25 novembre, 2010

Appunti sull'Idealismo di ieri e di oggi (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

E’ plausibile che il pensiero influisca sul mondo circostante, ma previo collegamento alla Fonte, non in modo automatico per mezzo di un libro scritto da uno pseudo-guru New age. Ciò significa che sia a livello fisico sia a livello sottile, è possibile plasmare in una certa misura il "reale". Non credo che questo, però, possa significare determinare in toto il corso degli eventi di cui forse resta un nocciolo duro.

Non è per essere à la page che talora occorre riflettere sulle prospettive aperte dagli indirizzi di pensiero, controversi ma stimolanti, tracciati dalla fisica quantistica. Lo studio del microcosmo ci costringe a rivedere consolidati paradigmi. Si pensi, ad esempio, al fotone che si ritiene sia un quantum di energia dalle caratteristiche singolari: dovrebbe essere, infatti, privo di massa oltre a possedere una natura duplice, ondulatoria e corpuscolare. Se veramente è privo di massa, la nota equazione E=MC2, attribuita erroneamente ad Einstein, si incrina: infatti, ci troveremmo in presenza di un’energia che non può essere convertita in massa.

Tralasciamo, però, questo particolare per evidenziare come le teorie elaborate dai fisici quantistici tendano generalmente ad influire sulle concezioni, in vero sovente superficiali, che valorizzano il libero arbitrio. Credo che l’errore sia stato il trasferimento di peso di connotati appartenenti all’universo subatomico al macrocosmo, senza aver riflettuto su questioni filosofiche ed epistemologiche. Tra l’altro, benché il cosmo quantistico paia dominato da una forma di “anarchia”, non tutti gli scienziati ne inferiscono il concetto di libertà. Questo apparente indeterminismo quantico è una proprietà fondamentale della materia o l’esito del carattere incompleto della nostra conoscenza? Il fisico Suarez, richiamandosi al celebre esperimento di Alain Aspect sull’entanglement degli elettroni, da cui si apprende che esiste un’interdipendenza tra due eventi occorrenti in due regioni discoste dello spazio, ma al di fuori di una sequenza temporale e senza un nesso di causa ed effetto, ne deduce due cruciali conseguenze. Egli opina che il libero arbitrio non esista. Inoltre Suarez reputa che fenomeno quantistico implichi il trattamento dell’informazione al di fuori dello spazio-tempo e senza un medium fisico.

Circa la correlazione atemporale tra due condizioni distanti, Suarez potrebbe avere ragione a desumerne il determinismo, poiché è come se gli avvenimenti fossero legati da fili invisibili. In tale contesto, si potrebbe reperire un fondamento per l’Astrologia, individuando in una configurazione celeste uno stato parallelo al destino umano, una specie di diagramma che evidenzia la filigrana della condizione individuale. Affermare che l’azione di un pianeta o di una stella remoti è troppo irrilevante per esercitare un influsso qualsiasi su un essere vivente della Terra, significa ignorare che non si tratta di azione a distanza, ma di sincronismo, di rispecchiamento. Tra l’altro, siamo certi che l’influsso di una costellazione è davvero così inconsistente? Il fotone di un astro, per quanto lontano, reca con sé delle informazioni come le porta un fotone solare, quantunque nel primo caso le informazioni siano ancestrali. Se trascuriamo gli effetti energetici sulla materia, restano i messaggi. E’ anche possibile che esistano solo i messaggi in grado di formare la materia-energia.

In tal caso, se la materia è priva di sostanza (non è un'ipostasi), incidere sulla materia, in realtà è solo dirigere il sogno. La mente individuale crea un mondo virtuale, ma non crea ex nihilo. Solo la Mente cosmica (mi si passi questa dicitura, per quanto grossolana) può creare dal nulla gli enti che sono semplici simulacri. Dio sta sognando? Siamo un sogno di Dio?

Questa interpretazione di idealismo radicale e, per così dire, onirico non è l’unica da prendere in considerazione: è, infatti, plausibile un sistema dualista (non in senso etico) in cui la mente (alias intelligenza formante) ed il corpo coesistono e comunicano attraverso canali che, ad oggi, non sono stati ancora compresi.



APOCALISSI ALIENE: il libro

78 commenti:

  1. Ciao Zret, vai sempre a scovare delle riflessioni belle toste, devo ammetterlo a volte mi trovo in difficoltà a dover scrivere per taluni interrogativi che poni, senza dubbio una dualità è implicita all'essere umano, ignaro ed inconsapevole di appartenere a una si fatta natura.

    Probabilmente, siamo (come tu asserisci con un punto di domanda) un sogno di Dio che Lui stesso sta sognando, o forse siamo noi che ancora non ci siamo elevati (nell'evoluzione) di quel tanto che serve per fare un passo in avanti nella nostra evoluzione spirituale?

    Proprio ieri leggevo per l'ennesima volta Giordano Bruno, e nell'occasione ho pubblicato alcune riflessioni del libro sul mio blog, che qui allego un breve passo:

    "Credetemi se gli Dei si fusero degnati di insegnarci la teorica delle cose della natura, come ne han fatto favore di prpporci la pratica di cose morali, io più tosto mi accosterei alla fede de loro rivelazioni, che muovermi punto della certezza de mie ragioni e proprii sentimenti . Ma come chiarissimamente ognuno può vedere, nelli divini libri in servizio al nostro intelletto non si trattano le demostrazioni e speculazioni circa le cose naturali, come se fusse filosofia; ma in grazia della nostra mente ed effetto, per le leggi si ordina la pratica circa le azioni morali. Avendo dunque il Divino legislatore questo scopo avanti agli occhi, nel resto non si cura di parlare secondo quella verità, per la quale non profittarebbono i volgari per ritrarse dal male e appigliarse al bene; ma di questo pensiero lascia agli uomini contemplativi, e parla al volgo di maniera che, secondo il suo modo de intendere e di parlare, venghi a capire quel ché principale"

    Dunque anche la Bibbia in molti luoghi parla secondo il comune e volgare di sentire per non scandalizzare lettori impreparati a comprendere verità più profonde. Parlare con i termini della verità, dove non bisogna, è voler che il volgo e la sciocca moltitudine, della quale si richiede la pratica, abbia il "particulare" intendimento, sarebbe come voler che la mano abbia l'occhio, la quale non è stata fatta dalla natura per vedere, ma per operare e consentire alla vista.

    Comunque sia mi ritengo, impreparato come il volgo, ad apprendere quelle verità così profonde.

    Un caro saluto, wlady

    RispondiElimina
  2. Carissimo Wlady, in primo luogo mi riprometto di inserire il tuo blog nell'elenco dei siti amici quanto prima.

    In effetti, è argomento ostico, ma mi pare ineludibile cercare di capire chi siamo, da dove proveniamo e dove andiamo.

    Giustamente evidenzi la dualità della condizione umana che forse rispecchia una dualità non originaria, ma originata dalle determinazioni dell'essere.

    Si potrebbe parafrasare una celebre frase di Dostoevskij: "Se la materia non esiste, tutto è lecito". La materia non è meno misteriosa dello Spirito e non sappiamo se sia un ente, mera apparenza, un errore, un'appendice del'essere etc. Del tema mi occuperò nella terza parte.

    Aveva colto nel segno il filosofo nolano che distingueva nei testi i vari significati, da quello letterale fino a quello anagogico ed esoterico, cui i profani non possono accostarsi.

    Per quanto mi riguarda mi considero un profano, ma che si pone domande e cerca risposte, invece di accendere il televisore per seguire una partita di calcio.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  3. Stimolante, non c'è dubbio, questo tema. Ma mi vedo costretto a volare basso, da profano, e a confessare un disgusto che mi è maturato recentemente discutendo sui forum di Luogocomune. Grazie alla notevole tolleranza di Massimo Mazzucco, su quel sito discutono un po' tutti gli....alternativi, ma molto alternativi.
    In altre parole, a forza di leggere commenti inerenti le forze sottili, il potere della mente, l'energia quantica (che fa tanto chic) e altri idealismi, mi è presa una certa repulsione per tutto questo tema. In blocco.
    Sentire che c'è gente che crede all'affermazione di Sermonti, in base a cui le scimmie sono derivate dall'uomo, oppure sentire che c'è gente che crede che gli ariani sono atterrati sulla Terra provenendo da Marte, mi porta a concludere che molte cose insensate, in rete, vengono dette e credute e spacciate per vere.
    Non ho la pretesa di avere tutte le risposte, ma penso che la materia esista indipendentemente dalla nostra mente, che può solo interpretarne le forme e nulla più. I casi di telecinesi, tipo Uri Geller e quella donna russa che spostava gli oggetti senza toccarli, non fanno testo, non cambiano di una virgola le leggi della fisica. Sono cose che, seppure interessanti, lasciano il tempo che trovano.
    L'idealismo lo lascio ai filosofi: è anche questo un modo per trastullarsi, per far lavorare il cervello e passare, così, il tempo. E non lo dico con astio o acredine, ma solo con pacata serenità.

    RispondiElimina
  4. Apro una parentesi.La frase di Dostoevskij da te citata la ricordavo così: ' Se Dio non esiste, tutto è lecito'. Espressione tratta - se la memoria non m'inganna - da 'Delitto e castigo'.

    E in effetti se qualcuno non crede in Dio, non riesce in alcun modo a giustificare la legge morale e quindi, almeno in teoria, si sente giustificato a commettere qualsiasi atrocità.
    Chiusa parentesi.

    Ciao

    RispondiElimina
  5. A Paolo:
    Anche a me suonava strana, la frase di Dostoevskij citata da Zret, ma non sono del tutto convinto che se Dio non esistesse il mondo sarebbe popolato da farabutti che si ammazzano l'un l'altro. Pensa agli atei, che sono quasi sempre persone miti e socievoli, a dispetto delle calunnie messe in circolazione dal clero sul loro conto.
    Se l'evoluzione è vera e Dio non esiste, ci resta la nostra natura animale, che non ha, fra le sue regole e i suoi piani, quello di una lotta indiscriminata di tutti contro tutti. Nel nostro caso, essendo primati, siamo animali gregari, con regole gerarchiche da rispettare. Hai mai visto un branco di scimpanzé o di gorilla che si ammazzano l'un l'altro?
    Certo, in natura esiste l'aggressività che, come ha spiegato Lorenz, ha una funzione di adattamento e sopravvivenza! La violenza degli esseri umani è nient'altro che la trasposizione dell'aggressività naturale più qualcosa d'altro. E' quel qualcosa d'altro che ci scombussola l'esistenza. E' su questo che bisogna lavorare, per migliorarci come specie. E in questo processo di miglioramento, l'esistenza o meno di Dio c'entra poco. Se ne può fare anche a meno, tenuto conto che le religioni portano a faziosità e a lotte proprio in nome di Dio, come c'insegna la Storia. E dunque, sembra che gli svantaggi dell'eventuale esistenza di Dio superino i vantaggi. E dunque Dostoevskij aveva torto.

    RispondiElimina
  6. Freeanimals, ho volutamente cambiato la frase del celebre romanziere russo, affidando a questa parafrasi una provocazione. Non concordo con Dostoevskij: la vera etica non si basa sul timore del castigo divino o sulla speranza del premio. Questa etica è eterodiretta e Kant la aborriva, come è aborrita nel Buddhismo Zen. Se agisci in vista del Paradiso - insegna lo Zen - se un mascalzone, come chi compie dei misfatti.

    Il tema cruciale è la materia: essa esiste o no? E' mera illusione o no? Sarei tentato di vedere la materia greve e pesante, tanto incistata nella sofferenza fisica, un ente, forse creato da un Demiurgo. Altrimenti, la materia che soffre che cos'è? Un incubo di Dio?

    Continua.

    RispondiElimina
  7. Ammettiamo, seguendo i Veda e l'Idealismo, che la materia sia solo maya, bisognerebbe cercare di stabilire perché fu ritenuto necessario gnenerare questa illusione tanto "concreta". Non mi si risponda che il corpo serve ad evolvere, perché l'evoluzione è un mito e semmai assistiamo ad una progressiva caduta, cui appartiene forse la materia stessa, intesa come errore, degenerazione.

    Forse i Catari non avevano tutti i torti.

    Non sono distante da interpretazioni non ortodosse dell'universo, ma ritengo che esse debbano essere proposte come ipotesi e non bandite come verità. Così, pur apprezzando moltissimo la critica della modernità e la valorizzazione della Philosophia perennis per opera di Guénon, mi discosto da lui, quando in modo apodittico asserisce: "In realtà l'imperfetto non esiste... la materia non esiste" (Posizione idealistica) (Il Demiurgo, 1909).

    Credo che la questione sia molto più complessa e sfaccettata.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  8. ... Non sono un dogmatico, quindi non affermo che la materia è, semmai penso che essa sia un enigma, non meno della Coscienza.

    Si Deus, unde malum?

    Perché l'essere, invece del nulla.

    Due domande cui nessuno ha mai risposto in modo soddisfacente e che restano lì appese al gancio del punto interrogativo.

    RispondiElimina
  9. Non credo che la donna russa che spostava gli oggetti con la mente lasci il tempo che trova: è un fenomeno che ci induce a domandarci che cosa sia la mente, dove alberghi, in che cosa si distingua dalla materia etc. Sono temi, però, cui ho dedicato già moli articoli ai quali quindi rimando.

    RispondiElimina
  10. Grazie, Paolo, di aver ricordato la fonte della frase da me parafrasata.

    Ciao

    RispondiElimina
  11. Freeanimals, quell'eccedenza di aggressività umana da dove viene? Vexata quaestio. Altra domanda da un milione di dollari.

    Ciao

    RispondiElimina
  12. Ciao Freeanimals! Ho letto con piacere la tua replica alla mia nota. Sono d'accordissimo quando affermi che un ateo è quasi sempre migliore di tutti i credenti di questo mondo.

    Il credente classico, tipico è uno che non tollera idee diverse dalle sue e quindi cercherà in tutti i modi di perseguitare fino alla tortura e ad una morte atroce chi non la pensa come lui.

