Secondo alcuni glottologi, il termine "mondo" (dal latino "mundus") potrebbe dipendere da una base con il significato di "bocca": si dovrebbe dunque collegare alla radice delle lingue germaniche *munthaz (da cui, ad esempio, il tedesco Mund e l'inglese mouth). La saggezza linguistica degli antichi ci conduce ad esplorare mondi enigmatici. Erano e sono bocche, orifizi quei luoghi della Terra, attraverso i quali si entrava in comunicazione con il divino ed il divino per certe remote culture era ctonio, non celeste.
La città greca di Delfi, resa celebre dal tempio e dall’oracolo di Apollo, era uno dei luoghi sacri per eccellenza. Alla pòlis, che sorgeva nella Focide, si attribuì, sin da epoca arcaica, un carattere venerando, forse a motivo dei frequenti movimenti tellurici nella zona, delle esalazioni e delle numerosi sorgenti che inducevano a pensare ad una vita sotterranea e di conseguenza a divinità infere. Agli inizi, infatti, non vi era onorato Apollo, ma Gea, la Terra, e in seguito Poseidone, il quale, prima di essere nume del mare, era un dio ctonio, quindi collegato con Gea.
Nel nome Delfi è contenuto un significato di generazione (Delfi vale letteralmente “matrice”): è un valore che si associa a quello di centro. Delfi era per gli Elleni il centro del mondo, l’onfalo (greco òmphalos, “ombelico”): dalle descrizioni, dalle figurazioni vascolari e da un modello rinvenuto nella città, si ricava che l’onfalo era una pietra conica, dalla sommità ricoperta di lana intrecciata; due aquile d’oro le stavano a lato. L’onfalo – pietra su una tomba? – ricorda il betel, “la casa del dio” nelle lingue semitiche, una pietra rituale alta fino ad un metro e di forma conica. E’ possibile che queste pietre fossero, in alcuni casi, dei meteoriti, considerati doni del cielo? I betel si vedono ancora oggi confitti nel terreno in Medio Oriente ed in Sardegna. Assimilabili in parte a questi sono i menhir, le pietre conficcate nel terreno ed appartenenti alla cultura megalitica: la funzione dei menhir non è chiara, ma è probabile che essi fossero eretti in siti di particolare significato energetico e come segnacoli astronomici per solstizi, equinozi e soprattutto per la precessione.
Nella famosa "stele della vittoria" il re degli Accadi, Naram-sin, (2250-2218 a.c. ca) è rappresentato mentre troneggia, con sprezzo ed arroganza, sui nemici vinti. Di fronte al sovrano, che porta sul capo un elmo cornigero e che è armato di lancia ed arco, svetta un oggetto conico (un betel?) sormontato da due astri: sono due soli che la raggiera rende simili a ruote celesti. Difficile stabilire per quale motivo l’ignoto artista scolpì questo sole doppio o quale costellazione intendesse effigiare. E' possibile che sia raffigurata la congiunzione Giove-Saturno, occorsa nel periodo in cui regnò Naram-Sin? Se così fosse, circa duemila anni prima delle attese esseniche, un monarca intese riunire nella sua figura il ruolo sacerdotale e quello regale. Il superbo nipote di Sargon I il Grande, con questo monumento, volle eternare la sua gloria di signore delle “quattro parti del mondo” e sancire il legame con gli dei.
In Genesi 28, 11-19, si legge:
“Giacobbe capitò in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione ed a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto". Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo". Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre, prima di allora, la città si chiamava Luz”. [1]
[1] Luz fu forse centro fondato dagli Hittiti.
La città greca di Delfi, resa celebre dal tempio e dall’oracolo di Apollo, era uno dei luoghi sacri per eccellenza. Alla pòlis, che sorgeva nella Focide, si attribuì, sin da epoca arcaica, un carattere venerando, forse a motivo dei frequenti movimenti tellurici nella zona, delle esalazioni e delle numerosi sorgenti che inducevano a pensare ad una vita sotterranea e di conseguenza a divinità infere. Agli inizi, infatti, non vi era onorato Apollo, ma Gea, la Terra, e in seguito Poseidone, il quale, prima di essere nume del mare, era un dio ctonio, quindi collegato con Gea.
Nel nome Delfi è contenuto un significato di generazione (Delfi vale letteralmente “matrice”): è un valore che si associa a quello di centro. Delfi era per gli Elleni il centro del mondo, l’onfalo (greco òmphalos, “ombelico”): dalle descrizioni, dalle figurazioni vascolari e da un modello rinvenuto nella città, si ricava che l’onfalo era una pietra conica, dalla sommità ricoperta di lana intrecciata; due aquile d’oro le stavano a lato. L’onfalo – pietra su una tomba? – ricorda il betel, “la casa del dio” nelle lingue semitiche, una pietra rituale alta fino ad un metro e di forma conica. E’ possibile che queste pietre fossero, in alcuni casi, dei meteoriti, considerati doni del cielo? I betel si vedono ancora oggi confitti nel terreno in Medio Oriente ed in Sardegna. Assimilabili in parte a questi sono i menhir, le pietre conficcate nel terreno ed appartenenti alla cultura megalitica: la funzione dei menhir non è chiara, ma è probabile che essi fossero eretti in siti di particolare significato energetico e come segnacoli astronomici per solstizi, equinozi e soprattutto per la precessione.
Nella famosa "stele della vittoria" il re degli Accadi, Naram-sin, (2250-2218 a.c. ca) è rappresentato mentre troneggia, con sprezzo ed arroganza, sui nemici vinti. Di fronte al sovrano, che porta sul capo un elmo cornigero e che è armato di lancia ed arco, svetta un oggetto conico (un betel?) sormontato da due astri: sono due soli che la raggiera rende simili a ruote celesti. Difficile stabilire per quale motivo l’ignoto artista scolpì questo sole doppio o quale costellazione intendesse effigiare. E' possibile che sia raffigurata la congiunzione Giove-Saturno, occorsa nel periodo in cui regnò Naram-Sin? Se così fosse, circa duemila anni prima delle attese esseniche, un monarca intese riunire nella sua figura il ruolo sacerdotale e quello regale. Il superbo nipote di Sargon I il Grande, con questo monumento, volle eternare la sua gloria di signore delle “quattro parti del mondo” e sancire il legame con gli dei.
In Genesi 28, 11-19, si legge:
“Giacobbe capitò in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione ed a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto". Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo". Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre, prima di allora, la città si chiamava Luz”. [1]
[1] Luz fu forse centro fondato dagli Hittiti.