22 luglio, 2006

Il ciocco

In un poemetto intitolato Il ciocco, tratto dalla silloge I canti di Castelvecchio, Giovanni Pascoli mostra il microcosmo delle formiche, che si sono insediate in un ceppo, destinato ad essere bruciato nel camino.

Purtroppo nelle scuole si ammanniscono di Pascoli sempre i soliti componimenti che, di per sé, a volte non sono neppure i migliori, senza dimenticare che la loro continua lettura ha fatto perdere gran parte dell’aura che un tempo li circonfondeva. In questo modo, non si propongono quasi mai le poesie cosmiche che sono tra le più alte ed ispirate dell'autore romagnolo. La colpa è soprattutto delle case editrici che sfornano senza tregua “nuove” antologie e storie letterarie una peggiore dell’altra, libri abborracciati per lo più da scrittori falliti, ma con le aderenze giuste in modo tale da rimpinguare il loro patrimonio ed i già astronomici bilanci di editori cupidi di denaro.

Dicevo dell’epillio pascoliano che è una meditazione non solo sul male, ma sull’indifferenza nei confronti del male. I contadini, che guardano le fiamme mentre avvolgono il ciocco con il crepitio delle formiche bruciate e del legno combusto, diventano "dèi" antichi. Come "dèi" antichi, possono solo esibire l’egoismo cieco e quasi innocente di ogni creatura. Microcosmo e macrocosmo, formiche e uomini accomunati da un destino di noncuranza reciproca: è questa l’assurda dimensione dell’universo, dove la vita di un insetto vale quanto quella dell’uomo, dove, per dirla con Nietzsche, un verme ha lo stesso diritto alla felicità di ognuno di noi, dove gli "dèi" rimangono distaccati ad ammirare il brulichio delle stelle. Quella di Pascoli è una riflessione contro il superbo antropocentrismo, perché l’uomo non è misura di tutte le cose, ma solo della sua infinita stupidità. È contemporaneamente uno sguardo di comprensione sul mondo della natura considerato invece, dalla stragrande maggioranza dell’umanità, un territorio da depredare o, nel migliore dei casi, uno scenario bucolico in cui effondere leziosi sentimenti d’”amore”.

La realtà naturale, invece, dovrebbe essere riscoperta poiché spesso è più interessante, per esempio, una foglia di molte persone. Di fronte a persone vuote, grette, sussiegose, come è preferibile soffermare l’attenzione sulle venature ed il picciolo di una foglia! Dalla sua osservazione, possiamo apprendere molto di più che da tutte le opere di un opportunista come Cicerone o di una nullità come Benedetto Croce. “Non possiamo non essere cristiani”: è difficile pronunciare una frase più idiota di questa. Questa frase da sola basterebbe per infirmare il “pensiero” verboso e fumoso di quello pseudo-filosofo. Non a caso questa oscena locuzione fu ripetuta dall’ex uomo del colle, persona che non brillava certo per intelligenza.

Purtroppo la “civiltà” umana è sempre stata incapace di vivere in armonia col cosmo, essendo stata afflitta da un complesso di superiorità, se si esclude la visione orizzontale di qualche pensatore o maestro come il Messia sacerdotale, il cui insegnamento è stato volutamente censurato dalle chiese sin dai tempi di Shaul-Paolo per edificare un mostruoso tempio grondante del sangue di vittime sia animali sia umane.

Sul frontone del tempio della Chiesa diabolica massonica romana è scritta, non a caso, la celebre asserzione di un fanatico patrigno della chiesa: Sanguis est semen christianorum, Il sangue è il seme dei cristiani. Il seme è infecondo. Il sangue è velenoso.

Nessun commento:

Posta un commento

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.

AddThis

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...