    E' la posizione che per eccellenza contraddistingue i cattolici - anche quelli con le più spinte ambizioni esoteriche (sic! sic! sic!). Grazie a Dio, non mi sento di appartenere alla loro schiera.

    Non sono però d'accordo quando consideri la razza umana come uno stadio evolutivo dei primati. Gli animali si adeguano infatti al loro 'ethos', vale a dire a quegli schemi comportamentali che il Creatore ha in essi infuso. Essi non sono in grado di compiere il male in quanto non hanno il potere di decidere.

    Senza volermi dilungare, ritengo che l'uomo sia una mutazione rispetto alla scimmia poichè questa non si pone problemi di natura ontologica o addirittura di tipo filosofico.

    L'uomo appare diverso da tutti gli esseri che l'hanno preceduto in quanto è capace di autoriflessione. Mi spiace, ma la considerazione di Dostoevskij ha un senso. Lo scrittore russo aveva ragione.

    RispondiElimina
  13. Zret, non puoi citare Guénon estrapolandone crudamente una frase dal contesto del saggio che il Metafisico francese scisse a soli 24 anni.

    'Voyez le contexte!', esclamerebbe Guénon redivivo. Il vero significato del passo che leggiamo in 'Le demiurge' consiste nell'affermare che la materia 'non esiste', in quanto imperfezione-caduta-accidente, solamente dal punto di vista dell'Assoluto ma non dal punto di vista del relativo.

    La materia esiste, eccome. E Guénon infatti precisa: ' Si la Matière n'existe pas, la distinction de l'Esprit et de la Matière disparait par là meme'. Ma la distinzione fra Assoluto e Maya rimane, anche se soltanto dal punto di vista della nostra percezione estremamente limitata.

    RispondiElimina
  14. Paolo, in effetti ho estratto una brevissima frase di Guénon, avulsa dal contesto. Forse il verbo "esistere" andrebbe sostituito dal verbo "essere". In questo modo la materia non assurge ad ipostasi, ma ecco che il filosofo francese introduce il tema della caduta, senza chiarire il motivo di questo cedimento ontologico. Saggio consequenziale e nitido, forse un po' acerbo, Il Demiurgo, però, non dà, a mio parere, veramente conto dell'imperfezione. La distinzione tra Assoluto e Maya introduce una forma di dualismo che è il risultato di una teorizzazione degnissima, ma, alla fine, al di fuori della nostra portata esperienziale ed intellettiva. Mi scuso per il parricidio che, un po' come Platone, ho commesso nei confronti di Guénon, ma alcune sue asserzioni categoriche richiederebbero forse argomenti più persuasivi, mentre alle domande abissali, vertiginose si può rispondere solo con il silenzio.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  15. Freeanimals, non dimenticherei la differenza ontologica (non in senso heidegeriano) tra umini ed animali. Homo sapiens sapiens non discende dai Primati: questo è assodato, benché la sua origine e la sua essenza distintiva restino ancor in gran parte questioni poco chiare.

    RispondiElimina
  16. Concludo con un altro provocatorio aforisma.

    Gli atei sono gli avvocati di Dio.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  17. E' vero, Zret, che gli esseri umani non discendono dai primati, perché sono, essi stessi, primati. Mi stupisco sempre di come, nei forum di discussione, si trovino sempre persone che ancora rifiutino l'idea così semplice che noi SIAMO scimmie. Solo un po' speciali.
    Sermonti non l'ho mai letto né mai lo farò, perché mi basta sapere ciò che disse, che le scimmie discendono dall'uomo.
    Secondo me, se ci si riferisce alla degenerazione della nostra specie e la si paragona all'evoluzione, si può fare un po' di confusione. Forse perché il termine involuzione è simile a degenerazione.
    Eppure mi sembra così evidente che le difficoltà morali e sociali che stiamo incontrando, in riferimento alla convivenza pacifica con i membri della nostra specie, non hanno niente a che fare con i processi evolutivi del nostro organismo. Non bisogna confondere le due cose.
    Se l'uomo commette violenza - lo ha già spiegato Lorenz - è perché ci siamo allontanati dalle leggi di natura, per lo meno da quelle che costituiscono l'inibizione all'aggressività, di cui le altre specie sono dotate, ma la nostra non più.
    Ovvero, se ipotizziamo che gli Anunnaki abbiano scelto un certo primate e lo abbiano sottoposto a manipolazione genetica, trasformandolo in Homo sapiens, può essere che tale esperimento non sia andato a buon fine. Tanto è vero che uno dei due fratelli, Enki o Enlil, non ricordo quale, si era opposto agli esperimenti di suo fratello.
    Forse perché si aspettava che sarebbe venuto fuori un bel pasticcio, come infatti è avvenuto.
    Naturalmente, Sitchin va preso con beneficio d'inventario, ma è innegabile che, mentre il lupo ha le inibizioni che impediscono a un individuo di ammazzarne un altro, noi non le abbiamo. Non le abbiamo più, a prescindere che siano intervenuti scienziati Anunnaki o meno.
    Qualcosa è andato storto, ma noi restiamo fisicamente scimmie. Che ci piaccia o no.

    RispondiElimina
  18. Sermonti ha torto nell'affermare che le scimmie discendono dall'uomo. Ogni specie animale e vegetale presenta una sua unicità e nessun trapasso dall'una all'altra è stato, è o sarà mai possibile. Questo almeno sul piano fisico.

    Considerare poi questi argomenti esclusivamente dal punto di vista materialistico tradisce una carenza noetica ed interpretativa di fondo. Se mancano gli strumenti intellettuali per elevarsi di un briciolo dal semplice razionalismo, credo si debba lasciare simili argomenti quanto meno in sospeso.
    Altrimenti si rischia di ricadere nel pantano mentale cui si sono auto-condannati i fideisti delle varie religioni.

    RispondiElimina
  19. Ogni specie ha un suo quid e le specie animali e vegetali sono di per sé immutabili. L'approccio biologista è riduttivo: esso va integrato con una visione metafisica. Certo, coniugare i due ambiti non è agevole. Esiste uno iato tra le due sfere ed i ponti di collegamento sono difficili da percorrere. La ricerca continua e sarebbe un delitto restare in un cerchio materialista come in uno meramente idealista.

    Le mie sono comunque opinioni.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  20. Secondo i miti sumeri, fu Enki a salvare l'umanità dal diluvio, mentre Enlil avrebbe voluto che essa perisse a causa del cataclisma.

    Chissà...

    RispondiElimina
  21. Ho afferrato il vostro velato e gentile rimprovero. Tuttavia, si può scegliere se servirsi del razionalismo, per spiegare il mondo, o servirsi della metafisica, oppure del razionalismo collegato da ponti traballanti alla metafisica. In tutti i casi, si deve per forza giungere a qualche provvisoria conclusione. Lasciare sempre in sospeso il giudizio, come vorrebbe Paolo, genera frustrazione e non so se fa avanzare la ricerca.
    Ma la metafisica può essere valutata dalla Ragione? Il raziocinio ha i mezzi per farlo? Ne ha il diritto? Ai razionalisti interessa qualcosa della metafisica e dei metafisici? Probabilmente no, e per questo appaiono altezzosi e arroganti. Io non vorrei apparire né l'uno né l'altro, ma mi sembra ragionevole ciò che ha da offrire il raziocinio, mentre da parte della metafisica ne ho sentite di cotte e di crude, a partire dagli antichi filosofi greci, induisti, cinesi e quant'altro. Sì, è tutto bello e interessante, ma il risultato è una confusione pazzesca, da cui mi ritraggo intimorito. Meglio l'evoluzione, con la sua logica, specie alla luce degli ultimi studi di genetica, che spiegano il salto da una specie all'altra, piuttosto che il marasma di teorie inconcludenti che ha da offrirmi la metafisica.
    Ma, comunque, non è detto che la penserò sempre così: potrei anche cambiare idea.

    RispondiElimina
  22. Freeanimals, rispetto il tuo pensiero. Tra non dogmatici si può dialogare, qualunque sia il punto di partenza. Il futuro ci darà delle risposte.

    L'argomento esula, ma mi preme molto: mi chiedo se le scaramucce tra Corea del Nord e Corea del Sud non siano le avvisaglie di un paventato terzo conflitto mondiale, paventato da alcuni analisti tempo fa.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  23. Mi dispiace, non sono un "esperto" di strategie militari e non saprei dare una risposta a quella che è la paura principale di milioni di persone: la terza guerra mondiale. Paura che non ci ha mai abbandonato, per tutto il periodo della guerra fredda, e fino ad oggi.
    Di fronte ad eventi così grandi, che non si sa fino a che punto siano pilotati, si rimane come basiti, e si finisce per adottare un atteggiamento fatalista.

    http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=128478&sez=MONDO

    RispondiElimina
  24. Grazie, Freeanimals del link.

    Segnalo una gigantesca eiezione di massa coronale.

    http://www.segnidalcielo.it/index.php/segnidalcielo-news/208-misterioso-oggetto-spaziale-ripreso-dalla-sonda-soho

    RispondiElimina
  25. Articolo eccezionalmente pregno di significati ed implicazioni, Zret, che infatti non si sono fatte attendere in tutti gli ottimi commenti di adeguato tenore. Hai toccato in poche righe talmente tanti "nervi scoperti" della condizione umana che è difficile raccordarli tutti in breve per tentarne un commento non banale. È un articolo in cui mi sono molto immedesimato, in particolar modo lí dove dici, all'inizio, che l'influenza del pensiero sulla materia è plausibile, sí, ma "previo collegamento alla Fonte", e infatti è quello che mi sono detto tante volte allorché riflettevo che è proprio su questo punto fondamentale che tanto spesso casca l'ingenuo "asinello" new-ager. La Bibbia della tanto rinomata "Legge di Attrazione" - quell'immeritatamente famoso libercolo plastificato intitolato pomposamente "The Secret", e tutta la paccottiglia affine - non si pone minimamente il problema di quell'imprescindibile collegamento alla Fonte. Senza di quello, si è solo un ego che desidera qualcosa, in balía di sé stesso e delle sue pulsioni irriflesse e inconsapevoli, e che mai nessuna legge accorrerà a soddisfare. Senza neanche sfiorare questo punto, tutto il fantasioso castello costruito sul tipico subdolo buonismo new age viene miseramente a crollare. Se cosí non fosse, il mondo dovrebbe essere ormai brulicante di orde di "illuminati" - con la "i" minuscola... - ma con fin troppa evidenza cosí non è. Ma è un punto che ai piú non interessa affatto considerare, e preferiscono cullarsi nelle facili illusioni consolatorie. Quando dici che non è possibile determinare in toto il corso degli eventi, soggiacenti comunque a un nocciolo duro immodificabile, mi trovo d'accordo, ma mi sento di precisare che forse il fatto stesso di aver bisogno di determinare il corso degli eventi - possibili solo nel flusso del Divenire - è esso stesso la prima conseguenza di dover vivere calati - o "caduti" - in una prospettiva relativa, di cui il "nocciolo duro" è costituito forse proprio da quel "Sogno di Brahman" di cui si parla nella dottrina induista. Ne discende che, in ogni caso, tale esigenza si rivela fittizia, in quanto finché si resta confinati nell'illusione relativa del Divenire, non si ha la possibilità di determinare alcunché, mentre qualora ci se ne potesse sottrarre, cesserebbe parimenti anche qualunque esigenza di farlo. Quanto al libero arbitrio, altra questione fondamentale e irrisolta, personalmente ritengo che l'unico possibile per un individuo identificato nell'ego, sia quello di potersi allontanare da quella fatidica Fonte, pagandone inevitabilmente le conseguenze. Altro non ne vedo; sarebbe come se il personaggio di un nostro sogno ordinario, pretendesse il libero arbitrio di poter uscire dal sogno stesso... non può far altro che assecondare il sogno in cui si trova, e forse questa è una condizione paragonabile alla nostra, chissà.

    RispondiElimina
  26. Difatti, se tutto è collegato sincronicamente - come tante volte, prestandovi attenzione, si può constatare senza difficoltà a patto di non volersi prostrare di fronte al "dio degli atei", cioè il Caso, di cui gli stessi hanno irrazionalmente postulato l'esistenza e in totale contraddizione con quanto vanno propugnando giammai dimostrata - l'unica scelta che abbiamo è resistere alla corrente del Grande Sogno oppure abbandonarsi ad essa, con fede e speranza autentiche. Gli astri potrebbero essere - a quanto ci è dato congetturare - il palcoscenico di Maya, e forse il nostro modo di rispecchiarci in essi varia al variare della consapevolezza che ne abbiamo; anche qui potrebbe trattarsi di una questione di "distanza" tutta interiore piú o meno grande dal Centro, o Fonte che dir si voglia. La "scenza" odierna - quella senza "i", di cui si accennò tempo fa - ridicolizza l'Astrologia facendo leva solo sulle sue conoscenze grossolane, e tirando in ballo la solita legge di gravità che è troppo debole già alla distanza di Marte per poter influire anche solo minimamente, mentre la vera "sci-enza", confinata oggi in poche menti illuminate, sa bene che altre forze entrano in gioco nella costituzione dell'Universo, e in queste condivisibilmente ricerca l'origine di tanti fenomeni, quali la sincronicità, come la forza di torsione - di cui parlasti su t.e. - e quella della risonanza planetaria. A proposito di quest'ultima, segnalo un articolo interessante che forse già conoscerai, a questo indirizzo: http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/co_pa215.htm. Lo stesso Raffaele Bendandi - di cui ho piú volte letto il bell'articolo su t.e. - utilizzava ciò che può benissimo rientrare sotto la voce "astrologia" per le sue esatte previsioni sui terremoti, e a questo proposito ricordo che la fatale data dell'11 maggio si sta avvicinando; anche quello sarà un momento di verità. Personalmente avverto a un grado molto intenso la realtà delle cose cosí come descritta da Guénon nella sua concezione antimodernista; semmai, riguardo a "Il Demiurgo", l'unico punto che mi lascia interdetto è la sua perentoria asserzione sulla reale natura del Demiurgo stesso, vale a dire meramente illusoria e dovuta alla proiezione dell'oscurità presente nell'uomo. Se è vero che da un punto di vista assoluto, quale quello da cui sempre Guénon si poneva, tutto è illusorio e relativo tranne l'Assoluto stesso, il Brahman, e quindi anche l'uomo terreno e il Creato tutto, meno chiaro mi appare che il Demiurgo-Satana debba per forza essere privo di una sua ontologia sia pur inevitabilmente relativa rispetto all'Assoluto. Francamente non riesco a riconoscere il Male nei soli termini di una realtà relativa all'uomo stesso, ma con questo non intendo dire che gli riconosco una realtà assoluta, naturalmente.

