17 febbraio, 2011

Suicidio bianco

Suicidio, un argomento doppiamente tabù, poiché è legato alla morte e per giunta ad una morte volontaria. Nel mondo contemporaneo desacralizzato abbiamo rimosso la morte ed il suicidio stesso è sterilizzato con le espressioni eufemistiche e guardinghe “folle gesto”, “insano gesto…” Recentemente il regista Mario Monicelli, non potendo più tollerare i patimenti cagionati dalla malattia e soprattutto la condizione di avvilimento in cui l’infermità lo aveva sprofondato, si è tolto la vita. È stato un atto stoico, come quello dello scrittore latino Silio Italico (25-101 d.C.): l'autore dei Punica, colpito da un tumore, si lasciò morire di inedia.

Strana azione il suicidio, in cui un ardimento formidabile talvolta si mischia ad una forma di pusillanimità. E’ facile biasimare ed obiurgare i suicidi: ma noi riusciremmo (o riusciremo) a tollerare l’intollerabile, senza passare sul collo la gelida lama dell’autodistruzione? Avanti e indietro, indietro ed avanti. Sempre più vicina alla pelle, imperlata di sudore.

Il carattere letterario ed eroico del suicidio ne ha ingrandito il valore e nel contempo alleggerito il peso di inabissamento nel buio. Se passiamo in rassegna le morti volontarie dell’antichità, è tutta una galleria di figure colossali che rinunciarono alla vita in nome di un ideale nobile: viene in mente soprattutto il suicidio di Catone Uticense, una virile protesta contro chi conculcava la libertà. Anche Cleopatra VII si lasciò mordere da un aspide (o da una vipera africana) – se l‘ultima regina d’Egitto non fu assassinata – per non essere umiliata dal vincitore, lo spregiudicato Ottaviano.

In questi suicidi celebri, l’atto è congelato nel suo momento culminante, nell’esistenza che si impietrisce nell’istante senza tempo del trapasso: agli storici ed ai romanzieri il compito di eternarli nella loro austera, tragica bellezza.

In antitesi ai suicidi illustri, si consumano nell’ombra e persino nella vergogna le morti deliberate degli uomini comuni: quando frequentavo l’università, conobbi uno studente iscritto a Giurisprudenza. Era un ragazzo gioviale ed alacre. Alcuni anni dopo venni a sapere, con meraviglia e sgomento, che si era tolto la vita. Sposato felicemente con una sua concittadina che gli aveva dato un figlio, aveva deciso di porre fine alla sua esistenza: non compresi mai il motivo. Fu la solitudine? La spina acuta del “male di vivere”? Una malattia invalidante? Che importa saperlo!

Se il nero è tradizionalmente nella cultura occidentale il colore della morte, il colore del suicidio può essere il bianco: un “silenzio bianco” avvolge l’harakiri. Questa è la tinta da temere: molto più terribile di una pagina ottenebrata dall’inchiostro della disperazione, è una pagina bianca.

“Non scriverò più. Solo un gesto”. Così Cesare Pavese sigillò il suo diario, “Il mestiere di vivere”. Quando il grido si spenge nel nulla, quando l’ultima parola si strascica in un’asola incompleta, in un taglio sottile assediato dal vuoto divorante del foglio, allora significa che, se non è il preludio del nirvana, è ormai imminente la decisione irrevocabile.

APOCALISSI ALIENE: il libro


29 commenti:

  1. Ci sono due tipi di suicidio che proprio non mi piacciono: quello di Seneca, obbligato a farlo da Nerone e quello dei terroristi della banda Baader-Meinhof, "suicidatisi" in un carcere in Germania. Oppure quello di Roberto Calvi.
    Le autorità, o comunque coloro che detengono il potere, nello stesso modo in cui si nascondono dietro eventi naturali come terremoti e alluvioni, causati magari da loro con armi climatiche, così si nascondono dietro un fenomeno antico e collaudato come il suicidio, per far sparire i loro oppositori. Chi può dire se un terremoto è naturale o artificiale? Chi può dire se la persona sgradita al sistema si sia tolta la vita autonomamente, di sua iniziativa, o sia stata...suicidata? Idem con gli incidenti stradali: quante macchine di oppositori sono state manomesse prima della partenza? Questa incertezza ambigua e vigliacca mi snerva.

