Come esprimere lo spirito di un’epoca senza spirito?
“Fine del mondo”: quante volte abbiamo udito questa espressione pronunciata da chi, con sicumera, intende irridere le tradizioni che adombrano il tema del passaggio e della palingenesi - preceduti da prove terribili - da un ciclo ad un altro. Quante volte insipienti, con i loro occhi spiritati, tra malcelata paura e scherno scaramantico, ripetono “fine del mondo…”
Si replichi: la fine del mondo è già avvenuta. Essa accade ogni volta in cui una sventura, visibile o invisibile, conclamata o ignota ed ignorata, si abbatte su qualcuno o qualcosa, allorquando si è costretti a guadare il fiume.
Il nostro tempo rantola, anche se seguitiamo a mantenerlo in una condizione larvale, a somiglianza di quegli infelici senza chances che dipendono dai macchinari per la loro stentata sopravvivenza.
I volgari media hanno insinuato l’idea di fine come catastrofe planetaria ("naturale"), quasi non fossero già occorse e non accadessero tutti i giorni dinanzi agli occhi ciechi della gente. Solo l’inossidabile egoismo spinge a vedere nel flagello un evento che riguarda solo gli altri o un fatto proiettato in un futuro lontano, evanescente.
Certo, non si può escludere l’eventualità di un cataclisma globale anche imminente (una guerra? una pandemia? Un black out generale?...), ma, se succederà, sarà l’esito di un processo storico in atto almeno da secoli, non solo un’improvvisa deflagrazione. E’ un processo i cui sintomi sono manifesti, sebbene gran parte dell’opinione pubblica continui a fingere di non vederli, un po’ per autodifesa un po’ per faciloneria. E’ un cambiamento antropologico che sospinge l’umanità verso il baratro. E’ un abisso che, prima di essere il disastro sociale, politico ed economico, è la perdita di sé.
Non sappiamo in che misura altre generazioni seppero affrontare con dignità i cambiamenti ed i disfacimenti epocali. Sappiamo che la nostra non ci riuscirà, perché non si accorge del crepuscolo, anzi lo scambia per l’alba più radiosa. Non si avvertono i segni della discontinuità e, quando uno strappo violento lacera il tessuto della vita normale, lo si rattoppa prontamente. L’abito è tutto rappezzato, ma lo si indossa, come se fosse stato appena acquistato nella boutique.
Invero, per essere coscienti della crisi, è necessario avere una coscienza, accessorio che ormai è installato in pochi uomini. Affinché un’età sia conscia della propria irrimediabile putrefazione, occorre che in quell’età soffi uno spirito, ma la nostra epoca ne è del tutto priva.
Infine persino i consapevoli oggi paiono inconsapevoli.
“Fine del mondo”: quante volte abbiamo udito questa espressione pronunciata da chi, con sicumera, intende irridere le tradizioni che adombrano il tema del passaggio e della palingenesi - preceduti da prove terribili - da un ciclo ad un altro. Quante volte insipienti, con i loro occhi spiritati, tra malcelata paura e scherno scaramantico, ripetono “fine del mondo…”
Si replichi: la fine del mondo è già avvenuta. Essa accade ogni volta in cui una sventura, visibile o invisibile, conclamata o ignota ed ignorata, si abbatte su qualcuno o qualcosa, allorquando si è costretti a guadare il fiume.
Il nostro tempo rantola, anche se seguitiamo a mantenerlo in una condizione larvale, a somiglianza di quegli infelici senza chances che dipendono dai macchinari per la loro stentata sopravvivenza.
I volgari media hanno insinuato l’idea di fine come catastrofe planetaria ("naturale"), quasi non fossero già occorse e non accadessero tutti i giorni dinanzi agli occhi ciechi della gente. Solo l’inossidabile egoismo spinge a vedere nel flagello un evento che riguarda solo gli altri o un fatto proiettato in un futuro lontano, evanescente.
