06 maggio, 2016

Significati e funzioni delle azioni giudiziarie

“Non esistono poteri buoni” (F. De André)

Se è vero, come è vero, che la giustizia non esiste – d’altronde che cos’è la giustizia, anche nel migliore dei casi, se non una vendetta istituzionalizzata, una punizione il cui esercizio è delegato allo Stato? – come si spiegano le opportune azioni giudiziarie che costellano la cronaca? Qui è arrestato un sindaco fraudolento, là è indagato un imprenditore disonesto, altrove un politico corrotto riceve un avviso di garanzia, addirittura a volte sono sfiorati vicesegretari, ministri, funzionari, vertici dell’esercito: che cosa significano le inchieste e le azioni giudiziarie? Come si spiegano?

A nostro avviso, in primo luogo tali iniziative di singoli magistrati sono il segno della loro vanità, del desiderio di mettersi in mostra, di far carriera. Inoltre talune azioni sono da inquadrare in faide tra diverse conventicole degli apparati, in lotte fratricide fra appartenenze massoniche. Soprattutto le comunque sporadiche ed inefficaci boutades di taluni giudici mirano ad accreditare presso l’opinione pubblica l’immagine di una magistratura solerte, equanime, integerrima. E’ un’immagine che acquisisce particolare risalto nel momento in cui contrasta con il pressoché totale discredito in cui versa la classe “politica” nell’immaginario collettivo. Si crea così uno di quei numerosi e falsi dualismi che il sistema usa per perpetuare il controllo dei cittadini, convincendoli, ad esempio, che “Destra” e “Sinistra” sono diverse, laddove sono non soltanto uguali, ma persino intercambiabili.

E’ sufficiente che, in qualche soporifero dibattito televisivo sia invitata una toga o sia interpellato un ex pubblico ministero, per ridestare nella massa, il cui encefalogramma è piatto o quasi, un sussulto etico, un ingenuo plauso del potere giudiziario: è un po’ come la scossa elettrica che regala qualche istante di vita larvale alla creatura del Dottor Frankenstein. Questo residuo ed estemporaneo consenso è sufficiente per illudere il popolino che esista un’istituzione “buona”, per ribadire le funzioni e le prerogative dell’establishment, anche solo nella sua ipostasi giuridica.

La trinità politica, con il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, può così continuare ad esistere e ad esercitare il suo perverso dominio anche attraverso solo una delle sue “persone”, poiché nello Stato la parte, a mo’ di sineddoche, vale per il tutto.

Tali riflessioni non escludono che, in circostanze del tutto eccezionali, agisca qualche giudice intemerato, ma il numero di costoro è veramente esiguo, senza dimenticare che i pochissimi magistrati virtuosi sono, con le buone o con le cattive, messi nelle condizioni di non nuocere all’establishment. Esemplare il caso del magistrato Clementina Forleo che, tra le altre cose, anni addietro, organizzò il prelievo in quota, fallito a causa di una soffiata. Isolata e vessata, la Forleo oggi non può scalfire una situazione inscalfibile.

Così, mentre la fiducia nella giustizia "umana" tocca il grado zero, cresce l’aspettativa in una Giustizia vera, infallibile, adamantina: è una Giustizia superiore.

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4 commenti:

  1. E' proprio così. Ricordiamoci inoltre chi siano gli estensori delle costituzioni e delle leggi alle quali magistrati e politici dovrebbero fare riferimento. Si tratta sovente delle stesse persone sulle quali grava il peso di orrendi crimini contro l'umanità. Un sistema quindi strutturalmente compromesso oppure abilmente costituito per dare alle masse un'assicurazione effimera di perseguimento di alti ideali, puntualmente disattesa dai fatti. Ciao

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    1. Esatto. Sono coloro che non hanno alcun senso della giustizia, quella vera, a legiferare. Così la nascita dei tribunali va considerata una catastrofe.

      Ciao

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  2. “Chi ha scritto la legge del povero? Il ricco! … Chi furono gli autori della legge di successione? Dei malfattori. Della legge sulle emissioni delle banche private? Dei truffatori! (A. Strindberg, La stanza rossa)

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  3. L'agonia finale del Potere che dura ormai da molti millenni e che non si decide ad implodere su stesso ed a soccombere definitivamente.

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