    RispondiElimina
  2. Il suicidio è un gesto che ha in sè un qualcosa di strano,non inquadrabile unicamente in schemi logici e che sembra rifarsi quasi ad un modello predeterminato.Si direbbe che tale modello non è appannaggio della sola specie umana. Si vedano in proposito i probabili gesti suicidari di massa dei cetacei avvenuti negli ultimi anni. Se dovessi esprimermi in termini junghiani direi che il suicidio evoca un modello archetipico.

    Ad ogni modo tale gesto appare condannabile, riprovevole ma non da un punto di vista etico. Parlo in termini esclusivamente pragmatici. Non s'ha da fare poichè esso blocca il processo evolutivo dell'anima protesa al progressivo esaurimento del proprio karma. Ma il suicidio, su certi individui predisposti, esercita una fascinazione strana alla quale sembra non siano essi in grado di sottrarsi.

    Nella mia attività pluridecennale ho visto diverse persone compiere tale atto estremo ed in un caso ho anche dovuto fare attenzione a non farmi coinvolgere dall'atto stesso. Si dice che i suicidi abbiano qualcosa in sè di psichicamente contagioso. Non v'ha dubbio che è così. Dirò di più: chi s'ammazza sembra acquisire, in virtù di tale sacrificio supremo e volontario, quasi un potere psichico postumo in grado di attrarre altre persone, soprattutto se in contatto animico abbastanza stretto con essi.

    Mi permetto di mettere in guardia chi si venisse a trovare involontariamente in tale situazione. Raccomando di stare lontano da persone con attitudine suicidaria perchè esse possono portare davvero scalogna.

    RispondiElimina
  3. Buonasera. Ritengo interessanti le tue riflessioni Zret. Per quanto riguarda paolo << Raccomando di stare lontano da persone con attitudine suicidaria perchè esse possono portare davvero scalogna>>. Ma fammi capire, in che senso? Mi sento offesa in un certo modo: mi sembra cinismo il tuo. Dunque, a parte ciò, la situazione è questa: chi uccide se stesso per un ideale, è bene, mentre chi si uccide perché non sopporta più nulla, è meno di bene, almeno così sembra a me, in generale. Per me, andare oltre alla propria sopportazione è del tutto inutile, non ha senso, è brutale, innaturale. Ma a molti sembra giusto continuare a strisciare fino alla fine.

    RispondiElimina
  4. Quante "vite" sono suicidi mascherati! Chi può affermare di essersi internato nell'inferno altrui? Qui il giudizio si arresta ed un rispettoso silenzio si impone. Ad ognuno il suo inferno, con o senza via d'uscita. Mi pare che il concetto di sfortuna in questi casi risulti poco idoneo, benché esistano energie deleterie.

    RispondiElimina
  5. Sì, Freeanimals, molti "suicidi" sono omicidi del sistema: la strage dei genetisti, degli informatici e persino degli ufologi è lì a testimoniarlo, in modo irrefutabile.

    RispondiElimina
  6. @leopardonero

    Ho scritto un pò frettolosamente e forse non mi sono spiegato sino in fondo. Posso dire che ho avuto a che fare, diversi anni or sono, con un collaboratore finito poi suicida. La mattina che quegli scelse per farla finita, mi telefonò come se niente fosse e si soffermò sulle solite considerazioni generali riguardanti il lavoro. Non sospettavo nulla. Seppi due o tre giorni dopo che si era gettato nel grande fiume ( il Po ).

    Capii solo a quel punto il significato della telefonata. Il suo intento psicologico velato, ma non poi tanto, era quello di attrarmi nel suo cerchio distruttivo. In pratica un invito a seguirlo.

    Fu quella una percezione psichica chiarissima da parte mia, anche se non quantificabile, soppesabile.
    D'altronde proviamo a pensare al non poi così sporadico evento dello psicoterapeuta che, subendo la fascinazione psichica da parte di qualche paziente particolarmente carico, arriva a seguire il malato o i malati dopo che questo o questi hanno compiuto il gesto supremo.