    RispondiElimina
  27. Solo relativa tanto quanto quella dell'uomo. E qui la tua domanda: "donde l'eccedenza di aggressività nell'umano" a me fa necessariamente dire "da qualcosa che umano non è". Sulla natura di quel "qualcosa" poi molte possibilità sono aperte. Un altro punto che mi è caro trattare, è quello riguardante gli animali, da noi rarissimamente considerati nella loro specifica e autentica realtà, e quasi sempre imprigionati nella corrente sviluppata da due opposte polarità: abuso o idealizzazione. Sull'abuso evito di soffermarmi perché fin troppo ovvio e sotto gli occhi di chiunque voglia vedere; nell'idealizzazione, invece, rientrano concezioni come quelle che vorrebbero che gli animali tutti non conoscano affatto il conflitto intraspecifico, o che siano sempre in grado di disinnescarlo in maniera incruenta. Purtroppo non è cosí e sono il primo a dolermene per l'ammirato trasporto che provo nei loro confronti; tra i predatori i conflitti fra individui della stessa specie sono molto frequenti, e spesso cruenti al massimo grado. Se è vero che i lupi, per esempio, tendono a ritualizzare le aggressioni, questo vale quasi esclusivamente all'interno dello stesso branco. Ma quando l'incontro avviene fra branchi diversi, l'obiettivo è quello dell'annientamento vicendevole perché la concorrenza per il territorio è spietata. I leoni maschi spesso vengono uccisi da sfidanti piú giovani, che dopo aver eliminato i rivali alla testa del branco, fanno lo stesso con la prole dei precedenti "regnanti". Non corrisponde neanche al vero che gli scimpanzè non conoscano la guerra; sembra che anche su questo ci "imitino" molto bene, e ci sono cronistorie belliche ricche di dovizie di particolari sugli scontri tra diverse "tribú" di scimpanzè organizzati con sapienza "militare". Semmai è il cugino "nano", lo scimpanzè bonobo, a non conoscere la violenza. E questo dovrebbe moltiplicare le domande su cos'è che faccia davvero la differenza tra un'indole pacifica e una violenta, trattandosi quasi della stessa identica specie. Quando poi si passi a considerare i conflitti interspecifici - pur omettendo l'ovvia dinamica predatoria che su di esso fonda la propria ragion d'essere - essi abbondano. Nelle savane africane, leoni e iene dànno luogo a vere e proprie battaglie sanguinosissime, per il controllo del proprio "lebensraum". In Nordamerica, lo stesso avviene fra lupi e puma. In ogni caso, pur nella violenza di tali contesti, a essi manca quel compiacimento della propria ferinità, quell'orribile orpello dell'ego che è macabra esclusiva dell'umano genere, e ritengo che proprio nell'ego risieda quel nefasto "quid" che ci differenzia da loro in tal senso. Forse gli scimpanzè, ecco, stanno davvero seguendo le nostre orme, cominciando a sviluppare un ego che li sta allontanando dal resto del mondo animale, nonché dal loro Spirito di Gruppo, secondo le concezioni sciamaniche di tutte le culture primordiali, sotto il cui alone protettivo ricadrebbero i singoli individui di ogni specie; sono stati osservati e filmati scimpanzè cacciare e mangiare altre scimmie, derogando alla loro dieta naturalmente frutto-vegetariana. Esattamente come abbiamo fatto noi, con conseguenze ben visibili. E quindi l'inevitabile domanda: l'ego - e quindi il Male - è interamente umano oppure no? Io tenderei a rispondere negativamente, ma siamo nel campo della doxa...

    Un saluto a te, Zret, e a tutti, scusandomi per la consueta prolissità.

    RispondiElimina
  28. Carissimo Lupo nella Notte, il tuo contributo è talmente alto e profondo (altus) che merita un'ampia riflessione. Purtroppo, a causa di contingenze incalzanti, non posso adesso riprendere uno per uno tutti gli spunti del tuo dovizioso commento (dall'ontologia all'etologia), ma mi riprometto di enucleare alcune tue riflessioni per portarle all'attenzione degli amici lettori. Per ora ritengo che queste tue capitali interpretazioni meritino di essere meditate e soppesate. Per questo le affido ai sodali del blog, che ringrazio per la dottrina e le competenze, pur, a volte, nella differenza di vedute.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  29. P.s. Quella che definisci "prolissità" è, invece, precisione e cultura.

    RispondiElimina
  30. Carissimo Zret,

    in realtà la "colpa" è della mia congenita asincronia, i miei commenti arrivano spesso quando la discussione è già in via di esaurimento. Il risucchio della quotidianità che mi risulta tanto angusta è sovente esiziale per i miei slanci iniziali. Non perdo un post del tuo blog, infatti, ma come puoi vedere solo in pochi mi riesce di intervenire, quando invece i tuoi articoli stimolano in me riflessioni ogni volta. Ti ringrazio ma non mi ritengo
    davvero una persona colta, semmai solo decentemente istruita, e con una sete di conoscenza che probabilmente "non è di questo mondo", e che non in esso potrà quindi venir placata. Se vorrai estrapolare alcune riflessioni qui accennate, cercherò di intervenire per tempo, in modo da poterne approfondire insieme alcuni aspetti.

    Grazie a te, e a presto.

    RispondiElimina
  31. Paolo, hai letto per caso la posta elettronica? Ti ho mandato un messaggio.

    Ciao

    RispondiElimina
  32. Carissimo Lupo nella Notte,

    mi accomuna a te la sete di conoscenza. nel mio caso è accompagnata da un'estenuante insoddisfazione per le risposte (provvisorie e parziali) attinte. La tua asincronia consente di ritornare su certi temi che, anche con il passare del tempo, non decantano.

    Appena possibile, estrarrò le tue riflessioni. Potrei anche tradurre il tuo commento in un articolo per cu mi limiterò a scegliere l'immagine.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  33. Quando sento parlare di astrologia e sciamanesimo, la mano mi corre al revolver, come disse quel famoso ministro nazista della propaganda. E così è stato leggendo i commenti del Lupo notturno. L'avevo - metaforicamente - già estratto per metà, il revolver dalla fondina, quando l'ho rimesso a posto leggendo le osservazioni sull'aggressività degli animali della savana.
    Quella del leone estraneo che, per prima cosa, volendo accoppiarsi con una femmina, le uccide i cuccioli, sta diventando una leggenda metropolitana, anzi, una regola aurea per smentire gli studi di Lorenz sull'aggressività. Non dico che la cosa non sia vera, ma mi chiedo se è sufficiente per dire che gli altri animali sono dei farabutti tali e quali a noi. Non ho nulla da difendere, né nel bene, né nel male, e i predatori non mi sono neanche tanto simpatici, ma che possano raggiungere livelli di violenza come i nostri, mi sembra evidente che non sia possibile. C'è un abisso tra noi e gli altri animali, non è certo una novità. Se devo parlare di superiorità dell'uomo, rispetto alle altre specie, devo anche parlare della sua inferiorità. Ma se devo parlare della superiorità degli altri animali, rispetto a noi, devo anche parlare della loro inferiorità. E questo "empasse" dove mi porta? A non poter trarre nessuna conclusione. Se voglio essere onesto intellettualmente, devo per forza astenermi dal giudicare sia l'uomo che gli animali.
    E credo che tale impossibilità di giungere a conclusioni certe e giudizi precisi, dipenda dal fatto che Homo sapiens ha creato un mondo parallelo a quello naturale, in cui vigono leggi diametralmente opposte e inconciliabili.
    Le leggi della natura non sono omologabili a quelle dello Spirito, ovvero ciò che è bene in natura è male per noi, e ciò che è male in natura è bene per noi. Esempio: la predazione è sacrosanta in natura, ma è orribile dal nostro punto di vista (almeno dal mio), mentre la guarigione delle malattie e la nostra prolificità sono sacrosante per noi, ma orribili per la natura.
    Non se ne esce, sul piano logico, e non si potrà mai trovare un accordo tra le due dimensioni, sul piano pratico.
    L'unica soluzione che possiamo aspettarci è il collasso dei due mondi, ovvero l'estinzione della nostra specie, poiché il mondo della natura risulterà, alla lunga, più forte del mondo mentale dell'uomo.

    RispondiElimina
  34. Le scaramucce fra le due Coree rappresentano sicuramente i prodromi della Terza Guerra Mondiale. Questo si conosce ormai da almeno un quarto di secolo. E per giunta gli accordi di Panmunjom del luglio 1953 vennero fatti in modo tale da gettar le basi per un conflitto ulteriore ed assai più radicale.

    Chiramente assisteremo ad una 'escalation' nel confronto fra le due nazioni, processo che potrebbe durare anche un paio d'anni o giù di lì. Ma poi il tutto dovrebbe sfociare in una estensione dello scontro - questa volta a carattere nucleare e scalare - fino a coinvolgere in prima persona USA, Russia, Cina, Israele, India, Pakistan, Iran, UE e compagnia bella.

    Insomma, un vero disastro, una catastrofe bellica mai vista prima. Ma, in un simile futuribile e devastante contesto, non v'è nessun dettaglio che non venga studiato con largo anticipo. Dunque, come direbbero gli Anglosassoni, una WW III totalmente 'planned and staged'.

    Sì, hai ragione, Zret. Sarebbe proprio il caso di avere paura. E d'altronde gli Illuminati faranno tale guerra apposta per intimorire o meglio terrorizzarre tutti i popoli della Terra. Quindi, se avremo paura, faremo anche il loro gioco.

    Francamente non me l'aspettavo l'assoluta imminenza di un simile evento ma le avvisaglie stanno lì apposta per farci capire che i tempi sono maturi. Ora abbiamo capito.

    P.S.Zret, ti è arrivata la mia mail di risposta? E se ti serve qualche consiglio, non farti scrupolo di chiamarmi.

    RispondiElimina
  35. Carissimo Paolo, mesi fa leggevo che i prodromi del terzo conflitto mondiale si sarebbero manifestati nel novembre 2011... Se tanto mi dà tanto. Speriamo che dalle scaramucce non si passi alla conflagrazione.

    Purtroppo il tuo messaggio non mi è pervenuto. Potresti cortesmente rimandarlo al seguente indirizzo?

    tanker.enemyatgmail.com

    Grazie infinite.

    A presto.

    RispondiElimina
  36. Freeanimals, spero che nel frattempo il prurito alle mani ti sia passato. Il fatto che te lo abbiano procurato lo sciamanesimo e l'astrologia probabilmente deriva dal fatto che ne hai una percezione e una conseguente concezione falsate dall'appiattente plastificazione culturale operata in questi e altri àmbiti tradizionali - con ciò intendendo proprî della Tradizione - dalla new age negli ultimi decenni; se ne conoscessi le basi tradizionali un po' piú approfonditamente potresti continuare a parlarne in siffatti termini, gratuitamente sprezzanti, solo con una buona dose di malafede e faziosità, che ti trascinerebbero ben lungi da quell'"onestà intellettuale" che a parole prendi a modello. Ti auguro pertanto che non sia questo il tuo caso. È comunque un peccato che ti facciano questo effetto perché la loro conoscenza costituisce un arricchimento interiore per chiunque, a patto di saper andare oltre le apparenze superficiali, questo è ovvio. Quanto ai leoni, se tu stesso ammetti che la pratica infanticida non sia una leggenda metropolitana, mi sfugge il motivo per cui hai esordito dicendo che lo è... aggiungo che tale pratica è diffusa anche tra i gatti domestici, quando essi si organizzano in colonie semi-selvatiche e semi-sociali nelle quali si sviluppano dinamiche comportamentali molto simili a quelle dei leoni. Le conclusioni che da questi fatti poi trai, attribuendole a me, sono invece solo tue. Se ti prenderai la briga di rileggere il mio intervento senza paraocchi ideologici - e prestando attenzione a dove tieni le mani, magari... - e poi il tuo, dovresti accorgertene anche tu. Constatare le discrepanze tra una malintesa idealizzazione del comportamento animale - che va preso per ciò che è, senza sentimentalismi e senza pretendere che sia migliore o peggiore di quello umano, ed è questo, a mio modesto avviso, che significa essere "non giudicanti" - come ad esempio dire che i lupi non si uccidano mai tra loro - quella sí una vera "leggenda metropolitana", e un'altra permeata di uguale "buonismo" è quella che vorrebbe che MAI abbiano attaccato l'uomo per cibarsene; falso anche questo, e smentito proprio dai popoli che li tengono in piú alta considerazione, Inuit e Pellerossa; non sarebbe il caso per noi di imparare qualcosa da loro a proposito di "rispetto" e "considerazione" della diversità? - e quella che è - o che noi riusciamo a percepire come tale - la realtà dei loro comportamenti naturali, non significa affatto voler dare dei "farabutti" agli animali, e quindi giudicarli. - continua -

    RispondiElimina
  37. Se per amare gli animali si ha bisogno di doverli considerare per forza "migliori" di noi, vuol dire che non si è capaci di considerarli per ciò che sono, e che si giudicano i loro atti alla stessa stregua di quelli umani. Giudicare sentimentalisticamente significa per esempio dire che i predatori non stanno simpatici, perché uccidono per sopravvivere. Il mio porre l'accento sulla violenza presente anche fra gli altri animali era inserito in un contesto molto piú ampio e riassumibile nella celebre, angosciata domanda agostiniana "unde malum?" e non certo inteso a stilar analitiche classifiche di abiezione morale, né tantomeno in termini di "superiorità" o "inferiorità", esercizio moralistico - del tutto sterile - che leggendo devi con ogni evidenza aver fatto tu. Eppure ho ben parlato di "compiacimento della propria ferinità" che in essi è assente a differenza dell'uomo, definendolo "orpello dell'ego" e "macabra esclusiva dell'umano genere", e ciò che tu hai definito "abisso tra noi e gli animali" l'ho chiamato "nefasto quid che ci differenzia da loro", a detrimento nostro, non mi pareva il caso di specificarlo. Mi sembrava piú che chiaro, ma a quanto pare non lo risulta per tutti, soprattutto per chi non si sforza di recepire l'altrui pensiero senza comodi ma deformanti filtri ideologici. Quanto ai mondi paralleli e inconciliabili dell'uomo e della Natura posso esser d'accordo, ma non certo perché l'uomo sia oggi identificato con lo Spirito - come par di capire leggendo quanto hai scritto - semmai per il motivo opposto. Il mondo della Natura e quello dello Spirito non saranno la stessa cosa, ma personalmente ritengo che tra noi e la Natura, sia quest'ultima ad aderirvi con maggior fedeltà, o se si preferisce, con minore distanza. Quanto alle malattie, ritengo che esse esistano proprio perché la malattia regina è quella che ci ha distolto dal perseguire l'unità con quella Fonte da cui è partito il discorso, di cui quelle che martoriano l'uomo moderno non sono che conseguenze. Orribile per la Natura oltreché per noi, è proprio il fatto che noi si sia di fatto "create" certe malattie. In ogni caso confido che l'uomo, nonostante tutto, non si estinguerà, ma trascenderà la sua attuale natura.

