18 aprile, 2006

La realtà

Durante una delle mie disordinate letture, mi sono imbattuto in un articolo di Johann Fiebag, un biologo tedesco che si è occupato anche di ufologia, soprattutto delle visioni mariane correlate all’azione di presunti visitatori extraterrestri. Deve essere considerato un titolo di merito se, come nel caso di Fiebag, una persona di formazione scientifica da cui ci si attenderebbe una visione della realtà ancorata ai dati verificabili, agli esperimenti riproducibili in laboratorio, alle “leggi” fisiche, ha saputo non dico far tabula rasa di tutto ciò, ma almeno porre tra parentesi i dogmi del positivismo ancora diffusi tra molti esponenti della comunità scientifica, per estendere da pioniere le sue ricerche in regioni di frontiera.

Gli studi di Fiebag condotti sul mimetismo alieno, ossia sulla capacità di ipotetiche intelligenze extraterrestri di apparire, adattandosi alla nostra forma mentis, alle nostre fantasie, paure, immaginazioni, lo hanno portato ad interrogarsi su che cosa sia veramente la realtà. Egli si è chiesto quanto sia reale ciò che noi consideriamo realtà. Forse il mondo, così come noi lo percepiamo, è solo un’ombra di una realtà effettiva: è il modello elaborato dal fisico David Bohm e dal biologo Karl Pribram, i quali sostengono che “il nostro cervello produce una realtà oggettiva, interpretando frequenze che, alla fin fine, sono proiezioni di un’altra dimensione, di un profondo ordine dell’essere che si estende oltre lo spazio ed il tempo. Il cervello è un ologramma che si nasconde in un universo olografico”.

Lo so: nihil novi sub sole. Già Schopenauer aveva considerato il cervello un fenomeno, già Fichte aveva affermato che è l’Io a generare il Non-Io, la natura. Si può risalire fino a Platone ed oltre, sino al velo di maya della filosofia indiana. La novità risiede nella convergenza tra i modelli interpretativi più recenti, ad esempio, quelli della fisica quantistica, e dottrine filosofiche molto antiche. Certo, forse queste teorie creano più problemi di quanti non ne risolvano: infatti, se l’universo è un‘illusione, chi o che cosa la genera? Perché? Se, come reputa Corrado Malanga, un chimico ed ufologo approdato sui lidi brumosi della filosofia, spazio, tempo ed energia sono virtuali, mentre reale è solo la coscienza, da che cosa scaturisce la coscienza? In che senso è reale?

Eppure, nonostante siano numerosi gli interrogativi che sono destinati a non trovare risposta, se non altro, l’orizzonte degli studi filosofico-scientifici, si sta ampliando sicché si comincia ad intravedere una dimensione nuova, sconcertante, complessa, dove le categorie spazio-temporali non hanno alcun valore, una dimensione non paragonabile ad alcunché di conosciuto.

Di fronte a tali prospettive epistemologiche, appare veramente angusto e puerile il punto di vista di chi, come Margherita Hack, i saccenti del CICAP e simili personaggi, è ancora pervicacemente aggrappato ai dati, alle statistiche, alle prove. Sembrano dei preadolescenti che, per paura del buio, come quando erano bambini, si ostinano a dormire con la luce accesa.


Fonti:

J. Fiebag, Il comportamento mimetico degli alieni, Milano, 2005

C. Malanga, Archetipi, 2006

M. Talbot, The olographic universe, New York, 1991

2 commenti:

  1. a prescindere che io non penso che gli alieni siano arrivati sulla terra, trovo però giusto non rimanere ancorati a delle leggi che sono solo un modello della realtà e ne è un chiaro esempio Einstein.Per conoscere bisogna disimparare è una frase che avevo letto e che mi è rimasta in testa, però aggiungerei disimparare con coscienza

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