    Ovviamente il mio discorso non è quello di un materialista, ma quello di colui che ragiona in termini esoterici, magici. So che è così ma non obbligo nessuno a seguire il mio ragionamente e a cercare di capire. Quelli che offro sono semplici indizi, frammenti, 'segnature'.

    RispondiElimina
  7. I pericoli del transfert.

    Abyssus abyssum invocat.

    RispondiElimina
  8. Paolo, interessanti le cose che dici, la tua esperienza.
    Per analogia, mi viene da pensare che è meglio tenersi alla larga dai potenziali suicidi (sì, ma come riconoscerli?), così come è meglio non fare sedute spiritiche. In entrambi i casi aleggia un'attrazione diabolica nelle cui spire potremmo essere avviluppati e alla fine distrutti.
    Medici e psichiatri, lavori a rischio:
    http://www.stampalibera.com/?p=22583

    Danilo Mainardi parlava di "suicidio della zecca". Non ricordo i termini. Dovrei andare a rileggermi il pezzo.
    Piuttosto, per anni si è parlato del suicidio dei lemming, che entrano in acqua a migliaia nei fiordi norvegesi fino a morire annegati. Fino a quando qualcuno non ha parlato di memoria atavica della specie che migra verso....Atlantide, senza essersi accorta che Atlantide non c'è più.
    Ipotesi suggestiva, ma quanto credibile?
    La spiegazione è più semplice: essendo specie prolifica, ha in sé un meccanismo di regolazione che la induce, ogni 5 anni circa, a ridurre il numero. Nove su dieci partono, si mettono in cammino e...muoiono. Ma la specie continua a esistere. Domanda inquietante: e se le guerre fossero il sistema che Dio (o meglio la natura) ha previsto affinché la nostra specie si regoli? Invece di 5 anni come nei lemming, ogni 5.000 arriva (o la facciamo arrivare) una fine del mondo.
    Uomo-lemming: è possibile?

    RispondiElimina
  9. Istruttive riflessioni, Freeanimals.

    Forse è l'universo che anela a ritornare alla sua scaturigine.

    RispondiElimina
  10. Caro Zret, cari amici,

    tutti vediamo e conosciamo lo squallore e i perversi meccanismi di questo mondo. Su questo blog ho spesso letto discussioni sugli arconti che detengono il potere di questo mondo. Tutti siamo consapevoli della grande menzogna perpetrata dagli illuminati al fine dei loro progetti di controllo totale non solo delle menti ma delle anime. La sofferenza di chi si rende conto come te Zret, e come diversi amici, dei raggiri di questi abominevoli individui, dello stato dormiente e schiavizzato nella coscienza della maggior parte della popolazione, la sofferenza appunto appartiene a chi invece denuncia di continuo questa triste realtà e spesso assume toni in noi quasi insopportabili. Il senso di impotenza così spesso ci pervade da ammutolirici interiormente. Ma...è questo che davvero vogliamo? Vorremo dare a questi immondi esseri la vittoria di essere riusciti ad annichilire la nostra anima? Seppur consapevoli di essere così pochi e impotenti di fronte a questo sixtema malvagio di cose, vogliamo cedere le armi e lasciare la nostra libertà interiore e la nostra coscienza a costoro?
    Caro Zret, a volte in questa nostra consapevolezza di diversità, sopraggiungono nella vita situazioni difficili e dolorose che paiono davvero schacciarci sotto un peso troppo grande. Ho vissuto questi momenti così carichi di angoscia da sembrare insopportabili.
    Ma...possiamo cedere alla lusinga dell'abbandono? Del gettare la spugna?
    Io dico di no. Mai darò la mia anima a questi esseri malvagi, mai cederò la mia libertà come individuo e come spirito a questa lobby del male.
    La dignità e il coraggio di un essere umano consiste in questo: vivere da giusti e accettare pure la morte fisica da giusti. Questo dobbiamo fare, dare testimonianza di uomini e donne giusti di fronte all'Universo.

