E' vero che Dio, se esiste o è, è più simile ad un padre severo e lungimirante, attento a temprare i suoi figli attraverso le prove della vita, che ad una madre compassionevole e dolce: così, ad esempio, Seneca concepisce l'Essere supremo. Nonostante ciò, credo sia facile per chi non alberga nella dimensione spazio-temporale, carcere gelido e buio, tollerare che nel terribile teatro del mondo e della storia, si succedano nel tempo eventi dolorosi. Anche un istante di atroce sofferenza può sembrare eterno e creare una cicatrice che non si rimargina. Qual è, però, la differenza tra un istante o un milione di anni per chi è al di fuori del tempo? Può capire ed immedesimarsi? Forse sì, ma in modo, un po' astratto, con la mente e non col cuore.
Poiché l'esistenza si svolge lungo una linea temporale che non concede molte digressioni, gli uomini hanno sempre accarezzato il sogno della reversibilità degli avvenimenti, convincendosi che il tempo è un'illusione, un inganno dei sensi, un fenomeno transeunte, un velo che cela un'essenza, più profonda, più vera. Probabilmente è così: solo alcuni fisici si ostinano a ritenere il tempo una costante universale, mentre ormai si sta affermando in vari ambiti culturali il concetto del tempo che non esiste, se non come fallace apparenza. Tuttavia finché siamo qui, è difficile immaginare una realtà del tutto svincolata da coordinate cronotopiche. Anzi percepiamo l'esatto contrario, costituito dal pànta rèi: dal cambiamento del pianeta, ormai divenuto una cloaca, al decadimento fisico, un intreccio di rughe e di capelli bianchi, mentre l'intelletto, a volte, si annebbia, la memoria vacilla e la volontà si affievolisce. Persino l'istinto di sopravvivenza, pur radicato e tenace, simile ad una pianta dalle radici profondissime, si indebolisce.
Molti ripetono: "Sono solo parvenze ininfluenti, in quanto siamo parti dell'Essere che non conosce cambiamenti”. Altri ammoniscono: "E' un ciclo naturale, poiché tutto proviene dal nulla ed al nulla ritorna". Ognuno ha la sua risposta, ora plausibile, ora meno, ora consolatoria ora integrata in una visione scientifica o filosofica o religiosa più o meno solida e persuasiva. Resta comunque il mistero di come l'Essere che, in quanto tale, ignora il divenire, il mutamento, l'entropia, - ed è un Essere che tendo ad antropormofizzare, ma soprattutto per comodità metaforica - possa tollerare la lacerante disgregazione che avviene nel tempo.(1) Se io fossi Dio, pensando talora a questa tragedia temporale, credo che, qualche volta, soffrirei di insonnia.
“Domani mattina…”: bisbigliò nel silenzio vellutato della notte.
(1) Il termine latino tempus, collegato al greco tèmno, tagliare contiene in sé, nella sua radice semantica, ma anche un po' nel suono tagliente della dentale, il senso della lacerazione, dello strappo nel tessuto dell'essere.
Poiché l'esistenza si svolge lungo una linea temporale che non concede molte digressioni, gli uomini hanno sempre accarezzato il sogno della reversibilità degli avvenimenti, convincendosi che il tempo è un'illusione, un inganno dei sensi, un fenomeno transeunte, un velo che cela un'essenza, più profonda, più vera. Probabilmente è così: solo alcuni fisici si ostinano a ritenere il tempo una costante universale, mentre ormai si sta affermando in vari ambiti culturali il concetto del tempo che non esiste, se non come fallace apparenza. Tuttavia finché siamo qui, è difficile immaginare una realtà del tutto svincolata da coordinate cronotopiche. Anzi percepiamo l'esatto contrario, costituito dal pànta rèi: dal cambiamento del pianeta, ormai divenuto una cloaca, al decadimento fisico, un intreccio di rughe e di capelli bianchi, mentre l'intelletto, a volte, si annebbia, la memoria vacilla e la volontà si affievolisce. Persino l'istinto di sopravvivenza, pur radicato e tenace, simile ad una pianta dalle radici profondissime, si indebolisce.
Molti ripetono: "Sono solo parvenze ininfluenti, in quanto siamo parti dell'Essere che non conosce cambiamenti”. Altri ammoniscono: "E' un ciclo naturale, poiché tutto proviene dal nulla ed al nulla ritorna". Ognuno ha la sua risposta, ora plausibile, ora meno, ora consolatoria ora integrata in una visione scientifica o filosofica o religiosa più o meno solida e persuasiva. Resta comunque il mistero di come l'Essere che, in quanto tale, ignora il divenire, il mutamento, l'entropia, - ed è un Essere che tendo ad antropormofizzare, ma soprattutto per comodità metaforica - possa tollerare la lacerante disgregazione che avviene nel tempo.(1) Se io fossi Dio, pensando talora a questa tragedia temporale, credo che, qualche volta, soffrirei di insonnia.
“Domani mattina…”: bisbigliò nel silenzio vellutato della notte.
(1) Il termine latino tempus, collegato al greco tèmno, tagliare contiene in sé, nella sua radice semantica, ma anche un po' nel suono tagliente della dentale, il senso della lacerazione, dello strappo nel tessuto dell'essere.