10 maggio, 2015

L'ossessione per l'alta velocità



L’ossessione per l’alta velocità è una delle tare mentali dei nostri tempi disperati: così le valli e le montagne sono deturpate da linee ferroviarie che sono decantate come il non plus ultra del progresso. Immondi interessi economici e la fanatica fissazione per la rapidità concorrono a distruggere quel poco di bello scampato all’impulso di morte.

Viaggiando sui lussuosi ed avveniristici convogli dell’alta velocità si arriva prima! L’imperativo è il seguente: recuperare l’eventuale ritardo ad ogni costo, mentre operai, impiegati e studenti aspettano Godot, pardon le coincidenze in tetre stazioni. La gente comune è pigiata in sordide carrozze di ferrovie che, non a caso, sono definite rami secchi: si possono dunque potare.

Manager, alti funzionari, rampanti uomini d’affari, intanto, raggiungono l'agognata meta in un amen. Tutto è celere, serrato, incalzante, quasi istantaneo: si bruciano le tappe, si arriva in orario per la decisiva colazione di “lavoro”, per una triste happy hour.

Era così piacevole viaggiare in treno una volta: era piacevole e persino istruttivo. Si ammirava il paesaggio di là dal finestrino. Si slargavano scenari sempre mutevoli, sempre suggestivi: campi coltivati, boschi verdeggianti, pittoreschi villaggi, azzurri litorali, distese marine… Oggi, ovunque ci troviamo, gli occhi sono fissi sullo schermo dell’iPad.

Si conversava con gli altri passeggeri, si leggeva qualche pagina di un libro. Il viaggio in treno era a volte stancante, ma pur sempre una piccola avventura, un modo per staccare dalla routine. Tutto acquisiva un altro ritmo, un’altra dimensione. Il viaggio era un percorso, non una folle corsa. Oggi le protesi tecnologiche ci accompagnano dappertutto ed il treno superveloce è solo uno dei tanti luoghi in cui frenetici si affannano uomini allo sbando. E’ tutta una maratona spasmodica verso il nulla, un affrettarsi sempre e comunque, pure quando non si avrebbe alcuna premura.

In questo modo non è più il tempo a divorare la vita e gli uomini, ma sono gli uomini che divorano il tempo, come fosse un cheeseburger da consumare in fretta e furia, durante la brevissima pausa pranzo. Siamo diventati divoratori di noi stessi: fagocitando i giorni, le ore, i minuti, ci illudiamo che arrivare un quarto d’ora prima significhi conseguire chissà quale obiettivo.

Allora pigiamo il pedale dell'acceleratore, stringiamo i tempi, studiamo il passo, dimenticando che ci affrettiamo verso l’unico traguardo, verso l’ultima destinazione: la morte.

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13 commenti:

  1. Ciao Zret,
    si pensa che che la vera risorsa siano i soldi, ma sappiamo che non è così, chi te li ruba i soldi, ti ha rubato una cosa che potrai sempre reintegrare, ma chi ti ruba il tempo (e l'élite lo fa sapientemente), non lo potrai mai più recuperare.

    Siamo costretti ad essere usati come consumatori, ci hanno portato a non pensare per consumare sempre di più, questa è la vera risorsa del potere costituito, così il tempo ci viene sottratto in quanto moneta infungibile.

    Il sistema ci sta togliendo il tempo per non farci pensare, perché il pensiero è la vera radice del tempo, l'introspezione individuale; un certo Cartesio ha detto "cogito ergo sum", (penso, dunque sono), ergo, il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare ...

    Buona domenica;
    Ciao

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    1. Ciao Wlady, molti si illudono di guadagnare tempo, mentre lo perdono e perdono tutto. Ce lo ricorda anche Seneca, quando passa in rassegna gli oziosi affaccendati.

      Buona domenica anche a Te.

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  2. Si corre, si corre... si scappa dal pensiero, dal silenzio, dalla strisciante consapevolezza che, forse, nella "bella" vita da manager di successo, si è sbagliato tutto...