Certo, non si può escludere l’eventualità di un cataclisma globale anche imminente (una guerra? una pandemia? Un black out generale?...), ma, se succederà, sarà l’esito di un processo storico in atto almeno da secoli, non solo un’improvvisa deflagrazione. E’ un processo i cui sintomi sono manifesti, sebbene gran parte dell’opinione pubblica continui a fingere di non vederli, un po’ per autodifesa un po’ per faciloneria. E’ un cambiamento antropologico che sospinge l’umanità verso il baratro. E’ un abisso che, prima di essere il disastro sociale, politico ed economico, è la perdita di sé.
Non sappiamo in che misura altre generazioni seppero affrontare con dignità i cambiamenti ed i disfacimenti epocali. Sappiamo che la nostra non ci riuscirà, perché non si accorge del crepuscolo, anzi lo scambia per l’alba più radiosa. Non si avvertono i segni della discontinuità e, quando uno strappo violento lacera il tessuto della vita normale, lo si rattoppa prontamente. L’abito è tutto rappezzato, ma lo si indossa, come se fosse stato appena acquistato nella boutique.
Invero, per essere coscienti della crisi, è necessario avere una coscienza, accessorio che ormai è installato in pochi uomini. Affinché un’età sia conscia della propria irrimediabile putrefazione, occorre che in quell’età soffi uno spirito, ma la nostra epoca ne è del tutto priva.
Infine persino i consapevoli oggi paiono inconsapevoli.
Di fatto la decadenza della nostra civiltà è cominciata con l'inciviltà dei consumi, quando fummo asserviti al mercato globale. Ora dopo l'abbrutimento ci attende la definitiva schiavitù e forse il dominio della Grande Germania.
RispondiEliminaComplimenti davvero per l'ottimo articolo.
RispondiEliminaIn fondo poi, per i molti così abituati all'immediatezza delle cose, accorgersi del tempo che presiede la maturazione degli eventi risulta difficile e davvero troppo penoso, per cui si preferisce cadere nella trappola della banalità e della superficiale osservazione.
All'analisi che porta a non accorgersi "del crepuscolo scambiandolo per l’alba più radiosa".
Tutto ciò che scrivi a proposito è sicuramente sintomo di lucidità, ammettere il contrario di ciò che scrivi in questo articolo sarebbe da allucinati.
RispondiEliminaMa vedi Zret, io vorrei capire una cosa, e cioè vorrei capire se, effettivamente, al di là delle analisi sulla società contemporanea, oltre i continui e brillanti interventi di monito ad un mondo che sembra ormai fuori fase (ma esiste una fase?), ecco al di là di tutto questo, io vorrei capire se veramente la tua coscienza si sente al crepuscolo, se veramente avverti una simile tragedia nel tuo intimo, se davvero respingeresti la possibilità che crepuscolo e alba radiosa, non sono che l' ennesimo tentativo umano di apporre categorie là dove potrebbero non esistere affatto.
Perchè vedi, secondo il mio modesto parere da sempliciotto (e lo sono davvero, non è una provocazione) è raro ammettere che in realtà non ce ne importa nulla della fine del mondo, della crisi o delle tragedie dell' umanità perchè qualcosa, all' interno del nostro essere, inibisce il meccanismo della preoccupazione. E ciò potrebbe non corrispondere ad "incoscienza", quanto piuttosto alla naturale convinzione che dietro il gioco osceno della vita, si nasconde qualcosa di maestoso. Tutti, a livelli diversi, lo avvertiamo, ma nessuno lo ammette perchè sarebbe come se un attore in televisione, ad un certo punto, smettesse di recitare il triste copione a cui è destinato, per rivolgersi agli spettatori rassicurandoli sulla finzione del dramma.
Abitiamo in città grige e inquinati, isolati nel nostro ego, scissi dal mondo naturale; abbiamo bisogno di quel passaggio dall'ego all'anima che non è ancora avvenuto.
RispondiEliminaPer quello che abbiamo studiato e letto, sappiamo che intere civiltà si sono succedute sul pianeta Terra, vuoi per autodistruzione, o per calamità naturali; tutti i più grandi imperi sono caduti, perché dovremmo pensare che anche questo impero non cadrà? E' ciclico il susseguirsi degli eventi, una china inesorabile ma costante.
