profanazione della stessa, tanto piú se si considera che essa nella pronuncia finisce per essere leggermente aspirata, cosí come doveva essere il suono dell'"h" in latino, a differenza di come viene insegnato sui manuali scolastici di grammatica latina. Chi fu l'Apprendista Stregone, un dio minore come volevano numerose correnti gnostiche, o l'Angelo Ribelle? Poco importa, in fondo, giacché essi finirebbero dopotutto per coincidere. - continua -

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  5. Oppure il Serpente è solo un nostro comodo "capro espiatorio" stante a indicare una pulsione profonda e incoercibile insita nel nucleo stesso della natura umana? Può essere, il Demiurgo, solo una proiezione inconfessabile della nostra protervia, e siamo noi, in fondo, il (Satanico) Demiurgo di noi stessi, come del resto sosteneva Guénon nel suo omonimo e per molti versi inquietante saggio? Forse che Eva, cioè quella parte della natura umana piú incline all'autosoddisfazione, alla gratificazione dei proprî desiderî, quella piú facilmente preda della propria stessa lasciva sensualità, non si limitò a staccare un "frutto", ma strappò dall'Albero un intero ramo..? :) Curioso che il termine "verber" di cui sopra, paia suggerire - se per un attimo si accetta di calarsi in questo "gioco" di "esoterismo semantico" - a prescindere dal ben noto racconto biblico, anche l'epilogo che la trasgressione comportò: una "frustata" e un "urto" che ebbe come conseguenza un "rimbalzo" culminante nella Caduta. Come se quello stesso ramo che fu oggetto della primordiale profanazione avesse anche costituito lo strumento del Castigo. Il ramo che diventa bastone, e percuote gli empî per il loro sacrilegio. Mi rendo conto che una "vera" analisi etimologica - "scientificamente corretta", per cosí dire, quindi "costretta" sui rigidi binarî della logica razionalista - forse confuterebbe facilmente tali suggestioni, frutto di non si sa quanto "centrate" riflessioni intuitive del tutto personali; pur tuttavia non posso fare a meno di chiedermi, e qui finisco con le mie fin troppe domande: un'assonanza, non è pur sempre anche una "risonanza"? E come sappiamo, la risonanza può darsi solo tra ciò che è affine. Chissà, forse a volte le parole che adoperiamo in modo tanto comune e inconsapevole, trattengono echi ancestrali, di certo spurî, frammisti a materia "profana", ma piú eloquenti di quanto saremmo mai portati a pensare.

    Chiudo qui il mio "delirio", e ti saluto, Zret, scusandomi per l'"indecente" prolissità, sempre entusiasta di poter leggere i tuoi splendidi articoli, e ancor piú di scambiare riflessioni, le rare volte che vi riesco.

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  6. Articolo veramente bello e interessante (che riesco solo ora a commentare poiche' ho problemi a postare da casa), anch'io mi sono spesso interrogato sui significati reconditi della mela rapportata al male; la tua prosa tuttavia è così gentile da accarezzare l'intelletto senza forzarlo, stimolandolo altresì alla riflessione.
    E' recente un'altra analogia: secondo l'astrofisica Conforto, il velo elettromagnetico che circonda il pianeta si presenterebbe sotto le sembianze del famigerato frutto, costringendoci in un'illusiva quanto esiziale limitatezza prospettica. La consonanza da te ricordata tra l'inglese apple e il nome del dio Apollo è certamente suggestiva possedendo rimandi positivi e lucenti, tuttavia le declinazioni negative paiono dominare.
    Se mi è lecito indugiare sul parallelo Dioniso-mela in relazione al filosofo tedesco che citi, vorrei sottolineare come Nietzsche propenda senz'altro per una visione dionisiaca del mondo, scaturigine di "un contenuto vitalistico ed erotico" di cui si colora la sua filosofia, spingendosi fino all'affermazione entusiastica della vita superiore (Aristoi e consesso degli ottimati..) "al di là del bene e del male", dove il tutto si ripete ciclicamente in una danza orgiastica "senza senso nè scopo" - Dioniso non tanto e non solo come natura, quanto soprattutto come dio della metamorfosi e dell’inganno vincitore sul povero e ingenuo Apollo. Infatti le "Isole dei Beati" vengono reinterpretate nello Zarathustra come un luogo immaginario dove si baloccano metafisici à la Platone e "tutti coloro che abitano un mondo dietro il mondo". La tanto amata formula dell'"innocenza del divenire" si presenta così come un comodo stratagemma per discolpare il flusso degli eventi o, quantomeno, dichiararli invalutabili in quanto tali. Dioniso non tanto e non solo come natura, quanto soprattutto come come dio della metamorfosi e dell’inganno vincitore sul povero e ingenuo Apollo.
    Infine non dimenticherei come le varie ricerche etimologiche del filosofo tedesco - malus-mélas-melainos o captivus-kakòs-kakka -, nascondano fini innominabili che forse sarebbe il caso di riconoscere una volta per tutte.
    Grazie e a presto

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  7. Rocco, questo tuo commento, come le epitomi di Lupo nella Notte e degli altri amici, è delizioso... un po' come una mela.

