Giorno dopo giorno, rinunciamo, quasi senza accorgercene, alle nostre residue libertà, ma, quel che è più grave, molti schiavi sono contenti di esserlo, purché non si tolga loro quella scatola diabolica chiamata televisione e soprattutto quell’abominevole e noioso rito denominato calcio, in dosi quotidiane e massicce.
Gli iloti si ribellavano spesso: le loro ribellioni erano sedate nel sangue dalla classe dirigente degli Spartiati che anzi, ogni anno, dichiaravano guerra ai lavoratori ridotti in stato di servaggio, per falcidiarli. Gli iloti di oggi sono idiotiloti, privi non solo della capacità di rivendicare diritti conculcati, ma anche di concepire un mondo affrancato dalla tirannide (vaticana in primis): restano inebetiti a fissare lo schermo, vero e proprio schermo che non riproduce il reale, ma lo nasconde, mentre ogni tanto grugniscono una bestemmia, quando il “politico” di turno non mantiene le promesse pre-elettorali. Poveri illusi: pensano ancora che le elezioni servano a qualcosa.
Tra questi idiotiloti, spiccano proprio quelli che credono di essere indipendenti, di ragionare in modo autonomo, solo perché hanno “scoperto” (come sono geniali!) che le banche prestano denaro ad alti interessi (pensavo fossero enti dediti alla beneficenza) e che a Campione d’Italia prospera un’èlite di privilegiati corrotti con redditi altissimi. Costoro sono dei pifferai magici che incantano i topi da laboratorio, come, ad esempio, li definisce Amy Worthington. Sono topi usati per esperimenti (non è una metafora) e poi uccisi. Se a loro una “vita” del genere piace, esistono per fortuna delle persone che, non accettando lo stato delle cose, levano la propria voce in difesa della libertà, esponendosi al pubblico ludibrio ed a rischi anche peggiori.
Ancora una volta, dal passato proviene un insegnamento imperituro da scolpire a lettere cubitali in ogni dove e da mandare a memoria. Apollonio di Tiana, il cosiddetto Cristo pagano, profeta e taumaturgo, vissuto nel I secolo dell’era volgare, ci ammonisce sul valore inestimabile della fedeltà a sé stessi con le seguenti parole: “Un grande dovere s’impone al saggio: egli deve morire per le sue idee e la verità deve essere a lui più cara che la vita. Non sono né la legge né la natura a dettargli tale scelta, ma il suo coraggio e la sua forza d’animo”.
Di fronte a queste parole di un uomo intemerato, i tribuni della plebe dovrebbero avere un sussulto di dignità, chiudendo i loro blogs e le loro trasmissioni televisive di “denuncia”.