02 maggio, 2009

I misteri di Malta: "i solchi di carri" (quarta ed ultima parte)

Il modus operandi degli accademici oscilla tra due poli, con in mezzo la contraffazione: la creazione di prove false e la distruzione di quelle autentiche.

Mifsud contesta (giustamente) l'idea che l'ipogeo sia stato scavato per fungere da luogo di sepoltura ed ha fornito delle prove per dimostrare che i materiali ed i resti di scheletri non furono deposti all'interno di proposito, ma costituiscono un deposito alluvionale trascinato fin lì da zone in cui si trovavano delle sepolture neolitiche. Mifsud ritiene che l'ipogeo sia di gran lunga anteriore al Neolitico: la rappresentazione del bovide è uno degli argomenti principali a sostegno della sua convinzione.

Un'altra tessera dell'intrigante mosaico maltese è data dai cosiddetti "solchi di carri". Presso Dingli, infatti, una straordinaria rete di sentieri curvi che corrono paralleli tra loro, incide la roccia calcarea ormai quasi del tutto sommersa dal mare. E' certo che, nonostante la dicitura, queste tracce non furono impresse dal passaggio di veicoli. E' probabile che queste "strade" fossero in tempi preistorici sub divo. Alcuni archeologi associano i solchi ai templi megalitici; altri pensano risalgano all'età del bronzo: la verità è che nessuno sa chi li realizzò, come, con quali utensili e perché.

"Solchi di carri" sono pure visibili in Sardegna: a Su Crucifissu Mannu, in prossimità di una necropoli. Queste profonde fenditure nella roccia si trovano anche in Grecia, Libia, Italia centrale, Sicilia e Francia.

In questa rapida ed incompleta rassegna sugli enigmi di Malta, è inevitabile un cenno ad un altro soggetto di cui ci siamo occupati, l'esadattilia. Nell'ipogeo accanto a numerosi altre testimonianze che, da un punto di vista iconografico e grazie anche all'individuazione dei pigmenti usati tipici del Paleolitico (ossidi di silicio, ferro, alluminio, calcio, potassio, sodio e magnesio), si possono attribuire a quell'età preistorica, si può ancora vedere l'impressione di una mano con sei dita. Questa condizione, nota come esadattilia, si riscontra anche su almeno una delle figure di "donna pingue" esposta nel National museum of Archaelogy.

Fonti:

A. Alford, Il mistero della genesi delle antiche civiltà, Roma
Autore non indicato, In Amazzonia un’antica città del Popolo delle nuvole, Daily mail, 4 dicembre 2008
O. Carigi, Sardegna: sacralità ed energie telluriche, 2009
Dizionario di Archeologia, Milano, 2002, s.v. megaliti
G. Hancock, Civiltà sommerse, Milano, 2002


Articolo correlato: M. Pizzuti, La stirpe dei re, 2008

Ringrazio il gentilissimo Corrado per avermi segnalato lo studio di cui sopra.



Leggi qui la terza parte.

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