    In ultimo, riguardo alla considerazione in cui tengo gli animali, non bastasse tutto quanto sopra, il mio nick dovrebbe parlare ancor piú chiaramente delle mie parole, giacché dovendo scegliere se darmi nome d'uomo o d'animale, ho optato per il secondo, anche se quello di uno che a te non è troppo "simpatico", e nella reazione che hai avuto, in effetti - almeno in quella - sei stato piú che coerente.

    Saluti

    RispondiElimina
  38. Carissimo Zret,

    grazie a te per l'attenzione che poni a questi commenti, che hanno l'opportunità di venire a galla solo grazie all'esistenza di poche "tane" virtuali come questo tuo blog, e pochi altri.

    A presto

    RispondiElimina
  39. Freeanimals, spero che nel frattempo il prurito alle mani ti sia passato; che te lo abbiano procurato lo sciamanesimo e l'astrologia probabilmente deriva dal fatto che ne hai una percezione e una conseguente concezione falsate dall'appiattente plastificazione culturale operata in questi e altri àmbiti tradizionali - con ciò intendendo proprî della Tradizione - dalla new age negli ultimi decenni; se ne conoscessi le basi tradizionali un po' piú approfonditamente potresti continuare a parlarne in siffatti termini, gratuitamente sprezzanti, solo con una buona dose di malafede e faziosità, che ti trascinerebbero ben lungi da quell'"onestà intellettuale" che a parole prendi a modello. Ti auguro pertanto che non sia questo il tuo caso. È comunque un peccato che ti facciano questo effetto perché la loro conoscenza costituisce un arricchimento interiore per chiunque, a patto di saper andare oltre le apparenze superficiali, questo è ovvio. Quanto ai leoni, se tu stesso ammetti che la pratica infanticida non sia una leggenda metropolitana, mi sfugge il motivo per cui hai esordito dicendo che lo è... aggiungo che tale pratica è diffusa anche tra i gatti domestici, quando essi si organizzano in colonie semi-selvatiche e semi-sociali nelle quali si sviluppano dinamiche comportamentali molto simili a quelle dei leoni. Le conclusioni che da questi fatti poi trai, attribuendole a me, sono invece solo tue. Se ti prenderai la briga di rileggere il mio intervento senza paraocchi ideologici - e prestando attenzione a dove tieni le mani, magari... - e poi il tuo, dovresti accorgertene anche tu. Constatare le discrepanze tra una malintesa idealizzazione del comportamento animale - che va preso per ciò che è, senza sentimentalismi e senza pretendere che sia migliore o peggiore di quello umano, ed è questo, a mio modesto avviso, che significa essere "non giudicanti" - come ad esempio dire che i lupi non si uccidano mai tra loro - quella sí una vera "leggenda metropolitana", e un'altra permeata di uguale "buonismo" è quella che vorrebbe che MAI abbiano attaccato l'uomo per cibarsene; falso anche questo, e smentito proprio dai popoli che li tengono in piú alta considerazione, Inuit e Pellerossa; non sarebbe il caso di imparare qualcosa da loro a proposito di "rispetto" e "considerazione" della diversità? - e quella che è - o che noi riusciamo a percepire come tale - la realtà dei loro comportamenti naturali, non significa affatto voler dare dei "farabutti" agli animali, e quindi giudicarli. - continua -

    RispondiElimina
  40. Se per amare gli animali si ha bisogno di doverli considerare per forza "migliori" di noi, vuol dire che non si è capaci di considerarli per ciò che sono, e che si giudicano i loro atti alla stessa stregua di quelli umani. Giudicare sentimentalisticamente significa per esempio dire che i predatori non stanno simpatici, perché uccidono per sopravvivere. Il mio porre l'accento sulla violenza presente anche fra gli altri animali era inserito in un contesto molto piú ampio e riassumibile nella celebre, angosciata domanda agostiniana "unde malum?" e non certo inteso a stilar analitiche classifiche di abiezione morale, né tantomeno in termini di "superiorità" o "inferiorità", esercizio moralistico - del tutto sterile - che leggendo devi con ogni evidenza aver fatto tu. Eppure ho ben parlato di "compiacimento della propria ferinità" che in essi è assente a differenza dell'uomo, definendolo "orpello dell'ego" e "macabra esclusiva dell'umano genere", e ciò che tu hai definito "abisso tra noi e gli animali" l'ho chiamato "nefasto quid che ci differenzia da loro", a detrimento nostro, non mi pareva il caso di specificarlo. Mi sembrava piú che chiaro, ma a quanto pare non lo risulta per tutti, soprattutto per chi non si sforza di recepire l'altrui pensiero senza comodi ma deformanti filtri ideologici. Quanto ai mondi paralleli e inconciliabili dell'uomo e della Natura posso esser d'accordo, ma non certo perché l'uomo sia oggi identificato con lo Spirito - come par di capire leggendo quanto hai scritto - semmai per il motivo opposto. Il mondo della Natura e quello dello Spirito non saranno la stessa cosa, ma personalmente ritengo che tra noi e la Natura, sia quest'ultima ad aderirvi con maggior fedeltà, o se si preferisce, con minore distanza. Quanto alle malattie, ritengo che esse esistano proprio perché la malattia regina è quella che ci ha distolto dal perseguire l'unità con quella Fonte da cui è partito il discorso, di cui quelle che martoriano l'uomo moderno non sono che conseguenze. Orribile per la Natura oltreché per noi, è proprio il fatto che noi si sia di fatto "create" certe malattie. In ogni caso confido che l'uomo, nonostante tutto, non si estinguerà, ma trascenderà la sua attuale natura.

    In ultimo, riguardo alla considerazione in cui tengo gli animali, non bastasse tutto quanto sopra, il mio nick dovrebbe parlare ancor piú chiaramente delle mie parole, giacché dovendo scegliere se darmi nome d'uomo o d'animale, ho optato per il secondo, anche se quello di uno che a te non è troppo "simpatico", e nella tua reazione di stampo "metaforicamente" nazistoide per tua stessa ammissione, in effetti - almeno in quella - sei stato piú che coerente.

    Saluti

    RispondiElimina
  41. Carissimo Lupo nella Notte, hai espresso in modo mirabile quanto anch'io penso dello spinoso tema. Il fatto è che, mentre tu ed io sottolineiamo la dimensione ontologica e questioni filosofiche (Si Deus, unde malum? e per malum intendo pure la ferinità e non solo la crudeltà gratuita ed egoica degli uomini), Freeanimals privilegia un approccio biologico ed etologico che è solo l'involucro dell'abissale problema. Un'analisi alla Lorenz, pur degna di interesse, rimane circoscritta in un ambito di mera osservazione e catalogazione di comportamenti. La domanda vera è un'altra: perché la Natura, pur essendo meno diatante dalla Fonte, lo è a tal punto da aver accolto in sé la ferocia, la morte, il conflitto interspecifico ed intraspecifico sia pure per ragioni di sopravvivenza. E' naturale che tali quesiti non hanno senso per uno zoologo: il leone uccide, perché è un carnivoro ed un predatore, mentre altri si chiedono perché la vita debba sostenersi ed alimentarsi con la morte. Il fulcro è quindi quello di una Natura che, pur piena di bellezze e meraviglie, attende spasmodicamente di essere redenta e spiritualizzata. Anche l'Uomo attende di ritornare ad essere quel che fu, Adam Kadmon.

    Per il resto sottoscrivo il tuo dovizioso commento.

    Ciao e grazie.

    P.S. Al Lupo ed alla Luce dedicai un articolo tempo fa.

    RispondiElimina
  42. Errata corrige: dopo "sopravvivenza" ci vuole un punto di domanda.

    RispondiElimina
  43. Caro Lupo, sei sicuro che io abbia capito in toto il tuo pensiero? Sei sicuro di esser stato abbastanza chiaro nella tua esposizione? Sei sicuro che io cerchi la competizione con te, ovvero con una persona con cui potrei andare d'accordo al 99 %? Deve per forza succedere in tutti i siti web che un minimo di differenza di pensiero basti a scatenare risse virtuali?
    Io non ci tengo (mi è bastato Luogocomune!) e quindi non replicherò né contrastandoti, né dandoti ragione.
    Ti posso solo esprimere le mie sensazioni, ma senza avere lo scopo di irritarti o sfidarti a duelli verbali.
    Lo sciamanesimo mi piace, cioè m'interessa sul piano culturale; l'astrologia m'interessa molto di meno, perché la trovo priva di fondamento scientifico (non inorridire per questi termini!).
    Tu, con le tue belle frasi ridondanti, non sarai un esponente della New Age? Dimmelo tu, così facciamo prima, perché io non ci ho capito molto. Sui siti che ho frequentato finora, la New Age è vista molto male. A me piace, anche se non l'ho mai approfondita nei suoi aspetti più dettagliati.
    E ancora, sul rapporto uomo e animali potrei scrivere un'enciclopedia, ma su cosa sia l'uomo preferisco astenermi dal giudizio. Su cosa siano gli animali potrei dire qualcosa, ma mi limiterò a dirti (e a ribadire) che non si è mai visto un lupo uccidere volontariamente un altro lupo, mentre si sono visti colombi uccidere altri colombi. Ecco perché Lorenz diceva che la scelta della colomba come simbolo di pace era sbagliata.
    Poiché sono uomo, e quindi dotato di legge morale, preferisco (anzi non posso farne a meno), adottare le leggi dello Spirito, piuttosto che quelle della natura. Per ovvi motivi. Non sono ovvi?
    Le leggi dello Spirito mi dicono: "Non uccidere". Pochi, fra gli umani, le seguono, perché anche mangiare carne significa già uccidere.
    Superiorità dell'uomo significherebbe applicare questa legge, che poi sarebbe il quinto comandamento, ma siccome quasi nessuno la applica, poiché l'umanità è quasi totalmente carnivora, ne devo dedurre che l'uomo NON è un essere superiore. Non secondo i miei gusti. Spero di essere stato chiaro e di aver sintetizzato, senza ridondanze, il mio pensiero.
    Un ululato a te, socievole.

    RispondiElimina
  44. Carissimo Zret,

    mi scuso innanzitutto di aver postato due volte i miei interventi, ma avendo aspettato piú di un giorno senza vederli pubblicati, pensavo che non fossero stati inviati correttamente. Non farti scrupolo di cancellare i due doppioni, quindi, cosa che credo gioverebbe alla leggibilità della pagina.

    Sono perfettamente d'accordo con quanto scrivi; infatti quella domanda "da dove il Male?" non può non comprendere anche quella sul perché persino nella Natura si possa constatare la sua presenza. Ed è solo sull'onda di questo interrogativo, infatti, che ho citato alcuni casi di violenza riscontrabili nel mondo animale.

    Sottoscrivo la tua conclusione su una Natura bisognosa anch'essa di redenzione, e ritengo che proprio all'uomo spetti questo immane compito di cui si è finora mostrato totalmente indegno.