    Un abbraccio

    RispondiElimina
  11. Che tutto questo non sia per sempre, che tutto questo non sia vano, Cleonice.

    Perché tutto questo? Chi ci risarcirà? Si può cancellare con un colpo di spugna? Domande che continuano ad echeggiare nel buio infinito, senza risposta.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  12. ;-) Grazie Zret, sempre attento e disponibile.

    Troppo gentile, wlady

    RispondiElimina
  13. Scie chimiche su Radio lupo solitario - Intervista a Rosario Marcianò

    Il giorno 1 febbraio 2011, Rosario Marcianò (Straker), Presidente del Comitato "Tanker enemy", ha rilasciato un'intervista sulle scie chimiche ai conduttori della trasmissione "Verso il 2012", Charly Guerrero e Sam Pizzuto, animatori di Radio Lupo Solitario nella trasmissione, che va in onda ogni mercoledì mattina dalle 9.30 alle 11.30, frequenza 90.700 Mhz in zona MI-VA-CO nonchè in streaming su http://www.radiolupo.it.
    Scarica da qui la registrazione audio del contributo.

    http://www.tanker-enemy.tv/radio-lupo-solitario-intervista.htm

    RispondiElimina
  14. Caro Zret,
    questo straziante articolo spero non sia il tuo testamento spirituale.
    Giá sai che siamo su questa terra per crescere e per ritrovare l'unitá. Purtroppo la vita materiale, è la nostra unica occasione attuale di cresita.
    Se vogliamo interrompere l'imperituro ciclo di reincarnazioni dobbiamo trovare la nostra crescita qui. Le condizioni di sofferenza ci avvicineranno ancor di piú alla veritá.
    Cleonice, attraverso il suo bellissimo commento illumini la via e, in questo caso, mai detto piu calzante di: "che la forza sia con te".

    Un abbraccio forte
    FRancesco

    RispondiElimina
  15. Hai ragione, Francesco, il commento di Cleonice è bellissimo.

    Che il samsara finisca presto e per sempre: resta un mistero il motivo per cui siamo stati precipitati nel baratro dell'esistenza.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  16. "Che il samsara finisca presto e per sempre: resta un mistero il motivo per cui siamo stati precipitati nel baratro dell'esistenza"

    ...e se la consapevolezza del'Uno avvenisse solo attraverso una temporanea divisione?

    Altro forte abbraccio.
    Francesco

    RispondiElimina
  17. C'è un esperimento che uno scienziato che voglia l'oggettività può fare: si metta in un pericolo mortale e, invece di perder la testa per l'infinita paura, abbia il coraggio di non aver paura fino all'ultimo: allora taglierà la vita nel grosso e s'affermerà finito in quell'infinito dove gli altri sono straziati dalla paura, e conoscerà che cos'è la vita. […] poiché la nascita è l'accidente mortale e nella vita può ognuno mostrare quanto sia ciecamente in balìa delle cose o quanto abbia in sé di ragione e veda la propria e l'altrui sorte. Ognuno può finir di girarsi nella schiavitù di ciò che non conosce – e, rifiutando l'offa di parole vuote, venir a ferri corti con la vita.

    RispondiElimina
  18. Caro Zret, ad una prima lettura un pò frettolosa non avevo colto appieno la tua attuale situazione di stallo, di vero e proprio 'impasse' interiore. Ma un paio di giorni fa, ad una successiva lettura, mi son preoccupato alquanto e da allora non riesco a non pensare alla tua situazione di disagio psichico.

    Purtroppo non sono in grado di offrire consigli. O forse potrei suggerirti di star attento al mentale, a questa autentica povra e mostro che cerca di sopraffarci e travolgerci in ogni maniera giorno e notte, cortocircuitando la nostra voglia di vivere.

    Temo che tu abbia radicalizzato certi dubbi,certi interrogativi che ti aleggiano attorno da tempo immemorabile. Una volta, tanti anni fa, discorrendo del problema del male il mio guru mi disse di lasciar perdere: ' è così e basta', esclamò tagliando corto.

    Mi auguro che tu ritrovi in se stesso la forza e le motivazioni per continuare, nel nostro piccolo e fin che ciò sarà possibile, la battaglia ideale che abbiamo combattuto con passione ed entusiasmo fianco a fianco da svariati anni ormai.

