25 gennaio, 2016

Artigli



Che cosa spinge i disinformatori ad agire? Che cosa li pungola nella loro condotta criminale? Tralasciamo pure le loro innumerevoli tare: è l’invidia che li consuma, li corrode, li disgrega, come fosse un acido. Anche se godono di numerosi privilegi (denaro, un certo status, aderenze, immunità nei processi), sono dei falliti e sanno di esserlo. Sono dei falliti, perché manca loro quanto rende degna la vita di essere vissuta: l’amore per la verità e la bellezza.

Questi petulanti “ridimensionatori” di professione sono attanagliati da segrete paure che ottundono la loro piccola, angusta mente. Il tempo della loro miserabile esistenza non è infinito, sebbene essi, gaddiani “manichini ossibuchivori”, non siano quasi mai sfiorati dal pensiero della morte, l’abisso gelido dove sono destinati a precipitare. Sigillati nel qui ed ora, in una claustrofobica realtà quadridimensionale, l’unica esistente per loro, mentre beffano, sono beffati dalla sorte finale. Sono i topi che scorrazzano e rosicano nella cantina, ignari degli artigli appostati dietro l’angolo buio.

La loro collera è livida e sorda: è quella di chi in fondo sa di essere condannato dalla sua natura snaturata.

Più infelici e corrotti che scellerati, i negazionisti invidiano chi è capace di creare, di pensare, di oltrepassare gli orizzonti, proiettandosi oltre i confini.

In effetti essi non pensano o, al limite, il loro è un pensiero di riporto, preso in prestito ad usura da qualcun altro. La loro licenza e sfrenatezza sono schiavitù mentale, conformismo, omologazione. Non saranno cancellati dalla storia poiché malvagi (anche il male ha una sua grandezza), ma in quanto inutili, insignificanti.

In modo analogo si gettano nel cassonetto dell’immondizia orsacchiotti di peluche, spelacchiati e guerci.

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4 commenti:

  1. Credo che i negazionisti siano ossessionati dalla morte, anche se probabilmente loro stesso non se ne rendono conto. Quando si proietta sé stessi nei "beni" materiali posseduti si diventa ciò che si possiede; per questo si possono osservare certi scoppi d'ira di certa gente perché qualcuno gli ha toccato l'automobile, perché non percepiscono l'auto come un qualcosa di separato, ma come parte di sé stessi e quindi vedono l'atto come un attacco alla proprio sé.

    La morte li priva di tutti questi "beni" e li lascia da soli con sé stessi, ma se hanno proiettato sé stessi in questi beni, cosa vedranno quando saranno soli, di fronte a loro stessi? Ecco, credo sia questo di cui hanno paura...

    Ciao

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    1. Le Tue analisi sono sempre molto acute, il Disadattato. Stiamo esaminando un tema antropologico di grande rilievo. Certo, i negazionisti nocciono assai, ma quae nocent docent.

      Ciao

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  2. Ottima definizione del 'problema' Zret! Direi che, in questi casi, possiamo parlare apertamente di mancanza di anima. L'anima eterna non accompagna le loro vuote vite ed il traguardo di questa illusione terrena sarà per loro la fine di tutto. Poveracci, le leggi dell'universo sono state spietate con loro. Forse, infine, dovremmo provare più pietà che rabbia nei loro confronti. Ciao

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    1. Sì, veramente come è scritto nel Quarto Vangelo non bisogna temere chi può uccidere il corpo, poiché l'Anima è molto più importante. Lo comprenderanno quando sarà troppo tardi.

      Ciao

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