Le presenti note saranno meglio comprese, se prima si leggeranno “Peccato originale” e gli articoli correlati.
Se pensiamo all’incidente primigenio, dobbiamo risalire ad un’era antecedente la storia, ad un tempo che precede il tempo stesso. Lo intuisce Simone Weil nei “Quaderni” dove scrive: “L’Agnello è stato sgozzato sin dalla fondazione del mondo: è il rapporto con lo spazio-tempo a costituire la lacerazione”. Lo sgozzamento è quindi contemporaneo, anzi consustanziale alla “fondazione del mondo”. L’essenza alogica (non aristotelica) del mondo è poi espressa dalla pensatrice cristiana con parole ancora più forti: “La Creazione, l’Incarnazione, la Passione costituiscono la follia di Dio.”
La stessa nascita dell’uomo implica lo strappo: infatti l’uomo è letteralmente un simbolo, ossia metà di un uomo (si pensi anche a Platone che considera gli esseri umani dimidiati ed alla ricerca della metà che li reintegri, acquietando la loro angoscia). Il simbolo (Σύμβολον) per gli Elleni era una "tessera di riconoscimento" o "tessera ospitale": l'usanza voleva che due individui, due famiglie o anche due città spezzasero una tessera, di solito fittile, per conservare una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza. Il perfetto combaciare delle due parti provava l'esistenza dell'accordo. Quindi siamo frammenti staccati dall’Essere, schegge proiettate ai confini del cosmo. Cerchiamo di ricongiuncerci all’Origine, ma le correnti ci hanno spinto e ci trascinano alla deriva.
Ogni creazione implica un cambiamento, un movimento entropico, persino una distruzione: forse nell’atto creativo è la scaturigine del male? Sempre la Weil si chiede: “L’universo è un’opera d’arte: quale artista ne è l’autore?”
Alla visione religiosa e mistica della Weil (di un misticismo tormentato), vorrei accostare le riflessioni di un laico, Sebastiano Vassalli che, nel romanzo “Marco e Mattio”, si perde negli abissali pensieri del protagonista, mentre contempla il pulviscolo delle stelle: “Camminava su quei pianeti sconosciuti e vedeva che gli esseri che li popolavano, gli animali forniti di ragione che avevano talvolta forma di ragno o di scimmia, talvolta erano piccoli come formiche oppure grandi come montagne, però sempre e dappertutto nascevano e morivano, gioivano e soffrivano e vivevano lacerati dai contrari che non riuscivano a compensare in loro e tra loro, fino a comporre un vero equilibrio… Dovunque nell’universo la colpa originaria doveva ancora essere patita ed espiata, in tutti i mondi doveva ancora compiersi la redenzione anche là dove già s’era compiuta una volta. Che follia credere che per un milione di mondi o per un mondo solo bastasse un solo redentore! La redenzione – pensò Mattio - era la sofferenza di Dio che avrebbe voluto riunire in sé tutte le sue parti divise e non ci riusciva, era il rimorso che lacerava il suo pensiero, d’essere lui stesso imperfetto”.
Anche qui è proclamato lo squarcio che è, in primo luogo, lo slittamento nella temporalità. E’ vero che il tempo è un’llusione, ma è pure lo spazio in cui pare crocifissa l’esistenza del cosmo, uno spazio in cui “sùbito” è già tardi.
Se pensiamo all’incidente primigenio, dobbiamo risalire ad un’era antecedente la storia, ad un tempo che precede il tempo stesso. Lo intuisce Simone Weil nei “Quaderni” dove scrive: “L’Agnello è stato sgozzato sin dalla fondazione del mondo: è il rapporto con lo spazio-tempo a costituire la lacerazione”. Lo sgozzamento è quindi contemporaneo, anzi consustanziale alla “fondazione del mondo”. L’essenza alogica (non aristotelica) del mondo è poi espressa dalla pensatrice cristiana con parole ancora più forti: “La Creazione, l’Incarnazione, la Passione costituiscono la follia di Dio.”