    Ho letto delle analogie riscontrate dalla Conforto che ha notato come questo velo, forse schermo che ci impedisce di percepire altre dimensioni, sia simile alla dira maschera usata da un personaggio di Guerre stellari. Vi si ravvisa pure l'immagine di un gigantesco e vorace Aracnide, come scrissi nel testo Gli Insettoidi e gli Aracnoidi nell'ufologia.

    Chissà... potrebbero essere forme pregnanti.

    Lucidissima la tua glossa su Nietzsche, filosofo contraddittorio (ma la contraddizione è spesso ricchezza) ed oscuro un po' come l'amato Eraclito. "Né senso né scopo": ecco il cuore di un pensiero ricco, controverso e dolente nella sua gioia, nella sua sfrenatezza dionisiaca. Come riconobbe lo stesso Nietzsche, l'antitesi tra dionisiaco ed apollineo, pur valida, ha alcunché di riduttivo, poiché Dioniso è anche il dio che insegnò a coltivare la vite (si noti l'analogia con "vita") e quindi un nume che incivilì, laddove il radioso Apollo è anche il dio della distruzione (Apollumi?), della poesia, dell'invasamento, della bellezza e della musica. Che cos'è più conturbante della bellezza e della musica?

    Ricorderei che fu la sorella del filosofo a deviare le sue ultime opere verso intenti nazionalistici, mentre Nietsche non fu antisionista né sciovinista. Tuttavia è innegabile che le sue concezioni siano venate di uno spirito aristocratico talora pericolante. Nei Melanoi egli era proclive a vedere i popoli mediterranei soggiogati dagli Indoeuropei.

    E' anche falso che fu un detrattore di Cristo che considerò "un grande enigma" (fu, invece, impietoso verso le chiese).

    Un'ultima domanda: viviamo in un universo senza senso, cui noi attribuiamo un significato, o il cosmo sottende un senso che ci sfugge?

    Ciao e grazie.

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  8. Errata ccorige: "antiebraico" e non "antisionista".

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  9. Domanda abissale, sul telos dell'universo o del multiverso la penso un po' come il grande fisico inglese Roger Penrose:"I would say the universe has a purpose. It's not there just somehow by chance". Orbene, senso che come noti ancora ci sfugge e che, tuttavia, e' l'esatto contrario di quanto pensava il nostro:"domina incontrastato il caso, cioe' l'opposto della finalita' nella Natura".. Addirittura l'emergere dell'organico era considerato come una bizzarria, un "caso nel caso".

    Ad ogni modo sono ben al corrente di come la famigerata sorella abbia peggiorato la situazione in vari modi, tuttavia le diverse allusioni agli "ebrei polacchi" ed alla "finanza ebraica" (che gia' allora doveva essere abbastanza potente con i signori Rothschild!) non sono certo elogiative. Inoltre bisogna rendere conto del perche' i soldati tedeschi durante la prima guerra mondiale vennero equipaggiati con lo Zarathustra nel loro zainetto, e, soprattutto, perche' gli unici ad instaurare cattedre per lo studio del pensiero nietzscheano - come dal filosofo fortemente voluto, auspicato e preconizzato - furono proprio i nazisti. Concordo senz'altro quando affermi che la contraddizione nel pensiero e' spesso sinonimo di ricchezza, eppero' se c'e' un fil rouge nella sua filosofia e' proprio l'aristocratismo e la lotta all'uguaglianza. Insomma, anche se e' stato un grande pensatore non credo sia totalmente innocente.

    Ciao e grazie a te.

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  10. Rocco, mi rifiuto di accettare che il fine dell'universo sia la fine. Vero è che la scienza e la filosofia cercano di spiegare il come e non il perché del cosmo: " A che tante facelle?"

    Forse è grave che questa abissale domanda sia oggi raramente posta, sostituita da quesiti dozzinali, da considerazioni pragmatiche. Anche quei pochi ricercatori che tentano di trascendere la materia, evocando dimensioni spirituali, di fronte all'enigma del male o gettano la spugna o nicchiano.

    Forse Nietzsche intuì che la grande finanza abraica (khazara?) avrebbe assunto un ruolo cruciale nella torbida, oscura storia del Terzo Reich, come presupposto di future decisioni geopolitiche di cui oggi paghiamo lo scotto e di cui forse presto pagheremo un fio ancora più doloroso.

    Ciao e grazie.

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