Cari Amici, vi sembrerà strano, ma la fine del mio mondo è già avvenuta; la fragilità del nostro essere psicologico ha un timer a scadenza, si vive nonostante l'interminabile agonia, come automi facciamo le stesse cose tutti i giorni, ma quando declina, sparisce, si dissolve, una parte della nostra esistenza (e, si prende atto di quello che ci è successo), nulla potrà riportare quell'orologio indietro, dove si è vissuti la propria esistenza felice, fino a quel momento fatidico, dove il mondo individuale è finito, finito per sempre.
"Putrefazione" è l'aggettivo che più si avvicina, la consapevolezza è che quel soffio non troverà nessuno spirito che si possa insinuare in corpi ormai in decomposizione.
La nostra Gaia, sarà ancora qui, quando noi saremo polvere e magari si sarà mondata, di tutte le nefandezze che abbiamo fatto a Lei e a noi stessi; una nuova era si sta affacciando, ma non saremo qui a testimoniare questo passaggio.
wlady
Aurelius, è proprio "inciviltà" il termine idoneo.
RispondiEliminaCiao
Mirko, in misura maggiore o minore tutti si rifugiano nella normalità e nelle fragili certezze di continuità. Gli spiriti eroici sono rari.
RispondiEliminaCiao
Jc, credo che la risposta alla tua domanda abiti nell'indicibile e nella tragica levità del paradosso. Sì, il crepuscolo si tinge della stessa luce dell'alba ed il gioco, per quanto crudele, è sempre un gioco: di ciò abbiamo un'oscura, confusa consapevolezza, altrimenti forse...
RispondiEliminaCiao
Sì, Wlady, come ho scritto, ogni istante un mondo crolla, con la differenza che spesso ciò avviene in silenzio, senza clamore. Qualcosa è perduto, per sempre. Per sempre?
RispondiEliminaCiao
JC, credo che le seguenti parole di Rilke siano uno straordinario complemento a quanto scrivi:
RispondiElimina"Dobbiamo immaginare la nostra esistenza quanto più vasta possibile; tutto, anche l'inaudito, deve trovarvi spazio. È questo in fondo l'unico coraggio che si richieda a noi: essere coraggiosi verso quanto di più strano, prodigioso e inesplicabile ci possa accadere. (...) Poiché non è solo la pigrizia a far sì che le relazioni umane si ripetano così indicibilmente monotone e senza novità da caso a caso: è il timore di una qualche nuova, imprevedibile esperienza, di cui non ci si crede all'altezza. Ma solo chi è pronto a tutto, chi non esclude nulla, neppure il più grande degli enigmi, vivrà la relazione con un altro come cosa viva e sfrutterà fino in fondo anche la propria esistenza (...). E se solo organizziamo la nostra vita secondo quel principio che ci ingiunge di attenerci sempre al difficile, allora ciò che adesso ci appare ancora totalmente estraneo ci diverrà del tutto familiare e fido."(...)
"Infine persino i consapevoli oggi paiono inconsapevoli."
RispondiEliminaAbbi pazienza Zret, che significa??
Il raggiungimento della consapevolezza, come la intendiamo noi, é difficilissimo ma una volta acquisita una chiave interpretativa degli eventi (con i limiti delle informazioni, delle fonti, della propria formazione culturale e del proprio modo di essere, etc.), in che modo ed agli occhi di chi, si può apparire inconsapevoli?
Faraday, in verità, our con tutti gli strumenti concettuali che abbiamo affinato in questi anni, resta una zona d'ombra in cui anche l'occhio più acuto vede solo macchie confuse. Sarebbe supponenza e perfino hybris affermare il contrario.
RispondiEliminaVero è che è un percorso, ma, quando accadrà quel che pare sia destinato ad accadere, dovremo vedere a che punto dell'itinerario saremo, se prima o dopo il guado.
