Saremo mai risarciti per tutti i patimenti, le rinunce, le delusioni? Questa domanda (retorica?) è il sottofondo di giorni consumati tra incombenze insulse e dolori inutili. Così avvertiamo l’abissale differenza tra la vita com’è e la vita come sarebbe potuta essere. Se è vero che talvolta siamo responsabili noi, per malaccortezza, di questo spreco, spesso è l’esistenza, con le sue imboscate a sottrarci quanto di più prezioso abbiamo: il presente.
Vediamo scorrere le opportunità simili agli argentei filari di pioppi oltre il finestrino del treno. Vorremmo afferrare le occasioni, ma è come tentare di acchiappare veli di ombre.
Silenzio pietroso, invece di melodia; grigia solitudine, invece di condivisione; muta disperazione, invece della parola catartica che trasfigura…
Intanto, mentre svuotiamo giorni che sono vuoti a perdere, come in un’alchimia al contrario le gioie pregustate si tramutano in amarezza, le ore intense in vacui deserti. I primi a sfaldarsi sono i segni, poiché i glifi in cui avevamo creduto di leggere le promesse di un futuro magnifico o la giustificazione del buio che ci intride, si rivelano scarabocchi schizofrenici. I primi a sfaldarsi sono i segni, poi i sogni.
Qualcuno afferma che un dì riceveremo un indennizzo e quanto abbiamo perduto sarà reso con gli interessi. Il solito scorcio fantastico su un avvenire che è un trompe l’oeil. Ingannato l’occhio, ingannato il cuore, trasciniamo il carro per un’erta che conduce ad una vetta avvolta in nebbie perenni. Perdere è l’unico modo per ritrovare, ma questa prospettiva sembra una consolazione dialettica… una delle tante.
Il guidrigildo non è garantito da alcun editto.
Pur nel pleonasmo, anzi proprio grazie alla ridondanza, Franco Battiato, in una sua composizione musicale, “La stagione dell’amore”, chiosa con efficace mestizia: "Ne abbiamo avute di occasioni, perdendole".
Vediamo scorrere le opportunità simili agli argentei filari di pioppi oltre il finestrino del treno. Vorremmo afferrare le occasioni, ma è come tentare di acchiappare veli di ombre.
Silenzio pietroso, invece di melodia; grigia solitudine, invece di condivisione; muta disperazione, invece della parola catartica che trasfigura…
Intanto, mentre svuotiamo giorni che sono vuoti a perdere, come in un’alchimia al contrario le gioie pregustate si tramutano in amarezza, le ore intense in vacui deserti. I primi a sfaldarsi sono i segni, poiché i glifi in cui avevamo creduto di leggere le promesse di un futuro magnifico o la giustificazione del buio che ci intride, si rivelano scarabocchi schizofrenici. I primi a sfaldarsi sono i segni, poi i sogni.
Qualcuno afferma che un dì riceveremo un indennizzo e quanto abbiamo perduto sarà reso con gli interessi. Il solito scorcio fantastico su un avvenire che è un trompe l’oeil. Ingannato l’occhio, ingannato il cuore, trasciniamo il carro per un’erta che conduce ad una vetta avvolta in nebbie perenni. Perdere è l’unico modo per ritrovare, ma questa prospettiva sembra una consolazione dialettica… una delle tante.
Il guidrigildo non è garantito da alcun editto.
Pur nel pleonasmo, anzi proprio grazie alla ridondanza, Franco Battiato, in una sua composizione musicale, “La stagione dell’amore”, chiosa con efficace mestizia: "Ne abbiamo avute di occasioni, perdendole".