È noto che Costantino (Naisso 285 circa; Nicomedia 337 d.C.) sconfisse il suo rivale Massenzio a Saxa Rubra, presso il ponte Milvio nel 312. Secondo la tradizione, egli, prima dello scontro decisivo, ebbe una visione che lo convinse ad apporre sui labari delle legioni il monogramma cristologico (XP, ossia Chi Rho, le iniziali in greco di Christòs). Stando agli storici "cristiani", il segno in questione era una croce, ma è probabile che, nella versione originale della leggenda, fosse un cerchio raggiato, simbolo del Sol invictus, il Sole invitto.
Lo scrittore Lattanzio ed il vescovo Eusebio di Cesarea, definito dagli storici “Il gran bugiardo”, ricordano anche che Costantino, oltre a vedere in sogno una croce, udì una voce pronunciare la frase: En touto, nika, reso in latino con In hoc signo vinces, ossia "In questo segno vincerai". Eusebio specifica che il simbolo apparve a Costantino impresso sul sole. Secondo la versione "cristiana" della leggenda, Costantino, sapendo che nelle sue legioni erano numerosi i "cristiani", decise di seguire il presagio e volle che si istoriasse sulle insegne il monogramma di Cristo. I soldati, animati, sconfissero l'avversario.
Gli studiosi ritengono che la leggenda sia un esempio di compenetrazione tra mito "cristiano" e mito pagano: Cristo assume progressivamente le caratteristiche del dio-sole Helios, Sol Invictus. La tradizione ha un addentellato storico giacché, nell’età tardo antica, nell'esercito romano era particolarmente diffuso il culto del dio orientale Mithra, accostato al Sol Invictus. I suoi adepti istoriavano sullo scudo il simbolo formato da una croce sovrapposta ad una X, con al centro un cerchio. Era un segno molto simile al monogramma cristologico.
Il ricercatore Vinci opina che il simbolo potrebbe essere collegato ad una tradizione celtica, poiché Costantino nel 306 d.C. si era recato in Britannia, ad Eboracum, l’attuale York, per raggiungere l’imperatore Costanzo, ormai attempato e cagionevole. Qui, alla morte di Costanzo, principe ariano, Costantino fu acclamato imperatore dalle truppe. In Britannia, il figlio di Sant’Elena, ex locandiera ed ex tenutaria di un lupanare, avrebbe assorbito la cultura celtica che conosce come emblema distintivo la croce dai bracci di uguale lunghezza ed attraversati da un cerchio.
È probabile che la versione "cristiana" dell’episodio sia una vernice su un evento dal valore tutto pagano: Costantino si convertì al Cristianesimo ariano solo in articulo mortis e continuò a fregiarsi per tutta la vita del titolo di Pontifex maximus, la massima autorità religiosa pagana. Dedicò Bisanzio, dopo che fu trasformata in capitale, alla dea pagana Fortuna.
A sostegno di ciò deve essere ricordato che tra i soldati raffigurati sull'Arco di Costantino, eretto appena tre anni dopo la battaglia, il labarum con il simbolo del "Chi rho" non compare mai. L’epigrafe del monumento attribuisce la vittoria a "grandezza della mente ed impulso della divinità". Quale divinità non viene specificato, tuttavia proprio il Sol appare sulla monetazione ufficiale di Costantino, con l'iscrizione Soli invicto comiti, "Al compagno Sole invitto", definendo quindi il dio come un "compagno" dell'imperatore.
La storiografia ufficiale considera Costantino l’imperatore con cui ebbero fine le persecuzioni contro i "cristiani". Ciò non è vero: nel 313 Costantino e Licinio non promulgarono a Milano un editto, ma emanarono una circolare applicativa per ratificare l’editto del 311, pubblicato a Serdica dal Cesare Galerio. Tale provvedimento aveva stabilito la liceità dei culti monoteisti e quindi anche del "Cristianesimo". Inoltre Costantino, che vide nella "nuova" religione un instrumentum regni, mentre fu favorevole, per ragioni politiche a niceni ed ariani, fu, invece, un feroce persecutore dei donatisti, ossia di quei cristiani “fondamentalisti” che rifiutavano qualsiasi collaborazione o compromesso con il potere. Altro che pace della chiesa!