La stessa nascita dell’uomo implica lo strappo: infatti l’uomo è letteralmente un simbolo, ossia metà di un uomo (si pensi anche a Platone che considera gli esseri umani dimidiati ed alla ricerca della metà che li reintegri, acquietando la loro angoscia). Il simbolo (Σύμβολον) per gli Elleni era una "tessera di riconoscimento" o "tessera ospitale": l'usanza voleva che due individui, due famiglie o anche due città spezzasero una tessera, di solito fittile, per conservare una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza. Il perfetto combaciare delle due parti provava l'esistenza dell'accordo. Quindi siamo frammenti staccati dall’Essere, schegge proiettate ai confini del cosmo. Cerchiamo di ricongiuncerci all’Origine, ma le correnti ci hanno spinto e ci trascinano alla deriva.
Ogni creazione implica un cambiamento, un movimento entropico, persino una distruzione: forse nell’atto creativo è la scaturigine del male? Sempre la Weil si chiede: “L’universo è un’opera d’arte: quale artista ne è l’autore?”
Alla visione religiosa e mistica della Weil (di un misticismo tormentato), vorrei accostare le riflessioni di un laico, Sebastiano Vassalli che, nel romanzo “Marco e Mattio”, si perde negli abissali pensieri del protagonista, mentre contempla il pulviscolo delle stelle: “Camminava su quei pianeti sconosciuti e vedeva che gli esseri che li popolavano, gli animali forniti di ragione che avevano talvolta forma di ragno o di scimmia, talvolta erano piccoli come formiche oppure grandi come montagne, però sempre e dappertutto nascevano e morivano, gioivano e soffrivano e vivevano lacerati dai contrari che non riuscivano a compensare in loro e tra loro, fino a comporre un vero equilibrio… Dovunque nell’universo la colpa originaria doveva ancora essere patita ed espiata, in tutti i mondi doveva ancora compiersi la redenzione anche là dove già s’era compiuta una volta. Che follia credere che per un milione di mondi o per un mondo solo bastasse un solo redentore! La redenzione – pensò Mattio - era la sofferenza di Dio che avrebbe voluto riunire in sé tutte le sue parti divise e non ci riusciva, era il rimorso che lacerava il suo pensiero, d’essere lui stesso imperfetto”.
Anche qui è proclamato lo squarcio che è, in primo luogo, lo slittamento nella temporalità. E’ vero che il tempo è un’llusione, ma è pure lo spazio in cui pare crocifissa l’esistenza del cosmo, uno spazio in cui “sùbito” è già tardi.
Caro amico Zret,siamo così immersi nella verità che non riusciamo più a vederla e ne a sentirla.
RispondiEliminasalutami Ro.
Caro Zret,cosa è la verità.
RispondiElimina"So che alcuni oggi cercano a tastoni e non sanno più di chi fidarsi. A costoro dico: credete a chi cerca la verità, non credete a chi la trova".
RispondiEliminaA. Gide
Ciao
Scusami Zret, ma questa tua ultima risposta a mio avviso, è un autentico paradosso perchè per principio neghi che l'uomo possa mai trovare la verità. Quella stessa verità che direttamente o indirettamente affermi di cercare. Tale convincimento equivale ad ammettere che il problema della ricerca della verità è un non senso, quindi una perdita di tempo. Ciò a mio avviso è palesemente falso perchè se esiste un problema, esiste anche la soluzione. E se la soluzione tarda ad affermarsi è solo per limiti individuali, e non certo perchè all’uomo è negata. Oppure il problema della ricerca della verità è un falso problema, perchè non c'è una verità da cercare. Ma guardandomi intorno non mi pare sia proprio così…. la prova è nella stessa esistenza della vita nell’universo.