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    1. L’accelerazione stessa, come ideazione simbolica e pertanto, massimamente reale, è fattiva rincorsa di sfondamento propria dell’ “ariete elettromagnetico” con cui abbattere le “porte” separanti i “mondi”. Una diversità di frequenza definisce appunto la qualità di un’epoca o più propriamente dovremmo dire di un “mondo”.
      Non avrebbe altro senso l’accelerazione subatomica sperimentata nel CERN, se non proprio quella di tentare, in una modalità operativa assolutamente sorda e violenta, attraverso reiterate fusioni “accecate in se stesse”, l’apertura ad una difforme alternanza di reazioni infinitesimali. Tali reazioni infinitesimali, in un certo senso, costituiscono l’ancoraggio remoto dell’attuale manifestazione, conforme all’equilibrio espansivo che garantisce i supporti del tutto. Scardinando l'infinitamente piccolo, non sarebbe completamente improprio ritenere che possa generarsi un’eco nociva all’equilibrio stesso dell’insieme generale. L’ossessione della velocità sembrerebbe davvero parte di quella suggestione-spettro planetariamente evocata dai nuovi sacerdoti del caos...

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    2. questa è l'intenzione dimostrata dall’attuale potere, che attraverso le cosiddette riforme sancisce l’attuazione del progressivo dissolvimento identitario della realtà intera.
      Ciò passa inevitabilmente attraverso l’ottenebramento dell’intelletto, già attuato con l'avvento del Dogma teologico, ed ora amplificato mediante efficaci condizionamenti di massa…"intelletto" pensato non come una mera capacità ragionante, ma come inesprimibile immagine cosciente dell’identità autenticamente trascendente…l’intelletto, nell’attuale manifestazione, è ridestato nella poesia e, pertanto, manifesta la sua “salute” attraverso la Visione, per la quale ottiene l’unione armonica di molteplici dimensioni e universi stessi…la Visione crea gli orizzonti allegorici che rinnovano le Età. L'uomo ha bisogno di tali spazi. L’idea di velocità, come culto invertito modernamente inteso, acceca la percezione stessa della Visione. Deteriorata la predisposizione alla Visione, solo con difficoltà la società potrà appena riconoscere un cielo artificiale, non accorgendosi ugualmente dell'estrema pericolosità che comporta coltivare sementi sterili ogm. Accadimenti questi, che in definitiva prefigurano la sopraggiunta infecondità stessa dell’ingegno umano...ingegno originariamente percepito e così come lo intese Dante...senza il quale ci predisponiamo alla mortificazione più immiserente divenendo stolidi pupazzi predisposti ad essere soggiogati, asserviti come animali d'allevamento, a letali potentati invisibili...ognuno cerchi di costruire in sé la propria navicella iridescente perché nell'esteriore piano quantitativo ogni circostanza sembra davvero volgere al peggio

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    3. ...non si tratta di una sfiducia "superstiziosa" nel progresso, casomai si tratta di riconoscere nella fede in questa concezione, assolutamente nichilista, di “progresso”, proprio per le sue modalità attuative, un deleterio progetto infame che anticipa nell’idea stessa di “crescita” la contaminazione sfrenata. S'intende avvincere indissolubilmente alla contraffazione estrema e alla “sterilità” il nostro divenire. Circostanze malevoli intenzionalmente saldate alla “nuova fede” nell'evoluzione, ibridata alla non vita della macchina, dunque di un aberrazione consacrata a irrinunciabile modello di sviluppo: da chi?

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    4. Riflessioni molto profonde e calzanti che condivido in toto, Giovanni.