Ciao
Sul blog del 'corvo' si parlava ultimamente delle famose profezie di Alois Irlmaier relatiive allo scoppio della Terza Guerra Mondiale. Il veggente bavarese enunciò al riguardo una serie di segni prodromici che avrebbero indicato la prossimità dell'evento e tale blog li riporta accuratamenete segnalando il fatto che tali segni si addicono alla situazione attuale.
RispondiEliminaIn proposito ho scritto un commento al quale nessuno ha reagito e che qui riporto, se magari a qualcuno potessero interessare queste considerazioni.
'Il 2012 parrebbe essere un anno propedeutico ai disagi prossimi venturi. Bisogna tener conto anche della faccenda di Benedetto XVI, verosimilmente l'ultimo Papa - stando alla profezia malachita o pseudo-malachita - prima dell'avvento del Falso Profeta che ne prenderà il posto e che sancirà l'affossamento definitivo di quello spaventoso, dispotico potentato che è ed è sempre stato la Chiesa Cattolica.
Ora Benedetto XVI ha 85 anni e la sua salute appare discreta ma sicuramente in linea con la sua età e quindi predisposta a improvviso declino. La fine di questo Papa viene vista come un evento assolutamento fatidico nella scaletta riguardante la Fine dei Tempi. Il suo verificarsi darà ala stura a tutta una serie di eventi fra loro concatenati fra i quali l'arrivo appunto del biblico 'Falso Profeta' che introdurrà a sua volta l'Anticristo, lo scoppio del Terzo Conflitto Mondiale, la caduta di uno o più asteroidi, lo scoppio di una pandemia mondiale e altro. Le premesse ci sono tutte, ma non sappiamo come evolveranno gli eventi nei prossimi mesi.
Naturalmente tutto è possibile ed è quindi possibile che lo scoppio della Terza Guerra Mondiale si riferisca agli ultimi mesi del 2012: certo, ogni cosa può accadere da un momento all'altro. In sostanza parrebbe di no e forse il 2013 sembrerebbe il miglior candidato.
Quanto alle profezie di Alois Irlmaier, per quanto veggente 'patentato' da un tribunale, esse sono credibili forse al 50% o forse meno. Questa gente che ha la mania di profetare mi convince solo parzialmente.
E poi gli eventi futuri hanno una consistenza relativamente plastica e almeno in parte malleabile. I 'clichés' dei medesimi non sono mai fissati una volta per tutte. Solamente le linee generali si direbbero immutabili. Insomma quel che deve venire è un pò una sorpresa, almeno nei dettagli.'
Esatto Zret, le parole che hai riportato fanno leva sull' essenziale: il coraggio.
RispondiEliminaÈ utile, dal mio punto di vista, pensare alla vita come un complotto, nel quale persino la mente ostacola il controllo che avremmo potuto ottenere se solo guardassimo in faccia il mondo in maniera agguerrita.
L' universo si beffa di coloro gridano il non senso, ma contemporaneamente, teme l' esito della partita, tremando, di fronte a coloro che destandosi, sorridono alla tragedia, poichè essi sono liberi.
Essi sanno che la peggior cosa che possa capitare loro è la morte, e la morte è un destino sicuro, incontrovertibile, ragion per cui è come se fosse già avvenuta. E questo a renderli liberi, fluidi, padroni oserei dire, della realtà. Questi individui giocano con la realtà, scelgono la realtà e sono imprevedibili alla realtà stessa.
@ Jc
RispondiEliminaho pensato più volte anch'io che fosse il coraggio il motore essenziale col quale muovere la realtà, ma se fosse invece la Volontà, che animando il pensiero creasse la Realtà stessa? In questo caso otterremmo invece un mondo che rispecchia il nostro sentire ed il nostro essere interiore.
E così questo mondo sarebbe composto da molte menti non controllate o automatiche, per dirla alla Gurdjieff, un gregge cioè che crea un mondo caotico in preda al sonno mentre alcuni, facendo di se "come torre ferma che non crolla" riuscirebbero a guardare in faccia il mondo di cui questi e gli altri sono responsabili.