RispondiEliminaMarco
Marco, è tema assai complesso quello della verità. Proverò a tracciarne le coordinate.
RispondiEliminaLa verità ontologica è di per sé quasi del tutto inconoscibile: possiamo solo intuirne qualche frammento. Tale verità è in greco aletheia, ossia disvelamento: l'essere la annuncia per enigmi e per riflessi. Essa è visibile solo dietro un velo.
La verità empirica è, invece, conoscibile, anche se il suo fondamento ci resta oscuro.
L'uomo per natura cerca una possibile verità e può pure accostarsi ad essa a mo' di asintoto. Deve, però, riconoscere che il suo percorso verso la verità potrebbe non essere quello giusto e decidere di tornare indietro per ripartire.
Sono questioni che ho trattato in Discorso sul metodo ed altrove.
Non affermo che la verità non esiste, ma che non è del tutto conoscibile, attraverso i sensi e la ragione. Forse occorrono altre vite ed altre esperienze.
Ciao
http://zret.blogspot.it/2010/08/discorso-del-metodo.html
RispondiEliminaOnestamente non saprei dire con certezza che: 'se esiste un problema, esiste per forza di cose anche la sua soluzione'. Questa è un'affermazione assiomatica ovvero una petizione di principio del tutto indimostrabile.
RispondiEliminaEsiste fra gli altri l'ultimo teorema di Fermat del quale l'esimio matematico avrebbe trovato la soluzione senza tuttavia darla in pasto alla folla. Dobbiamo credergli? Come dobbiamo credere a chi afferma di aver trovato la soluzione del problema ontologico e metafisico dell'esistenza dell'uomo?
Ognuno è liberissimo di compiere degli atti di fede e di credere pertanto a quello che altri affermano di aver trovato. Ma trattasi pur sempre di fede negli altri e non di scoperta personale. E da questo dato di fatto scaturisce il corollario dell'inutilità dei Maestri spirituali.
Affermazione apparentemnte paradossale ma della quale troviamo echi nel Buddhismo e nella fattispecie nel Buddhismo Zen. E allora che ci stanno a fare i Maestri spirituali? Molto semplicemente a dimostrare al discepolo che esssi non servono a niente, che sono una pura costruzione della mente sulla quale egli si illude di fare affidamento.
Cosa della quale egli si renderà conto una volta che avrà imparato a camminare con le proprie gambe.
@ - Zret, grazie della risposta, così ricca di eccezioni condivisibili, che naturalmente andrebbero approfondite. Grazie anche del link.
Elimina@ - Paolo, sarei prudente in merito a ciò che è indimostrabile. La storia dell’uomo è stracolma di esempi di cose indimostrabili che in seguito sono state regolarmente dimostrate.
Riguardo la petizione di principio, non puoi negare essere una convenzione che poco si addice al succo del concetto in questione dato che non si basa su un principio astratto o dogmatico, ma su un dato di fatto, quale può essere l’esistenza di un problema .. fosse anche metafisico, la sostanza non cambierebbe, perché scoperta la causa, il problema è risolto.
Tuttavia riconosco che ci sono verità talmente sottili quale può essere la verità sulla esistenza della vita, che per essere riconosciuta, deve necessariamente essere parte di un processo evolutivo, o percorso individuale.
Questo implica che il raggiungimento della verità, come accennavo sopra, è un processo individuale, che non può essere divulgato al resto dell’umanità. In particolare dai cosiddetti maestri spirituali, così come la cultura tradizionale ci ha insegnato a conoscere. Per esempio Osho, che ritengo un cattivo maestro, dato che diffido di quei maestri spirituali, che amano il lusso, la ricchezza e il potere.
Ma questo non significa che gli uomini per crescere non abbiano bisogno di guide carismatiche, che piuttosto di assumersi il compito di dispensare proprie verità, sono esempi di alti valori morali, spirituali e di conoscenza. (Personalmente ho avuto il privilegio di tali guide).