    A presto

    RispondiElimina
  45. Freeanimals, io davvero non vengo qui per scatenarmi in risse verbali; privilegio questo e pochi altri luoghi virtuali per la possibilità che dànno a tutti noi di esprimere e confrontare idee che in luoghi "ordinarî" non avrebbero mai cittadinanza. Ciò che mi premeva nei precedenti interventi era precisare il mio pensiero, che vedevo alterato da quelli che ne erano di fatto dei travisamenti - ho spiegato perché - e credo - seppur con qualche innegabile punta polemica - di averlo fatto in termini di civiltà piú che accettabili. Converrai però anche tu, mi auguro, che esordire parafrasando Göbbels per contrastare quanto espresso molto serenamente in un intervento precedente non è dimostrazione di "accettazione" di idee differenti dalle proprie, fatta comunque salva la palese "forzatura dialettica" che ci può stare, e non sono certo io a negarlo, però insomma, "il primo impatto" è un po' diverso. Tu mi chiedi se sono sicuro che tu abbia capito il mio pensiero, ma io ero semmai sicuro del contrario, e proprio questo ho sottolineato. Quanto agli appunti mossi al mio modo di scrivere, capisco che possa non piacere, e che tale avversione possa ostacolare la comprensione del testo, ma non mi sembra di scrivere in modo ridondante - non ci sono ripetizioni inutili in quanto scrivo - elaborato, forse, a causa degl'incisi che trovo molto utili per associare concetti bisognosi altrimenti di frasi separate senza ricorrere all'uso di parentesi, ma non ridondante. Lí dove sinceramente rimango piuttosto sorpreso è quando mi chiedi della new age; questo dimostra - e lo dico fuor d'ogni polemica, quale semplice constatazione - che non hai letto con sufficiente attenzione i miei precedenti interventi in questa stessa pagina, là dove parlo di questa corrente "spiritualistica" in maniera del tutto negativa, il che risponde alla tua domanda. - continua -

    RispondiElimina
  46. Se lo sciamanesimo ti piace, posso allora chiederti perché lo hai accomunato all'astrologia - su cui invece il tuo parere è negativo, e ne va preso atto - nel poco conciliante esordio precedente? Perché se è cosí non lo capisco. Sugli animali, l'enciclopedia potremmo forse scriverla insieme. :) Tuttavia anch'io sono costretto a ribadire quanto detto a proposito dell'aggressività intraspecifica fra i lupi - ma vale piú o meno per qualunque altro predatore - e per dimostrarti che non lo faccio per partito preso o per mero spirito di contraddizione, ti cito un breve passo dal libro "Wolves: behavior, ecology and conservation", University of Chicago Press, di David L. Mech e Luigi Boitani, due tra i massimi esperti - sul campo - di lupi a livello mondiale, che a questo animale hanno dedicato la loro vita professionale, purtroppo non tradotto in italiano: "Evidence that buffer zones are areas of contest comes from an analysis of locations where WOLVES WERE KILLED BY OTHER WOLVES. [...] For a wide-ranging animal like the wolf, the problem of defending its entire home range is great. Wolves have solved this problem through a combination of at least three types of defensive behavior: scent marking, howling and DIRECT ATTACKS." Credo che questo libro sia scritto con criterî che anche tu troveresti piú che scientifici, data la caratura dei due studiosi in questione, ed è assai arduo mettere in discussione affermazioni come questa - soprattutto sulla base di uno studioso "datato" come Lorenz, che non poteva contare su studî etologici tanto esaurienti come quelli odierni - sebbene, ripeto, la cosa non faccia alcun piacere neanche a me. Sulla tua conclusione che l'uomo NON è un essere superiore, pensi forse che non sia d'accordo? Se fosse cosí ti sbaglieresti, e ho già detto in precedenza perché non lo ritengo tale. Sono d'accordo con te anche sul fatto che continuare a nutrirsi di carne sia moralmente equiparabile all'uccisione diretta, ed è per questo che da anni la carne per me ha smesso di esistere, cosí come, in tempi meno "remoti", è successo per qualunque alimento di origine animale, latte e uova compresi. A questo proposito, uno dei miei "punti fermi" nell'alimentazione è diventato il blog di Valdo Vaccaro - pubblicizzato recentemente anche su t.e. dal momento che ha trovato il tempo di occuparsi anche di scie chimiche - e di cui, qualora non lo conoscessi già, ti lascio volentieri l'indirizzo: http://valdovaccaro.blogspot.com. Se invece lo conoscevi già, chiedo venia per la... "ridondanza"... :)

    Ricambio l'ululato e i saluti

    RispondiElimina
  47. Adoro ed ammiro la tua concinnitas, Lupo nella Notte.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  48. Paolo, la tua risposta è arrivata. Ti ringrazio infinitamente per la consulenza.

    Ciao

    RispondiElimina
  49. Al Lupo:
    Se ho esordito con Goebbels è stato per attirare l'attenzione (e ha funzionato!)
    Il sito di Vaccaro lo seguo.
    Konrad Lorenz non credo sia datato.
    La New Age mi piace, come mi piaceva la Beat Generation e il film "Easy Rider".
    Dello Sciamanesimo mi piace Carlos Castaneda, anche se non posso credere che gli sciamani arrivino ad avere il dono dell'ubiquità, a saltare da una montagna all'altra e a possedere le altre doti paranormali.
    L'astrologia andava bene per gli assiri babilonesi, che non avevano telescopi.
    Avevo la sensazione che saremmo stati d'accordo al 99 % e con il tuo ultimo intervento ne ho avuto conferma.
    Grazie.
    Un ululato.
    E un piccolo ringhio (che ci sta sempre bene!).

    RispondiElimina
  50. Ciao Zret, grazie a te per le attestazioni di stima che so sincere, e che ricambio moltiplicandole, con altrettanta, inevitabile sincerità.

    A presto

    RispondiElimina
  51. A Freeanimals: sull'atteggiamento di fondo, hai ragione, ci unisce molto piú di quanto ci "divida", come si suol dire, e questo è ciò che conta. Un'osservazione - priva di qualsiasi connotazione polemica, ci tengo a precisarlo - che mi viene di fare su quanto hai detto, è che l'astrologia è molto piú "scientifica" di quanto sia lo sciamanesimo, che è puro emisfero destro non "contaminato" da "sinistri" calcoli o rilevazioni di sorta inevitabili per l'astrologia. Eppure è quest'ultima a sembrarti non abbastanza scientifica. Forse - ipotizzo - perché hai l'impressione che essa aspiri ad esserlo, mentre lo sciamanesimo non ci prova neppure, il che potrebbe in effetti dare l'idea di un velleitarismo culturale che può risultare alquanto fastidioso. Ma tutto dipende dalla disposizione d'animo con cui ci si volge verso le cose. Eppure - è questa la convinzione che ho tratto interessandomene - i telescopî c'entrano poco o nulla con l'astrologia, che è una disciplina interiore piú che esteriore, e ha piú a che fare con l'antica alchimia che con la moderna astronomia, e la cui "scientificità" è pertanto da collocarsi su un differente piano interpretativo. Di Castaneda, che hai citato dicendo però di non poter credere a certe cose narrate nei suoi libri, colgo l'occasione per rammentare quelle parole di Don Juan - o, se preferisci, che Castaneda fa dire a Don Juan - sul "dover credere" come metodo non per diventare dei creduloni sprovveduti, ma per scegliere interiormente - e non "mentalmente" - dopo aver vagliato serenamente ogni possibilità, quella in cui credere secondo la propria piú intima predilezione, accettando però anche la possibilità che ciò in cui si sceglie di credere non sia vero. In tal modo almeno non saranno schemi di pensiero esterni a influenzare le nostre convinzioni, ma la piú autentica disposizione di ognuno, di cui ci si prenderà la piena responsabilità. Personalmente ritengo che le "doti paranormali" possano apparire tali solo finché non si prende coscienza delle reali possibilità dell'Essere, che ritengo incommensurabili. Anche Rudolf Steiner - che ho visto hai pure citato nel post successivo - diceva una cosa simile quando parlava dell'opportuno sforzo di mantenersi sempre aperti e ricettivi verso qualunque opinione o voce di cui si possa venire a sapere, senza porre aprioristicamente delle convinzioni preconcette "a guardia" della propria personale visione del mondo, sempre conformata alla cultura egemone. Riguardo agli animali in genere, riflettevo - dopo il nostro scambio di idee - che non è da escludere che le discrepanze che si possono riscontrare tra le visioni di studiosi di epoche differenti possano essere addebitate anche alla nefasta e sempre piú aggressiva influenza esercitata dalla pressione antropica sugli ecosistemi e le altre specie, che avendone progressivamente ridotti gli habitat potrebbe aver ingenerato un processo di esasperazione dei conflitti che forse prima potevano essere gestiti in maniera meno cruenta. È un'ipotesi che mi è nata riflettendo sul raffronto della visione che del lupo aveva Lorenz, e quella che invece ci restituiscono le osservazioni empiriche odierne. Anche se è sempre possibile che Lorenz, semplicemente, non avesse gli strumenti per poter verificare dettagliatamente il comportamento animale allo stato selvaggio quali invece sono oggi a disposizione degli etologi. E questo ci riporta probabilmente al "dover credere"...

    Ben venga l'ululato, e anche il ringhio... un saluto e alla prossima.

    RispondiElimina
  52. "Quando sento parlare di..." è un'espressione che, insieme alle sue varianti affini, ho più volte letto nei commenti di Freeanimals. Non credo che sia per un puro caso che mi sia subito venuta in mente la figura del settario (religioso, politico, della scienza, ecc). E' in effetti un'espressione che trova giustificazione soltanto là dove vi è una fede tenuta ferma con la forza del sentimento. Incorrendo in queste espressioni, automaticamente il mio cervello è portato a completarla in maniere siffatte: "... Gesù Cristo come un semplice uomo fatto di carne, inorridisco". Questa premessa – monda da ogni volontà di provocazione – mi è utile soltanto per dimostrare come fin troppo spesso sono proprio coloro che cercando di esibire atteggiamenti scientifici e razionali ad esserne privi. Molta parte degli scienziati, per esempio, dimostrano continuamente di essere del tutto inabili all'applicazione del principio di falsificazione, quantunque persistano a sbandierarlo. Costoro si accasano in una ipotesi, le conferiscono il grado di teoria, ci si affezionano e prendono ad amarla incondizionatamente – spesso per ragioni di opportunità, come si ama il proprio benefattore, dal momento che quella ipotesi potrebbe essere il motivo per cui hanno e possono mantenere una cattedra e una solida reputazione –, plasmano i proprio schemi mentali secondo i suoi precetti e finiscono quindi per filtrare il mondo intero attraverso il setaccio di quegli schemi. Coerentemente a questo atteggiamento, essi, seppur sovente in maniera inconsapevole, si sottomettono al vecchio e giustamente vituperato principio positivistico della verificazione – continuando comunque ad insegnare e a difendere il principio opposto. Così vediamo ovunque sostenitori dell'ipotesi evoluzionistica che non fanno altro che cercare di verificarla, piuttosto che cercare di falsificarla; e questo errore lo si commette per ogni ambito dello scibile. Ma per provare la verità di una ipotesi “la si deve porre sulla corda del funambolo” – bisogna contraddirla, criticarla, aggredirla, sfidarne la pretesa di validità, opporgli una resistenza tenace, saggiarne la solidità a colpi di martello. Per l'altra via, si costruiranno soltanto errori ed illusioni contrabbandati per verità. E allorché su queste false verità andranno a radicarsi gli interessi particolaristici degli individui – cattedre, reputazioni, opere, meriti, titoli, ecc. – esse si rafforzeranno e sarà ancora più arduo abbatterle. Diciamolo chiaramente: non solo il puro spirito di verità è in contrasto con gli interessi egoistici degli individui, ma è addirittura una rarità anche in coloro che non hanno, apparentemente, tali interessi. “Apparentemente”, perché in realtà anche loro soggiacciono a degli inconsapevoli interessi particolaristici: soggiacciono ai propri sentimenti. Ma la forza del sentimento nei confronti di qualcosa non dimostra nulla in ordine alla natura della cosa in sé.

    RispondiElimina
  53. Scartare un ambito dell'esistenza soltanto perché non si riesce ad arrivare a una conclusione che possa essere da tutti condivisa è un atteggiamento che non può assumere chi ricerca la verità incondizionatamente. Anche qui si soggiace ai propri sentimenti, a una sorta di stizza verso l'universo perché parla per enigmi incomprensibili, a un disprezzo dei limiti della facoltà umana di conoscere, per cui si preferisce accecarsi piuttosto che vederli, a una paura di non riuscire a giungere laddove si è sempre desiderato, alla verità. Meglio una verità fittizia, purché sia creduta pura, che una verità non ancora raggiunta e forse irraggiungibile, che ci sbatte in faccia crudelmente la piccolezza e l'ignoranza che ci caratterizzano. Ciò nonostante, è proprio questo atteggiamento di viltà che ci fa apparire ancora più piccoli e ignoranti di quanto siamo. Preferiamo la terraferma conosciuta piuttosto che i mari dell'ignoto, perché manchiamo del coraggio necessario. Bene, accettiamo il punto di vista fisico, escludendo ogni possibilità metafisica (che poi potrebbe essere altrettanto fisica, solo ancora neanche immaginata), erigiamo un sapere che estrometta la metafisica, perché siamo convinti che realtà metafisiche non esistano. Ora proviamo a invertire i termini: se realtà metafisiche esistono, un sapere costruito escludendole crollerebbe immantinente. La ricerca metafisica è ancora e sarà sempre necessaria, perché la vera ricerca è quella che si occupa di ciò che non si conosce, altrimenti diventa pura tautologia; e di realtà metafisiche non si sa ancora nulla, né che esistano né che non esistano. Che la ragione umana se ne possa occupare è probabile, com'è probabile il contrario; ma questo è un problema gnoseologico, e anche della mente umana sappiamo ancora molto poco. E' vana chiacchiera la presunzione di chi sostiene che non vi siano realtà metafisiche, perché essi, con ciò, stanno affermando un giudizio definitivo su qualcosa che non conoscono. Essi, con maggiore presunzione e sfrontatezza del lupo della favola, non dicono che l'uva è acerba, per il fatto di non arrivarci, ma che essa non esiste affatto. E con questo arriviamo al punto riguardante i giudizi e l'epochè. E' vero, una sospensione assoluta del giudizio non promuove la ricerca. Ma, tra l'epochè assoluta e i giudizi definitivi, ci sono i giudizi della scienza – che però gli scienziati raramente formulano, preferendo quelli definitivi – che consistono in asserzioni provvisorie. Una volta formulato un tale giudizio, bisogna provarne la validità cercando di falsificarlo. E' così che si procede, secondo Popper, nella scienza, attraverso prove ed errori. Se però gli errori non vengono neanche cercati, non si può dire nemmeno che vi sia stata effettivamente una prova. Il miglior sostenitore di una ipotesi è anche il suo migliore avversario.