In quest'ottica avremmo così la massa dormiente, i gruppi che tramano usando le masse, ed alcuni individui liberi "nonostante tutto" mentre l'Universo ci restituisce ogni cosa che tutto l'insieme crea con il pensiero.
In questo caso la mente ostacola il controllo nella misura in cui è fuori dalla nostro stesso controllo, visto che potrebbe essere proprio la mente che, generando i pensieri, è responsabile della realtà.
un abbraccio,
Mirko
@Mirko
RispondiEliminaCerto, anche secondo la mia prospettiva, vi sono indizi che vertono sull' immagine di una realtà in qualche misura influenzata dal nostro sentire interiore, ed il mio discorso sul coraggio non ne mina la validità, anzi ne completa il significato.
Troppi gli indizi, troppe le situazioni, a tal punto che diviene impossibile invocare la parola "coincidenza".
Delle volte si rimane interdetti, un titolo di una rivista messa lì per caso che coincide perfettamente con ciò che stiamo pensando; una canzone sentita in tv, le cui parole sembrano riflettere il nostro stato d' animo; qualcosa non quadra, basta guardarsi intorno...
Eccellente analisi, Paolo. Hai evocato la cosiddetta profezia di Malachia, secondo cui l'attuale papa dovrebbe essere il penultimo cui dovrebbe succedere Petrus Romanus. Anche solo questo oracolo ci dovrebbe permettere di comprendere che siamo prossimi ad uno spartiacque storico. Vero è che le ramificazioni degli eventi sono imprevedibili, ma in controluce si può leggerne la filigrana.
RispondiEliminaCiao
JC, ho riflettuto a lungo su quanto hai scritto. Sono temi abissali quelli che hai così bene enucleato: Libertà, Destino, Volontà, Universo, Dio, Uomo, Natura... sono altrettanti enigmi di cui conosciamo a mala pena il profilo.
RispondiEliminaDal mio cantuccio di osservazione, mi sono formato una piccola idea, ossia che nel Progetto originario sia intervenuto un errore da cui è scaturito il male. Lo si potrebbe definire "incidente primigenio" o "frattura" o "cedimento ontologico" o "slittamento" etc. Ecco: non credo che tutto sia semplicemente ludico. Non mi sentirei di rincuorare un bambino torturato, dicendogli: "Non ti spaventare: alla fine è un giuoco". Qualcosa non quadra, anche se non so che cosa sia.
Anche la morte, lungi dall'essere un porto di pace alla Foscolo, potrebbe essere un'esperienza sconvolgente, estrema, nel bene e nel male.
Ciao
@Jc
RispondiEliminaadesso forse ho capito, avevo dato un'interpretazione esclusivamente politica a quanto hai scritto, da li le mie considerazioni...
In fondo mi sembra di capire che per riuscire ad indagare e vivere pienamente questa realtà immensa e misteriosa in cui si manifestano sincronicità ed eventi non comprensibili alla ragione, si debba trovare il coraggio per poter abbandonare la ragione stessa e cominciare a sentire con altre facoltà che non siano i limitanti sensi
Sensi e ragione con cui ci si è però formati un io e il mondo.
Forse il coraggio è non solo necessario per scrutare l'abisso, ma ancora di più per far posto ad un nuovo Io (o Sè per dirla alla Jung) al posto del piccolo io mondano con il quale percepire la Realtà e le esperienze nella loro vastità.
Ci vuole coraggio per smettere d'essere normali nelle vesti di un piccolo limitato io, e forse il problema si pone proprio quando la proiezione del mondo così come lo si conosce comincia a scricchiolare...
@Zret
mi hai davvero incuriosito! Potresti descrivere la tua idea del "Progetto originario" e la sua relazione con l'errore?
Ciao e ancora grazie,
Mirko
Mirko, il tuo commento è molto denso.
RispondiEliminaCirca l'errore primigenio, il cedimento ontologico ab origine, concetto per lo più di matrice gnostica, ho già scritto qualcosa, anche se, a Dio piacendo, ho in animo di pubblicare qualcos'altro. Dovresti pazientare un po'.