    Con affetto.

    RispondiElimina
  19. Carissimo Paolo, "è così e basta". Questo è verissimo: purtroppo di là dall'interesse speculativo di cui pure avverto il fascino, resta la presenza di un raschiatoio che spella una pelle già scorticata. Altresì evidenzio come questa riflessione, lungi dall'essere causata o solo acuita dalla contingenza, si ancori ad una diuturna e remota interrogazione: infatti già anni fa, scrivevo su temi consimili e con taglio affine. Qui ho voluto, però, evidenziare la valenza cromatica del suicidio.

    Restano la speranza e l'auspicio che questa fase sia superata da un'anabasi.

    Grazie della commovente testimonianza di solidarietà.

    Ciao

    RispondiElimina
  20. Leggo in diretta, senza diferita, laconicamente ammutolito colgo l'interpretazione dell'altrui pensiero, giorno dopo giorno, ma, come spettatore coinvolto nella vita che chiude un ciclo...

    Con stima e rispetto, wlady

    RispondiElimina
  21. Paolo, ma dove hai letto che Zret vuole suicidarsi? Non lo sai che i poeti accarezzano il pensiero del suicidio un giorno sì e uno anche? E' come una forma mentis, per loro, una specie di vanità delle vanità, ma bisogna essere poeti e avere, quindi, anche l'antidoto contro la tentazione ad attuare l'insano proposito. E mi sembra che Zret ne sia abbondantemente dotato. Sta tranquillo, ché ce lo dovremo sorbire ancora per un bel po'! :-)
    Tu hai un guru? O lo avevi? Scusa, sai, ma ho imparato a diffidare di tutti quelli che hanno bisogno di un guru, giacché, secondo me, la natura ce ne ha dato uno in dotazione a ciascuno di noi. Ed è la nostra coscienza, il senso morale dentro di noi di cui parlava Kant. Che bisogno c'è di questi santoni barbuti che possono con estrema facilità approfittarsene?

    RispondiElimina
  22. Ciao a tutti

    Ho letto tutti i vostri commenti e di come avete sviscerato la tematiche in ogni sua diramazione.

    A questo punto vi vorrei raccontare la Storia di Giuseppe, suicida a 20 anni per disagio sociale e malessere d'animo.

    Eravamo entrambi carabinieri in Sicilia, erano i primi sbarchi clandestini.

    Io venivo da Torino lui da Firenze. Diventammo subito Amici. Al termine del servizio andavo sempre al mare o a visitare le bellezze della Sicilia della quale io sono originario.

    Parlavamo per ore e ore a volte non dormivamo neppure e si parlava di continuo fino all'alba ( questo se non ero in compagnia di quelche bella fanciulla ovviamente ...)

    Un mattino mentre io portavo dei colleghi a casa di un giudice sento per radio la comunicazione di silenzio radio.

    Mi si gelò il sangue.

    La sera prima alle 4.00 Giuseppe entrò già in divisa nella mia camera io dormivo profondamente.

    Mi svegliò e mi chiese se poteva restarmi accanto quella notte.

    Io dormivo, lo guardai e forse lo mandai pure a quel paese...

    Lui restò li comunque tutta la notte al mio fianco.

    Al mattino avevamo servizi diversi io non lo vidi più.

    Seppi che si era sparato un colpo in testa, era in divisa ma con il berretto girato al contrario, con la fiamma dietro per interci.

    Piccoli segnali che però nessuno capì, neppure io che con Lui ci passavo ore intere a parlare.

    Mi fecero leggere il suo diario, visto che alla fine parlava di me. Il suo disagio era atavico a soli 20 anni era come avesse sofferto una vita per cose che a quel tempo io non potevo capire ero troppo adolescente.

    Forse se lo avessi incontrato adesso...

    Mi resta una sua frase nella mente, detta quella sual Ultima notte, Lui che mi ringrazia perchè almeno prima di andare aveva conosciuto un Amico.

    Giuseppe non lo dimenticherò mai, a volte penso che anche lui ogni tanto dall'altra parte si ricordi di me.