    RispondiElimina
  54. Insomma, mi pare di capire che qui l'evoluzione e la New Age non sono gradite. Pazienza! Della New Age, in fondo, non me ne importa molto, ma dell'evoluzione un po' sì. Ci tengo. Se non altro per motivi di imprinting, dato che fu il mio amato professore di scienze delle medie a parlarmene per primo, positivamente. Ci sono affezionato.
    Non potrebbe darsi che scienza e metafisica siano due mondi inconciliabili? E, se sì, perché si è giunti a tale inconciliabilità?
    E' colpa mia, per caso?
    Io, da profano, preferisco la logica evoluzionistica che qualsiasi altro discorso metafisico, per il semplice motivo che la metafisica non fa per me; non ci sono tagliato. Non la capisco. La lascio dunque a chi ha la pazienza di seguirla e magari elaborarla. Poi, quando avrete qualcosa di intelligibile da dire, chiamatemi.
    Grazie.

    RispondiElimina
  55. Pacho 3, per mancanza di tempo, mi trasformo un po' in moderatore. Il tuo contributo, del tutto allineato con i molti articoli che ho dedicato a scienza, scientismo, metafisica, spiritualità etc. Tra i tanti, ricorderei Il rasoio ha perso il filo e Paradogmi.

    Mi rincresce Freeanimals che tu ti sia lasciato incantare dalla fola dell'evoluzionismo, teoria, questa sì, priva di qualsiasi fondamento scientifico, contraddetta da mille dati ed osservazioni. Non aderisco al creazionismo, ma davvero il neo-evoluzionismo è teoria rozza, screditata, inverosimile e totalmennte campata in aria. Vedrai che presto i veri scienziati la abbandoneranno.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  56. Che cos'è la trascendenza? Il substrato invisibile del mondo visibile. Incredibile quanto il mondo fisico sia permeato di metafisico. Non è forse la Natura un quid misterioso? Non assomiglia forse ad un albero di cui vediamo il tronco e la chioma, ma non le radici. Ecco il mondo metafisico assomiglia alle radici: sappiano che esistono, ma non le vediamo, non sappiamo come siano né fino a dove si estendano. Sul tema si potrebbe leggere "Che cos'è la cosa"?

    RispondiElimina
  57. Freeanimals, da una parte hai confermato la mia diagnosi in ordine al motore che sovente è alla base della ricerca scientifica, ovvero il sentimento, piuttosto che la ragione; dall'altra, mi hai frainteso. Per quanto riguarda il primo caso, infatti, hai confessato tu stesso di essere “affezionato” all'ipotesi evoluzionistica. Questo atteggiamento affettivo è quello spinge molti scienziati ad occultare prove evidenti della falsità della loro ipotesi. Insomma, è un po' come l'amore che non vede i difetti dell'amato. Nietzsche auspicava la nascita di una scienza – soprattutto filosofica – che, contrariamente alle scienze metafisiche, fosse libera da sentimenti, passioni, emozioni, che sono le cause più comuni di autoinganni e paralogismi. Forse una tale scienza un giorno sorgerà, ma di certo ancora non se n'è vista l'ombra. Giunti al punto in cui si usa la ragione purificata da qualsiasi passione fuorché quella per la verità – qualsiasi cosa possa essere e qualsiasi conseguenza ne possa derivare! – forse si troveranno vie razionali (che potremmo definire superrazionali, se considerate dalla nostra attuale ottica) per attingere a realtà metafisiche con la stessa facilità con cui si calcolano le rotazioni della Terra sul proprio asse; si potranno, cioè, creare ponti, tra il fisico e il metafisico, più larghi e più solidi di quelli che, forse, ora esistono. E con questo “forse” ho qui ammesso la mia attuale incapacità, non dico ad attraversare, ma anche soltanto a vederli, questi ponti. Tuttavia, lo si sarà ormai capito, l'apertura della mia ricerca è totale, proprio per il motivo che resta sempre quel “forse”. Giacché, è vero, non si può affatto negare quel dubbio che tu stesso, Freeanimals, hai sollevato, sulla possibile inconciliabilità di realtà fisiche con quelle metafisiche. Ma devi spingere il tuo dubbio fino in fondo e applicarlo perciò anche al suo reciproco: è possibile che siano conciliabili.
    Per il resto, mi hai frainteso credendo che io scarti del tutto l'ipotesi evoluzionistica. Certo, non la considero così solida e coerente come vogliono far credere i suoi fedeli, però la scarterò soltanto nel momento in cui sarà completamente demolita (e direi che ci siamo vicini, comunque). Altre ipotesi sono più persuasive, e la malafede di molti evoluzionisti che evitano di considerare fatti e reperti contrari al loro dogma e che si irrigidiscono a ogni voce eretica che si solleva (popolarmente si chiama "coda di paglia"), non fanno che insospettirmi ulteriormente sulla reale validità di questa ipotesi. Tale atteggiamento fazioso, molto comune nel mondo scientifico, è oggigiorno l'impedimento maggiore per la pura conoscenza. Alla fine, a ben guardare, il mondo scientifico non è granché dissimile dalla Chiesa: ci sono caste, gerarchie, ortodossie, sacerdoti, fedeli, fondamentalisti, così come ci sono scomunicati ed eretici.
    Che poi la metafisica non susciti il tuo interesse o che tu non ne sia tagliato, è un altro paio di maniche, come si dice, ed è una questione che riguarda soltanto te. Solo vorrei sottolineare che, per ciò che riguarda l'origine e l'evoluzione (lato sensu) delle specie, compreso l'uomo, all'ipotesi evoluzionistica non si contrappongono soltanto ipotesi metafisiche, ma anche puramente fisiche.

    RispondiElimina
  58. Zret, sto rileggendo molti articoli passati, ai quali aggiungo i due che mi hai citato. Ho scoperto purtroppo molto tardi il tuo blog, ma la poliedricità degli argomenti trattati, e il modo sicuro ma sobrio e civile con cui li tratti, me lo hanno fatto aggiungere tra i preferiti e mi hanno spinto a leggere anche molti vecchi articoli. Ed è notevole, perché io sono molto restio a leggere articoli scritti dai bloggers, preferendo in ogni caso sempre i libri cartacei dei maestri o la parola viva.

    RispondiElimina
  59. Sia chiaro che io mi guardo bene dall'accusarti di avere idee divergenti dalle mie – sempre ammesso che io abbia un'idea, perché finora mi pare che ne abbia soltanto mezze. Questa è infatti la mia benedizione e la mia maledizione, essere fin troppo scettico. Ho una formazione filosofica e, se non bastasse, il mio primo e unico maestro è stato Nietzsche e la parte del suo pensiero e del suo atteggiamento filosofico che ho introiettato maggiormente è stata la destruens (perciò mi sono visto costretto a demolire anche lui - ché, d'altronde, è ciò che diceva lui stesso: "E ora vi ordino di perdermi e di trovarvi, e solo quando mi avrete tutti rinnegato io tornerò tra voi"). Il risultato è stato lo sviluppo in me di una vera e propria ossessione e libido a demolire ogni cosa, finché non approdai a Cioran e cominciai a recitare quotidianamente, come un mantra, le parole: “Un giorno conoscerete forse questo piacere di mirare a un'idea, di colpirla, di vederla agonizzare, e poi ricominciare l'esercizio con un'altra, con tutte” - e questo come atteggiamento teoretico e pratico. In virtù di certe esperienze personali, però, al contrario di Cioran io, una volta demolito tutto, ho voltato direzione, e ora sono indirizzato alla fase costruttiva; ma la costruzione non potrà cominciare finché non avrò trovato un terreno stabile in cui gettare le fondamenta. La portata del mio dubbio era più che iperbolica, e Descartes e Nietzsche, al mio confronto, era dei dogmatici. Ora si è attenuata leggermente, ma più che altro ho scovato qualche principio che forse può avere una certa stabilità e su cui, forse, si può costruire. Quando si arriva a quel punto, ci si rende conto di quanto poco siano scettici la gran parte di coloro che tali si definiscono. Sento quantità di scienziati e filosofi definirsi scettici, ma invero lo sono soltanto in un senso: verso ciò che contrasta il loro dogma. Certo, così anche un fondamentalista religioso è scettico! Per esempio, un creazionista è scettico nei confronti dell'evoluzionismo e un evoluzionista è scettico nei confronti del creazionismo - dov'è la differenza? In entrambi i casi ci si radica in un dogma, in entrambi i casi si avversa quello opposto. Io, le caselle della conoscenza, per il momento, ce l'ho tutte scoperte. In ogni caso, attualmente, l'unica ragione che mi porta a sperare che Bendandi e i Maya avessero torto è proprio la ricerca (per me, l'avrai ormai capito, ha prima di tutto un scopo pratico; ho bisogno, cioè di capire perché e come vivere). Altrimenti, che venga pure la fine del mondo!
    Del testo di Cremo e Thompson esiste una versione ridotta, ad uso divulgativo: http://tinyurl.com/36b5kw6 .
    Per quanto riguarda le conoscenze specificamente scientifiche, io sono un dilettante più di quanto lo sei tu. La mia vera formazione, come ho già detto, è di stampo filosofico. Al contrario, la mia formazione scientifica fa acqua da tutte le parti perché basata esclusivamente su testi divulgativi. Anche la mia conoscenza dell'evoluzionismo è basata su testi di seconda mano e su studii dilettantistici, ed è per questo – per ragioni di onestà intellettuale – che non la scarto completamente - benché, per quel che ho letto (opere di ambedue i fronti), non mi convince. C'è sempre una vocina dentro di me che dice: “Ehi, tu non hai fatto studii approfonditi, quindi non puoi permetterti di scartare questa ipotesi o di accettare fermamente quest'altra!”. Coerentemente a ciò, nei precedenti commenti ho avanzato piuttosto problemi metodologici.
    Il libro che mi hai segnalato lo comprerò appena possibile e lo leggerò; poi, umilmente, ne discuterò con te. Ed è molto gentile da parte avermelo segnalato.
    Zret è molto attivo e i suoi interessi sono multiformi, pertanto avremo certamente l'occasione di discutere, a margine di qualche suo articolo, di qualunque cosa ci stia a cuore.

    RispondiElimina
  60. Pacho 3, mi scuso se non posso intervenire in questo dibattito (auspico non diventi una logomachia), a causa della carenza di tempo. Tuttavia, nel notare che mi sento in gran parte in sintonia con te, con il tuo contegno euristico, dubitativo ed esistenziale, credo che l'articolo "Discorso sul metodo", risalente ad alcuni mesi or sono, possa essere un'acconcia interlocuzione in questo "canto amebeo". Mi scuso per la mia latitanza, ma la vita sovente incalza.

    Ciao e grazie degli adamantini contributi.

    Così riflettevo:

    La scienza è un'ostrica.

    Vladimiro Arangio-Ruiz (Napoli 1887 - Firenze, 1952) è un filosofo che fu docente alla Normale di Pisa ed alla facoltà di Magistero di Firenze. Determinante nella sua formazione fu in gioventù l'incontro nel capoluogo toscano con il giovane poeta e pensatore, Carlo Michelstaedter, di cui pubblicò gli scritti. Dal suo interesse per il pensiero di Giovanni Gentile, trasse ispirazione per sviluppare il suo "moralismo assoluto". Aduggiate, per lo più, da una pur parziale adesione all'attualismo, in due saggi, "Discorso del metodo", e "Che cos'è filosofia", Arangio-Ruiz riesce a declinare alcune interpretazioni che preludono a Kuhn ed a Feyerabend.

    L'amico fraterno del grande Michaelstaedter controbatte a chi, come lo stesso Gentile, esige sistematicità nel pensiero: contro l'alterigia degli eruditi e la presunta oggettività della scienza, l'autore partenopeo rivaluta l'arte maieutica di Socrate, ossia un approccio esplorativo ai temi fondamentali. In "Che cos'è filosofia", Arangio-Ruiz scrive con una prosa un po' involuta, ma denotando un'attitudine dialettica e critica: "Filosofia non è sapere, non possesso ma ricerca; ché, quando filosofia si atteggia a scienza, quando trova una dolcezza nel sapere e, invece di sapere per vivere, vuol vivere per sapere, si fa del sapere una diversa, una fittizia vita; invece di essere sofferenza vissuta e speranza, vuol essere sapere di codesta sofferenza e di codesta speranza - non è più filosofia."

    RispondiElimina
  61. Infatti quella del pensiero è una via negationis ed a chi la percorre non è offerto il sedativo del possesso, l’alloro della supposta verità scientifica. L'indagine è sempre in fieri e, una volta raggiunta la meta (provvisoria), l'itinerario continua. Spesso la via si biforca e procedere può significare retrocedere. Qui si situa l'inconciliabile diversità rispetto alla scienza, almeno quella dogmatica, che è l'indirizzo egemone. Scienziato si può non essere, ma filosofo non si può non essere, poiché la filosofia è consustanziale alla vita, alla sua apertura interrogativa sul mondo, laddove la scienza è paga dei suoi risultati teorici e delle sue anestetiche conferme sperimentali. Essa, attaccata come un'ostrica allo scoglio, non rinunzia ai suoi paradigmi (meglio paradogmi), se non quando costretta da rivoluzioni epocali. Inoltre la scienza si arroga il diritto di tutto spiegare e, nonostante l''estrema contraddittorietà dei modelli, pretende di imporre un'interpretazione esaustiva ed univoca.

    Alle ubbie religiose sono sottentrate le superstizioni scientifiche: l'ortodossia scientifica si impianta nel centro del reale, a somiglianza di un microprocessore nel cervello. Questa struttura rigida consuona con le esigenze dei cittadini medio-bassi, avidi di rassicuranti certezze (siano pure confortevoli bugie). Mettere in discussione il dato, la dimostrazione, la stessa verifica implica il rischio del vuoto ad ogni passo e la vertigine dell'ignoto. E' troppo per chi è uso a costruire la sua casa di paglia sul soffice, ma cedevole terreno di "Focus" o di "Superquark". Inetti e pusillanimi, gli uomini preferiscono una menzogna accademica, magari referata, ad una tragica rivelazione. Bene annota C. Pellizzi: "I comuni mortali, colti o incolti, temono le voci forti, le verità laceranti, gli errori decisivi. Il mondo 'intellettuale' è sibaritico."