Ciao
In questi due articoli, qualche riflessione sul tema in oggetto.
RispondiEliminahttp://zret.blogspot.it/2010/09/peccato-originale.html
http://zret.blogspot.it/2012/03/necessita-e-male-in-un-saggio-di-simone.html
Zret
RispondiEliminaMen che nulla valgono le parole di fronte alle lacrime di un bambino, questo è chiaro.
Ma vedi, ormai siamo in gioco, non sappiamo bene come e da dove sia scaturita questa farsa, sappiamo solo che stiamo vivendo e qualcuno o qualcosa vuole che giochiamo senza conoscere le regole per vincere.
Checché se ne dica, non abbiamo sentore della reincarnazione, non sappiamo nulla di Dio ne di un possibile errore primigenio, non sappiamo se siamo noi a creare la realtà o meno, non conosciamo nè inferni nè paradisi, la nostra è una lotta senza terra, senza armi, senza luce, a tal punto che non sappiamo nemmeno se stiamo lottando o se il mondo è sordo alle nostre urla, cieco ai nostri segnali. Ma qualcosa la possiamo fare, e cioè creare le nostre prospettive.
E se dunque nessuna voce arriva dalle terre oltre il velo di Maya, infischiamocene e definiamo da soli le regole, il nostro scopo, il nostro essere, perchè alla fine non possiamo che fare questo, inventare di sana pianta una realtà che sembra scivolare su qualunque presupposto filosofico, che sembra intimidire ogni nostro tentativo di definirla.
Se oltre la morte vi è il nulla, pazienza, avremo vissuto con pienezza nella nostra realtà traendone il massimo vantaggio in termini di virtù...
Per me è giunto il momento di abbandonare ogni dottrina, c' è bisogno di qualcosa che annulli e annienti ogni barriera, forse nemmeno Dio conosce il momento in cui salterà fuori il bianconiglio...
La tua inclinazione, JC, o, meglio, il tuo sentire mi ricordano la cosiddetta "volontà di potenza" con cui Nietzsche prospetta un oltre-uomo capace di trascendere la sua condizione per accettare gioiosamente il destino, per appropriarsi dell'attimo e renderlo pregnante, vivo, intenso. Si tratta di spezzare l'ancora per compiere il viaggio più avventuroso che si possa immaginare. Qui occorre il coraggio di cui dicevi: poiché è più facile compiere il periplo del sistema solare che muoversi attorno alla propria anima.
RispondiEliminaCiao
Se si vuole ricostruire potrebbe essere prima necessario distruggere.
RispondiEliminaNon arriva più la posta dei commenti nella mia e-mail, anche se ho cliccato sotto i commenti "iscriviti per e-mail"
RispondiEliminaoui je suis totalmont inconsapevole, da quando sto cercando di capire mi son completamente perso...
RispondiEliminac'è troppa confusione... un esempio: siti anti NWO in precedenza 'seguibili' cominciano a parlare della new age tutta come derivazione della blatvasky e dunque luciferiana, mettendo in mezzo pure 'hair' e 'il pianeta verde'?!? (non me li toccare sai?), proseguendo col dire che tutto il movimento gay e abortista son chiaramente un piano degli illuminati per depopolare il mondo in ottemperana delle 'georgian guidestone' sataniste; e chi lo dice? ipercattolici... ma come?!?
a mio modesto modo di vedere, questi son depistaggi, per portare gay e abortisti e eutanasisti ad affossar dfinitivamente la chiesa e a riveder le proprie eventuali posizioni su illuminati satanisti georgiani e non...
lo stesso discorso potrebbe farsi all'inverso, come se alla fine ci si compattasse tra cristiani e 'satanisti', come se non ci fosse niente in mezzo, in perfetto stile divide et impera, in cui le 2 parti devon esser fumosamente opposte per focalizzare uno scontro voluto e cercato in questi esatti termini... il caos razionale ed emotivo