      Ciao

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    5. @Giovanni Ranella:
      Mi piace molto ciò che scrivi, nel senso che ciò che descrivi somiglia molto a una mia riflessione, fatta tempo fa.
      Partivo dall'osservazione di come le nuove costruzioni (case, palazzi per uffici, piazze, etc), siano tutte ormai asettiche, tendenzialmente bianche (come ospedali), prive di balconi fioriti (terrazzini senza un geranio), i parchi con alberelli stitici e a crescita limitata al posto di alberi secolari che vengono sistematicamente abbattuti per "ragioni di sicurezza", e di come di pari passo abbiamo modificato l'idea di estetica del corpo: magro e efficiente, liscio e senza peli, presentabile e sorridente in funzione social-produttiva secondo un'idea del corpo come mero mezzo produttivo, perfino nelle sue funzioni più umane (oggi anche il sesso necessita di un'estetica presa di peso dalla riproduzione plastificata di Barbie o Ken).
      Ciò che modifichiamo fuori, ciò che costruiamo fuori, modifica il nostro modo di osservare noi stessi.
      Se l'orizzonte scompare (non ho tempo per l'osservazione del panorama da un finestrino, e quando dovessi essere alla guida il mio orizzonte è piatto o irto di cemento o di pannelli autostradali di plastica (quelli che mi oscurano la vista del mare, ad esempio), perdo insieme alla possibilità di allargare i miei orizzonti visivi, anche i miei orizzonti immaginativi.
      La vista non ha più spazi verso cui perdersi, vagare, sognare.
      Anche i corpi hanno smesso di sognare e immaginarsi.
      E a furia di concentrazione su temi salutistici e/o estetici, abbiamo perso contatto con la percezione di noi stessi come umani, cioè come singoli potenziali ideatori di mondi.
      Il nostro stesso istinto vitale subisce l'aggressione del cemento e della velocità.
      Sempre più difficile è restare umani, come diceva Vik...

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    6. Grazie Rossland, in molti ci accorgiamo della “distonia” di questo sistema, dove quelli che istituzionalmente dovrebbero essere di giorno preposti a risanare i guasti diffusi, sono gli stessi che alla sera ci mettono "il veleno nella minestrina"…non abbiamo risposte se non quelle che possiamo sensibilmente percepire dai “residui profetici” che in ogni caso saturano l’aria stessa assieme i veleni intenzionalmente rilasciati…in sostanza viviamo nella fase avanzata del Kali-yuga…non vi sarebbe cura idonea per la presente Età se non attraverso una drammatica palingenesi e quando ciò possa verificarsi è anche una domanda superflua…in ogni istante accade l’Evento connesso al significato ultimo dell’Età presente e, il sigillo eterico impresso sui tempi, non riguarda un equivoco “millenarismo” che è la degradazione stessa di un intuizione maggiormente ampia e che conferisce, in ogni caso, autentica fiducia alle aspettative dell’anima...come dici tu, i corpi hanno smesso di sognare nevrotizzati da una smania bassamente salutista e volgarmente estetizzante...Vi sarebbero invece segni davvero inequivocabili, riguardanti non la fine imminente – come una certa facile propaganda propria alla new age ha agitato come spettro da almeno dieci anni a questa parte – ma che avvisano della corruzione stessa accaduta alla qualità sovrasensibile vitalizzante la nostra identità più fonda. Se possiamo ricavare una convinzione, seppur intermittente, è nella comprensione di appartenere ad un identità trascendente, inverata da un principio inviolabile sebbene ora massimamente oscurato. Un saluto.

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    7. Rossland, hai ben analizzato una condizione ormai dis-umana.

      Ciao

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    8. "Se possiamo ricavare una convinzione, seppur intermittente, è nella comprensione di appartenere ad un identità trascendente, inverata da un principio inviolabile sebbene ora massimamente oscurato".

      In questa oscurità impenetrabile bisogna imparare ad orientarsi.

      Ciao
      .

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    9. vogliono tutti andare veloci,,,ma è nella lentezza che si osservano i dettagli!
      Sono proprio i dettagli, che oggi non si osservano piu, che ci hanno rovinato!

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