    RispondiElimina
  62. Grazie anche a te, Freeanimals, per la costruttiva ed interessante discussione.

    Ciao

    RispondiElimina
  63. Non c'è di che, Zret! Finora abbiamo solo preso posizione e una vera discussione non c'è stata. Anche Pacho, come già fatto da me precedentemente, ha confessato la difficoltà di muoversi sul terreno della scienza. Tuttavia, anche se non siamo laureati in biologia (parlo per me), possiamo avere le nostre opinioni in merito alle origini dell'uomo. Ho notato, sia in te che negli utenti del sito, che c'è un senso di sdegno e di rimprovero verso il dogmatismo di molti evoluzionisti quando esprimono disapprovazione per idee creazioniste o comunque non evoluzionistiche.
    Questo comportamento è solo umano, troppo umano, per parafrasare Nietzsche. Non è perché gli evoluzionisti perdono le staffe parlando con i creazionisti che l'evoluzione diventa un dogma privo di fondamento scientifico. Gli evoluzionisti possono anche essere pedofili e antropofagi, ma l'evoluzione rimane inalterata nelle sue basi scientifiche. C'è la tendenza, da parte dei cosiddetti complottisti, a mettere in discussione troppe conquiste della conoscenza fin qui acquisite. Salta fuori Sermonti a dire che le scimmie derivano dall'uomo e tutti gli vanno dietro; salta fuori Mattogno a dire che l'olocausto non c'è stato e tutti gli vanno dietro; salta fuori Cremo a dire che l'evoluzione è un mito e tutti gli vanno dietro. E questi sono solo tre esempi.
    Calma, calma, dico io! Andiamo per ordine. Su Sermonti non mi esprimo, perché non ho approfondito, ma la sua affermazione mi trova in perfetto disaccordo. Di Irving, Mattogno e altri revisionisti posso dire che, in effetti, gli ebrei ci hanno marciato alla grande, con l'olocausto. Avranno anche fatto i soldi, ma questo non significa che il genocidio degli ebrei non ci sia stato. Ecco, a tal riguardo, se certe famiglie ebraiche possono aver lucrato sulla Shoà, mi spiegate quali vantaggi economici possono ricavare gli evoluzionisti? Non mi direte che la teoria di Darwin è stata adottata da dittatori come Stalin per il cosiddetto evoluzionismo sociale?! Ne ha forse colpa Darwin, per questo?
    Chi crede nell'evoluzione non ci guadagna nulla, se non darsi una risposta al grande quesito sulle nostre origini. Non c'è business, in questo. Che poi alcuni evoluzionisti diventino sommi sacerdoti di un culto infallibile e indiscutibile, può essere, ma basta questo a inficiare l'evoluzione?
    Il libro "Al di là di ogni ragionevole dubbio" era allegato alla rivista "Le scienze", più di un anno fa e non so se è possibile trovarlo in libreria. Però dell'autore, Sean Carroll, può esserci qualche libro, tradotto in italiano, in vendita. Non saprei. E' un genetista e spiega che in milioni di anni di tempo le specie si sono differenziate grazie alle mutazioni. Mi rendo conto che è difficile da accettare, ma quale altra spiegazione si può dare all'esistenza di migliaia di specie differenti l'una dall'altra?
    E poi, come la mettiamo con l'ontogenesi che ripercorre la filogenesi, ovvero con la ripetizione, nel ventre materno, di tutti gli stadi che ci hanno preceduto? Non è questa già una prova, in pochi mesi di gestazione, che abbiamo alle spalle un passato come pesci, anfibi, rettili e, infine, mammiferi? Che il feto umano abbia le branchie, per un breve tempo, cosa può voler significare? Che nascano bambini con una coda esterna di pochi centimetri, tagliata subito dai medici, alla nascita, cosa può volerci dire?

    RispondiElimina
  64. Mi riaffaccio ancora su questa serrata discussione solo per dire che ieri, dopo aver inviato il testo del messaggio indirizzato a Zret e regolarmente pubblicato, ho inviato anche una risposta a Freeanimals, che però deve essere andata perduta. Per quanto ormai forse anacronistica, dati gli sviluppi della discussione, la allego comunque qui di seguito:

    "A Freeanimals: sull'atteggiamento di fondo, hai ragione, ci unisce molto piú di quanto ci "divida", come si suol dire, e questo è ciò che conta. Un'osservazione - priva di qualsiasi connotazione polemica, ci tengo a precisarlo - che mi viene di fare su quanto hai detto, è che l'astrologia è molto piú "scientifica" di quanto sia lo sciamanesimo, che è puro emisfero destro non "contaminato" da "sinistri" calcoli o rilevazioni di sorta inevitabili per l'astrologia. Eppure è quest'ultima a sembrarti non abbastanza scientifica. Forse - ipotizzo - perché hai l'impressione che essa aspiri ad esserlo, mentre lo sciamanesimo non ci prova neppure, il che potrebbe in effetti dare l'idea di un velleitarismo culturale che può risultare alquanto fastidioso. Ma tutto dipende dalla disposizione d'animo con cui ci si volge verso le cose. Eppure - è questa la convinzione che ho tratto interessandomene - i telescopî c'entrano poco o nulla con l'astrologia, che è una disciplina interiore piú che esteriore, e ha piú a che fare con l'antica alchimia che con la moderna astronomia, e la cui "scientificità" è pertanto da collocarsi su un differente piano interpretativo. Di Castaneda, che hai citato dicendo però di non poter credere a certe cose narrate nei suoi libri, colgo l'occasione per rammentare quelle parole di Don Juan - o, se preferisci, che Castaneda fa dire a Don Juan - sul "dover credere" come metodo non per diventare dei creduloni sprovveduti, ma per scegliere interiormente - e non "mentalmente" - dopo aver vagliato serenamente ogni possibilità, quella in cui credere secondo la propria piú intima predilezione, accettando però anche la possibilità che ciò in cui si sceglie di credere non sia vero. In tal modo almeno non saranno schemi di pensiero esterni a influenzare le nostre convinzioni, ma la piú autentica disposizione di ognuno, di cui ci si prenderà la piena responsabilità. Personalmente ritengo che le "doti paranormali" possano apparire tali solo finché non si prende coscienza delle reali possibilità dell'Essere, che ritengo incommensurabili. Anche Rudolf Steiner - che ho visto hai pure citato nel post successivo - diceva una cosa simile quando parlava dell'opportuno sforzo di mantenersi sempre aperti e ricettivi verso qualunque opinione o voce di cui si possa venire a sapere, senza porre aprioristicamente delle convinzioni preconcette "a guardia" della propria personale visione del mondo, sempre conformata alla cultura egemone. Riguardo agli animali in genere, riflettevo - dopo il nostro scambio di idee - che non è da escludere che le discrepanze che si possono riscontrare tra le visioni di studiosi di epoche differenti possano essere addebitate anche alla nefasta e sempre piú aggressiva influenza esercitata dalla pressione antropica sugli ecosistemi e le altre specie, che avendone progressivamente ridotti gli habitat potrebbe aver ingenerato un processo di esasperazione dei conflitti che forse prima potevano essere gestiti in maniera meno cruenta. È un'ipotesi che mi è nata riflettendo sul raffronto della visione che del lupo aveva Lorenz, e quella che invece ci restituiscono le osservazioni empiriche odierne. Anche se è sempre possibile che Lorenz, semplicemente, non avesse gli strumenti per poter verificare dettagliatamente il comportamento animale allo stato selvaggio quali invece sono oggi a disposizione degli etologi. E qui ritorniamo probabilmente al "dover credere"...

    Ben venga l'ululato, e anche il ringhio... un saluto e alla prossima."

    RispondiElimina
  65. In margine a tutto questo, posso dire che anch'io mi ritrovo in gran parte nell'approccio a-dogmatico professato da Pacho_3, al di fuori di qualsiasi forma-pensiero avvolgente e vincolante. Riguardo ad alcune sensate obiezioni mosse da Freeanimals in merito all'affascinante fenomeno dell'ontogenesi, si può dire che la stessa è indubbiamente un dato di fatto, ma che può essere spiegata diversamente da come fa il materialismo darwinista; sempre Steiner, per esempio, dava di essa una motivazione integralmente spirituale con questi due enunciati: "Ogni corpo e ogni essere nel cosmo ripete gli stati precedenti sopra un nuovo gradino di evoluzione", e "Quando uno stato superiore deve sorgere, occorre che prima si ripeta tutto ciò che era esistito", il che, in questa visione, non presuppone ovviamente un diretto legame di discendenza biologica. Si obietterà che nessuna prova "concreta" - sempre pretesa dalla mente razionale che ci guida in quest'Era - viene presentata a favore di questa visione, ma lo stesso si può anche dire di quella darwinista, dove quelle che lo stesso Darwin giudicava delle "ipotesi di lavoro" che avrebbero dovuto essere dimostrate in futuro sono state col tempo trasformate in dogmi indiscutibili. Come sempre ritengo che l'ago della bussola vada regolato verso un "nord" interiore, cercando di affinarsi senza sosta; una ricerca tutta proiettata all'esterno non potrà mai dirci alcunché sul perché delle cose. Questa conclusione è, naturalmente, un mio sentire interiore.

    Un saluto a tutti

    RispondiElimina
  66. Freeanimals, a propsito del Neodarwinismo scrivevo:

    "Secondo il Neodarwinismo, la speciazione è un meccanismo evolutivo che in natura porta alla formazione di due o più specie a partire da una sola. L’origine di una nuova specie è determinata dall’azione combinata dell’isolamento e delle mutazioni casuali (sic) che si accumulano in popolazioni rimaste separate per lunghi periodi. Quando le variazioni accumulate impediscono la formazione di ibridi fertili tra i due gruppi, anche in seguito alla rimozione della barriera che le separava, si dice che sono originate due specie distinte. Come si può constatare, il neodarwinismo non spiega quasi nulla, poiché elude le domande fondamentali (Che cosa provoca le variazioni genetiche? Non è forse vero che le mutazioni sono quasi sempre involutive o neutre?) ed in quanto si trincera sempre dietro il caso.

    Correttamente Will Hart, nel breve saggio intitolato "Darwin in soffitta", osserva: “La selezione naturale (una delle espressioni magiche del neodarwinismo come “deriva genetica”, n.d.a.) non avrebbe mai imposto ad una gimosperma, per esempio, una felce, di mutare e di dotarsi di una nuova struttura che avrebbe richiesto gran parte dell’energia della pianta stessa, senza avere peraltro alcuno scopo. Ciò sarebbe, infatti, contrario alla stessa legge di selezione naturale, ovvero la sopravvivenza della specie meglio adattata. … Inoltre, perché nei reperti fossili si trovano numerosi esempi di gimnosperme e di angiosperme, senza che appaia mai una specie di transizione?” Hart nota anche: “La mutazione deve cominciare con una pianta che si dotò di fiori, ma non esistevano insetti o altri animali specificamente adattati ad impollinare i fiori, perché precedentemente non sbocciavano fiori”. Insomma, non se ne esce, a meno che non si introducano concetti nuovi.

    Le mutazioni si distinguono in tre tipi: geniche, cromosomiche e genomiche.

    Le prime coinvolgono un solo gene e ne esistono di due tipologie: quelle che non implicano un cambiamento nella quantità di D.N.A. che costituisce il gene, e quelle che provocano una variazione quantitativa.

    Le mutazioni cromosomiche coinvolgono la struttura di un cromosoma, con o senza variazione quantitativa del materiale genetico.

    Le ultime alterano la struttura del genoma, l’insieme delle sequenze nucleotidiche del D.N.A. Possono comportare l’aggiunta o la perdita di un cromosoma oppure la variazione dell’intero corredo cromosomico. La perdita di un intero cromosoma, definita monosemia, è generalmente letale. L’aggiunta di un intero cromosoma è condizione denominata trisomia: tra le più note trisomie nell’uomo si annovera quella del cromosoma 21 che determina la sindrome di Down.

    Gli agenti in grado di indurre mutazioni sono i mutageni: possono essere fisici o chimici. Come si è visto, questi agenti causano quasi sempre mutazioni neutre o svantaggiose. Recentemente sono stati segnalati insetti mostruosi: si tratta di esemplari la cui descrizione affidiamo alle eloquenti immagini. E’ possibile che, poiché esistono milioni di specie di insetti, si tratti di specie fino a poco tempo fa ignote, ma si è tentati di pensare che siano la conseguenza o di esperimenti genetici o – ipotesi più plausibile – il risultato della contaminazione ambientale legata all’uranio ed altri elementi radioattivi.

    Dunque, se intendiamo scartare l’ipotesi del disegno intelligente e la teoria dell’intervento esterno, guardata con interesse anche da alcuni biologi, dobbiamo supporre che un presumibile salto è correlato ad energie particolari e non ad agenti noti. Potrebbero essere energie - si pensi ai i campi di torsione - studiate e riscoperte solo da alcuni scienziati pionieristici, per lo più russi. Queste energie potrebbero essere irradiate dal centro della Galassia, come pensa qualcuno.

    RispondiElimina
  67. Lupo nella Notte, il tuo secondo commento non mi è pervenuto. A volte succede che alcuni contributi si perdano nei meamdri della Rete o che siano filtrati.

    Come modesta glossa a questa appassionata ed appassionante discussione, enuclerei il solo tema del "credere". Ritengo che sia la Scienza (quella vera) sia la Filosofia debbano rifuggire il più possibile da atteggiamenti fideistici e preconcetti. "Un filosofo che crede - scriveva il pur controverso Heidegger -è un non senso, come un legno metallico".