    Ciao Giuseppe.

    RispondiElimina
  23. Forse, Iniziato, il tuo Amico Giuseppe sentiva su di sé il peso intollerabile di altre vite, di altri destini. Sit ei terra levis.

    Grazie, Iniziato, della significativa testimonianza che ci sprona a riflettere e ad interrogarci sul senso della vita e di sua sorella, la morte.

    Sì, Wlady, siamo tutti coinvolti in prima persona e senza sconti.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  24. Caro Freeanimals, il malessere che trasuda da certi passi scritti da Zret può anche dare qualche preoccupazione a coloro che lo seguono con affetto da un pò di anni a questa parte.

    Che un forte disagio induca qualcuno - e di certo non soltanto Zret - a rimuginare su un personale 'cupio dissolvi' rientra nelle possibilità dell'esistere. Poi io non ho idea di quel che passa nella mente altrui.

    Circa il 'guru' che frequentai per svariati anni alcuni lustri or sono non aveva nè barba nè capelli lunghi e nemmeno vestiva all'orientale. Era italiano ed era nato a Ferrara. Mi sento di dire che il contatto diuturno con lui mi ha fatto bene da svariati punti di vista. Poi l'incantesimo si ruppe anche perchè lui rimaneva, nonostante tutto, cattolico fanatico mentre io non mi sentivo e non mi sento tuttora di appartenere ad alcuna confessione religiosa in particolare.

    Forse un briciolo di umiltà da parte tua non guasterebbe ( passami la critica ).Chi è così furbo e così bravo da non aver bisogno di qualche influsso e di insegnamenti provenienti da altre persone più o meno vanzate nella Via?

    La sfida è troppo grande e sono certo che da soli non arriveremo da nessuna parte.

    RispondiElimina
  25. La relazione tra maestro e discepolo, lungi dall'essere gerarchica, può essere una condivisione ed un'affinità elettiva, come insegna Hillman in un suo bellissimo saggio.

    Beato chi riconosce il maestro!(anche interiore)

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  26. Paolo, in effetti, anche a me piacerebbe avere un guru tutto mio, ma per ora non l'ho ancora incontrato e mi devo accontentare dei libri, dopo la sbornia che presi in gioventù frequentando quella setta cristiana fondata da Charles Taze Russell.
    In anni recenti, ho conosciuto una miliardaria inglese che è stata 17 anni in India a farsi sfruttare da santoni vari, in base al principio che chi è ricco ha anche molti....amici. Il suo vero guru, però, è morto decenni fa (si chiamava Rama Tirta), lasciando opere in inglese, che lei anche adesso, al mattino, apre a caso per avere un pronostico della giornata che l'attende (si può fare anche con I King). A me sembra pura superstizione. Ma questa, non è la cosa peggiore che si può dire di quella donna. Stendiamo il classico velo pietoso.
    Piuttosto, tuttora vedo e frequento saltuariamente un uomo di Udine, tale G.B., che segue un guru di Milano e si fa da lui sfruttare. G.B., quando si vuole riferire a quell'uomo, lo definisce Dio. Non so se ti rendi conto: a Milano c'è Dio! E nessuno ne sa niente!
    Forse quel signore di Ferrara sarà stato anche significativo nella tua vita, ma persone che dicono di conoscere Dio incarnato, devono essere curate da qualche bravo psichiatra, non ti pare? Sono a piede libero solo perché non sono socialmente pericolose, tranne forse per il fatto che potrebbero incontrare, a loro volta, altre persone credulone. E, tutto sommato, non mi sembra una cosa sana. Poi, ognuno è libero di cercare la felicità meglio che può.
    Ciao

    RispondiElimina
  27. freeanimals non è detto che siccome la maggioranza di questi guru siano in realtà dei falsi maestri, non è detto che dei Maestri Veri esistano comunque.

    RispondiElimina
  28. A questo link potrete trovare il video del convegno sul tema del suicidio
    in età adolescenziale e giovanile,tenutosi all'università "La Sapienza".


    http://www.uniroma.tv/?id_video=18350

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.

AddThis

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...