Secondo la mia esperienza, sono questi, gli ingredienti ….. più qualcosa che portiamo con noi da quell’altrove che tanto cerchiamo, a guidarci per uscire dall’orribile tunnel del ciclo della “vita e della morte”.
Tentare di conoscere la verità non è esercizio ozioso, poiché significa provare a comprendere se la vita ha un senso o no. Siamo pronti a scoprire che l'aletheia potrebbe non essere conforme alle nostre attese, ad accettare che in un universo paradossale, anche la verità che ad esso soggiace è, almeno in un certo grado, paradossale? Essa è in parte occultata all'essere stesso: se così non fosse, l'essere non sarebbe.
RispondiEliminaCiao
Ciao Zret,
Eliminastavo proprio scrivendo un mio commento su Stampa Libera, ed ecco che leggo il tuo commento qui nel blog, che si adatta perfettamente alla risposta che ho dato su SL.
"La gente sarebbe stupita e irritato, se solo sapesse la portata della programmazione che sono sottoposti ogni giorno. La maggior parte degli esseri umani sono ormai più simili a robot che esseri pensanti, seguendo i dettami della programmazione. Fanno poche cose di propria iniziativa.
Quando le persone diventano consapevoli della cospirazione dietro la programmazione, possono iniziare il processo di de-programmazione di se stessi.
Il campo magnetico terrestre indebolisce la volontà di destabilizzare la programmazione e il risultato è il caos. Quando ciò si verifica, sia l’élite dominante umana che aliena/retiloide perde il controllo dei loro sistemi, e anche loro saranno interessati dal caos mentale."
Ciao
Wlady, tocchi un nervo scoperto. L'uomo medio-basso non vuole sapere, non vuole guardare: in questo modo, però, si lega mani e piedi e si consegna ai suoi carnefici... in modo inconsapevole.
RispondiEliminaCiao
Marco, hai ben condensato le nostre riflessioni sul significativo tema:
RispondiElimina"Secondo la mia esperienza, sono questi, gli ingredienti ….. più qualcosa che portiamo con noi da quell’altrove che tanto cerchiamo, a guidarci per uscire dall’orribile tunnel del ciclo della “vita e della morte”.
Non sappiamo che cosa ci attenda dopo il salto nel buio (il nulla? il samsara? la salvezza?): sono troppo numerose le chimere che gli uomini nella loro storia hanno evocato, troppo numerosi i disinganni per pensare di essere prossimi alla meta, vicini al senso, come fossimo dirimpettai di Dio.
Ognuno proceda con le sue forze, con le sue capacità; un maestro (l’ideale sarebbe un maestro e sodale) può essere soltanto d’ausilio, ma a pochi è concesso il privilegio di imbattersi in lui.
Si continui, soli o con altri, a cercare, pur sapendo che, dopo tanto tempo e malgrado tanti sacrifici, forse non avanzerà di un solo millimetro.
Ciao
@ Marco
RispondiEliminaFrancamente anch'io ho pensato per decenni che Osho fosse un cattivo maestro e nulla più. Leggendo non molto tempo fa alcune sue riflessioni mi sono dovuto, almeno in parte, ricredere. Diciamo che certe profondità non gli erano estranee.
Il fatto che uno viva nel lusso, nell'agiatezza e che ami, almeno in apparenza, il potere non vuol dire nulla. Se uno è arrivato ad un certo livello, non può non aver capito che tutte quelle cose esteriori sono semplici inezie di fronte a ciò che conta e che di conseguenza, la sua non dovrebbe essere che una posizione affatto estetica.
E allora perchè i presunti Maestri si comportano in una data maniera? E per qual motivo alcuni giunti, si presume, abbastanza avanti si dilettano nel vampirizzare i propri discepoli?
Conclusione logica: i Maestri non esistono e, se esistono, che si facciano i fatti propri. A noi, comuni mortali, essi non servono.