    Che cosa intendiamo per credere? Quantunque sia preferibile indagare, attraverso una ricerca prevalentemente interiore alla ricerca della Stella polare, è evidente che una dose anche minima di fede è ineludibile nella nostra vita oltre che congenita. Non crediamo quasi tutti che esista un mondo là fuori? Non crediamo di essere un io, un corpo hic et nunc con una mente? Non sono anche queste fedi? Importante è trovare una credenza che aderisca alla nostra anima, ma dobbiamo essere consci che quella verità (?) finalmente conseguita potrebbe essere un'illusione, un errore, nel migliore dei casi, un pallido riflesso di una verità ben più profonda. Qui non distinguo tra le verità empiriche e quelle ontologiche, poiché il discorso mi porterebbe lontano, ma reputo che si debba tornare in sé stessi. "In interiore homine habitat veritas", ammonisce Agostino. Purtroppo in questo mondo interiore ci moviamo come ciechi o come viandanti nella notte senza lanterna.

    Certo, si potrebbe obiettare con Pilato: "Quid est veritas?" Con questa domanda, concludo senza concludere.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  68. In fondo il mozzo di questa discussione è ben indicato dall'immagine: Raffaello Sanzio nell'affresco raffigura Platone con il dito puntato verso il Cielo, mentre Aristotele rivolge l'indice verso la Terra. Superare la scissione, ricongiungere il diviso, conciliare l'inconciliabile è il compito improbo di chi pensa.

    RispondiElimina
  69. Caro Zret,

    indubbiamente il "credere" di cui parla Castaneda e che ho ricordato qui, è ben lungi dal costituire un atteggiamento fideistico, ed è assimilabile a una fiducia interiore non preconcetta ma "transconcettuale", se mi passi il non troppo felice neologismo, al di là dei meri concetti mentali frutto della sola esperienza sensibile. Bene illustri la nostra condizione di cecità spirituale, appropriata all'epoca che stiamo vivendo, ed è purtroppo solo da questa penosa condizione che possiamo muovere verso fiochi barlumi che di tanto in tanto sembrano rischiararne le cupe oscurità.

    Sono poi andato a rileggermi il tuo articolo sul Lupo e la Luce, stupendomi del fatto che all'epoca non trovai il modo di intervenirvi. Probabilmente lo lessi in ritardo, ad argomento concluso. Posso solo dire che quella "nostalgia dei raggi algidi che si diramano tra i colonnati delle foreste e che si innervano sulle volte del tempio stellato" con cui mirabilmente chiudi il tuo articolo, io la provo da che ho memoria, e il Lupo ne è il simbolo, ne è la "personificazione" stessa... non è forse il suo stesso canto, lugubre e suggestivo, a riportarci a un'ancestrale, insondabile nostalgia di qualcosa che è andato perduto al di là del Tempo e dello Spazio..? È stata sempre questa, l'impressione che ne ho avuto.

    A presto

    RispondiElimina
  70. Sì, Lupo nella Notte, cerchiamo la sintonia, quella frequenza tra le mille su noi stessi, sul Sé superiore, direbbe qualcuno. Cerchiamo invano la sintonia in questi tempi tenebrosi e ciechi.

    Ci si strugge in una nostalgia del totalmente Altro.

    Ciao e grazie dei meravigliosi contributi.

    RispondiElimina
  71. Io sono solito distinguere – forse con terminologia approssimativa, di cui chiedo venia – tra una “fede intuitiva” e una “fede razionale”. La prima è inevitabile, ma la seconda non lo è. Alla prima appartiene, per esempio, la fede nel libero arbitrio, che, per quanto poco convincente mi appare, quando mi alzo dalla sedia ho la sensazione profondissima e inespungibile di essere libero di farlo. A livello della ragione posso avere la convinzione di non essere libero, eppure sento intuitivamente di esserlo. Nella storia si è sempre fatto l'errore di inferire da questa certezza intuitiva alla certezza razionale: sento di essere libero, dunque sono libero. Errore affine a un altro molto celebre: vedo il Sole girare intorno alla Terra, dunque il Sole gira intorno alla Terra. Il filosofo, pertanto, quantunque non possa eludere la gran parte delle “fedi intuitive”, può comunque evitare tutte le “fedi razionali”. Ciò almeno finché non trova qualcosa che, a suo parere, sia assolutamente incrollabile. Insomma, è il metodo cartesiano – sebbene, poi, Descartes stesso non sia andando tanto in fondo quanto diceva e credeva.

    RispondiElimina
  72. A me sta bene tutto! Mi sta bene Aristotele. Mi sta bene Platone. Mi piace lo stile poetico di Zret, la passione per Cioran di Pacho e quella per la filosofia di Lupo notturno.
    E in fin dei conti, sapere se l'uomo e gli altri animali sono stati creati da Dio o sono venuti grazie al caso, non ci cambia la vita. Lasciamo pure in sospeso la faccenda. Ognuno di noi può credere a ciò che vuole, senza per questo scannarci vicendevolmente.
    Sulla necessità del credere, almeno a qualche cosa, credo siamo tutti d'accordo. Anche qui possiamo darlo per scontato ed evitare di scannarci.
    Ma quello che a me, come singolo individuo o come incarnazione del Grande Io cosmico, interessa, sono i risvolti pratici, ovvero le azioni e i comportamenti dei miei fratelli umani.
    Mi sento portato a disapprovare il comportamento dei miei fratelli umani, ma non mi sento di disapprovare quello dei miei fratelli animali. Per questi ultimi trovo ampie giustificazioni, mentre per gli umani non ne trovo nessuna. A chi devo la colpa di questa discriminazione? A Sant'Agostino?
    Ciò che gli uomini fanno agli altri animali, che è la base propedeutica di ciò che fanno agli altri uomini, è orribile, disdicevole, nauseante, mostruoso, vergognoso, terrificante, spaventevole e riprovevole.
    E' da una vita che lo dico e ripeto, a voce e per iscritto. E' servito a qualcosa? Qualcuno mi ha forse mai ascoltato?
    Se sono io che sto sbagliando, a giudicare male l'umanità, ditemelo, ché mi metto il cuore in pace definitivamente (e la smetto di rompere le scatole a chi mi sta vicino).
    Ma se io sono nel giusto, e gli uomini si stanno comportando in modo assassino e sbagliato nei confronti di chi non può difendersi, allora io pretendo che Dio faccia qualcosa. E che la smetta di cazzeggiare!
    Se non fa niente (gli dò tempo fino al 2012), significa:
    1) Dio non c'è e non c'è mai stato;
    2) Dio è morto e non ha lasciato nemmeno un bigliettino;
    3) Dio c'è ma se ne frega di tutto e di tutti.
    Nel caso (1), non ci resta che l'evoluzione, da cui non posso attendermi alcun intervento per fermare la carneficina di cui sopra. E dunque, devo lasciare che il mondo vada come deve andare, con tutti i suoi soprusi e le ingiustizie. Quindi la mia lotta animalista è pura perdita di tempo, come anche tutto il resto ed aveva ragione Cioran a parlare dell'"inconveniente del vivere".
    E il suo amico Ceronetti, pure, quando diceva: "Il nostro mestiere è essere morti: che ci facciano lavorare una buona volta!".
    Che ne dite se mettiamo su una bella associazione di aspiranti suicidi?
    :-)

    RispondiElimina
  73. Freeanimals, a proposito di Dio posso solo rinviare a quanto scrissi nell'articolo Stato, uomini e Dio in Horkheimer.

    Le ipotesi sono le seguenti.

    A Dio non è.

    B Dio è, ma qualcosa è andato storto (caduta, cedimento ontologico, intervento di un Demiurgo folle etc.)

    C Dio è ed il Male è solo un'illusione umana o una proiezione.

    D...

    Propenderei per la tesi B.

    Mi pare, però, che la teoria dell'evoluzione implichi un disegno divino, visto che il caso può portare solo al caos ed all'entropia.

    Camus riteneva che l'unico argomento degno di riflessione filosofica fosse il suicidio. Non credo che il suicidio sia la risoluzione.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  74. La C è la risposta di Hegel e di molti new agers. Hegel sostiene che il razionale è reale e che il reale è razionale. Se lo dice lui...

    RispondiElimina
  75. Il filosofo tedesco Horkheimer (1895-1973) In "Dialettica dell'Illuminismo"(1947), opera scritta in collaborazione con Adorno, Horkheimer critica la scienza moderna e contemporanea di tipo fisico-matematico, vista come inevitabile alleata del pernicioso progetto che ha portato all'attuale deriva tecnologica. Questo spiega perché "Dialettica dell'Illuminismo" cominci con una reprimenda di Bacone: "Benché alieno dalla matematica, Bacone seppe cogliere esattamente l'animus della scienza successiva. Il felice connubio, cui egli pensa, fra l’intelletto umano e la natura delle cose, è di tipo patriarcale: l'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere, non conosce limiti né all'asservimento delle creature né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo."

    "La logica immanente della storia porta in realtà ad un mondo amministrato. Tramite la potenza in via di sviluppo della tecnica, la ristrutturazione inarrestabile dei singoli popoli in gruppi rigidamente organizzati, tramite una competizione senza risparmio di colpi tra i blocchi contrapposti, a me sembra inevitabile la totale amministrazione della società."

    In tale contesto, l'alienazione dell'uomo si radica nei rapporti interpersonali, si concreta nel lavoro estraniante, si appropria della dimensione individuale. Questa alienazione è tanto più grave in quanto non percepita come tale, ma persino accettata ed apprezzata, in un totale stravolgimento della condizione umana ormai automatizzata. Manca, oggi giorno, qualsiasi coscienza di tale coercizione: così lo schiavo si ritiene libero, perché partecipa alle consultazioni elettorali e trova la sua realizzazione quanto più si allontana dalla realtà, rifugiandosi in un eden fittizio di informazione preconfezionata e di divertimenti omologati.

    L'incoscienza del proprio stato ostacola il pensiero e l'azione, come dissenso e contestazione del potere: il suddito è in letargo o, meglio, vive in una dimensione allucinatoria dove le immagini e le notizie dei media mainstream proiettano un universo artificioso e narcotizzante. Paradossalmente è l'antropocentrismo che distrugge l'identità umana, poiché recide i legami con la natura e con l'Altro. Vellicandolo nel suo orgoglio sub-umano, la modernità lusinga l'individuo con la felicità tecnologica, gli prospetta una quasi immortalità bionica, eclissando, tramite la divinizzazione dell'effimero, il senso del tempo e della caducità. La morte, esorcizzata e rimossa, è confinata nel dominio dell'inattuale, di una ritualità banale e conformista.

    Come afferma Horkheimer: "Non possiamo provare l'esistenza di Dio, anzi di fronte al dolore del mondo, di fronte all'ingiustizia, è impossibile credere nel dogma dell'esistenza di un Dio onnipotente e sommamente buono. In particolare, non è credibile la dottrina cristiana che esista un Dio onnipotente ed infinitamente buono, avuto riguardo alla sofferenza che da millenni domina sulla terra." Se Dio, però, non è una certezza, è l'anelito, la nostalgia (Sehnsucht), la speranza che l'assassino non trionfi sulla vittima innocente".

    La fede è quindi orizzonte delle possibilità: non è né conquista definitiva né corpus di verità. La fede è la consapevolezza della finitudine e nostalgia dell'assoluto, antidoto contro l'hybris dell'umanismo, contro l'assolutizzazione del relativo. "Ogni essere finito - e l'umanità è finita - che si pavoneggia come il valore ultimo, supremo ed unico, diventa un idolo che ha sete di sacrifici cruenti ed inoltre ha il potere demoniaco di assumere un'altra identità".

    RispondiElimina
  76. Grazie Zret! Sei stato molto chiaro, ma proverò a sottoporre questa tua frase, detta con molta sicurezza:


    “il caso può portare solo al caos ed all'entropia”


    …a qualche evoluzionista convinto, per sentire l’altra campana, cioè per sapere se veramente le mutazioni casuali portano nella direzione che tu hai indicato.
    Inoltre, quando affermi che “La C è la risposta di Hegel e di molti new agers”, mi viene in mente che, forse, sia Hegel che i seguaci della New Age abbiano attinto a buddismo e induismo, che parlano del regno illusorio di Maia, all’interno del quale rientra anche il dolore.

    Interessanti anche le tue osservazioni su Horkheimer. Probabilmente, esprimendosi nel 1947, era sulla cima di un ipotetico spartiacque, cioè poteva spaziare con lo sguardo sia sul passato non alienato dell’umanità (inficiato forse, in questo, dalla normale nostalgia dei tempi passati che ogni uomo prova a un certo punto nella vita), sia sulla società che si prefigurava, di cui lui scorgeva i prodromi e che lo spaventava per la deriva tecnologica, in primis le esplosioni nucleari in Giappone.
    Ma, volendo fare l’avvocato del diavolo, al di là dei danni fisici che per esempio l’invasione delle onde elettromagnetiche in atmosfera causa alla nostra salute, siamo poi sicuri che i vantaggi della moderna tecnologia non superino gli svantaggi? Si può legittimamente parlare di deriva tecnologica, nel momento in cui i telefonini salvano la vita a chi si trova in pericolo o facilitano l’esistenza a milioni di persone, nel quotidiano? Non crocifiggetemi, ma se la piccola Yara avesse avuto un microchip sotto pelle, il suo cadavere sarebbe stato già ritrovato. Dite che….. il gioco non vale la candela?
    Infine, quando Horkheimer dice frasi come questa:

    "Ogni essere finito che si pavoneggia come il valore ultimo, supremo ed unico, diventa un idolo che ha sete di sacrifici cruenti”

    …non posso fare a meno di pensare alla vivisezione, che è il massimo delirio scientifico e sadico che si possa immaginare.

    RispondiElimina
  77. Non ho mai capito come i neo-darwinisti riescano a conciliare il caso con l'evoluzione, ma forse è tema che non ho approfondito adeguatamente.

    Hegel era un razionalista e, in quanto tale, riconosceva nel reale la ragione. Invece l'influsso di alcune correnti orientali su certi filoni New age è indubbia, sebbene si tratti di semplificazioni ed anche di fraintendimenti.

    Per deriva tecnologica, intenderei una preponderanza della "techne" sull'essere. E' un tema complesso che ben lumeggiò Husserl nel suo saggio sulla crisi delle scienze.

    Ciao e grazie.

    P.s. Microchip sottopelle? No, grazie.

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.

AddThis

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...